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Autore: AdhoMu    02/02/2020    1 recensioni
Un'amata sorella, un grande amico ed un'insolita passione per le capre.
Che cosa sappiamo di Abeforth Silente?
[Scritta per la Challenge "M(h)arry Christmas - il calendario dell'Avvento" indetta da blackjessamine sul forum di efp].
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aberforth Silente, Ariana Silente, Horace Lumacorno, Kendra Silente, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Per salvare capra e bezoar.

«La colazione è servita!»
La voce gioiosa di Albus rompe il silenzio; Abeforth, in piedi accanto alla culla, interrompe per un attimo il contatto visivo con la sorellina appena nata.
«Grazie mille, mio caro».
Kendra Silente si annoda la vestaglia e ringrazia con una carezza il primogenito, sempre così servizievole e sollecito; poi, con un colpo di bacchetta, fa travasare il liquido opalescente dalla bottiglia di vetro al biberon già tiepido.
«Che cosa le dai, mamma?»
«È il latte di Bianchina, la magicapretta che vostro padre ha acquistato due giorni fa» spiega sorridendo la mamma. «Le farà molto bene...»
Abeforth spalanca la bocca, impressionato. Subito dopo, i suoi occhi tornano a posarsi sulla testolina di Ariana, coperta da soffice peluria bionda.
"Latte di magicapretta" continua a ripetersi il bambino, incantato. "Come quello che bevono le principesse delle fiabe di Beda".


«Per combattere l'effetto della maggior parte dei sieri nocivi, basta mettersi in bocca un bezoar».
Il professore fa una pausa ad effetto, consapevole del fatto che l'intera classe, come sempre avviene durante la sua lezione speciale sui veleni alchemici, pende letteralmente dalle sue labbra.
"Ed ora, come da copione, qualcuno alzerà la mano e formulerà la stessa identica domanda di ogni volta" si dice l'uomo, mettendosi in attesa. E difatti, non ci vogliono più di due minuti affinché una mano si tenda timidamente verso l'alto.
«Chieda pure, signor Silente» sorride l'uomo con fare condiscendente e quella tipica espressione da come volevasi dimostrare dipinta sul viso.
«Ma la capra, professore... va uccisa?» domanda il ragazzino.
Preso in contropiede dall'insolito quesito, che non corrisponde alle sue aspettative ("Dove si trovano i bezoar, signore?" gli chiedono di solito), il pozionista esita.
«Come dice?»
«Ecco... » lo studente si stringe nelle spalle, imbarazzato. «Sul libro di testo c'è scritto che i bezoar si trovano nelle pance delle capre...»
«Sì, infatti» mugugna il professore, un po' deluso. Gli è sempre piaciuto darla lui, quell'informazione. Accidenti a quella fastidiosa nuova edizione aggiornata di Ampolle e Alambicchi, che d'ora in avanti gli toglierà la soddisfazione di farlo!
«Ecco, sì» continua il ragazzino «proprio per questo, vorrei sapere se... se la capra, per estrarre il bezoar, va sacrificata».
«Oh, beh» il professore tentenna. Il preside Phineas Black è sempre molto, molto rigido riguardo il decoro da mantenere all'interno delle aule, e certamente non gradirebbe se lui andasse in giro a raccontare ai suoi alunni di capre sbudellate. «Tecnicamente...»
Il suono della campanella, provvidenziale distrazione, lo toglie miracolosamente d'impaccio.
«Continuiamo a gennaio» si affretta a concludere l'insegnante, mentre i ragazzi raccattano i loro effetti personali in fretta e furia, con un baccano del diavolo come colonna sonora. «Non dimenticate il tema sulle proprietà della crassula obovata: ha assoluta priorità sugli altri compiti natalizi...»
Il ragazzino che ha posto la domanda si alza in piedi, un'espressione di intensa contrarietà nelle pungenti iridi azzurre. Il suo compagno di banco, un giovinetto pasciuto che, come lui, indossa intorno al collo la cravatta verdeargento della Casa di Salazar, gli dà di gomito e lo apostrofa con fare vivace.
«Secondo me la capra, poi, la fanno stufata».
«Piantala, Horace!» lo zittisce lui, orripilato.
L'amico alza le mani paffute in un diplomatico gesto di resa.
«Non prendertela, Abe» gli dice, conciliante. «Se serve per salvare una vita... mettila così: è per il bene superiore, proprio come dice sempre tuo fratello».
«E alla vita delle capre, chi ci pensa?!» urla Abeforth, stizzito, dirigendosi a grandi passi verso la porta dell'aula.

«Che cosa hai fatto al pelo di Bianchina, tesoro?»
La bambina arrossisce e abbassa lo sguardo, contrita.
«Non l'ho fatto apposta... » si giustifica, e Abeforth, nascosto dietro l'enorme abete che lui e Albus hanno cominciato a decorare a mano, trattiene a stento una risata di gioia, deliziato dalla potenza della magia che Ariana ha cominciato a manifestare fin da piccolissima. È orgoglioso, Abe; fiero e orgoglioso della sorellina - la sua principessa, che certamente diventerà una grande strega.
«...e poi, il manto rosa è bellissimissimo, non trovi anche tu, mamma?»
«E quel corno che hai tentato di far sparire, allora?»
Sul visetto luminoso di Ariana si dipinge un'espressione colpevole.
«Gli unicorni mi piacciono tanto...»
Kendra alza gli occhi al cielo, ma non può impedirsi di sorridere.
«Hai proprio ragione, tesoro. Sono davvero animali splendidi» dice dolcemente alla figlia. «Però, da brava, fai come dice la mamma: la prossima volta, non giocare così vicino al cancello. Qualcuno che passa sulla strada diretto al villaggio potrebbe vederti...»
«Non succederà più, mamma!» Ariana corre via, in un fulgido turbinare di riccioli biondi; un belato affettuoso l'accoglie dal giardino innevato.


Le massicce ante di faggio ruotano sui cardini, permettendo loro di uscire. I due procedono in silenzio, spalla contro spalla; ed è solo dopo che hanno raggiunto l'estremità di quel lungo corridoio stretto e freddo che, finalmente, il più in carne dei due si decide ad aprire bocca.
«Prendi qua» dice all'altro, allungandogli un piccolo involto di carta alluminio argentata prontamente estratto dalla tasca del cappotto verde smeraldo. «Ti conviene scaldarti dentro , prima di uscire. Fa un freddo infame, quest'oggi».
L'altro afferra il grosso pezzo di cioccolato, se lo porta avidamente alla bocca e comincia a sbocconcellarlo con evidente sollievo.
«Grazie mille, Horace» mormora a bocca piena, mentre le sue gote riprendono gradualmente colore. «Per aver testimoniato, per la cauzione e... beh, anche per questo».
«Non c'è di che, amico».
Sembrerebbe tutto risolto, eppure un lampo di preoccupazione attraversa gli occhi verdi di Horace Lumacorno, il quale, una volta varcati i portoni del Ministero, rallenta il passo, nonostante il cielo plumbeo, foriero di neve, e le raffiche di vento pungente che, impietoso, sferza Diagon Alley addobbata a festa.
«Tu, però, mi devi promettere di smetterla, Abe».
Abeforth Silente si stringe nel suo pastrano rattoppato e scuote la testa.
«Non posso» replica soltanto. «Lo sai».
L'altro sbuffa, irritato.
«Vuoi finire dentro di nuovo?» sibila, cupo. «Cos'è, l'assaggio di Dissennatori non ti è bastato?»
«Suvvia, Horace» Abeforth tenta goffamente di minimizzare. «Dopotutto, si è trattato solo di un modesto processo...»
«I membri del Wizengamot mi sembravano di tutt'altro avviso» taglia corto il pozionista, scettico. «Se non fosse per le mie conoscenze... »
«Hai ragione, scusami» Abeforth abbassa il capo, mortificato. «Ma lo sai che cosa penso, a riguardo...»
Niente da fare, per Salazar.
«E al cenone, ci vieni o no?» chiede allora Horace, tanto per cambiare argomento - perché lo sa bene: quando si tratta di capre, Abe è più testardo di una di esse.
«Al cenone? Da te? Con tutti quei pezzi grossi?»
«Ci-vieni-o-no?»
Horace comincia a sospettare che Abeforth voglia fargli esaurire tutta la sua leggendaria pazienza.
«Vado a prendere Ariana» esclama questi, a mo' di risposta, per poi smaterializzarsi con un rapido cenno di saluto.
«Okay, sgombero la parete» gli urla Horace, prima di agitare la bacchetta e sparire a sua volta. «Il ritratto del prozio Sylvester non se la prenderà» mormora, filosofico.

«Come sta?»
Albus scuote la testa, sconsolato.
«Il Capoguaritore preferisce non pronunciarsi».
Abeforth incassa il colpo e si lascia cadere su una delle seggiole rigide che fiancheggiano gli algidi corridoi del San Mungo, tristi e impersonali nonostante le lanterne colorate che fluttuano qua e là e l'immenso presepio montato nell'atrio.
«Se non fosse stato per Bianchina, l'avrebbero ammazzata» mormora con un filo di voce, e il fratello maggiore non può che annuire. «Ci ha pensato lei ad incornarli a dovere, prima che papà...»
Le parole gli muoiono in gola.
Le grida di Ariana, i belati di Bianchina, l'ira del padre, la corsa disperata fino a Londra.
L'arrivo degli Auror.
I fatti si sono susseguiti con tale rocambolesca rapidità che, ancora, non se n'era accorto.
Sgomento, Abeforth si rende finalmente conto che i genitori, convocati d'urgenza al Ministero, non sono ancora tornati.


«Per combattere l'effetto della maggior parte dei sieri nocivi, è sufficiente mettersi in bocca un bezoar».
Horace fa vagare lo sguardo sugli studenti intenti a prendere appunti, per accertarsi che abbiano afferrato il concetto.
«Bezoar? Che roba è?»
Le iridi verdi del professore si posano sul visetto indisponente di quel suo studente che, nonostante gli altisonanti natali, mai e poi mai si sognerebbe di ammettere nel suo circolo esclusivo. Aidan Avery è proprio un insopportabile marmocchio, e neanche troppo sveglio di comprendonio, per giunta. Un vero smacco per la gloriosa Casa di Salazar Serpeverde, accidenti.
«Il bezoar è una pietra magica che, solitamente, è rinvenuta nel ventre delle capre» spiega Lumacorno con infinita pazienza. Sul palmo aperto della sua mano si materializza un sassolino bianco e poroso, simile ad una pomice delle dimensioni di un ovetto di quaglia.
«Forte!» commenta Avery, entusiasta. «Per estrarre il bezoar, la capra, va sbudellata?»
"Ti piacerebbe, piccolo disgustoso" pensa il professore, scoraggiato. Fa per aprire bocca, ma prima di averne il tempo, una voce bassa e composta si sovrappone alla sua.
«Così era, ma ora non più. Per fortuna».
Horace Lumacorno rizza le antenne e sposta lo sguardo sullo studente che ha preso parola. Sebastian Macnair è un ragazzino intelligente e disciplinato; oltretutto, nei tre mesi trascorsi dall'inizio della scuola, ha già dato prova di essere molto portato nella materia da lui insegnata. Uno di quegli alunni, insomma, che gli farebbero venire voglia di procrastinare di un altro anno il suo imminente pensionamento. Peccato che la sua famiglia d'origine non sia quel che si suol dire la crème de la crème... però chissà che, con un po' di buona volontà...
«Precisamente, signor Macnair» gli dice allora, incoraggiante. «E mi dica: saprebbe dirmi altro, a riguardo?»
Il ragazzino abbassa sulla ribalta del banco gli occhi chiari come l'acqua.
«Prima la capra andava uccisa» risponde, glissando diplomaticamente sul fatto di essere, suo malgrado, cresciuto a stretto contatto con quel tipo di pratica, apportata con sommo compiacimento da un suo parente stretto. «Ora, però, è stato messo a punto un incantesimo speciale, che rende possibile l'estrazione senza che l'atto nuoccia alla bestia. Si chiama Incanto Bianchina ed è stato inventato da un certo "Abe S."».
Horace Lumacorno è a dir poco meravigliato.
«Oh» commenta, vivamente colpito. Il brevetto dell'incantesimo è recente, recentissimo: e l'informazione, di certo, non è ancora stata trascritta sui libri di testo. «Per curiosità: posso sapere come mai lei ne è al corrente?»
Il ragazzino fa una smorfia di circostanza. Non gli andrebbe affatto di riferire tutta la sfilza le bestemmie fuoriuscite dalle labbra di Walden Macnair, sommamente indignato a fronte della significativa riduzione dei suoi incarichi di boia. No: decisamente meglio evitare, in effetti, e raccontare una mezza verità.
«L'ho letto sull'ultimo numero di Pozionistica Oggi» risponde allora, mantenendosi sul vago.
Il suono della campanella che annuncia le vacanze di Natale pone fine alle lezione. Gli studenti saltano su sui banchi manco fossero caricati a molla, ma ciò non impedisce a Lumacorno di assegnare loro i compiti.
«Settantacinque centimetri di tema sui bezoar» ordina il professore, per poi avvicinarsi al giovane alunno della sua Casa che è riuscito a sorprenderlo tanto positivamente. «E venti punti a Serpeverde, signor Macnair. Complimenti per la risposta e per l'approfondimento».
«La ringrazio, professor Lumacorno».
L'insegnante osserva compiaciuto la sua divisa scolastica a dir poco impeccabile e poi, finalmente, si decide ad invitarlo.
«In gennaio avrei intenzione di dare un piccolo party per un piccolo gruppo di alunni selezionati. Spero vivamente che prenderà in considerazione l'ipotesi di unirsi a noi».
Il ragazzino, rigido rigido e impercettibilmente imporporato, annuisce, ringrazia e se ne va.
L'insegnante lo segue con lo sguardo finché, alla fine, la porta non si richiude alle sue spalle. Solo allora si accorge del bezoar, ancora stretto fra le sue dita.
Horace sorride e, con estrema cura, lo ripone in uno scompartimento della sua cassettina da lavoro.

«Buon Natale, amico».
La stanza al piano superiore della Testa di Porco è accogliente e luminosa, generosamente riscaldata dalle fiamme del camino acceso.
«Grazie mille, Abe. Anche a te. Era tutto buonissimo, davvero». Horace accosta la schiena alla spalliera della seggiola e stende in avanti le gambe, satollo. Poi, all'improvviso, il suo sguardo cade su un pacchetto non identificato che gli si è materializzato davanti, al posto del piatto.
«E questo che cos'è?»
Abeforth sorride, misterioso.
«Aprilo».
Incuriosito, Horace procede. Le sue dita paffute scartano in fretta e poi, tremando leggermente, sollevano la pietruzza bianca e ovale.
«Oh, Abe. Ma questo... questo è un be...»
«Non è un bezoar qualunque» si affretta a chiarire il suo amico, con fare orgoglioso. «È un bezoar estratto nel pieno rispetto della capra ospite. Per l'approvazione del brevetto e la successiva omologazione ci vorrà un po' di tempo, ma conto di potercela fare nel giro di un paio d'anni al massimo...»
Horace Lumacorno sbatte le palpebre, strabiliato.
«D-davvero?...» balbetta, incredulo. «Non mi dirai che, finalmente, ce l'hai fatta...»
«Ce l'
abbiamo fatta» lo corregge allegramente Abeforth, soddisfatto. «Non ho agito da solo, in realtà».
I suoi vivaci occhi azzurri corrono alla cornice appesa alla parete di fronte, dalla quale Ariana e Bianchina rivolgono loro un sorriso radioso e un belato pieno d'affetto.
«Conta pure su di me per il brevetto» commenta Horace, felice e ammirato. «Conosco la persona giusta. Un anno al massimo e la spuntiamo, amico».


Note.
Altro giro, altro bez... ehm, regalo.
In questa breve storia ho messo su schermo le mie ipotesi circa la mai chiarita relazione di Abeforth Silente con le capre, immaginando che il fratello di Albus si sia affezionato a questi animali in quanto legati ad Ariana.
Da qui, il suo desiderio di salvarle dallo sbudellamento, fintanto inevitabile per l'estrazione dei bezoar, con tanto di famoso processo per "esperimenti illegali sulle capre". Per associazione di idee, ho quindi tirato dentro anche Horace Lumacorno, ipotizzando che i due, entrambi Serpeverde (ho letto da qualche parte che anche Abe lo era), siano buoni amici fin da ragazzini. Mi piace pensare che il bezoar ricevuto in regalo da Horace sia lo stesso usato da Harry per salvare Ron in HP6.
Sebastian Macnair, qui ritratto al suo primo anno di scuola, è un mio OC, nipote del famoso boia Walden (che credo abbia messo lo zampino nel processo ad Abe) e destinato a diventare un brillante pozionista. Aidan Aveey è un suo (tutt'altro che) buon amico.
Come sempre, il Natale fa solo da contorno.
   
 
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