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Autore: aurora giacomini    30/01/2020    0 recensioni
Dal testo introduttivo:
Mi chiamo Esmeralda Lek. Il mio cognome può essere tradotto dal polacco come "paura", "ansia" o "terrore". Mai cognome fu più azzeccato... Sì, hai capito bene: sono una fifona.
Ma ora è meglio che mi concentri e cominci a raccontarti la storia che credo di aver finalmente elaborato. Credo di essere pronta a condividerla con te.
Ti chiedo solo un favore: non giudicarmi prima di aver concluso la storia. Avevo paura, tanta paura...
Genere: Mistero, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Per un Bacio'
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14

Non merito, ma Accetto

 

 

Il sole, che riesce a filtrare appena, mi raggiunge quasi con timidezza. Ma è un sole caldo, un sole estivo. Eh sì, ci ho messo diversi mesi a mettere insieme abbastanza carta per poter concludere questa mia testimonianza. Non è stato facile, ma te l'avevo promesso...

Non noterai la differenza: ti metterò tutte i fogli all'interno del quaderno e quando lo prenderai tra le mani, beh, sarai tu a scegliere il ritmo di lettura, sei libero... beato te...

Forse dividerò le varie parti in capitoli, non lo so ancora... ma ho comunque lasciato un po' di spazio nel caso volessi mettere qualche presentazione... sai, a volte, per alcune parti, mi dico: 'eh, ci starebbe bene questo titolo...' cose così insomma...

Ma forse è il caso di non tirare troppo la corda e non consumare 'inutilmente' della preziosa carta... Ah! Come avrai notato, questo capitolo è scritto a penna (me ne hanno regalate due, un colpo di sedere assurdo! Non so a te, ma a me dopo un po' stressa scrivere a matita) quindi il tratto è più scorrevole e spero leggibile.

Okay, torniamo alla storia, sempre che tu sia ancora lì... lo spero...

 

“Mi domandi se sono antico?” Sembra pensoso, forse qualcosa gli causa della perplessità, infatti poco dopo aggiunge: “perché stai conversando con me?”

“Beh... non è che capiti tutti i giorni di incontrare qualcuno come te... e non riesco a provare odio nei tuoi confronti... anche se hai ucciso qualcuno a cui stavo imparando a voler bene...” gli rispondo, è tutta la sincerità di cui sono capace.

“Sei davvero una creatura strana.” Forse mi sorride, forse si fa beffa di me, non è chiaro e forse neppure importante. “Sono antico in relazione a voi umani.” Mi risponde infine.

“Quasi in relazione ad ogni cosa siamo poco o nulla... fra i 2,3 ed i 2,4 milioni di anni fa il genere Homo si sia differenziato dall' Australopithecus... cos'è in relazione a l'universo o anche solo al nostro piccolo pianeta blu...?”

“Gli umani sono le creature più confuse, strane ed infide che io abbia mai avuto modo di incontrare. Ma tu, creatura, tu sei assurda.”

“Lo prenderò come un complimento...”

Lui annuisce, “non v'era connotazione negativa. Mi domando solo perché tu non fugga via terrorrizzata.”

“Mi sono fatta pipì addosso, quando mi sono accorta di te...” guardo la macchia che mi scurisce i jeans, “ma ora non ho paura... certo, ti sarebbe così facile farmi del male, cosa potrei contro di te? Nulla... è per questo che non ho più paura, è un po' come quella massima di Epicuro: 'se il tuo problema si può risolvere, perché ti preoccupi? Se il tuo problema non si può risolvere, perché ti preoccupi?' Certo, vorrei saperlo attuare alla vita di tutti i giorni... ma per ora va bene così...”

Lui ride, una risata che pare provenire da ovunque e da nessuna parte, “creatura.”

“Ti ferisce?” Gli chiedo.

Lui mi guarda, in qualche modo penso che sappia benissimo cosa intendo dire, ma sceglie di assecondare le 'regole' di questo tipo di conversazione e mi chiede: “cosa?”

“Il fatto che le persone abbiano due atteggiamenti nei tuoi confronti: autoritario, come se tu fossi una loro proprietà, o di paura e ribrezzo...”

“Dovrebbe causarmi sofferenza?” E' impossibile interpretare il suo tono.

“Non ne ho idea... mi chiedo solo se tu sia un essere superiore... qualcuno che pur avendo una coscienza praticamente umana, come dire, sia riuscito a superare la paura di sentirsi soli...”

“Conosci la sensazione di non appartenere?” Mi domanda.

“Sì, la conosco... è mi fa soffrire, anche se non vorrei sentire male per una cosa che posso capire e risolvere... solo... non sono disposta a pagarne il prezzo...”

“Capisco.”

“Tu appartieni a qualcosa?” Gli domando.

“Sì e no. E' complicato, creatura.”

Annuisco, “cosa succede se non ubbidisci agli ordini ricevuti?” Chiedo, cambiando discorso.

“Mi chiedi se ho paura?” I suoi vibranti occhi si socchiudono.

“Forse, non lo so di preciso... credo che la mia fosse una domanda banale, esattamente come suonava.”

“Non posso non ubbidire, creatura.”

“Mi dispiace... dico davvero...” e sono sincera.

“Non dubito del tuo buon cuore, sono solamente allibito dal tuo atteggiamento.”

“Il mio cuore non è buono... al suo interno vi dimorano creature ben più strane di te... creature sbagliate...” mi trema la voce: queste sono verità che non confesso facilmente neppure a me stessa...

“Ma mi dispiace vedere un essere come te in trappola... distrugge i miei sogni...” gli dico.

“Che tipo di sogni?” Sembra curioso, e la cosa, non lo nascondo... mi rende felice.

“Da bambina, ma anche oggi... a volte mi capita di sognare di essere qualcosa di più forte... grande e potente, qualcosa che possa incutere timore e rispetto... so bene che le due cose sono molto diverse, e so anche che è un pensiero molto infantile... ma mi consolo pensando ad uno dei capolavori di Orwell 'La fattoria degli Animali', probabilmente lo saprai, ma lui ha creato l'opera non solo per la denuncia sociale e politica, ma anche, citando le sue parole: '... Ho visto un ragazzino, forse di dieci anni, che guidava un enorme cavallo da tiro lungo uno stretto sentiero, frustandolo ogni volta che cercava di girare. Mi ha colpito il fatto che se solo questi animali prendessero coscienza della loro forza non potremmo avere alcun potere su di loro e che gli uomini sfruttano gli animali più o meno allo stesso modo in cui i ricchi sfruttano il proletariato.' Questo avvenimento rispecchia quello che intendevo...” confesso.

“Che strana creatura... ma se posso, vorrei darti un consiglio.”

“Ti ascolto, lo faccio volentieri...” gli dico.

“Non fidarti di coloro che vogliono consigliarti.”

Lo guardo cercando di capire se stia per uccidermi, ma lui sembra tranquillo e cortese.

“Capisco senza capire davvero...” dico, dopo qualche secondo.

“Sei una ragazza davvero strana, forse inadatta a vivere in questo mondo. Sei sicuramente giovane ed immatura, ma hai qualcosa, e quel qualcosa ti permetterà di fare qualcosa un giorno qualunque, in questo folle mondo. Non fraintendermi, non lo cambierai, ma la tua vita non sarà stata inutile.”

“E' molto più di quanto possa ambire... perché sei così gentile con me?”

“Tu lo sei stata con me. Mi hai regalato minuti davvero strani e surreali. Te ne sono molto riconoscente.”

“Tu hai capito chi sono... non è così...? La mia intelligenza non può battere i tuoi muscoli e la tua conoscenza, forse la tua coscienza superiore...” gli domando, e nonostante le sue parole, mi preparo a morire. Ma in qualche modo sento che potrei lasciarmi andare e scoprire se un 'dopo' esista oppure no... ma mi domando se, anche la Prof e Martina, si siano sentite come me, un attimo prima della fine, se il fatto di essere uccise da qualcosa di così... così... magnifico nella sua brutalità, avesse concesso loro la stessa... serenità? Rassegnazione? Non saprei dire... ma ripensando agli occhi della Professoressa mi dico: no... non lei... lei era terrorizzata e non voleva morire... forse rifiutava persino ciò che aveva dinanzi... qualcosa di così assurdo che avrebbe posto fine alla sua vita...

Lui mi mostra le zanne, “quello che è nascosto rimanga nascosto fino che il sole non lo illumini e riveli.”

Perché...?

“Grazie... chiunque tu sia... non merito, ma accetto la tua cortesia...” corro anche se non vorrei, perché lui mi fa stare bene...

Ma devo trovare Eleonora, non importa se non penso che lui la voglia uccidere, o meglio, che io ora ne sia totalmente convinta, ma la devo trovare e dichiararmi... perché lo so, lo so che epilogo avrà questa storia... lo so dal momento in cui ho cominciato a commettere errori stupidi... ma di questo parliamo alla fine, okay?

 

Non è stato complicato trovare le scale.

Prima di scendere, dove presumo si trovi Eleonora, mi siedo sul terzo gradino. Non è facile descrivere ciò che provo... non ho neppure ben chiaro cosa io stia sentendo, come posso scegliere delle parole? Tanto... tanto non sono abbastanza brava da farti capire... usa la tua immaginazione, è il consiglio migliore che possa darti.

Ma c'è una cosa che posso dirti, vorrei tornare dal Licantropo almeno quanto desidero trovare Eleonora... come ti ho già detto: lui mi faceva sentire bene... era giusto essere davanti a lui, era bello e mortale... era come ergersi dinanzi alla morte stessa e non esserne toccati... era come avere un amico. E sì, ero sincera, davvero sincera, quando gli ho detto che non riesco a provare odio per lui... non è colpa sua... sarebbe come arrabbiarsi con una pistola o un coltello ed ignorare la mano che l'ha impugnato... non ha senso. Mi ferisce che lui sia un oggetto nelle mani di... di qualcuno che è come me... un essere umano. Siamo entrambi vittima di qualcosa che, seppur capendolo, non possiamo battere... è come il sistema... è qualcosa di umano. E gli umani sono gli animali più pericolosi in natura, fa ridere pensandoci nudi... senza veleno, artigli, zanne o pelliccia... fa davvero ridere... ma il sorriso scompare quando un mio simile sorride... è la mente che sorride, qualcosa di nostro, solo nostro...e sbagliato. Siamo sbagliati, ma perfetti nella nostra incomprensibile perfezione...

Mi rialzo e comincio a scendere, un passo dietro l'altro...

 

E inutile che io cerchi di creare della suspense, non ci provo nemmeno... io non ho avuto il tempo di provarne, e arricchire il testo con dettagli non veri, beh, semplicemente da contro allo scopo di questo quaderno...

Eleonora è lì, davanti a me, a tre passi dall'ultimo gradino.

“Sei ferita?” Le domando, senza balbettare. Non ho paura di ciò che provo per lei, non più.

“Mi dispiace tanto... ti giuro che... io... mi dispiace tanto, Esmeralda...”

Sorrido, è un sorriso sciocco e forse sbagliato, ma ora è lei a balbettare di fronte a me.

Mi inginocchio davanti a lei e mi tolgo gli occhiali, “non sono arrabbiata. Sono ferita.” Le dico, riuscendo a guardarla dritta in quelle sue pozze verdi. “Forse non m'importa neppure sapere il perché... per una volta, credo che non m'importi.”

Il suo volto è persino più bello ora, ora che la paura le distorce i tratti... potrei dire che mi eccita. E' colpa dei demoni che ho dentro... mi piace vedere l'indifeso... mi piace vedere una donna indifesa... mi piace vederle soffrire.

Ho deciso di omettere questa parte di me fino ad ora, volevo che tu ti affezionassi a me... che mi credessi una creatura pura e buona: era l'unico modo per farti arrivare fino a questo punto del quaderno, un punto in cui sai che ruolo ho giocato in questa vicenda... un punto che non ti permette di gettare via il quaderno e dimenticarmi.

Ti ho catturato, amico mio.

No, non fare quella faccia... non ti ho mai mentito, mai! Ho solo scelto di mostrarti la parte migliore di me e di omettere parte di ciò che sono... ma ora mi sento soffocare...

Avrei potuto continuare a non rivelarti questi dettagli, sì certo, ma oramai tu ed io siamo legati... sei mio quanto io sono tua... il legame che ci unisce è forte come solo quello fra autore e lettore può essere, ma c'è di più: mi sono messa a nudo davanti a te, ti ho permesso di penetrarmi l'anima ed il cuore... mi sono concessa a te e tu, sì proprio tu, ti sei concesso a me.

Non ho timore o remore nel scrivere ciò che scrivo... sai tutto di me, è vero, ma non mi puoi afferrare... non mi puoi toccare, non ci riuscirai mai perché io... ora... ora... azz! Stavo per spoilerarti il finale!

Scusami, sono pervasa da una strana euforia... tra poco sarà tutto finito.

Non hai smesso di leggere... mi fa piacere. Chissà se riesci ancora a guardarmi con gli stessi occhi di qualche riga fa... chissà? Non è cambiato poi molto però... alla fine lo sapevi: sono un essere umano, proprio come te. Anche tu hai qualcosa di marcio dentro... non importa in quale misura... sei umano: sei sbagliato e perfetto.

“Mi dispiace tanto...” dice, e mi guarda negli occhi, “non avevo idea che fosse reale... era solo un gioco... stupido e di cattivo gusto, ma solo un gioco tra ragazzi...”

“Una ragazzata.” Annuisco.

“Liberami, ti prego... non voglio morire qui sotto... per favore Esmeralda...” solleva il braccio a cui è apposta una manetta, legata ad una tubatura, forse dell'acqua, a giudicare dal suono.

Anche volendo, non saprei come fare.

“Non posso farlo... ma posso aspettare l'aurora con te.” Le dico, sedendomi di fronte a lei.

“No... no, no, no... no, no... non voglio morire!” Grida.

“Non posso proteggerti dalle tue stesse scelte e dalle loro drammatiche conseguenze, ma non ti lascerò sola. Ho atteso per anni di trovarmi davanti a te senza balbettare... ho atteso così tanto che ora mi sembra stupido...” confesso.

“Ti prego... ti prego... devo andare via o morirò! Aiutami a rompere il tubo, ti prego!”

“E' acciaio... ci vorrebbero ore. Ma non penso che tu debba preoccuparti: il Licantropo non cerca te.” Le dico, “prova a calmarti.”

“Non capisci!” Mi grida, “devo andare via da qui o morirò! Il libro, leggi a pagina 616!” Indica il libro che, quasi senza accorgermene, continuo a stringere in mano.

Esito: ho paura che il Licantropo torni e non mi conceda due volte la stessa cortesia, “non posso. Spiegami.”

“Dannazione! Se il rituale non si compie entro l'alba... se tu non vieni uccisa... coloro che hanno evocato il rito moriranno... moriremo in ordine... io sono l'ultima... non voglio morire per arresto respiratorio... non voglio soffocare... devo lasciare il luogo del rituale...!”

“Morirete...” sussurro, “fammi indovinare... il sangue che macchia la copertina e di uno degli altri tre...?”

“Di Danilo probabilmente... morte per rottura dei vasi sanguigni dai più piccoli ai più grandi... lui è il primo... ogni due ore ne muore un'altro... ti prego... ti prego...!”

“Chi è il secondo?” Chiedo.

“Ti prego... aiutami...!” Mi guarda come se fossi carnefice e salvatore.

“Lo sto già facendo... ti ho perdonata. Ma ora rispondi alle mie domande, per favore...”

“Se rispondo alle tue domande, mi aiuterai...?”

Annuisco, “ho un piano.” Non sto mentendo, ma devo ancora pensare ai dettagli... credo...

“Va bene... Oddio mio... il secondo è Greg... autocombustione...” mi dice.

“E Alessia... lei... lei come morirà...?”

“Arresto cardiaco...”

“Capisco... dimmi perché...? Voglio dire, anche se pensavate fosse solo un gioco... cosa che comincio a dubitare, dato che l'Hotel è deserto... perché mi volevate morta...?”

“E' stata un idea di Alessia... ti odia... ti ha sempre odiata...” distoglie lo sguardo.

“Perché...?”

“Perché... perché sei... così...”

“Così come?”

“Sbagliata... per usare le sue parole... la fai innervosire... dice che sei saccente e molto meno intelligente di ciò che pensi... dice che non hai il diritto di guardare tutti dall'alto in basso...”

Certo, la cosa mi lascia un po' perplessa... ma subito penso che gli esseri umani uccidono anche per meno... quindi che devo fare? Non mi resta che accontentarmi... anche se mi fa schifo dover morire per così poco...

“Anche tu mi vuoi morta...?” le chiedo, cercando di riottenere il suo sguardo.

“No...” non esita, “no, certo che no... volevo solo evitare di essere esclusa ancora... non è una buona scusa... ma...”

“Lo capisco.” Dico, prima che lei possa aggiungere altro, “so cosa si prova... ma c'è una cosa che non capisco, qualcosa che forse è inerente al fatto che nascondi il tuo corpo, cosa ti rende diversa?”

“Le cicatrici... sono piena di cicatrici...” dai suoi occhi cadono brillanti e grosse lacrime, “ho subito diverse operazioni... per... per un incidente d'auto...” mi confessa.

Ho sempre pensato che le cicatrici fossero molto belle... ne sono sempre stata attratta, è quasi una perversione...

“Se ne usciamo vive, beh... non dovrai mai nasconderle da me... ti trovo bella... bella da impazzire, Eleonora... non importa se la tua pelle non è liscia e pulita... non m'importa... non ti rende diversa ai miei occhi.”

Finalmente solleva lo sguardo, “mi fanno sentire sporca e debole...”

Mi avvicino a lei, “sono innamorata di te... ti guardo con occhi innamorati: sarai sempre perfetta per me... capito? E anche se non fossi così infatuata di te, beh, mi piacciono le cicatrici... mi fanno pensare ad un guerriero forte e coraggioso.”

“Vorrei che le cose fossero andate in modo diverso... vorrei averti vista prima... ma ti ho solo e sempre guardata... ho sempre avuto paura che... che confessandoti i miei sentimenti... tu... tu avresti voluto di più... mi avresti spogliata e, vedendo quei segni ormai bianchi... mi avresti guardata con orrore...”

Nonostante tutto, il mio cuore perde un battito, “ti piaccio in quel senso...?”

Annuisce, “da tanto... tanto tempo...”

Ora è una questione di principio... perché penso di liberarla? Solo perché mi ricambia? L'avrei fatto anche prima...? Perché non riesco a ricordarlo?! Mi sembra di impazzire! Non ricordo!!!

E se ora la liberassi... saprei come farlo? Voglio farlo...? Non capisco più niente... cos'è questa sensazione...? Follia?

“Tutto questo... tutto questo per... per un bacio...” sorrido di un sorriso che non so descrivere, semplicemente mi viene da ridere...

“Ti prego... ora aiutami...!” Mi supplica.

Non le rispondo, le prendo il viso fra le mani, la pressione che esercito è troppa: vedo la pelle sbiancare e stropicciarsi attorno alle mie dita, “per un bacio...”

“Mi fai... mi fai male...” i suoi occhi sono spalancati e bellissimi...

“Tutto per un bacio... ed ora sei qui... posso prendermelo...” quasi ringhio.

“Ti prego... mi fai paura...” cerca di sottrarsi alla mia morsa, ma non può farlo. Ho la sensazione che potrei spaccarle il cranio e... e non so come questo mi faccia sentire...

“Per un bacio... se tu non mi avessi promesso quel bacio... se io non avessi voluto quel dannato bacio... le nostre vite si sarebbero divise questo Giugno... non saremmo più stati nella stessa classe... capisci?”

“Ti prego!” E' terrore ciò che vedo nei suoi occhi e sento nella sua voce.

“Per un bacio...” premo la mia bocca contro la sua.

 

Fu una violenza di cui non mi pensavo capace, ma in quel momento... in quel momento persi la ragione... o forse... la trovai...

 

Si dimena come una matta, mi colpisce con braccia e gambe, ma la tengo ferma... voglio imprimermi il suo sapore nella mente, voglio che sia indelebile... voglio che sia mio, nulla ha importanza, nulla se non quel bacio violento e malato.

Lentamente al suo sapore si mischia quello del sangue: sto applicando troppa violenza nella pressione di mani e bocca... la sto violentando... anche se non sessualmente... la sto violentando...

Quasi senza accorgermene, i miei pollici le tappano le narici e, contemporaneamente, aumento ancor di più la pressione con le labbra... provo dolore mentre il mio sangue si mischia al suo, ma non smetto... non smetto neppure quando i suoi spasmi si fanno più violenti... neppure quando cessano del tutto.

E' morta soffocata... l'ho soffocata.

Un campanile lontano suona sei colpi di campana... il sole non è sorto, ma convenzionalmente, è l'alba...

Mi getto indietro con violenza, sono di nuovo padrona del mio corpo... forse lo sono sempre stata... non lo so più... non m'importa più.

 

  
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