BREVE STORIA DEL PICCOLO REGNO
Ordinarono la carica, i fratelli del Conquistatore, e gli
uomini risposero urlando, interrompendo quel silenzio innaturale che li aveva
avvolti per un poco.
I grandi guerrieri mulinarono le spade, gli arcieri tesero
gli archi; ma poi i petali profumati e leggiadri di migliaia di fiori li
avvolsero tutti, trasportati da un venticello tiepido di fine estate, cosicché
i loro cuori si sciolsero.
Ben presto, su un tappeto di petali dai molteplici colori,
furono abbandonate le spade e le armi. I nemici divennero amici, mentre una
musica leggiadra riempiva l’aria, trasportata dal tiepido venticello, che alla
terra aveva già donato ogni petalo rimasto.
Così gli abitanti del pacifico Piccolo Regno di Montagna
vinsero una guerra persa in partenza; con l’orgoglio fino alla fine,
rispondendo con fiori e musica alla barbara violenza. E i guerrieri del
Conquistatore, che in vita loro avevano solo distrutto, rimasero estasiati
dall’atmosfera di pace e dal piacere della musica, suonata da sapienti bardi,
che pizzicavano le loro chitarrine e tanti altri strumenti.
Il Conquistatore stesso, entrato in città, restò immerso
nella medesima atmosfera, avvolto da musica e da benessere pacifico.
L’ambasciatore balbuziente non gli risultò più inopportuno o
fastidioso, quando tornò ad avvicinarlo per fargli visitare il Piccolo Regno
racchiuso tra quelle mura. E godette del contatto puro di quella bambina, che
l’accompagnò a sua volta.
Per la prima volta in vita sua si sentì un uomo benevolo, con
il cuore pieno d’amore e di voglia di vivere e di rispettare.
Non rimase quindi molto sorpreso quando gli fu spiegato, tra
un balbettio e un altro, che quel Piccolo Regno non aveva una Regina in carne e
ossa, ma che era governato da un’Idea resa realtà dalla lealtà dei suoi
cittadini; la Democrazia.
Tutti potevano esprimere il loro parere in libertà e non
esisteva la sottomissione né la schiavitù. Si parlava di diritti e doveri, e
non di obblighi. Nessuno veniva cresciuto con una mentalità militare, o
schernendo gli altri, bensì con l’insegnamento ad amare e a rispettare la
Natura e il prossimo.
Il Conquistatore rimase così colpito da quella visita da
sentire dentro di sé il rimorso per tutto quello che aveva combinato in vita
sua.
Eppure, al di là delle mura, i suoi fratelli erano gli unici
a non gioire. Si erano messi in disparte, dopo aver tentato in tutti i modi di
far redimere i loro uomini e di costringerli a riprendere le armi in mano, ma
niente da fare.
La situazione era rimasta così festosa e immutata.
“Sono un popolo di stregoni” affermò uno di essi.
“Siano maledetti. Chissà cosa stanno inculcando a nostro
fratello” disse un altro.
“E i nostri compagni d’arme? Avete visto come li hanno
ridotti?”
“I più grandi guerrieri ora sono pecorelle e si dedicano a
balli e festeggiamenti con il nemico, invece di sottometterlo” concluse
l’ultimo.
Rimasero così torvi e lontani dagli altri finché il loro
fratello maggiore, sul giungere della sera, tornò dai suoi uomini.
Gli andarono subito incontro, ma egli parve che fosse illuminato
da un’aura nuova; non indossava più gioielli e diamanti, né esigeva la lettiga.
Era vestito come un comune servitore e donava sorrisi a chiunque.
A quella vista, capirono che anche lui era irreparabilmente
cambiato.
Molto scossi, si diedero alla fuga e tornarono a valle,
decisi più che mai ad abbandonare quelle terre a loro dire ormai maledette. E
fosse mai che quel maleficio cambiasse anche loro…