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Autore: katerina_21    04/08/2009    2 recensioni
- S...sei tu? - riuscì a bisbigliare, con un tono di voce un po' troppo flebile per i suoi gusti. Avrebbe voluto sorridergli in modo affascinante e bisbigliargli all'orecchio con voce roca una frase d'effetto, come quelle dei suoi romanzi. Ma lei non era un'eroina con i capelli rossi e gli occhi verdi, non aveva il potere del fuoco o roba simile. Era solo una semplice scrittrice in erba, con tanti file incompleti salvati su una penna USB e un'agente un po' troppo insistente. E lui era l'uomo che aveva abitato i suoi sogni. Era davanti a lei, in carne e ossa. - Immagino di sì... - rispose lui con un sorriso un po' sghembo. Quel sorriso che l'aveva fatta impazzire così tanto, durante i suoi sogni. Allungò tentennante una mano e sobbalzò quando incontrò la pelle liscia della sua guancia. Allora era tutto vero.
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ricordati di Me


Sophie fissò ancora il cursore, che compariva e scompariva sullo schermo, come il ticchettare di un severo orologio a dondolo.

Aggrottò le sopracciglia e bevve un sorso di caffè dalla tazza con Marylin Monroe. Adorava quella tazza. Gliel'aveva regalata la madre, due Natali fa.

Tornò a fissare il cursore come in una sfida di sguardi tra cowboy, prima che uno dei due tiri fuori la pistola e spari all'altro. Che poi a lei non erano mai piaciuti i film western; li trovava monotoni, un po' scontati forse. Fattosta che l'avevano sempre annoiata, anche da bambina.

Sophie ticchettò le dita sul suo studio, vicino al mouse. Anche lui era fermo lì da almeno un'ora.

Sophie in realtà non aveva nessuna voglia di uccidere il suo computer, tantomeno con una pistola, forse solo la sua agente. Ma sì, Lexi la poteva anche uccidere, dopo tutto era solo colpa sua se alle tre di notte continuava a fissare un cursore e una pagina vuota di Microsoft World.

Il “blocco dello scrittore”.

E' generalmente noto che tutti gli scrittori passano questo momento: il momento in cui trascorri la notte a fissare lo schermo del tuo pc, sperando che in qualche modo l'ispirazione ti porti consiglio. Magari un consiglio che poi ti faccia guadagnare anche molti dollari.

Ma quelli poi sono sogni, ed è un'altra cosa.

Sophie sbadigliò e ridusse a icona la finestra, sospirando. Avrebbe scritto qualche pagina la sera dopo, tanto aveva tempo.


**


E' un po' buio, e nell'aria c'è solo uno strano profumo di aghi di pino.

Continuò a camminare, sperando che quella marcia assurda finisse, in un modo o nell'altro. Era strano però: i piedi quasi sprofondavano. Quindi, a record di logica, ciò voleva dire che stava camminando su una superficie morbida. Poteva essere fango, oppure...

Sophie si chinò, fino a raggiungere con le punte delle dita il terreno.

Era freddo.

Neve. Stava camminando sulla neve. E anche da parecchio.

Sospirò e si portò una mano sulal fronte, rendendosi conto che non indossava nessun cappello di lana. Strano, una tipa previdente come lei di solito usciva sempre ben coperta e non si sarebbe mai dimenticata il cappellino di lana.

Ora che ci pensava, non indossava nemmeno un piumino o un maglione. E al dir la verità sembrava che addosso avesse solo il pigiama. O almeno così sembrava a lei.

Iniziò a tremare. Aveva come la strana sensazione di voler urlare.

Ad un tratto un paio di mani l'afferrarono da dietro e allora Sophie cacciò davvero un urlo acuto, agitando le braccia per impedire di essere catturata dallo sconosciuto.

Sentiva perfino il suo fiato caldo sul collo.

- Sta calma, non voglio farti niente. - mormorò una voce. Sophie capì dopo qualche minuto che la voce apparteneva allo sconosciuto.

Trattenne un secondo urlo e cercò di calmarsi, ottenendo in realtà ben pochi risultati.

- Ora ti porto al sicuro, va bene? - continuò la voce, mentre un paio di braccia la tenevano stretta, cercando di fermare i movimenti bruschi di Sophie.

Lei annuì e solo dopo si ricordò che lo sconosciuto non la poteva vedere, con tutto quel buio. Allora mormorò un flebile 'sì' e si lasciò trasportare da quelle mani.

Si sentì poggiare su una superficie diversa, era seduta evidentemente su una slitta, con delle coperte che l'avvolgevano premurose.

Ora che ci pensava bene, quella voce sconosciuta non era poi così tanto sconosciuta. Le sembrava di averla sentita già tante volte, però tanto tempo prima e faceva fatica a ricordare a chi appartenesse. Sembrava che quella voce fosse fuori dal tempo, lontana mille e mille miglia da dove si trovava ora.

Sophie si strofinò le mani per riscaldarle, quasi non le sentiva più per quanto si stava ghiacciando.

La slitta si fermò e sentì dei passi felpati dirigersi verso di lei. Poi delle voci che bisbigliavano, anche se vicino a lei.

Stava quasi per dire qualcosa quando chiuse gli occhi e cadde in un sonno profondo.


**


Sophie aprì e richiuse gli occhi più volte, non riuscendo a mettere a fuoco pienamente un'ombra che era china su di lei.

Finalmente riuscì a vederlo. Era lo sconosciuto: lo capì da quel profumo così forte. Non sapeva spiegare che odore fosse, ma era certa che lo avrebbe riconosciuto ovunque.

Ed allora capì a chi apparteneva la voce melodica, quegli occhi neri così profondi e nello stesso tempo inquietanti. Lo sconosciuto era l'uomo che aveva abitato i suoi sogni per tanto tempo, facendola sognare e esplorare mondi a lei sconosciuti. Naturalmente solo con la fantasia.

- S...sei tu? - riuscì a bisbigliare, con un tono di voce un po' troppo flebile per i suoi gusti. Avrebbe voluto sorridergli in modo affascinante e bisbigliargli all'orecchio con voce roca una frase d'effetto, come quelle dei suoi romanzi.

Ma lei non era un'eroina con i capelli rossi e gli occhi verdi, non aveva il potere del fuoco o roba simile. Era solo una semplice scrittrice in erba, con tanti file incompleti salvati su una penna USB e un'agente un po' troppo insistente.

E lui era l'uomo che aveva abitato i suoi sogni. Era davanti a lei, in carne e ossa.

- Immagino di sì... - rispose lui con un sorriso un po' sghembo. Quel sorriso che l'aveva fatta impazzire così tanto, durante i suoi sogni.

Allungò tentennante una mano e sobbalzò quando incontrò la pelle liscia della sua guancia.

Allora era tutto vero.

Sophie sgranò un po' gli occhi e lo squadrò sospettosa. C'erano i capelli alla Jim Morrison, una cascata di riccioli castani che lo facevano sembrare un angelo e c'erano anche quegli occhi neri che gli donavano un'aria misteriosa, che non guasta mai nel ragazzo perfetto.

- Ti vedo sorpresa. -

Sophie si scrollò dai suoi pensieri e incontrò il suo sguardo.

- Come ti chiami? Ho sempre voluto chiedertelo. -

Lo sconosciuto sorrise appena, stavolta quasi intenerito.

-Heath.-

Heath. Quel nome le sembrava una melodia, un concerto di violini, il cinguettare degli uccellini. Peccato che lei non si chiamasse Catherine.

- Hai un bel nome. - disse lei senza riuscire a trattenersi.

- Anche il tuo lo è, Sophie. -

Sophie alzò lo sguardo sorpresa, incontrando quello un po' ironico di lui.

- Sì, conosco il tuo nome. Dopo tutto noi ci amiamo. -

La semplicità di quella stramba frase la spiazzò, lasciandola di stucco. Non tanto per il senso di quelle parole, quanto per la consapevolezza che fossero vere; dalla prima all'ultima sillaba.

- Lo so. - mormorò, trattenendo una lacrima dispettosa.

Heath annuì, consapevole che lei aveva capito.

Si avvicinò lentamente e la baciò delicatamente sulle labbra. Poi si allontanò quel tanto che bastava per riuscire a sussurrarle: - Questo è per fare in modo che tu non ti dimentichi mai di me. Tieni ben in mente il mio volto, Sophie. Non scordarti mai di me. -

Sophie annuì, poi si sentì improvvisamente mancare il fiato e chiuse gli occhi.

Quando li riaprì era appoggiata alla sua scrivania, con la testa sulle braccia e la vista appannata.

Si lasciò scappare un singhiozzo e alzò lo sguardo sullo schermo del computer. Era scritta una sola frase, su quel foglio bianco.

Non scordarti mai di me”

Ma chissà perchè Sophie non riusciva a ricordare. L'unica cosa che rammentava era la neve... che poi fuori facevano venticinque gradi.

Le sembrava di essersi risvegliata da un lungo sonno, ma proprio non riusciva a ricordarlo.

Un nodo all'altezza dello stomaco, però, le faceva pensare che aveva perso quello per cui tutti lottano. Il problema era che non si ricordava cos'era.


  
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