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Autore: Lamy_    08/02/2020    0 recensioni
Ernest Hemingway ha scritto “ma noi non eravamo mai soli e non avevamo paura quando eravamo insieme’’.
Thomas e Amabel si sono ritrovati dopo la Guerra, dopo anni di lontananza, dopo le difficoltà che hanno dovuto affrontare. Insieme non devono più temere i nemici, eppure nei vicoli sudici e fumosi di Birmingham si nascondono nuove minacce in agguato.
La città è sull’orlo di una crisi: Amabel contro Evelyn; i Peaky Blinders contro i Birmingham Boys. Non c’è spazio per la paura. E’ arrivato il momento di lottare.
Thomas e Amabel si lasceranno annientare dalla paura oppure la vinceranno?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thomas Shelby
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2. IL VELENO DELLA DISCORDIA

“I drank some dirty water
Shook evil hands
I’ve done some bad things
And they get easier to do.”
(Rocking Horse, The Dead Weather)
 
Sei mesi dopo, Londra.
 
Il Parlamento di Londra era un viavai di gente, funzionari, parlamentari, cittadini. Tommy si fece strada a fatica per entrare nell’austero edificio e dirigersi nel suo ufficio. Quella mattina il Parlamento si riuniva e lui doveva proporre una diminuzione delle tasse nei quartieri poveri di Birmingham. A tal fine Ada aveva scritto un discorso efficace che convincesse gli altri membri a cedere alla richiesta, e poco importava se le parole fossero dettate da una comunista per un laburista: l’importante era vincere a qualunque costo. La sua segretaria – Danielle – si alzò non appena lo vide varcare le porte dell’ascensore.
“Buongiorno, signor Shelby.”
“Buongiorno. Quali sono i miei impegni per oggi?”
Danielle, una giovane donna dai capelli rossi sempre ben pettinati e un paio di occhiali tondi sul naso, sbirciò tra le pagine dell’agenda.
“Tra un’ora c’è la riunione del Parlamento. A pranzo siete ospite di Walter Chase per la questione dei treni. Poco fa ha chiamato vostra moglie per avvisarvi che lavorerà fino a tardi in clinica.”
Tommy sospirò, lui e Amabel non avevano avuto un momento di pace quella settimana. Si erano addormentati separati a orari diversi, si erano incontrati casualmente una mattina prima di andare a lavoro, e avevano scambiato poche parole su Charlie e sul party che stavano organizzando.
“Va bene. Grazie, Danielle. Un’ultima cosa: manda un mazzo di fiori a mia moglie firmato ‘Thomas’.”
“Certo, signor Shelby.”
Tommy si chiuse in ufficio, prese posto sulla comoda poltrona e si accese una sigaretta. Tirò fuori dalla valigetta il taccuino in cui Ada gli scriveva i discorsi e indossò gli occhiali da vista per ripassare.
 Una ventina di minuti dopo Danielle fece capolino nella stanza.
“Mi dispiace disturbarvi, signor Shelby, ma c’è una visita per voi.”
“Prego.”
Tommy aggrottò la fronte quando vide entrare un prete: abito lungo e nero, calvo, piccoli occhi grigi e barba curata.
“Hugo? Sei proprio tu?”
Hugo Keller in passato era stato un soldato della marina che aveva combattuto a Somme con Tommy. Durante un attacco un pezzo di metallo gli aveva danneggiato i tessuti ossei e la gamba gli era stata amputata da Amabel.
“Sono proprio io. E tu sei arrivato al Parlamento, sergente maggiore Shelby!” disse Hugo sorridendo. I due uomini si salutarono con breve abbraccio.
“Nessuno mi chiama così da molto tempo. Arrivare in Parlamento non è stato facile, ma alla fine ce l’ho fatta. Nulla sfugge al mio controllo. Prego, siediti. Ti posso offrire un whiskey?”
“Volentieri.”
Hugo si sedette mentre Tommy riempiva due bicchieri col suo whiskey irlandese preferito che arrivata direttamente dal Garrison.
“Sei diventato prete, eh? Da non credere.” Disse Tommy, e mando giù un sorso di alcol.
“Dopo la Francia la mia vita era distrutta. Ho impiegato tre anni per accettare la perdita della gamba e per imparare ad usare le stampelle. Ora uso una gamba di legno, non è il massimo ma almeno appaio normale. La fede mi è stata molto d’aiuto. Sono il parroco della Saint Augustine.” Spiegò Hugo, la mano che sfiorava il supporto di legno sotto la toga.
Tommy lasciò perdere il bicchiere, il whiskey si era fatto improvvisamente amaro.
“La Francia ha distrutto tutto: c’è chi ha perso la vita, chi la gamba, e c’è chi ha perso la testa. Tutti abbiamo perso qualcosa su quel fottuto campo di battaglia.”
“Tu, invece, sembri aver guadagnato molto dalla fine della guerra. A Birmingham circolano delle voci sulla tua famiglia.” disse Hugo con nonchalance.
Tommy ebbe l’impressione che quell’incontro non fosse una visita di cortesia.
“Perché sei qui, Hugo? Ormai sono a Londra da sei mesi, eppure tu mi vieni a trovare soltanto ora. Se hai sentito delle voci sulla mia famiglia, sai che tendo a non fidarmi molto.”
Hugo ruotò il bicchiere e il whiskey macchiò la toga, ma lui continuava a fissare Tommy con i suoi occhi vagamente divertiti.
“I Peaky Blinders sarebbero disposti a fare affari con un prete?”
“Che genere di affari?”
Tommy si guardò la fede e avvertì una morsa allo stomaco al pensiero di deludere Amabel.
“La settimana prossima arriverà a Londra un carico di oppio che verrà poi smistato tra i gangster della città. Io ho intenzione di comprare un paio di chili per creare un mio business. La chiesa è la copertura perfetta per la vendita di droga. Non ho abbastanza soldi e protezione per l’acquisto, perciò vorrei che tu diventassi il mio socio.” Disse Hugo.
“Tu vuoi i miei soldi e i miei uomini per comprare due chili di oppio? E’ assurdo.”
“Invece è una mossa intelligente. Non appena venderò le prime dosi, ti restituirò i soldi. Se diventassimo soci in affari il nostro guadagno potrebbe triplicare. Andiamo, Tommy, tutti vogliono più denaro.”
Tommy ghignò, quell’offerta era ridicola per uno che veniva dai bassi fondi. L’oppio nelle grandi città era lo sballo dei poveri, i ricchi si orientavano verso nuove droghe ed erano disposti a pagare fiumi di denaro.
“Io sono già ricco, non ho bisogno dei tuoi fottuti soldi. Spacciare porta sempre una marea di problemi. Tieniti quella merda per te. I Peaky Blinders non si immischiano negli affari di droga.”
“Parli così perché sei un parlamentare oppure perché hai sposato la bella dottoressa? Cazzo, Amabel Hamilton è tua moglie!” esclamò Hugo ridendo.
Tommy in un raptus di rabbia afferrò Hugo per il colletto e lo sbatté contro la scrivania, i suoi occhi azzurri erano quasi neri.
“Non nominare mia moglie. Se tu provi ad avvicinarti a lei in qualche modo, giuro che do fuoco alla tua fottuta gamba di legno e poi te la faccio ingoiare. Sono stato chiaro?”
Hugo deglutì, spaventato. Annuì piano e allontanò le mani di Tommy dalla propria gola.
“Sei stato cristallino.”
“E adesso sparisci, Hugo. Non farti più vedere.”
 
Una settimana dopo, Birmingham.
 
Charlie sbuffava imitando il rumore di una locomotiva mentre giocava con il suo nuovo trenino; sembrava essere diventato il suo giocattolo preferito. Amabel si stava truccando e sorrideva guardando il bambino attraverso lo specchio. Quella sera si teneva la festa di inaugurazione del nuovo orfanotrofio dedicato a Grace. Amabel era stata nominata direttrice dell’istituto da Arthur – su ordine di Tommy – poiché lui era il presidente esecutivo della Shelby Company Limited. Mentre Amabel si infilava le scarpe, Tommy entrò in camera da letto con il fiatone dovuto alla corsa.
“Scusami, lo so che sono in ritardo. Mi cambio la cravatta e possiamo andare.”
“Thomas, abbiamo ancora tempo. Puoi farti un bagno e cambiare abiti tranquillamente. Inoltre, io devo ancora vestire Charlie.”
In effetti, il piccolo era ancora in pigiama ed era scalzo, e i capelli scuri erano una zazzera confusa di ciuffi. Tommy accarezzò la testa del figlio, poi iniziò a spogliarsi.
“Va bene.”
Un’ora dopo Tommy scese in soggiorno vestito di tutto punto. Stava bisticciando con il papillon come suo solito, e ciò fece ridacchiare Amabel.
“Vieni qua, ci penso io.”
Tommy le mise le mani sui fianchi per avvicinarla e lei alzò gli occhi al cielo, certe cose non cambiavano mai.
“Come farei senza di te, Bel?”
“Andresti in giro con il papillon slacciato, di cattivo gusto!” scherzò lei, e intanto le sue dita veloci armeggiavano con il farfallino.
Tommy si prese qualche secondo per ammirare sua moglie con quell’abito verde smeraldo che abbracciava le sue forme sinuose. Le labbra coperte dal rossetto rosso erano piegate in un sorriso.
“Sei bella.”
“Oh, lo so. Questo abito è stato cucito a mano per me dalla mamma di Oliver, è un’ottima sarta.”
Amabel si rabbuiò al pensiero di Oliver, era una ferita ancora aperta. Il suo migliore amico ignorava ogni lettera e ogni chiamata, si era addirittura fatto negare dalla governante quando Amabel era volata a New York per cercare di far pace. Tommy le sfiorò la guancia per richiamare la sua attenzione.
“Non è colpa tua, Bel. E’ colpa mia, della vita che faccio e dei nemici che mi procuro. Tu sei perfetta.”
“Non sono perfetta. Non lo sarò mai. Andiamo, o faremo tardi sul serio.”
Amabel gli diede un bacio a stampo, dopodiché si infilò il soprabito e prese Charlie per uscire di casa.
 
Il Grace Shelby Institute si ubicava nella periferia di Birmingham, nel bel mezzo di un ampio terreno acquistato dalla Shelby Company Limited. I balconi erano decorati da fiocchi bianchi e fili di luci, così come l’ingresso era ornato da un tappeto rosso e due angeli di marmo ai lati del portone. Uno dei camerieri si affrettò ad aprire lo sportello ad Amabel, che scese dall’auto con Charlie in braccio. Il bambino era particolarmente timido in mezzo alla folla. Tommy consegnò le chiavi al ragazzo affinché parcheggiasse la macchina nello spazio apposito.
“Alla buon’ora! Vi davamo per dispersi.” Esordì Ada andando loro incontro. Amabel mise giù Charlie e gli strinse la manina per non lasciarlo da solo.
“Thomas ha fatto un po’ tardi, ma nulla di grave. Gli ospiti sono tutti arrivati?”
“Sì, i ricchi di Londra e Birmingham sono arrivati.”
“E noi siamo pronti a prendere i loro soldi per aiutare questi bambini.” Disse Amabel ridacchiando.
Ada annuì, in fondo togliere ai ricchi per dare ai poveri da sempre era stata un’ottima strategia.
“Sono tutti impazienti di vedervi. Siete la coppia che fa faville!”
Tommy roteò gli occhi, detestava quel mondo fatto di cerimonie futili, ma si fece coraggio in memoria di Grace.
“L’attesa è finita.”
Ada prese Charlie a carico mentre Tommy e Amabel facevano il loro ingresso a braccetto con dei sorrisi esagerati. Tutto quello era un puro e semplice spettacolo. Salutarono numerosi parlamentari accompagnati dalle consorti, industriali di alto profilo, qualche ufficiale dell’esercito, e anche alcuni membri dell’alta società di Birmingham.
“Oh, eccovi qua! Siete una coppia squisita!” esclamò Delma Bennett, cinquantenne regina dei salotti londinesi.
Era la vedova del ministro dell’economia Bennett, la donna più ricca e benvista della City e dintorni, anche a Birmingham. Era una donna alta e snella, elegante e fine nei movimenti, conosceva tutti i pettegolezzi del Regno Unito e nessuno scandalo le sfuggiva.
“Signora Bennett, voi siete troppo gentile. E siete anche elegante come sempre.” disse Amabel.
“Mia cara, mi lusingate con le vostre belle parole. Come mai siete in ritardo? Avete per caso avuto qualche problema?”
Tommy strinse Amabel a sé per dimostrare a Delma che tra di loro non c’era nessun problema e che speculare non era necessario.
“La verità è che abbiamo perso tempo perché sono rimasto a fissare la mia bellissima moglie troppo a lungo. Insomma, avete visto Amabel? Lei è meravigliosa!”
“Anche tu sei meraviglioso, mio caro.” Disse Amabel rivolgendo un’occhiata tenera a Tommy.
“Ah, il vero amore! – disse Delma – Colgo l’occasione per presentarvi mia figlia. Giselle! Giselle, bambina mia, vieni!”
Pochi secondi dopo a loro si avvicinò una ragazza all’incirca di venti anni, capelli biondi in morbidi boccoli che cadevano sulle spalle, viso tondo e pelle di porcellana, occhi grandi contornati da lunghe ciglia. Indossava un abito lilla di tulle e al collo portava una piccola croce d’oro.
“Giselle Bennett, piacere di conoscervi. Mia madre dice belle cose di voi.”
“E noi diciamo cose belle di vostra madre. Il piacere è nostro.” Replicò Amabel, e a causa di quel sorriso finto cominciava a farle male la bocca.  
Giselle annuì, però tutta la sua attenzione era concentrata su Tommy che chiacchierava con Delma sul taglio delle aiuole in giardino. Tommy si guardò attorno e intravide alcuni uomini di spicco con cui desiderava scambiare quattro chiacchiere.
“Vogliate scusarmi, ma devo parlare con qualche parlamentare. Gli affari non riposano.”
“Vai pure, tesoro. Ci deviamo dopo.” Disse Amabel, quindi gli baciò la guancia.
Tommy fece una sorta di inchino alla tre donne, dopodiché raccolse un bicchiere di champagne e raggiunse i suoi colleghi.
“Cosa possiamo fare per aiutare queste povere creature?” domandò Delma.
Amabel stabilì un contatto visivo con Lizzie e con un cenno della mano la invitò a unirsi alla conversazione.
“Lei è Lizzie Stark, la mia collaboratrice. Si occupa delle donazioni, perciò potete considerarla il vostro punto di riferimento.”
Lizzie strinse la mano prima a Delma e poi a Giselle con un sorriso cortese, ma qualcosa nel suo sguardo trasudava turbamento.
“Venite con me, signora Bennett. Vi faccio conoscere i bambini in modo da capire meglio come poterli aiutare.”
“Certamente! Giselle, cara, fai compagnia alla dottoressa Hamilton.”
Mentre Lizzie e Delma si recavano dai bambini, Giselle e Amabel iniziarono a passeggiare tra gli ospiti per i saluti. Arthur e Michael fumavano seduti in un angolo appartato, Ada e Linda chiacchieravano con Polly bevendo champagne, e Diana bisticciava con Finn per chissà quale motivo.
“Deve essere brutto vivere all’ombra di una defunta.” Disse Giselle d’un tratto.
Amabel la guardò con un misto di incredulità e curiosità.
“In che senso? Non vi capisco.”
Giselle agguantò una flute di champagne e sorseggiò il liquido dorato con un sorrisetto irritante sulle labbra.
“Nel senso che deve essere brutto vivere all’ombra di Grace. Avete sposato il suo uomo, fingete di essere la madre di suo figlio, e ora dirigete un orfanotrofio a suo nome con una puttana.”
Amabel per la sorpresa arrestò di colpo il passo, sembrava che i muscoli del corpo si fossero congelati.
“Perché parlate in questo modo, signorina?”
Giselle abbandonò il bicchiere sul tavolo del buffet e trafisse Amabel con i suoi occhi divertiti.
“Dico solo la verità. Tutti a Small Heath hanno fatto un giro con Lizzie Stark, persino io.”
Ora Amabel capiva perché Lizzie fosse tanto provata prima, ma non capiva perché Giselle le stesse servendo una notizia tanto scandalosa su un piatto d’argento.
“Direi che possiamo mettere da parte i convenevoli. Vieni nel mio orfanotrofio, insulti me e Lizzie, e soprattutto guardi mio marito. Che cosa vuoi, Giselle?”
“I gossip di cui parla mia madre sono noiosi. E’ molto più divertente sparlare di una dottoressa dell’alta società che sposa un gangster spietato e giocano a fare la famigliola perfetta. Tu sei solo la brutta copia di Grace.”
Amabel sorrise ad una delle ospiti, poi tornò a guardare Giselle con disprezzo.
“E’ anche divertente sparlare di una ragazzina ricca che frequenta i bordelli di Small Heath e gioca a fare la santarellina. Non sfidarmi, Giselle.”
Giselle non disse nulla, sorrise e chinò il capo per congedarsi. Si ricongiunse alla madre e insieme si fermarono a parlare con altre donne.
“Va tutto bene?” domandò Polly alle spalle di Amabel.
“Non lo so.Quella ragazzina non mi piace per niente.”
 
Diana uscì in terrazza con le mani che tremavano per la rabbia. Aveva discusso di nuovo con Finn, e questa volta la causa era stata l’ennesima ubriacatura del ragazzo. Il venticello freddo di marzo fece rabbrividire la ragazza, ma aveva lasciato la giacca dentro e non voleva recuperarla per non incrociare Finn.
“Hai deciso di congelare?”
Diana sussultò e, voltandosi, si rilassò quando riconobbe Milos. Era vestito da cameriere e reggeva un vassoio di bicchiere vuoti.
“Che ci fai tu qui?”
“Amabel mi ha assunto come cameriere per stasera. Sai, devo pur mantenermi con qualche lavoretto. Prima litigavi col tuo uomo, perché?”
Diana non si era accorta di lui perché di solito non prestava mai attenzione ai camerieri, e si vergognò di quella sua mancanza di rispetto nei confronti di semplici lavoratori.
“Io e Finn abbiamo avuto una banale discussione. Cose che capitano.”
“E allora perché hai gli occhi lucidi? Avanti, racconta.”
Diana si sarebbe voluta tirare indietro, però non sapeva con chi altro parlarne dal momento che a Londra non aveva amiche fidate e Amabel si divideva tra la clinica e la famiglia.
“Abbiamo litigato perché si è dimenticato del nostro anniversario. Io ci tengo molto a questi eventi e lui lo sa, ma semplicemente non gli importa di farmi felice. Io … non so … credo che lui non mi ami più.”
Milos appoggiò il vassoio per terra e si affiancò alla ragazza, che fece un passo per prendere le distanze. C’era qualcosa in lui che la metteva in soggezione.
“Penso che Finn sia un coglione, e non ti offendere. Lo penso perché nessuno sano di mente si lascerebbe sfuggire una ragazza come te.”
“Tu non mi conosci.”
Diana arrossì quando Milos si morse il labbro con lo sguardo di chi la sa lunga.
“Io ti conosco, milady. E se tu fossi mia, non ti lascerei andare per nessun motivo al mondo.”
Quel momento di intimità fu spezzato da un grido che sembrò squarciare il cielo.
 
Amabel scattò in piedi quando un urlo rimbombò nella sala. Il silenzio piombò tra gli ospiti mentre si sollevavano altre grida. Tommy e Arthur si precipitarono nel punto in cui giacevano a terra tre uomini: tutti e tre parlamentari e avversari di Tommy.
“Spostatevi!” strillò Amabel, e si faceva strada a gomitate.
Si inginocchiò vicino ai corpi per controllare i sintomi: uno aveva perso conoscenza, un altro si premeva le mani sullo sterno per il dolore e l’altro ancora aveva la pelle bluastra.
“Prima che si sentissero male hanno detto qualcosa? Hanno fatto qualcosa?”
“Mio marito si lamentava perché il suo champagne aveva un sapore strano.” Rispose una signora tra le lacrime, la moglie di quello con la pelle blu.
Amabel raccattò il calice e lo annusò, poi versò un po’ di champagne sulla stoffa del proprio vestito procurando un buco.
“Chiamate i soccorsi! Presto!”
“Bel, che succede?” domandò Tommy.
Il terrore negli occhi della moglie lo stava mandando nel panico. Amabel gli parlò all’orecchio perché gli altri non ascoltassero.
“Nel loro champagne c’era acido solforico, è inodore e incolore. Sono stati avvelenati.”
“Questo è un fottuto problema. Sono miei rivali politici, tutti penseranno che li abbiamo avvelenati noi.”
“Aiuto! Venite! Aiuto!”
Amabel riconobbe la voce di Diana e corse nella direzione opposta della sala. La sorella era in ginocchio e teneva sul grembo la testa di Milos. Il ragazzo respirava a fatica e la sua pelle stava iniziando a diventare blu.
“Ha bevuto lo champagne anche lui?”
“Sì. – disse Diana – Noi stavamo parlando in terrazza e siamo rientrati quando abbiamo sentito le urla. L’attimo dopo Milos è caduto a terra agonizzante.”
“C’è qualcosa che possiamo fare?” chiese Polly, il volto oscurato dalla preoccupazione.
“Diamo del latte a chi è ancora cosciente, aiuterà a diluire la soluzione nello stomaco. Per l’uomo svenuto non possiamo fare molto. Mi raccomando: nessuno di loro deve vomitare, altrimenti sarà peggio. Dobbiamo aspettare i soccorsi  e pregare che non muoia nessuno.”
Polly, Ada e Lizzie si adoperarono per recuperare il latte mentre Amabel faceva avanti e indietro per accertarsi che a tutti battesse ancora il cuore. Tommy si era appartato in un angolo con i fratelli e il cugino.
“Sono stati avvelenati, quindi adesso siamo nella merda. Cercate chiunque risulti sospetto, spiate nei cappotti e nelle borse, perquisite la cucina. E che nessuno lasci l’orfanotrofio fino a mio ordine.”
Tommy si sentiva osservato, quasi come se qualcuno lo stesse sorvegliando. Si girò e incontrò lo sguardo di Giselle Bennett fisso su di lui. La ragazza gli rivolse un sorriso malizioso.
“Thomas!” lo chiamò Amabel.
Tommy lanciò un’occhiataccia a Giselle prima di tornare da sua moglie.   
“Voglio sapere cosa sta succedendo a mio marito! Voi gli avete fatto questo! Voi sporchi zingari dei bassi fondi!” stava sbraitando la signora Morrison, moglie dell’uomo privo di sensi.
“Non siamo stati noi, ve lo giuro. Qualcuno ha manomesso lo champagne a nostra insaputa! Non avremmo mai messo a rischio una serata destinata ai bambini!” stava ribattendo Amabel.
“Signora Morrison, – disse Tommy – è comprensibile che voi diate la colpa a noi perché vostro marito e gli altri due parlamentari sono avversari del mio partito, ma vi assicuro che non è così. Non farei mai una cosa del genere. La politica è politica, la vita priv…”
“Basta! Voi e le vostre belle parole! Tutti conosco la vostra reputazione, ma stanno zitti per timore di una vendetta da parte vostra!” disse la signora Morrison.
Tra i presenti serpeggiò un sussulto di stupore. Per quanto Tommy provasse a ripulire il proprio nome, c’era sempre qualcuno pronto a ricordargli il suo posto. Lui veniva da Small Heath, era cresciuto nel lerciume, ed era diventato più sporco di quelle strade. Amabel lesse negli occhi di Tommy una profonda delusione, pertanto decise di intervenire.
“Anche vostro marito ha fatto cose discutibili per arrivare in Parlamento. Vi ricordo che voi provenite da un quartiere periferico di Londra noto per lo spaccio di oppiacei. Vedete? Tutti abbiamo i nostri peccatucci da nascondere!”
Lizzie trattenne una risata e Polly nascose un sorriso divertito nello scialle avvolto sulle spalle.
“I soccorsi sono qui!” annunciò uno dei camerieri.
La signora Morrison avrebbe voluto continuare quell’affronto ma dovette girare i tacchi e seguire suo marito sull’autoambulanza.
 
Amabel camminava avanti e indietro nel corridoio della clinica. Sebbene l’ospedale di Birmingham fosse il più vicino all’orfanotrofio, lei aveva preferito curare i quattro uomini nella propria clinica per dimostrare a tutti che gli Shelby non erano colpevoli dell’avvelenamento. Dalla stanza uscì Brian Walter, medico militare specializzato in tossine.
“Come stanno?” chiese Amabel con apprensione.
“Sono tutti vivi. L’uomo privo di sensi è in coma indotto per prevenire qualsiasi crisi, lo sveglieremo fra due giorni quando l’effetto dell’acido sarà esaurito. Gli altri due uomini respirano bene e abbiamo provveduto a diluire l’acido nel loro stomaco, domani potranno uscire. Il ragazzo, invece, ha avuto una lieve reazione ma lo terremo in osservazione per questa notte.” Disse Brian.
“Oh, grazie al cielo! E grazie a te, Brian!”
“Il merito è anche tuo. Il latte è stato una mossa intelligente, e di certo da te non mi aspettavo di meno. Vado a parlare con i famigliari, scusami.”
Rimasta da sola, Amabel si sedette e buttò fuori l’aria che aveva trattenuto. Quella serata si era rivelata un disastro, l’ennesimo errore a cui avrebbero dovuto rimediare.
“Bel.”
La voce inconfondibile di Tommy la costrinse ad abbandonare le proprie riflessioni.
“Brian ha detto che stanno tutti bene, soprattutto Milos. Di là come vanno le cose?”
“La signora Morrison ha deciso di denunciare noi due per tentato omicidio. Le mogli degli altri due uomini hanno fatto qualche scenata ma niente di più.”
“Una denuncia? Non è il momento giusto per essere denunciati! Thomas …”
Tommy le mise le mani sulle spalle facendo una lieve pressione per zittirla.
“Andrà tutto bene, tesoro. Chiamerò il capo della polizia, gli darò una bella somma e chiuderà un occhio. Troverò il colpevole e gli taglierò le palle. Non devi temere.”
“Le ultime parole famose.”
Amabel si scostò con una scrollata di spalle, quelle rassicurazioni non riuscivano a placarla.
“Bel, non fare così.”
“Faccio così perché questo è un problema enorme! Chi è stato? Questa volta chi è che ce l’ha con gli Shelby? Chi è il nemico?”
Tommy stava per controbattere quando dal fondo del corridoio sbucò Arthur.
“Abbiamo perlustrato tutto quel cazzo di orfanotrofio e abbiamo anche chiesto in giro se qualcuno avesse visto una persona sospetta.”
Tommy notò nel tono del fratello una reticenza che lo metteva in allarme.
“Parla, Arthur.”
“Una coppia ha visto una donna aggirarsi in cucina.”
“E quindi? La donna com’era?”
“Beh … ecco … dicono che fosse abbastanza alta, capelli castani, vestita di verde.” Rispose Arthur.
Tommy capì al volo perché il fratello fosse tanto riluttante a parlare.
“Cazzo! Alta, capelli castani, vestito verde … e’ Amabel!”
Amabel sbarrò gli occhi, quella descrizione le calzava a pennello. Certo, era stata in cucina per augurare buon lavoro ai camerieri ma non si era minimamente avvicinata allo champagne.
“Io sono andata in cucina solo per controllare che fosse tutto tranquillo! Io … non farei mai …”
Tommy le prese dolcemente la mano e ne baciò il dorso, un modo per calmarla.
“Lo so che non sei stata tu. E’ assurdo solo pensarci. Però quei ricconi del cazzo là fuori credono che sia tu, perciò dobbiamo stare molto attenti a come ci muoviamo. E’ chiaro che qualcuno stia cercando di fregarci.”
“Questo potrebbe avere a che fare con i Peaky Blinders?” domandò Arthur.
“No. – rispose Tommy – Credo che abbia a che fare con la politica. Qualcuno del partito rivale potrebbe aver inscenato tutto questo per far ricadere la colpa su di noi. Arthur, trova chiunque sia stato. Non importa i mezzi che userai, quanta gente corromperai, quanto sangue verserai. Trova chi sta cercando di distruggere la mia reputazione.”
 
Diana non amava gli ospedali in quanto li reputava luoghi di dolore e morte. Sua mamma era morta in ospedale dandola alla luce. Eppure quella notte decise di restare a sorvegliare Milos per assicurarsi che stesse bene, anche perché la sua famiglia non aveva il telefono e non poteva essere avvisata. Johnny Dogs sarebbe arrivato a darle il cambio più tardi, nel frattempo lei teneva un occhio sul ragazzo e uno su libro che portava nella borsetta.
“Sono morto e questo è il paradiso?” farfugliò Milos, aprendo gli occhi piano per abituarsi alla luce. Diana richiuse il libro e si sedette sul letto. Milos era pallido e freddo, ma tutto sommato stava bene.
“Se questo fosse il paradiso, ci sarebbero gli angeli.”
“Ci sei tu, giusto? Sei il mio angelo. Senza di te sarei morto in quella sala. Grazie.”
La mano di Milos strinse quella di Diana, che non si tirò indietro. La pelle del ragazzo era callosa e piena di cicatrici dovute al duro lavoro, però era una sensazione stranamente piacevole.
“Non sono un angelo. Sono soltanto la sorella di un medico che sa come comportarsi quando qualcuno sta male.”
“Sei fantastica lo stesso.”
Gli occhi verdi di Milos erano talmente penetranti che Diana staccò la mano dalla sua e tornò a sedersi lontana. Non era corretto quel comportamento da parte di una signorina impegnata.
“Johnny Dogs arriverà a momenti.”
“Perché avete chiamato mio zio? Io voglio che sia tu a restare con me.” si lamentò Milos facendo il broncio.
“Non è possibile. Io devo tornare a Londra domattina presto perché c’è scuola.”
“La verità è che non puoi restare per colpa di Finn. Il tuo ragazzo è geloso e tu vuoi evitare un altro litigio. Sei un po’ codarda, Diana Hamilton.”
“Devi smetterla di parlare male di Finn. Io sto cercando di essere tua amica ma tu mi stai mettendo a dura prova.” Disse Diana, irritata. Milos sorrise compiaciuto.
“Questo vuol dire che la mia tattica di seduzione sta funzionando.”
Diana, innervosita da quelle parole irrispettose, si infilò il soprabito e aprì la porta.
“Sei davvero un essere spregevole.”
Detto ciò, lasciò la stanza e un Milos ancora sorridente.
“Ed è per questo che le piaccio.”
 
Erano le undici e mezzo quando il pendolo dello studio rintoccò facendo staccare Tommy dalle carte che stava leggendo. Il bicchiere era quasi vuoto, la sigaretta tra le labbra era quasi finita e i suoi occhi bruciavano per la stanchezza. Si era messo al lavoro da quando erano tornati dall’ospedale. Amabel e Diana avevano chiacchierato un po’ prima di andare a dormire, mentre Charlie sonnecchiava già da tempo. Lui come al solito non riusciva a risposarsi, pertanto si era messo ad analizzare le informazioni che aveva sui membri del Parlamento per tentare di risalire al colpevole. Le ipotesi erano due: o i testimoni avevano mentito per dare la colpa ad Amabel oppure c’era davvero una donna simile a lei che si era aggirata per la cucina. Tommy si affacciò alla finestra per lasciare che il freddo gli rinfrescasse corpo e mente. Le stelle brillavano seguite da grossi nuvoloni grigi che forse si sarebbero tramutati in pioggia.
“Tre cose ci sono rimaste del Paradiso: le stelle, i fiori e i bambini.”
Tommy abbozzò un sorriso mentre Amabel lo abbracciava da dietro e gli lasciava un bacio tra le scapole.
“Suppongo che tu stia citando qualche grande autore.”
“Supponi bene, mio caro. E’ una frase di Dante Alighieri, uno dei preferiti di mia madre. Lei adorava leggere libri seduta davanti al caminetto con la sua tazza di the fumante.”
Loro due non parlavano spesso dei loro genitori, sebbene fossero accumunati dall’essere orfani, ma quelle rare volte in cui succedeva si creava sempre una sorta di silenzio comprensivo.
“Mi dispiace, Bel. Mi dispiace per tutto quanto.”
“Non dire così. Guardarmi.”
Tommy si voltò tra le braccia di Amabel e le accarezzò le guance con i pollici.
“Ho incasinato di nuovo le nostre vite. Forse entrare in Parlamento è stata un’idea del cazzo.”
“Sei troppo intelligente e furbo, ecco perché quei politici sono spaventati da te. Loro conoscono Tommy Shelby, sanno di cosa sono capaci i Peaky Blinders, dunque temono che tu possa spazzarli via. L’avvelenamento è un modo per sabotare la tua brillante carriera in Parlamento. Troveremo un modo per cavarcela anche questa volta.”
“Siamo sopravvissuti alla guerra, possiamo sopravvivere anche a questo.” Disse Tommy. Amabel annuì e lo abbracciò affondando la guancia contro la sua spalla. Tommy la strinse a sé baciandole la fronte.
“I tuoi polmoni fanno un brutto rumore. Smettila di fumare come un turco.”
“Era strano che tu non mi avessi ancora dato uno dei tuoi pareri medici.”
Amabel si mise a ridere e portò lo sguardo su di lui, che la stava guardando dall’alto.
“Hai sposato un medico, pessima scelta.”
“La scelta migliore della mia vita.”
Amabel lo baciò con trasporto, voleva che quel tocco gli trasmettesse le giuste emozioni, e Tommy l’assecondò. Avrebbe voluto concludere quella nottata con passione tra le lenzuola, ma Diana dormiva nella stanza accanto alla loro e Charlie si era sistemato al centro del loro letto, perciò dovette rinunciare all’idea.
“Andiamo a dormire, Thomas. Abbiamo avuto una giornata sfiancante.”
Quando si misero a letto, attenti a non disturbare Charlie, Tommy si lasciò sfuggire un sorriso: sua moglie e suo figlio accanto a lui erano la perfetta visuale di cui godere prima di chiudere gli occhi.
 
 
Salve a tutti! ^_^
Beh, i problemi sono cominciati subito col botto. Chissà cosa vuole questa signorina Bennett.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 
  
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