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Autore: Merione    06/02/2020    7 recensioni
Appena dopo la fine della Grande Guerra, l'Europa sta cercando di risollevarsi dal dolore e dalle ferite. C'è chi lo fa nel privato delle proprie case e chi invece sceglie di concedersi una vacanza di assoluto relax nel cuore delle Alpi. Sarà stata una scelta giusta?
- - Prima classificata al contest "Sguazziamo tra i generi" indetto da Inchiostro_nel_sangue e elli2998 sul forum di EFP - -
Genere: Guerra, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ti stai divertendo?
Ti stai divertendo?

    Le risate gioiose della piccola Marie, provenienti dalla stanza 302, riempivano di allegria il corridoio del terzo piano dell'Hotel Carnot. Da un paio di giorni, la bambina era lì in vacanza con i suoi genitori, una vacanza all'insegna del relax organizzata per festeggiare il ritorno del padre dalla guerra. Sì, la guerra. Era finita da poco e l'Europa non si era ancora ripresa. D'altronde, come avrebbe potuto dopo quell'inutile strage, quella carneficina di corpi e anime schiacciate nelle trincee dal peso del fango e del piombo? In quell'inverno del 1919, nella sua accogliente cittadina del nord della Francia, Marie era stata così contenta di vederlo varcare di nuovo la soglia di casa, dopo quattro lunghi anni! Gli era saltata al collo e lo aveva stretto forte a sé, come a voler recuperare, in un solo istante, tutto il tempo perduto. Da lì, la decisione di partire per l'Italia era stata presa subito: era sempre stato il loro sogno immergersi nella bellezza delle Alpi, e così avevano fatto. L'Hotel scelto, poi, si trovava proprio alle pendici del Monte Bianco, completamente immerso nel verde, senza altri edifici o distrazioni per un raggio di almeno dieci chilometri. Ovunque si guardasse, c'erano solo neve e vegetazione. La vacanza perfetta!

    Una volta arrivati lì, erano stati accolti da Laura, la receptionist dell'Hotel, che con gentilezza e cortesia li aveva invitati a prendere possesso di una delle stanze più belle e luminose, con vista direttamente sulla valle. In quello strano dopoguerra, così duro e faticoso, l'Hotel non aveva molti clienti: la gente preferiva curare le proprie ferite, fisiche e spirituali, nel silenzio delle proprie case. Inoltre, anche il proprietario della struttura, il Conte Francesco Borio, nobile da cinque generazioni, era partito per la guerra e aveva lasciato Laura a lavorare da sola, costringendola a ridimensionare il numero di prenotazioni accettate. "Non preoccupatevi, però! Ho ricevuto una lettera dal fronte: il Conte sta per tornare! Dovrebbe essere qui in pochi giorni e vedrete che le cose cambieranno all'istante non appena lui sarà qui!" aveva detto con gioia ai suoi ospiti.

    E in effetti, quando il Conte rientrò in Hotel tre giorni dopo, le cose cambiarono davvero a vista d'occhio. Non appena Laura sentì dal sentiero il rollio del motore dell'automobile che lo riportava a casa, corse ad accoglierlo, ma l'uomo che si trovò di fronte era profondamente diverso da quello che aveva conosciuto fino a tre anni prima. Era sempre un bell'uomo, certo, ma riportava chiaramente sul volto i segni, fisici ed emotivi, della guerra. La sua voce aveva lo stesso tono suadente di sempre, ma adesso era molto più cupa, quasi malinconica. Il suo abbigliamento sempre elegante, ma non più curato come allora. Attese il saluto di Laura e lo ricambiò con un rapido gesto della mano. Poi disse: "Ciao, L., sono contento di vederti", prese la valigia e s'incamminò verso l'Hotel, dove si rinchiuse per tutto il resto della giornata. Laura restò lì, sorpresa e confusa.

    Quando finalmente uscì dalla sua stanza, la mattina dopo, si diresse verso la reception. Si rivolse immediatamente a Laura e, con tono calmo ma fermo, chiese:
"Quanti clienti abbiamo in Hotel, L.?"
"Oh, buongiorno, Conte! Riposato bene? Dev'essere stato stanco dopo quel viaggio così lungo. Solo una famiglia di turisti francesi, per il momento. Sa, è stato un periodo difficile, la guerra ha spento gli animi, ma sono sicura che presto ci risolleveremo. Alloggiano nella stanza 302."
Senza dire altro, il Conte si allontanò, lasciando interdetta Laura. "L.? Mi ha chiamata ancora L.? Che strano... La trincea dev'essere stata un inferno per ridurlo così", pensò, prima di rimettersi al lavoro.

    Nella stanza 302, Marie si svegliò nel suo lettino. Aveva fatto uno strano sogno in cui veniva attaccata da un mostro grosso e peloso, ma fin da piccola aveva imparato che a volte, quando si dorme, si vedono cose che possono far paura, ma che non sono vere. Gliel'aveva detto la mamma la prima volta che era successo e la sua esperienza quotidiana gliel'aveva confermato più e più volte: nessuno dei mostri che aveva visto nei suoi sogni era mai tornato la mattina dopo a tormentarla.

    Quella di ieri era stata una giornata molto intensa. Il papà l'aveva portata sulla cima della montagna da un istruttore molto simpatico che le aveva insegnato a fare i primi passi sugli sci. Non l'aveva mai fatto prima e si era divertita molto, ma quando erano rientrati in Hotel erano stanchissimi. Perciò, i suoi genitori avevano deciso di dormire un po' più a lungo stamattina. La bambina si alzò piano, per non svegliarli, e andò in bagno, chiudendo la porta dietro di sé, come le aveva insegnato il suo papà. "Non è bello vedere cosa fanno le persone in bagno", le aveva detto e lei aveva capito che aveva ragione. Pochi minuti dopo, dunque, tirò lo sciacquone e tornò in stanza, per rimettersi a dormire, ma la sua mamma non era più a letto e le coperte dal suo lato erano sfatte.

    "Uh? Mamma? Sei già sveglia?" chiese la bambina, guardandosi attorno. Nella stanza non c'era nessuno e il papà era ancora a letto, addormentato come prima. La porta della stanza, però, era aperta. "Forse è uscita nel corridoio" si disse, e andò a controllare. Guardò a destra, nessuno. A sinistra, nessuno. "Mamma?" chiamò, e cominciò a camminare lungo l'elegante corridoio decorato con quadri raffiguranti stupende vedute di montagna. Si fermò all'intersezione con un altro corridoio e si guardò di nuovo attorno. Nulla. Girò l'angolo e arrivò davanti all'ascensore: il display segnava terzo piano, il che significava che, se sua madre era scesa, doveva per forza aver preso le scale. Marie si avvicinò dunque alla rampa di scale e si sporse dalla ringhiera, per guardare di sotto: "Mamma? Sei scesa?". Nessuna risposta. Preoccupata, decise di tornare in camera per svegliare il papà.

    La porta era ancora aperta e, una volta dentro, vide con orrore che adesso il letto era del tutto vuoto! "Papà? Papà? Dove sei? Non trovo mamma! Non so dov'è andata!". Si avvicinò al letto e notò un piccolo pezzo di carta con una scritta in italiano, che non sapeva leggere. Se lo infilò nella tasca del pigiama e provò a cercare il papà: guardò in bagno e niente, riprovò a guardare nel corridoio, stavolta nella direzione opposta, e niente. Tornò all'ascensore, ma non si era mosso. La paura stava cominciando a crescere, ma la bambina si ricordò degli insegnamenti della mamma sulla distinzione tra sogno e realtà. Certo, doveva essere così. Stava solo sognando, e quando si sarebbe svegliata si sarebbe sicuramente ritrovata di nuovo nel suo lettino accanto ai suoi genitori. Si diede dunque un forte pizzicotto sulla guancia per confermare di star davvero sognando, ma il dolore che provò le sembrò fin troppo reale.

    Per un momento, restò lì pietrificata, non sapendo che fare, ma infilando la mano nella tasca tastò il biglietto che aveva trovato prima e pensò che forse quella signorina gentile che c'era all'ingresso avrebbe potuto aiutarla a capire cosa c'era scritto. Scese dunque le sei rampe di scale con grande cautela (i gradini erano ancora un po' alti per lei) e una volta al piano terra si diresse verso la reception. Laura la vide avvicinarsi, interruppe il suo lavoro e le disse, in francese:
"Buongiorno. Cosa ci fai qui tutta sola? Cos'è quella faccia?"
"Buongiorno, signorina", rispose lei, porgendole il biglietto. "Mi legge questo, per favore?"
Laura prese il biglietto e gli lanciò un'occhiata. Era scritto a penna, da una mano stranamente familiare, ma molto tremolante. Diceva: "Ti stai divertendo, L.?". I suoi occhi si spalancarono. No, non lo trovava affatto divertente.
"Dove l'hai trovato?", chiese dunque alla bambina.
"Sul letto dei miei genitori. Mi sono alzata per andare in bagno, ma quando sono uscita dal bagno non c'erano più. C'era solo questo. Non li trovo, signorina Laura. Ho paura. Mi aiuta a cercarli?"
La donna sentì il sangue gelarsi nelle vene. Cosa stava succedendo? Gli occhi della bambina riflettevano la luce mattutina che penetrava dalla vetrata d'ingresso, facendoli sembrare ancora più spaventati di quanto non fossero. Fece dunque un respiro profondo e si calmò. Poi prese la bambina per mano e, incamminandosi verso le scale, le disse: "Sta' tranquilla, piccola, sono sicura che sono solo usciti nel corridoio. Andiamo a cercarli."

    Insieme ripresero le scale e salirono al terzo piano. Le camere erano tutte chiuse a chiave e i corridoi erano deserti. La stanza 302, invece, era aperta e il letto ancora vuoto e sfatto. Non c'era traccia della coppia. "Proviamo al secondo piano", disse Laura. "Magari sono scesi a fare una passeggiata". Anche lì la situazione non era diversa, così come al primo piano.

    "Forse sono usciti in strada?" chiese speranzosa la piccola Marie, che, terrorizzata, stringeva forte la mano di Laura.
"Sono stata in reception tutta la mattina e non li ho visti uscire, ma forse sono passati mentre eravamo sulle scale", rispose lei. "Vale la pena tentare".
Tornarono dunque al piano terra, ma quando fecero per uscire in strada notarono con orrore che la porta era stata sprangata dall'esterno. Un secondo biglietto, scritto con la stessa grafia tremolante, era attaccato alla maniglia. Diceva: "Visto, L.? Li ho chiusi tutti dentro. Spero ti piaccia."

    Laura sbiancò in volto. I sospetti che aveva avuto dal primo biglietto ora stavano diventando certezza. Il Conte l'aveva chiamata L., e quella grafia continuava a sembrarle estremamente familiare. Certo, era diversa, più incerta, forse per il trauma della trincea, ma era abbastanza sicura di riconoscere la stessa mano che fino a tre anni prima aveva firmato i documenti dell'Hotel.
"Cosa c'è scritto, signorina Laura?", chiese Marie con una vocina flebile.
"Nulla, piccola. Chiamiamo la polizia e cerchiamo di uscire di qui. Loro ci aiuteranno a trovare i tuoi genitori. Non mi piace questa storia".
Laura portò dunque la bambina dietro al bancone della reception e fece per alzare la cornetta, quando uno strano odore cominciò a diffondersi nell'aria. Laura riconobbe subito l'odore del legno bruciato che aveva sentito tante volte nel camino della casa dei suoi genitori, durante i freddi inverni sulle nevi delle Alpi.
"Marie, usciamo di qui, subito! Sta per scoppiare un incendio!"

    Le due corsero a perdifiato per i corridoi, alla ricerca di una finestra, ma ogni porta di ogni camera era chiusa a chiave. Inoltre, Laura non aveva idea di dove fosse il Conte, dopo la brevissima conversazione di quella mattina. Ad ogni angolo temeva di ritrovarselo di fronte e non sapeva se sarebbe stata in grado di proteggere la bambina, che intanto era scoppiata in lacrime. "Mamma! Papà! Dove siete? Ho paura!" continuava a gridare, e Laura non riusciva più a trovare le parole adatte per calmarla.

    L'odore di fumo, intanto, continuava a diffondersi, sempre più pungente, fiinché, svoltato l'ennesimo angolo, le due donne si ritrovarono di fronte un muro di fuoco che avanzava rapidamente verso di loro. L'incendio si stava diffondendo. Laura allora prese Marie in braccio e cominciò a correre nella direzione opposta, ma un secondo muro di fuoco le si parò di fronte. L'intero edificio stava venendo inghiottito dalle fiamme! Si gettò dunque in un corridoio laterale e continuò a correre per la vita, la sua e quella della bambina che portava in braccio. Riuscì a tornare alla reception e provò, senza risultato, a forzare la porta d'ingresso. Le fiamme si avvicinavano e Marie, rannicchiata dietro al bancone, piangeva sempre più forte. Prese dunque l'oggetto più pesante che trovò e cominciò a colpire forte il vetro. Dopo un paio di colpi, si sentì uno scricchiolio e una piccola crepa s'intravide sulla superficie trasparente. Rincuorata, Laura riprese dunque a colpire, ancora più forte di prima. Pochi colpi dopo, la vetrata s'infranse, aprendo la porta verso la salvezza. Nello stesso momento, tuttavia, la stanza venne avvolta dalle fiamme. Laura si gettò sulla bambina, per portarla in salvo, ma, proprio mentre la prendeva in braccio, una grossa trave incandescente si staccò dal soffitto, investendole in piano. Il fuoco le ricoprì, non lasciando più nulla né di loro, né dell'Hotel.

***

    Quando, pochi minuti dopo, la polizia e i pompieri giunsero sul luogo, dell'elegante edificio non era rimasto più nulla. Dopo aver spento le fiamme, i vigili del fuoco si attivarono immediatamente per cercare eventuali superstiti. Laura e Marie furono le prime ad essere ritrovate. La piccola era rimasta carbonizzata tra le braccia della donna, che si era inutilmente gettata su di lei cercando di proteggerla. Qualche ora dopo, nei resti di quella che doveva essere stata la soffitta, vennero ritrovati altri due corpi: un uomo e una donna, con mani e piedi legati. L'autopsia confermò che i due erano stati narcotizzati. Per ultimo, fu ritrovato, in una delle stanze, il corpo di un uomo. Dalla posizione del cadavere, steso sul letto, e dal fatto che la finestra era aperta, si dedusse che, pur avendone la possibilità, non aveva tentato di fuggire. Che fosse stato lui a rapire la coppia della soffitta e ad appiccare l'incendio, per poi tornare tranquillamente a letto ad attendere la morte?

    Accanto al cadavere, fu ritrovato un piccolo scrigno, salvatosi miracolosamente dall'incendio. Al suo interno, ben conservato, c'era un diario che raccontava l'esperienza dei tre anni sul fronte vissuta dal Conte. Il commissario lo portò con sé nel suo ufficio e cominciò a leggerlo, sperando di trovarvi le motivazioni di un così folle gesto.

    La narrazione si apriva nel 1915, con il racconto della chiamata alle armi e del lungo viaggio in treno verso il fronte. Proseguiva poi con il racconto delle varie battaglie combattute in trincea, della sporcizia, del fango, della puzza che si sentiva ogni singolo giorno in quelle topaie. Poi era raccontata la battaglia di Caporetto, la più grande disfatta militare che l'esercito italiano avesse mai subito. Il Conte era riuscito miracolosamente a salvarsi e nella sua folle fuga aveva incontrato un uomo, descritto come un sapiente, che l'aveva introdotto in uno strano culto di cui il diario descriveva in dettaglio e con stile macabro riti e dottrine, tutti volti a onorare uno strano dio che veniva chiamato soltanto con la sigla "L.". In particolare, si faceva frequente riferimento a una "verità suprema" che quest'uomo che tanto lo aveva sedotto sosteneva di aver scoperto, senza però mai rivelarla. Fino all'ultima pagina. Datata il giorno prima dell'incendio, infatti, l'ultima pagina del diario recitava:

    "Finalmente, è giunto il tempo di interrompere la mia esistenza in questo mondo di finzione, creato da qualcuno d'ignoto al solo scopo di intrattenere, per pochi minuti, il dio di cui non è permesso pronunciare il nome sino al momento in cui calerà il sipario di questo macabro spettacolo. Ecco dunque il mio momento: il mio sipario sta per calare e posso dunque chiamarTi per nome. Domani porrò fine alla mia vita e ti offrirò in sacrificio, per il tuo intrattenimento, la vita di chi mi sta attorno.
Spero ti divertirai, o mio Lettore."


Traccia scelta: Horror n. 2 - Cattivi si nasce
Numero di parole (titolo escluso): 2472
Numero di parole (titolo incluso):  2475
   
 
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