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Autore: Flaesice    03/02/2020    0 recensioni
Penelope Penthon è una ragazza bella, sfacciata ed intraprendente; una ragazza che non si è mai arresa alle difficoltà della vita, che si è fatta da sola ed odia i pietismi.
Nel suo mondo non esistono le mezze misure: tutto deve essere necessariamente o bianco o nero, giusto o sbagliato.
Ma nella vita - prima o poi - si è sempre obbligati a scontrarsi col grigio, ed è proprio allora che tutte le certezze crollano e bisogna mettersi in discussione.
E' ancora una ragazzina quando per gioco decide di sedurre un suo compagno di scuola, il riservato Nathan Wilkeman, per poi allontanarlo definitivamente.
Il destino li farà incontrare cinque anni dopo nella meravigliosa Los Angeles; Penelope sempre più votata al suo stile di vita, ma Nathan?
Decisamente più esperto e meno impacciato cercherà di prendersi una piccola rivincita per il passato, ma si sa che la passione non è un'emozione facile da gestire nemmeno per una come Penelope.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Buonasera a tutti, so che avete aspettato tanto per questo capitolo e anche se magari questa storia non avrà più il seguito di un tempo mi dico "meglio tardi che mai". Spero pian piano di portarla a termine, manca davvero poco. Buona lettura.

Capitolo XXVIII

Con uno strattone tirai la zip a chiudere la valigia stracolma, con un pugno ben assestato ultimai l’opera asciugandomi una goccia di sudore lungo la tempia.
«Fottuta valigia» commentai tra me.
«Ehi calmati tigre»
Sentii Jamie ridere di gusto, gli rivolsi uno sguardo truce «Attento, potrei azzannarti» lo minacciai.
Alzò le mani in segno di resa e sghignazzando prese la sua valigia perfetta e la mise in bella mostra sul letto, la aprì per riporre una maglia e la richiuse senza alcuno sforzo, quasi volesse prendersi gioco di me.
«Sei nervosa?» chiese.
«Si nota?» domandai retorica.
Lui fece spallucce ed io mi gettai sul letto ed espirai fino a raggrinzirmi come un palloncino sgonfio.
«Fa male andare via» col braccio mi coprii gli occhi certa che di li a poco mi sarei lasciata prendere da una crisi di nervi se non mi fossi controllata.
«Mesi fa non ti sei fatta tanti scrupoli» esordì Tanya entrando nella stanza, il tono a metà tra lo scherzo e la ripicca.
«Oh grazie per il sostegno» mi sollevai sui gomiti e la fissai.
Anche lei era visibilmente nervosa, sapevo che dopo anni passati praticamente sempre insieme le risultava difficile abituarsi alla mia assenza ma, in qualunque caso, le ero grata perché cercava di non farmelo pesare.
«Dai Penny, datti una mossa altrimenti perderai l’aereo»
«Vuoi liberarti di me, vero?» scherzai.
Mi sembrava così strano dover tornare a New York, a una vita che sentivo non appartenermi completamente. Il mio posto era a Los Angeles, tra il sole e le spiagge affollate, accanto ai miei amici e alle persone che amavo, eppure non potevo piangermi addosso tantomeno incolpare qualcuno all’infuori di me stessa.
Mi alzai dal letto e corsi ad abbracciare la mia amica, la sua risata gioiosa funse da balsamo per la mia anima rattristata.
«Dopotutto non è una tragedia abitare distanti, ci teniamo sempre in contatto» dissi per convincere più me stessa che lei.
«Esatto tesoro, quindi niente addii melodrammatici» rispose abbracciandomi a sua volta.
Tanya era il mio punto fermo, una presenza costante su cui poter contare, ed era così bello e rassicurante sapere che in ogni caso lei sarebbe stata sempre lì, per me.
Jamie si avvicinò e cinse entrambe tra le sue grandi braccia «Suvvia ragazze, niente malumori. Abbiamo trascorso dieci giorni meravigliosi»
Storsi la bocca alla parola “meravigliosi”.
Effettivamente avevamo trascorso delle belle giornate, eppure ogni mio giorno era stato accompagnato dall’angoscia della consapevolezza che sarebbe tutto finito, senza contare lo scontro che avevo avuto con Nathan che aveva contribuito a riaprire vecchie ferite.
Sicuramente le avrei definite delle giornate intense.
“Sì” asserii tra me “Intense è proprio la definizione adatta”
Mi tornarono alla mente gli occhi lucidi di Nathan, il modo in cui mi aveva accusata e urlato contro, quel bacio carico di angoscia e disperazione, al modo in cui mi aveva chiesto se l’amassi ancora e al calore delle sue mani che mi tenevano strette, possessive, durante il ballo.
Avevamo messo in chiaro la situazione, ci eravamo detti pacificamente addio ed ora il peso che mi aveva oppresso il petto per mesi era scivolato via lasciando soltanto un incolmabile senso di vuoto.
«Beh credo sia proprio arrivato il momento di andare» dissi sciogliendomi dall’abbraccio, presi il mio trolley e la giacca «Verrete a trovarci presto?» chiesi a Tanya «Non facciamo passare altri otto mesi, per favore»
Lei mi sorrise radiosa e mi spostò una ciocca di capelli dalla fronte «Tranquilla, non appena Marc avrà qualche giorno di ferie saremo da voi» fece un occhiolino alla volta di Jamie, irrimediabilmente pazzo del ragazzo della mia amica.
«Ci contiamo» rispose lui radioso.
Le diedi un ultimo bacio poi uscimmo di casa dove un taxi era già ad aspettarci.
Arrivammo in aeroporto con un’abbondante ora di anticipo, effettuammo con calma il check in e quando avemmo finito ci accomodammo ai gates in attesa di poterci imbarcare.
Per ingannare l’attesa iniziai a trafficare col cellulare, controllai alcune mail, passai in rassegna le canzoni che avevo nella play list e ne ascoltai qualcuna, poi presi a rispondere a dei messaggi.
«Con chi parli?» domandò Jamie.
«Con Nick, rientrerà a New York tra qualche giorno e vuole vedermi»
«Bene. Lo incontrerai?»
«Beh… magari come amico» feci spallucce, incerta.
Non sapevo fino a che punto avessi piacere a frequentarlo, per quanto potesse essere cambiato continuava a ricordarmi il periodo più oscuro della mia adolescenza, quando vivevo nel caos più totale.
Lui annuì poco convinto, poi tornò all’attacco «Cosa ti sei detta ieri con Nate?»
Mi voltai a guardarlo, non volevo toccare quell’argomento, ma a che pro ignorare la realtà dei fatti?
«Nulla di particolare, ci siamo semplicemente… salutati»
Lo vidi mordersi le labbra, perplesso, quasi mi parve di sentire gli ingranaggi del suo cervellino girare vorticosamente prima di parlare.
«Perdonami se te lo dico, ma sembrava vi mangiaste con gli occhi. Per un istante ho temuto che se vi avessi perso un attimo di vista vi avrei trovati fusi l’uno nell’altra, non sai che fatica ho dovuto fare per distrarre Blake» sollevò gli occhi al cielo e gettò il suo ciuffo biondo all’indietro, enfatizzando il racconto.
Gli sorrisi mesta ed ignorai la commozione suscitata dalle sue parole. Un conto era provare un’emozione talmente forte da toglierti il respiro, un altro era sapere che i tuoi sentimenti erano così grandi da risultare evidenti a chiunque ti stesse intorno.
Nonostante non avessimo avuto il nostro lieto fine ero davvero contenta di aver incontrato Nathan e di aver provato determinate sensazioni con lui; grazie a lui avevo capito cosa significasse amare un uomo con corpo ed anima, con la sua dolcezza aveva sciolto il gelo intorno al mio cuore, mi aveva fatto capire che non dovevo temere di provare dei sentimenti o di fidarmi di qualcuno, era grazie al suo amore che potevo dirmi finalmente libera e pronta ad affrontare la vita serenamente.
«Adesso cosa farai?»
«Adesso…» mi strinsi nelle spalle, non avevo ancora realmente pensato al futuro.
“Forse non vuoi pensare ad un futuro senza Nathan al tuo fianco” mi rimbeccò la mia coscienza, la zittii all’istante.
«Non lo so, sinceramente. Credo di avere ancora tanto da lavorare su me stessa» asserii convinta.
«C’è tempo Penny. Io mi auguro che adesso inizierai a goderti la vita come una ragazza della tua età, con una leggerezza di spirito che non hai mai avuto prima» mi prese la mano «Ti sei fatta sempre mille problemi, ti sei posta un miliardo di freni» storse la bocca a questa affermazione «Non parlo del piano sessuale» rise di gusto e lo feci anch’io «Adesso è arrivato il momento che tu sia più spensierata»
Quanta verità c’era in queste parole.
«Sono d’accordo. Mi chiedo a cosa serva pagare Darla se ci sei tu che sai analizzarmi così bene» gli feci un occhiolino, mi sorrise complice.
Adesso potevo dire di essere più in pace con me stessa, fare terapia con Darla mi aveva aperto gli occhi facendomi vedere le cose da una prospettiva totalmente diversa.
Stavo cercando di riallacciare un rapporto con mia madre, iniziavo a comprendere le ragioni delle sue scelte, ed ora che la rabbia nei suoi confronti era sparita tutto iniziava ad apparire più semplice.
Non mi restava che superare la delusione per il rapporto con Nathan, era una nuova sfida che la vita mi aveva mandato e sicuramente non mi sarei arresa o lasciata sopraffare dalle emozioni.
Avevo imparato a saper disinnescare i miei malumori e, per quanto provassi a convincermi del contrario, sapevo che tutto questo lo dovevo a Nathan e questa consapevolezza conferiva a tutto un gusto un po’ più amaro.
   
 
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