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Autore: Abby_da_Edoras    09/02/2020    4 recensioni
Questa è la mia ff conclusiva sulla mia versione della prima stagione della fiction I Medici ed è il sequel di "Vietato morire". Giovanni ha salvato Rinaldo, ma adesso si è allontanato da lui perché l'uomo ha fatto un figlio con la moglie, inoltre c'è ancora da incastrare Andrea Pazzi per tutto ciò che ha combinato. Insomma, le cose per Giovanni, Rinaldo e i Medici non si mettono al meglio e dovranno superare molti ostacoli per giungere tutti al meritato lieto fine (che io concederò, come sempre!).
Grazie a tutti coloro che leggono queste mie storie e ancora di più a chi spende un po' del suo tempo per lasciarmi i suoi graditissimi commenti.
Questa storia partecipa all’iniziativa “Prompt, che passione!” del gruppo facebook “Fanfiction, che passione!”: il prompt che ho scelto è una citazione di Paulo Coelho.
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a registi, sceneggiatori e produttori della fiction I Medici.
Genere: Angst, Commedia, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Medici Abby's Version'
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Capitolo decimo

 

Prendi la mano e rialzati
Tu puoi fidarti di me
Io sono uno qualunque
Uno dei tanti, uguale a te

Ma che splendore che sei
Nella tua fragilità
E ti ricordo che non siamo soli
A combattere questa realtà

Credo negli esseri umani
Credo negli esseri umani
Credo negli esseri umani che hanno coraggio
Coraggio di essere umani…

(“Esseri umani” –Marco Mengoni)

 

I giorni che vennero furono più sereni. La minaccia rappresentata da Andrea Pazzi non esisteva più e ognuno poteva tornare alla sua vita. Soprattutto, con grande sollievo di Cosimo, Rinaldo poteva tornare al suo palazzo e smetterla di stargli sempre tra i piedi con quello sguardo di aperta disapprovazione!

Anche Ormanno era rientrato a Firenze dalla campagna con la moglie Beatrice e adesso anche loro si sarebbero stabiliti a Palazzo Albizzi. Dopo tutto ciò che era successo, Giovanni si risolse infine a passare sopra alla sua gelosia e al dolore che provava quando Rinaldo andava a trovare sua figlia… e decise di tornare a vivere con lui a Palazzo Albizzi.

A Palazzo Medici, intanto, le cose andavano sempre meglio: Lorenzo aveva voluto fissare al più presto le sue nozze con Ginevra Cavalcanti e la coppia si sarebbe sposata due settimane dopo. Si stavano già organizzando i festeggiamenti, che sarebbero stati sontuosi e pieni di allegria per dimenticare i periodi tristi e i pericoli passati. Perfino la costruzione della Cupola stava procedendo bene e velocemente, con grande soddisfazione di Cosimo. Rinaldo, al contrario, continuava a non sopportare quella povera Cupola che non gli aveva fatto niente e, anzi, era lieto di essere tornato al suo palazzo anche perché dalle sue finestre non la vedeva e poteva illudersi che non esistesse!

Rimanevano un paio di questioni che non permettevano a Cosimo di rilassarsi ed essere completamente felice, tuttavia anch’esse erano destinate a risolversi felicemente in poco tempo.

Le due questioni riguardavano il figlio che Maddalena aspettava e l’avvelenamento di suo padre: Cosimo ormai sapeva per certo che non era stato Lorenzo e nemmeno Rinaldo, però dalla lettera di Pazzi non era saltata fuori alcuna novità che riguardasse quel fatto e questo poteva solo significare che, purtroppo, non era possibile addossare ad Andrea Pazzi anche quell’ennesimo delitto. Ma allora chi aveva ucciso suo padre? Possibile che fosse stato davvero Marco Bello? Se fosse stato lui lo avrebbe fatto a fin di bene, certo, per proteggere Cosimo e Lorenzo dalle ingerenze di un padre troppo tirannico… ma lui sarebbe riuscito a perdonarlo davvero e ad accettarlo di nuovo come membro della sua famiglia?

Quella sera, Cosimo era nel salone insieme alla moglie Contessina e a suo fratello Lorenzo e parlava con loro del prossimo matrimonio, di chi avrebbero dovuto invitare (Lorenzo avrebbe tanto desiderato non trovarsi Rinaldo Albizzi tra i piedi almeno per quel giorno, ma se non lo avessero invitato si sarebbe creato nuovamente dell’attrito tra le famiglie e poi come l’avrebbe presa Giovanni?), di come si sarebbe svolta la cerimonia… Cosimo aveva pensato di chiedere a Sua Santità in persona di sposare Lorenzo e Ginevra, per consacrare ancora di più il legame tra gli sposi e anche quello tra il pontefice e la famiglia Medici!

Vabbè, Cosimo de’ Medici era sempre un filino opportunista…

“Ho capito che sarebbe una scortesia non invitare Rinaldo Albizzi, ma non ti pare che anche invitarlo creerebbe dei problemi non indifferenti?” obiettò Lorenzo, cercando di convincere il fratello. “Se invitiamo lui, ovviamente verranno anche suo figlio Ormanno e Beatrice, oltre a Giovanni, e questo va bene, ma come la mettiamo con sua moglie e la piccola? In un’occasione come questa, Rinaldo dovrebbe presentarsi con la sua legittima sposa… e allora come pensi che la prenderebbe Giovanni?”

In effetti il problema esisteva e Lorenzo non aveva tutti i torti.

Cosimo rifletté qualche istante prima di rispondere.

“Sua moglie Alessandra ha avuto la bambina da pochi mesi e sta ancora riprendendosi dal parto. Nessuno avrà da ridire se non si presenterà ad una festa durante la quale rischierebbe di affaticarsi” replicò, salvando capra e cavoli come era solito fare!

Sembrava che la questione fosse risolta, ma l’accenno a parti e neonati fece calare una cappa di disagio tra i tre. Tuttavia, inaspettatamente, la prima a riprendersi fu proprio Contessina.

“Cosimo, in questi giorni ho pensato molto al bambino che Maddalena avrà tra qualche mese” disse. “So cosa avevo detto tempo fa, ma quello che è accaduto, la paura di perdere Lorenzo e tutta la nostra famiglia, mi ha fatto capire che non sarebbe stato giusto. Quel bambino è tuo figlio e dovrai occupartene e crescerlo come tale.”

“Contessina, io…” mormorò Cosimo, per la prima volta sopraffatto dall’emozione. La moglie gli prese la mano e gli sorrise.

“Tutti possiamo commettere degli errori e anch’io ne ho commessi. La nascita di un bambino, però, è un avvenimento lieto e sono certa che porterà fortuna e felicità alla nostra famiglia” affermò convinta, con un dolce sorriso.

In quel momento si udì bussare alla porta, che era accostata. Sulla soglia stavano Marco Bello e Maddalena, che si tenevano per mano e apparivano piuttosto turbati.

“Messeri, Madonna, vi chiedo perdono se, non volendo, ho ascoltato la vostra conversazione” disse l’uomo, con un’aria imbarazzata che di certo non era da lui! “La mia intenzione era chiedere il vostro permesso per… beh, ecco… volevo… insomma, io e Maddalena vorremmo sposarci! Non mi importa se il bambino non è figlio mio, io gli vorrò bene come se lo fosse e voi, Messer Cosimo, potrete educarlo e crescerlo come meglio crederete. Voglio solo… sposare Maddalena e restare accanto a lei per il resto della mia vita.”

Eh sì, anche lui in quei giorni aveva rischiato la pellaccia e aveva rivisto le priorità della sua esistenza!

Cosimo restò allibito e dovette riflettere un po’ per rispondere alla domanda di Marco. Sapeva bene che l’uomo aveva manifestato da tempo un interesse particolare per la bella serva e che lei iniziava a ricambiarlo e, del resto, lui non nutriva più alcun interesse per lei, da tempo ormai non visitava più il suo letto. No, non era quello il problema. Semmai l’unico tarlo che lo rodeva era il solito: non era sicuro al cento per cento che non fosse stato Marco Bello a avvelenare suo padre. Adesso che era stato chiarito che non era stato nemmeno Pazzi a farlo uccidere, chi restava? Di certo il Medici senior non si era suicidato!

“Hai il mio permesso, Marco” disse alla fine, decidendo di dare fiducia ancora una volta all’uomo che aveva salvato più volte la sua vita e quella della sua famiglia. No, Marco Bello non poteva essere un assassino.

Felici e sollevati, Marco e Maddalena si scambiarono un sorriso e, dopo aver salutato e ringraziato, uscirono dalla stanza. Lorenzo, però, aveva notato l’esitazione del fratello e poco dopo, quando anche Contessina se ne andò, gli pose una domanda ben precisa.

“Cosimo, ho notato che non hai risposto subito alla richiesta di Marco Bello” disse. “Credo che dovresti essere onesto e sincero con Contessina: provi ancora qualcosa per Maddalena? Oppure è il fatto che aspetti un figlio tuo a farti esitare?”

L’uomo sembrò molto sorpreso da quella domanda e sembrò cadere dalle nuvole.

“E’ questo che pensi, Lorenzo? Non potresti essere più lontano dalla verità” replicò, davvero stupito che il fratello potesse credere una cosa simile. “No, l’unica cosa che mi ha frenato è che… beh, noi non sappiamo ancora chi ha davvero avvelenato nostro padre. La lettera di Pazzi non dice niente al riguardo e io… per un momento ho pensato che Marco Bello non era stato ancora scagionato. Però no, non posso credere che sia stato lui, ti ha salvato la vita, mettendo a rischio la sua e dopo che era stato cacciato dalla nostra casa. No, voglio fidarmi di lui, come prima. Eppure temo che quest’ombra resterà sempre…”

Lorenzo, un tempo il primo ad avversare Marco Bello, questa volta fu invece il primo a difenderlo.

“La lettera di Pazzi non prova niente, l’omicidio di nostro padre risale ormai a qualche anno fa e Pazzi potrebbe benissimo essere colpevole e non avere motivo di raccontarlo al Duca Visconti, non è qualcosa che lo riguardi. Per parte mia, io sono certo che è stato Andrea Pazzi, anche se non ne avremo mai le prove. Ha fatto uccidere Mastro Bredani, ha organizzato l’imboscata contro gli Albizzi e ha tentato di far uccidere anche me, non credo che si sarebbe fatto scrupoli a far avvelenare nostro padre.”

“Sì, forse hai ragione tu” mormorò Cosimo, ma si capiva che avrebbe voluto avere la certezza dell’innocenza di Marco Bello.

In quel momento un’altra persona si presentò discretamente alla porta: era Ugo, il vecchio contabile della famiglia Medici. Teneva lo sguardo basso e appariva molto turbato.

“Messer Cosimo, Messer Lorenzo, vi chiedo perdono se, non volendo, ho udito la vostra conversazione e… e credo sia giunto il momento di essere totalmente sincero con voi. Troppe persone in questa casa hanno sofferto e sia voi sia Marco Bello sia Maddalena meritate di vivere felici e in pace” disse.

Così, sempre tenendo il capo chino e con occhi pieni di lacrime e voce tremante, l’anziano contabile raccontò tutto: spiegò che il Medici senior, da vero padrino, gli aveva fatto un’offerta che non poteva rifiutare, ossia liberarsi di Rosa, l’innamorata di Lorenzo, e del bambino che aspettava. Lui aveva accompagnato la ragazza in un convento, ma in quel posto era stata trattata in modo orribile, subendo percosse e privazioni e, alla fine, era morta dando alla luce il bambino di Lorenzo, anche lui morto. Ugo, che aveva sempre cercato di aiutarla, ne era rimasto sconvolto e aveva affrontato il suo padrone, rimproverandolo di essere stato un bastardo dentro (non con queste parole, ma il senso era quello).

“Credetemi, se Messer Medici si fosse mostrato dispiaciuto o, perlomeno, avesse detto qualche parola di compassione per quella povera giovane e suo figlio… ma lui… lui fece un sorriso compiaciuto e rispose che, per lui, gente come Rosa era poco più che una bestia e che non avrebbe mai dovuto osare avvicinarsi alla famiglia Medici” raccontò Ugo, ancora sconvolto al ricordo. “Fu per quello… non avevo potuto salvare quei due poveri innocenti, ma potevo vendicarli, così fui io a compare la cicuta e a metterla sull’uva che vostro padre avrebbe assaggiato il giorno dopo.”

Cosimo e Lorenzo si scambiarono uno sguardo, entrambi molto turbati. Adesso sapevano chi aveva assassinato il loro padre, ma potevano veramente condannarlo per ciò che aveva fatto?

“Quando avete accusato Marco Bello ho creduto di essere salvo, ma adesso le cose sono cambiate, lui vuole sposare Maddalena e lei aspetta il figlio di Messer Cosimo… ho pensato che fosse una seconda occasione per salvare la famiglia Medici dal peccato di ciò che era stato fatto a Rosa” continuò, sempre più convinto. “Se adesso vorrete cacciare me da questa casa, lo capirò. Sono colpevole, non solo per l’avvelenamento di Messer Medici, ma anche per non aver protetto Rosa e il bambino e per aver lasciato condannare un innocente al mio posto. Non merito alcun riguardo.”

Fu Lorenzo il primo a ritrovare la parola.

“Io non ti condanno” dichiarò con voce spezzata. “Non sapevi cosa sarebbe successo a Rosa e a… a mio figlio e, quando lo hai scoperto, hai fatto ciò che ritenevi giusto. Nostro padre ha commesso tanti errori, non giustifico il suo omicidio ma credo che, alla fine, abbia ottenuto quello che si è cercato con la sua condotta. Per quanto mi riguarda, io continuerò a credere che sia stato eliminato da Andrea Pazzi.”

Beh, tanto Pazzi ne aveva ammazzati, o cercato di ammazzare, così tanti che uno in più non avrebbe fatto differenza!

Cosimo sembrava meno convinto. Ugo gli aveva mentito per anni e lui si era torturato la mente domandandosi chi avesse ucciso suo padre. Aveva accusato Rinaldo, aveva addirittura punito Lorenzo, credendolo colpevole, e aveva cacciato di casa Marco Bello. Cosa doveva fare, ora?

In realtà la risposta era più semplice di ciò che pensava: doveva fare l’esatto contrario di ciò che avrebbe fatto suo padre, ossia perdonare. Il padre era stato un uomo duro, severo, ambizioso e senza scrupoli, che non aveva concesso mai una seconda possibilità a nessuno, nemmeno ai suoi figli. Rosa e il suo bambino erano morti per la sua freddezza e crudeltà. Lui voleva davvero essere come il padre?

Assolutamente no.

“Non dovrai lasciare questa casa, Ugo. Non posso davvero perdonarti per aver ucciso nostro padre, ma posso comprendere perché tu lo abbia fatto e io non voglio mostrarmi spietato come lui” disse. “Questo sarà un nuovo inizio per la famiglia Medici, senza più segreti, rancori o vendette. Siamo una famiglia, abbiamo affrontato tanto dolore insieme e adesso meritiamo tutti di vivere un periodo di pace e gioia, con i matrimoni che si celebreranno presto e i figli che nasceranno. Anch’io scelgo di credere che sia stato Andrea Pazzi ad avvelenare nostro padre e lui sta già scontando la sua giusta pena, privato del seggio alla Signoria, dei suoi beni e di tutto il suo potere. La cosa finisce qui e non ne parleremo mai più.”

Ugo era talmente commosso da non riuscire nemmeno a trovare le parole per ringraziare; ma anche Lorenzo era favorevolmente stupito: quel nuovo Cosimo, più disponibile, generoso, desideroso di dimostrare il suo affetto alla famiglia gli piaceva molto. Ora capiva che, in tutti quegli anni, suo fratello aveva sofferto e aveva represso i suoi veri sentimenti per recitare la parte che il padre gli aveva imposto. Adesso anche Cosimo era libero.

Cominciava una nuova era per la famiglia Medici.

E a Palazzo Albizzi come andavano le cose, vi chiederete (almeno spero!)?

Ormanno e Beatrice erano stati felicissimi di rientrare a Firenze e di sapere che il vero colpevole di tutto, Andrea Pazzi, avrebbe pagato. Beatrice era contenta che suo fratello vivesse a palazzo con lei, anche se non aveva ben capito quale rapporto lo legasse a Rinaldo Albizzi… ma, a dirla tutta, ancora non lo aveva capito nemmeno Giovanni! Comunque, in qualche modo tutto particolare, anche quella adesso era una famiglia, una famiglia allargata con molto anticipo sui tempi!

Quella sera, tuttavia, Giovanni appariva nervoso e turbato. Il giorno seguente ci sarebbe stata una riunione della Signoria, la prima alla quale lui avrebbe partecipato come membro effettivo, e la cosa lo metteva in crisi.

“Giovanni, cosa c’è che ti angoscia tanto?” gli domandò Rinaldo quando furono soli nella stanza dell’uomo. “Sei stato silenzioso tutta la sera, in genere questo significa che non stai bene!”

Il ragazzo esitava. A dire il vero, non si era mai confidato con Rinaldo, non aveva mai parlato apertamente con lui. Si erano scontrati, si erano cercati, amati, lasciati e ripresi, ma non gli era mai venuto spontaneo confidarsi con quell’uomo: se aveva un problema, solitamente ne parlava con Cosimo o Lorenzo… Però quella sera tutto sembrava diverso e, quasi senza accorgersene, Giovanni cominciò a spiegare il suo malessere.

“Io… credo di non sentirmi degno di essere un membro della Signoria!” ammise.

Rinaldo rimase stupefatto.

“Cosa? Proprio tu vieni a dire questo? Ma se hai parlato davanti a tutta la Signoria ogni volta che ne hai avuta l’occasione e ti sei messo contro chiunque fin dal primo giorno in cui ci siamo conosciuti! Ora mi diventi timido?” esclamò.

“Ma è proprio per questo!” protestò Giovanni. “Finora io mi sentivo libero di dire quello che mi pareva, tanto non contavo niente per il Gonfaloniere e gli altri membri e poi interveniva Messer Cosimo e salvava la situazione. Ora… ora sono io che devo prendermi queste responsabilità e non credo… non ne sono all’altezza.”

Rinaldo non aveva mai visto questo lato più insicuro e dolce di Giovanni e la cosa lo intenerì e lo eccitò enormemente. Adesso capiva molte cose, anche le sue reazioni violente di gelosia: in fondo al cuore, il giovane Uberti era insicuro e pensava di non meritare la sua attenzione, così come pensava di non meritare il seggio alla Signoria.

Si mostrava aggressivo e impertinente per nascondere le sue paure!

L’uomo si sedette sul letto accanto a Giovanni e lo strinse a sé.

“Sei un Uberti, ragazzino, certo che sarai all’altezza” gli disse, con un tono tenero che usava molto raramente.

“Io temo… di non essere all’altezza della mia famiglia e del mio nome, ho paura di disonorarli ancora, io non sono il grande Farinata” mormorò il ragazzo, sperduto tra le braccia di Rinaldo.

“Certo che non sei lui, ma sarai capace di renderlo fiero di te, ne sono sicuro” affermò l’uomo, convinto. “Lo hai dimostrato in più di un’occasione e saprai farlo ancora. E anch’io sono e sarò sempre fiero di te.”

Gli prese la mano e gli mise all’anulare sinistro un anello piccolo, ma elegante, con una pietra azzurra.

“Ti avevo detto che avrei fatto benedire dal Papa gli anelli nuziali dei miei genitori e che poi avrei messo quello di mio padre e dato a te quello di mia madre” gli ricordò. “Ecco, adesso è come se fossimo sposati, certo non agli occhi del mondo, ma noi lo sapremo ed è questo che conta. Ora sei veramente mio, quindi sei un Albizzi oltre che un Uberti: dovrai sicuramente farti onore davanti alla Signoria.”

Giovanni era commosso e emozionato e, come al solito, cercò di stemperare il tutto con una battuta.

“Oh, beh, per fare onore alla famiglia Albizzi non ci vorrà poi tanto, mi basterà evitare di fare tutto quello che avete fatto voi!” commentò, con un sorrisetto ironico.

“Ah, è così che mi ringrazi, ragazzino impertinente?” replicò Rinaldo, buttandolo sul letto e saltandogli addosso, ma si capiva che era ormai un gioco tra loro e che non era davvero offeso. L’uomo bloccò Giovanni con il peso del suo corpo e iniziò a baciarlo profondamente, fino a unire e confondere i loro respiri e il loro sapore. Fu su di lui e continuò a divorarlo con i suoi baci, dapprima con lentezza e poi con sempre maggior intensità. Voleva perdersi completamente in quel ragazzino, prolungare al massimo il piacere e godere di ogni singolo istante, mentre Giovanni, smarrito, dimenticava ogni preoccupazione nell’abbraccio avvolgente di Rinaldo e lo accoglieva con amore e spontaneità. Per molto tempo ogni altra cosa scomparve, spazio e tempo si confusero in un crescendo di passione e estasi, mentre il cielo intero li inondava di stelle.

Alla fine, appagati e sazi l’uno dell’altro, i due poterono stringersi in un abbraccio caldo e confortevole e lasciarsi vincere dalla dolcezza del sonno. Perché solo stretti l’uno all’altro, nel calore e nella tenerezza del ritrovarsi ancora una volta, Rinaldo e Giovanni potevano riavere la pace e la serenità perdute e riposare, finalmente liberi da ostacoli, turbamenti e brutti pensieri. Non lo avevano ancora compreso fino in fondo, ma stavano lentamente imparando che erano nati l’uno per l’altro e che soltanto insieme potevano completarsi ed essere felici.

Fine capitolo decimo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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