Fumetti/Cartoni americani > TMNT / Tartarughe Ninja
Segui la storia  |       
Autore: Lady I H V E Byron    09/02/2020    2 recensioni
"Shredder, Stockman, Hun, i Dragoni Purpurei, gli Utron, i Triceraton, Savanti Romero, Karai, Bishop, Sh'Okanabo, Viral, Khan… tutti nomi che ormai appartenevano al passato."
Sono passati quattro anni dalla battaglia finale contro lo Shredder virtuale, ma non è ancora finita, per le Tartarughe Ninja. Presto si troveranno coinvolti in una nuova avventura, che riguarderà una coppa di fattura umile, Cavalieri Templari, Dimensioni Mistiche, visioni di un passato lontano, un nuovo nemico e un nuovo alleato.
Quale destino attende le Tartarughe Ninja?
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note dell'autrice: qui noterete uno dei motivi che mi ha spinto a scrivere questa storia... XD

-----------------------------------------------------------

-Si dia inizio all’allenamento speciale!- annunciò Splinter, battendo il bastone per terra –Inizierà Donatello!-
La tartaruga dalla benda viola si mise al centro del tatami, il luogo dove lui ed i fratelli si allenavano; dall’altro lato, vestita con pantaloni di tuta e una T-Shirt larga il doppio di lei, anche Elisabetta si stava avvicinando a quel medesimo punto. Esterne al suo lato erano presenti delle armi. Aveva preso l’azza, un martello da guerra, una lancia con la punta su entrambi i lati, con un martello incorporato, solo da una parte. La strinse nelle sue mani, verticalmente, scontrandola lievemente con il terreno, come per incutere timore all’avversario. Ma Donatello non reagì: roteò il bastone, come era solito fare, prima di attaccare. La ragazza seguì i suoi movimenti. Poi si fermarono: il martello stava puntando in avanti. E Donatello si mise in posizione di combattimento.
Iniziarono a squadrarsi, guardandosi negli occhi. Poi caricarono. Scontrarono i legni l’uno contro l’altro. Non era ancora il caso, per Elisabetta, usare il ferro del martello contro il legno del bastone di Donatello, in una sessione di allenamento. Ma lo usava comunque per agganciarlo e deviare la sua traiettoria. Ma Donatello si girava velocemente e colpiva orizzontalmente. Ogni colpo veniva parato rapidamente dalla ragazza. Lei ne approfittò per colpire con la punta posteriore del martello. Donatello si piegò all’indietro, eseguendo una verticale.
-Vai, Don! Mostrale un po’ di potere tartaruga!- incitava Michelangelo, da vero tifoso.
-Ma sei scemo?!- esclamò Donatello, schivando un colpo di martello, che quasi si conficcò nel tatami –Se non te ne fossi accorto, quell’arma ha le punte e un martello!-
Il bastone di Splinter batté per terra.
-Cambio! Raffaello!-
Donatello saltò dal tatami, dando il cambio al fratello dalla benda rossa. Roteò i suoi sai, sorridendo, sicuro di sé.
Elisabetta corse verso l’angolo, dove teneva il resto delle sue armi, prendendo due pugnali.
Anche lei li roteò, con lo sguardo fisso verso il suo avversario. Poi si mise in posizione: i pugnali erano entrambi impugnati al contrario, con le lame rivolte verso la loro portatrice.
Il primo ad attaccare fu Raffaello. Era stato di nuovo avventato. Il primo colpo venne schivato, ma fu abbastanza rapido da attaccare di lato. Uno dei suoi sai venne agganciato da un pugnale di Elisabetta, con l’intento di disarmarlo. Forse poteva farcela, ma Raffaello lasciò l’arma per un attimo: la forza impiegata dalla ragazza fu tale da alzare il pugnale con un movimento scattoso, che lanciò il sai per aria. Raffaello lo riprese senza problemi. Ad attaccare era soprattutto Raffaello: Elisabetta si limitava alla tattica difensiva, come si poteva intuire dal modo in cui teneva i pugnali. Poi, Raffaello eseguì un attacco in salto con entrambi i sai. A quel punto, Elisabetta girò i pugnali, con le lame rivolte verso l’avversario, parando l’attacco. Lama contro lama. Fra i due vi fu una sfida di resistenza e sguardi minatori. Gli occhi verdi della tartaruga che fissavano competitivi quelli marroni della ragazza. Ma a lei bastò solo spingere i pugnali in alto per esporre la difesa del suo avversario e colpire la corazza con i pomi.
-Cambio! Michelangelo!-
Raffaello si ritirò, lievemente sorpreso dall’ultima mossa della templare. Michelangelo saltò al centro del tatami come un acrobata.
-Ok! E’ l’ora di Mick!- esclamò, entusiasta, facendo roteare i suoi nunchaku.
Elisabetta posò i pugnali, prendendo il mazzafrusto, un bastone lungo mezzo metro collegato ad una palla con le punte tramite una lunga catena.
Lo fece roteare: la catena e la sfera erano molto vicine alla spalla della ragazza. Pericolosamente vicine. Ma lei era sicura di sé, come se avesse fatto pratica per tanto tempo con quell’arma.
-Catena contro catena, eh?- notò Michelangelo, con sguardo furbo –Allora danziamo!-
Stavolta fu Elisabetta ad attaccare per prima: non smetteva un attimo di roteare la catena. Eseguì un attacco verticale, poi orizzontale, formando un “8” orizzontale, entrambi evitati. All’ultimo attacco, Michelangelo saltò, finendo alle spalle dell’avversaria, sperando di sferrare un calcio. Esso venne parato dalla catena e il suo piede subito agganciato da essa.
La tartaruga rimase bloccata, con la gamba a mezz’aria e lo sguardo sorpreso.
Non poteva rimanere lì in eterno: caricando il peso sulla gamba per terra, mosse la gamba agganciata da un lato, con lo scopo di far sbilanciare la ragazza. E così avvenne. Elisabetta si piegò da una parte: era l’occasione giusta, per Michelangelo, ormai libero, di attaccare. La catena del nunchaku, però, si incrociò con quella del mazzafrusto. Elisabetta aveva parato in tempo. Prese il bastone del nunchaku libero e si piegò da un lato, facendo scaraventare la tartaruga da una parte, disarmandolo di uno dei suoi nunchaku. Lui rotolò, sorpreso, tra le risate dei fratelli.
-Cambio! Leonardo!-
L’arma prediletta della templare: la spada e lo scudo. Hesperia ed Hellas. Gli stessi che l’avevano accompagnata nel Nexus e con cui aveva affrontato Leonardo.
La tartaruga la stava già aspettando, con le katana sguainate e in posizione di combattimento.
Anche lei posizionò la punta della spada sopra lo scudo.
Si guardarono negli occhi.
Era solo un allenamento. Non sarebbe stato come nel Nexus. Niente colpi bassi.
Scontrarono solo le loro lame, senza puntare il bersaglio. Era uno scontro spada-spada.
Uno scontro troppo facile. E noioso.
Per Elisabetta.
-Coraggio, Leonardo!- incitò lei, con voce agguerrita –Perché non mi affronti come mi hai affrontato nel Nexus?!-
Lui parò e deviò con entrambe le spade il colpo sferrato da lei.
-E’ un allenamento. E non è educato forzare la mano contro le fanciulle.-
Lei aggrottò le sopracciglia e serrò la bocca. Diede un calcio contro il ventre del suo avversario, facendolo arretrare e barcollare.
I tre fratelli si allarmarono da quella reazione e dal danno di Leonardo.
-Ho vissuto quattro anni della mia vita come un uomo!- fece ricordare lei, offesa dalle sue parole –Affrontami come tale! Cosa? Ora che hai scoperto che sono una donna decidi di andarci piano con me?! Un guerriero deve essere in grado di affrontare qualsiasi avversario, maschio, femmina, bambino o anziano che sia! Il diavolo può assumere qualsiasi forma, ma è pur sempre un entità da eliminare! Quindi ti ordino di affrontarmi con la stessa forza con cui mi hai affrontato in finale!-
Non aveva tutti i torti. Inoltre, l’idea di allenarsi con lei era stata un’idea sua, per imparare e confrontarsi con un nuovo modo di combattere.
Tornò in posizione di combattimento. E strinse bene entrambe le impugnature.
Anche Elisabetta tornò in posizione. Espirò, per darsi forza.
Caricarono entrambi. Non combatterono come avevano fatto nel Nexus, ma nemmeno come prima.
Un degno allenamento con le armi.
Leonardo attaccava con entrambe le katana. Elisabetta parava con lo scudo e contrattaccava con la spada.
Giravano intorno, mentre eseguivano il loro scambio di colpi.
La ragazza deviò l’ultimo colpo di katana, e poi colpì con un taglio orizzontale, fermandosi poco prima che la lama sfiorasse la gola di Leonardo. Lui aveva eseguito la stessa mossa, un taglio orizzontale; anche il filo della sua katana era molto vicino alla carotide avversaria.
Rimasero fermi. A guardarsi negli occhi.
Le loro spade si incrociavano, sebbene fossero parallele.
Splinter alzò una mano.
-Bene, basta così.- decise; sorrideva –Elisabetta, David ti ha insegnato bene. Hai davvero dei buoni riflessi, altrettanta prontezza e gestisci bene le tue difese, come hai dimostrato nel Nexus. Inoltre, sei molto versatile con ogni tipo di arma. Ogni guerriero sa usare ogni arma, ma decide di specializzarsi nell’uso di una sola arma. Vedo che questo non vale per i cavalieri templari.-
Elisabetta si inchinò.
-Grazie, Maestro Splinter, per le tue lusinghe.- ringraziò; osservò Hesperia ed Hellas –Sì, il Magister ha insegnato a me e ai miei confratelli ad usare più armi, per prepararci a qualunque imprevisto, diceva sempre. Anche se le armi templari per eccellenza sono la spada e lo scudo.-
-Infatti, il Maestro Splinter ci rimprovera sempre di non usare spesso le armi degli altri.- disse Donatello, quasi ridendo, imbarazzato.
-E, credici, mia cara…- aggiunse Michelangelo, mettendo un braccio intorno alle spalle della ragazza e dandole un pugno sul braccio più vicino a lui –Una volta abbiamo avuto modo di affrontare dei veri cavalieri. Non chiederci come, la spiegazione sarebbe troppo lunga e complicata, ma lo abbiamo fatto. Ma tu li superi di diverse spanne.-
-Beh, grazie.- ringraziò di nuovo, arrossendo.
Raffaello sbuffò, incrociando le braccia.
-Figuriamoci. Uno l’ho sconfitto come se niente fosse…- borbottò, guardando da un lato.
Splinter fece un passo in avanti.
-Se permetti, cara, vorrei fare una sfida con te.- propose, sereno in volto.
La proposta stupì le quattro tartarughe.
Anche la templare.
-Io… con te?- mormorò, infatti.
Sembrava sicuro delle sue parole.
Infatti, anche lui si mise in posizione di combattimento.
-Voglio esaminarti da vicino. Misurare di persona la tua abilità. Vedere a che punto sei arrivata nell’allenamento con David.-
Elisabetta colse la sfida. Anche per semplice curiosità. Vedere lo stile di combattimento di Splinter. Scoprire come il suo Magister David era riuscito a sconfiggerlo.
Restò con Hesperia ed Hellas, le sue armi preferite.
Fu lei ad attaccare. Splinter parava ogni colpo con il suo bastone.
Presa dalla foga e anche dalla stanchezza dei precedenti combattimenti, Elisabetta colpiva quasi alla cieca, con colpi troppo caricati e prevedibili.
Splinter le fece uno sgambetto con il bastone, facendola cadere prona sul tatami. Per poco non cadde di faccia.
-Troppo irruenta.- le disse Splinter, serio, ma sereno, come se non volesse umiliarla –E colpisci senza pensare. E’ una falla che ho notato in voi templari. Il vostro stile si basa sulla mera forza, come foste furie. La furia senza ragione porta al fallimento e alla distruzione di noi stessi. Ma, nello stesso tempo, riconosco che si tratta di uno stile di combattimento totalmente diverso dal Bushido, e questo vanifica ogni mia parola.-
La ragazza a malapena ascoltò le parole del ratto. Alzò la testa, senza aprire gli occhi.
Digrignò i denti e batté i pugni per terra, per essere caduta. Per aver perso. Contro un “Sensei”.
Di norma, una persona con più esperienza di lei.
Ma per lei non era una scusa: un avversario era un avversario. Forte o no, lei sentiva costantemente il dovere di sconfiggere chiunque fosse contro di lei.
Era il dovere di un cavaliere. Eliminare ogni nemico che si ponesse nella loro strada.
Si rialzò da sola, con lo sguardo furioso e deluso nello stesso momento.
Rinfoderò la spada, sospirando. Non smetteva un attimo di osservare il Maestro Splinter, mentre si allontanava dal tatami, per entrare nella sua stanza.
-Non capisco come abbia fatto David a sconfiggere quel ratto gigante due volte…- mormorò, liberandosi della spada e dello scudo, ponendoli all’esterno del tatami; David aveva insegnato ad ogni suo accolito come combattere; tutti i templari combattevano come lui, illusi, dalla superbia e dall’orgoglio, di essere come lui; in quel momento, la ragazza realizzò che non era così.
-Non lo sappiamo nemmeno noi…- Elisabetta si voltò di scatto; Leonardo si era messo accanto a lei –E’ difficile da sconfiggere. Raramente si lascia colpire.- spiegò, sereno.
Raffaello si intromise nel discorso, mettendosi dall’altro lato della ragazza.
-Solo con i nostri peggiori nemici ha subito molti danni. Tra cui il tuo cosiddetto “Magister”. E se davvero combattete tutti come lui, non riesco a spiegarmi come tu non sia riuscita nemmeno a toccarlo.- notò, provocandola; Leonardo lo rimproverò con lo sguardo, per le sue parole poco educate nei confronti della loro ospite; ma Raffaello decise di ignorarlo; si mise in posa riflessiva -Tuttavia… in effetti, forse c’è un modo per atterrarlo.- si avvicinò all’orecchio della templare, sussurrandole -Avvicinati quatta quatta a lui, e quando sei abbastanza vicina, aggrediscilo con tutta la tua forza e urla più forte che puoi. Fagli una bella carica da cavaliere che sei.-
Tutto, pur di dimostrare che la scherma antica era la disciplina più forte. Anche accettare consigli dal suo peggiore nemico.
Elisabetta espirò silenziosamente, e seguì il suggerimento di Raffaello: era sempre più vicina a Splinter, camminando in punta di piedi e rimanendo in basso. Poi, effettivamente, urlò, caricando contro il ratto.
Questi, voltandosi di scatto, fece annodare la coda alla caviglia della ragazza e tirò, facendola cadere supina.
Poi, eseguì qualche acrobazia e si mise in posa da combattimento, per fare un po’ di spettacolo.
-Ratto gigante: 2. Templare: 0.- annunciò, soddisfatto.
Elisabetta, bloccata per terra, emise qualche lamento, simile ad un pianto. Era stata ingannata. E presa in giro. Da una tartaruga gigante.
Sentì le sue risa, in sottofondo.
-Perché proprio a me…?!- mormorò lei, imbarazzata da quel momento, senza muoversi.
Notò il volto di Raffaello sopra il suo. Si era chinato, per guardarla in faccia.
-Sei tu che hai insistito che ti trattassimo da uomo, “Eliseo”...- fece ricordare, senza smettere di ridacchiare, divertito dalla sua espressione –E questo è quello che avrei fatto se fossi stato un ragazzo. Ma, aspetta, l’ho già fatto. Non credevo ci saresti cascata.-
Era una provocazione con la P maiuscola. Elisabetta serrò le labbra ed aggrottò le sopracciglia.
Michelangelo, non sapeva come, ma intuì le intenzioni della templare. Doveva fermarla. Ma, dall’altro lato, non gli sarebbe dispiaciuta una rissa tra Raffaello ed Elisabetta, se avesse fallito.
-Beh, guarda il lato positivo. Con il nostro amico Casey faceva anche di peggio, non appena lo avevamo conosciuto…-
Fallì.
Non impedì ciò che succedette.
Rapida, la ragazza diede un pugno in mezzo agli occhi di chi aveva di fronte. Raffaello arretrò, lamentandosi, con una mano sul punto offeso. I fratelli si morsero il labbro inferiore, ma non per empatia. E Splinter scosse la testa, sospirando.
-Dì, questa reazione è abbastanza maschile, per te?- provocò Elisabetta.
-Il mio naso!- in quel momento, fu lui a provare frustrazione ed imbarazzo insieme; e quando provava quei sentimenti, non ci vedeva più dalla rabbia; decise di reagire anche lui –Tu, piccola…!-
Diede un pugno discendente, ma fu deviato da un movimento di polso da parte della templare.
Si rialzò. Anche lei diede dei pugni, tutti parati o deviati da Raffaello.
Stavano procedendo verso il tatami.
-Uhh!! Una rissa!- esultò Michelangelo, saltellando e battendo le mani, eccitato –Io scommetto il pranzo su Eli!-
-Mick…!- rimproverò Leonardo.
-Beh, statisticamente parlando…- aggiunse Donatello, prendendo la sua calcolatrice –Le probabilità che Eli vinca contro Raph sono del 15,3%. Questo basandomi semplicemente sui suoi probabili avversari al Nexus per arrivare in finale, le sue abilità marziali, il suo recente allenamento con noi, l’allenamento cui si è sottoposta per diventare templare…-
-Oh, no, Don, ti ci metti anche tu?!-
Mentre parlavano, Elisabetta e Raffaello continuavano a combattere, alternando pugni a calci e deviazioni.
Poi, vi fu una breve sfida di resistenza, tra i due: i loro palmi erano entrati a contatto, spingendo l’uno contro l’altra. Si guardavano agguerriti.
Raffaello si era dimenticato, in quegli istanti, che stava combattendo con una donna. Il suo aspetto ed il suo abbigliamento dicevano il contrario.
E la tartaruga era forte e decisamente con più muscoli della ragazza: ma questo non la scoraggiò. Anzi.
Espirò, strinse le mani più forti e avanzò, ringhiando.
E Raffaello, con suo grande stupore, e quello dei fratelli, indietreggiava; a piccoli passi, ma indietreggiava.
Lui faceva il possibile per resistere. Non poteva credere che esistessero umani più forti di lui. Soprattutto donne.
L’unica donna che era riuscita ad atterrarlo era Karai, ma il suo stile si basava sull’agilità e sulla velocità, non sulla forza come Elisabetta. Ma Karai era una ninja, Elisabetta un cavaliere. Erano due stili di combattimento completamente differenti.
Ma donna o meno, Raffaello non amava perdere.
Allontanò un braccio dalla mano della sua avversaria: lei, accecata dalla foga e dalla rabbia, non riuscì a fermarsi. Si sbilanciò in avanti.
Raffaello la girò, mise le sue braccia a croce e la bloccò da dietro.
Era come un abbraccio, ma loro due non erano una coppia. Era una vera e propria presa.
La sollevò persino da terra.
-Non potrai mai sconfiggermi.- le sussurrò, all’orecchio -Il nostro stile è nettamente superiore al vostro. Non sia mai che un ninja venga sconfitto da un cavaliere templare.-
Esattamente come Raffaello, nemmeno ad Elisabetta piaceva perdere: non poteva arrendersi.
Doveva trovare un modo per liberarsi dalla presa della tartaruga.
I suoi piedi distavano una ventina di centimetri dal suolo.
Con il tacco della scarpa da ginnastica diede un calcio deciso sullo stinco di Raffaello.
Lui arretrò di nuovo, mollando la presa sulla templare. Lei, appena atterrata, si mise di fianco alla tartaruga, agguantandolo per il guscio addominale e spingendo in avanti, dopo un rapido calcio al suo cavo popliteo.
Facendo leva sulla sua schiena, Elisabetta era riuscita a far cadere supino Raffaello.
Lui aveva lo sguardo sorpreso, mentre la ragazza si appoggiò su di lui, sorridendo soddisfatta e trionfante.
-Tuttavia, un cavaliere templare ti ha appena atterrato.- schernì, ridacchiando.
-Ehi, fammi alzare!- protestò Raffaello, spingendola in avanti.
Non amava le sconfitte: restò con lo sguardo deluso, mentre si alzava. Ma dentro, era stupito e affascinato dal modo di combattere della ragazza.
Michelangelo saltellò.
-Yuhuuu! Pranzo offerto dai fratellini!- esultò.
-Genio, non possiamo uscire di giorno.- fece notare Donatello.
-Umpf!- sbuffò Raffaello –E’ stata solo fortuna. E mi sono distratto.-
-Sì, certo.- provocò Elisabetta; gli faceva persino cenno di avvicinarsi –Posso darti la rivincita e atterrarti quanto vuoi.-
Come risposta, la tartaruga dalla benda rossa batté un pugno sulla sua mano, facendo, poi, crocchiare le nocche.
-Fatti sotto, cavaliere!-
Il bastone di Splinter si mise tra i due.
-Ehi, adesso basta! Tutti e due!- esclamò, come rimprovero; si rivolse alle tartarughe -Voi quattro, ritornate ai vostri posti per l’allenamento.-
-Sì, Sensei.- rispose Leonardo, in vece dei fratelli.
-Tu, Elisabetta, non so a cosa sei abituata. Ma se vuoi, puoi unirti all’allenamento. Anche se sicuramente non sarà come quello di David.- propose Splinter.
Lei scosse la testa, sorridendo. Aveva dimenticato lo scherzo di Raffaello e il senso di umiliazione.
-Ti ringrazio, Maestro Splinter, ma non posso.- si osservò l’orologio –Dopo l’allenamento ci concediamo alle letture o alle preghiere. Voi ninja avete la meditazione, noi templari abbiamo la preghiera, per confortare lo spirito.-
Raffaello trattenne a stento una risata.
-Cultura beota…- mormorò, senza farsi sentire.
Ma la templare e il topo lo sentirono ugualmente: Splinter gli diede uno scapaccione con la coda, come rimprovero.
-Sai se c’è una chiesa nelle vicinanze, maestro Splinter? Per la messa della sera, s’intende.- domandò lei, ridacchiando alla reazione della tartaruga dalla benda rossa.
-Sì, è a dieci minuti da qui. Appena sei fuori, vai sempre dritto finché non la vedi nel lato destro. Ti mostreremo dove puoi uscire da qui. Sarà prudente, per te, uscire? E se i templari ti dessero la caccia?-
-Non preoccuparti. So essere anch’io discreta, come una ninja. E poi non sanno nemmeno dove sono.- si congedò dal topo con un inchino –Con permesso…-
Rientrò in bagno, si tolse gli indumenti da allenamento, indossando una felpa senza zip e jeans larghi. Tutti abiti maschili, come era solita indossare da quattro anni.
La notte aveva dormito poco: il divano letto non era come il letto cui era solita dormire. Sapeva che ci avrebbe fatto l’abitudine. Ma non era per mancanza di sonno il motivo per cui aveva dormito poco, quella notte.
Aveva impiegato un’intera notte a creare il suo piccolo angolo cristiano, in quel mondo di ninjutsu.
Camminando per le gallerie, restando comunque vicina al rifugio, aveva trovato delle travi immerse nell’acqua. Prendendo in prestito un martello ed un paio di chiodi aveva costruito il suo crocifisso e lo aveva attaccato al muro, in un angolo in cui era abbastanza sicura non avrebbe dato fastidio alle tartarughe ed a Splinter, in un angolo libero.
A causa dei colpi di martello, le tartarughe e Splinter si erano di nuovo svegliati prima dell’alba.
Michelangelo, per poco, non la maledisse per averlo privato del suo sonno.
Ma Splinter la ringraziò per averli svegliati prima dell’alba: avrebbero iniziato subito l’allenamento e poi fatto colazione.
Anche Elisabetta iniziò il suo allenamento, quello spirituale.
Si diresse verso il punto in cui aveva posizionato il suo crocifisso e si inchinò di fronte ad esso.
Mentre le tartarughe iniziavano la loro meditazione, lei mise le mani sulla croce del rosario, recitando il Credo, a bassa voce.
 
Credo in Deum Patrem omnipoténtem,
Creatorem cæli et terræ,  
et in Iesum Christum,
Filium Eius unicum,
Dominum nostrum,
qui concéptus est de Spíritu Sancto,
natus ex Maria Virgine,
passus sub Póntio Piláto,
crucifixus, mórtuus, et sepúltus,
descéndit ad ínferos,
tértia die resurréxit a mórtuis,
ascéndit ad cælos,
sedet ad déxteram Dei Patris omnipoténtis,
inde ventúrus est iudicáre vivos et mórtuos.

Et in Spíritum Sanctum,
sanctam Ecclésiam cathólicam,
sanctórum communiónem,
remissiónem peccatórum,
carnis resurrectiónem,
vitam ætérnam

 Amen.
 
 
Poi, un Pater Noster e tre Ave Maria. Poi un Pater Noster, con Gloria Patri e dieci Ave Maria, per cinque volte.
Tutto senza turbare la meditazione delle Tartarughe.
Dopo aver recitato il rosario, Elisabetta si sentiva sempre serena, in pace con se stessa. Sollevata.
Forse la stessa cosa che provavano le Tartarughe e Splinter dopo la meditazione. Ogni mondo ha il suo modo di confortare lo spirito.
Quando aveva finito di pregare, tornò al divano: anche la meditazione era terminata.
-Bene, è ora di colazione! Vado a preparare delle uova!- annunciò Michelangelo, saltellando verso la cucina.
-Con “preparare” intendi “strapazzare”, immagino!- chiarì Donatello.
-E come, sennò?- fu la risposta.
-Eli, spero ti piacciano le uova strapazzate. Mick non sa fare altro.-
-Guarda che ti sento, Don! E non è vero che so fare solo le uova strapazzate!-
-E’ vero. Sa anche collezionare disastri in cucina!- aggiunse Raffaello, ridendo con il fratello.
Anche Leonardo ridacchiò. E Elisabetta con loro.
La faccia di Michelangelo spuntò dalla cucina, offeso e deluso.
-Non siete molto produttivi, sapete? Mi fate fare una brutta impressione alla nostra ospite.-
L’ospite in questione si riprese dalla risata.
-Sì, mi piacciono le uova strapazzate, comunque.-
La risposta sollevò l’umore alla tartaruga dalla benda arancione.
-Ottimo. Saranno pronte in un attimo!-
Si riunirono tutti e sei nel luogo solitamente usato per i pasti, di fronte ad un piatto di pancetta croccante e uova strapazzate con pane tostato e succo d’arancia. Un tavolo basso e dei cuscini. Una sistemazione semplice con quello che avevano trovato in superficie. April aveva persino loro prestato dei vecchi mobili che lei non voleva buttare, quando lei e Casey avevano deciso di cambiare l’arredamento dell’appartamento.
Sapeva ne avrebbero fatto buon uso.
-Ti dovrai abituare al nostro stile di vita, Eli.- avvertì Michelangelo, con la bocca piena; a parte Raffaello, gli altri erano seduti composti e mangiavano in silenzio –Soprattutto per il cibo. Sicuramente sarai abituata a ben altro. Del resto, sei italiana. La vostra cucina è la migliore.-
-Grazie, Mick.- rispose la ragazza; ammise a se stessa che, nonostante la pesantezza di quella colazione nel suo stomaco, quelle uova erano davvero ottime –Sì, in effetti, noi templari abbiamo una dieta molto varia, ma equilibrata. Siamo pur sempre cavalieri monaci. La mattina mangiamo avena bollita nel latte, o del semplice pane, burro e marmellata, o biscotti fatti in casa con del latte caldo, per esempio. Poi mangiamo zuppe di legumi, o pasta, o pesce, o carne accompagnate con verdure per i pasti principali. E’ così che i templari scoprirono come vivere a lungo, nell’arduo Medioevo. Una via di mezzo tra la dieta del cavaliere e quella dei monaci.-
-Ah, tutto questo salutismo mi fa venire il voltastomaco.- commentò Michelangelo, quasi nauseato –Resta con noi e ti mostreremo come vivere, mangiando cibo spazzatura.-
-E noi vorremo mangiare, non ascoltare una lezione di storia…- borbottò Raffaello, anche lui a bocca piena e seduto curvo.
-Raph, imparare qualcosa in più non fa mai male.- rimproverò Leonardo, lui invece interessato alle parole della templare.
Anche Donatello era interessato.
-Cosa intendi per “dieta del cavaliere” e “dieta del monaco”?- domandò, infatti.
Raffaello sospirò: lui odiava essere coinvolto in una discussione intellettuale, da tartaruga d’azione quale era.
-I cavalieri mangiavano molta carne e bevevano molto vino.- spiegò Elisabetta –Contrariamente a quello che si è tramandato nei secoli, i cavalieri non erano come quelli di Re Artù. Erano dei razziatori e possedevano le fanciulle dei villaggi. La carne ed il vino aumentava la loro furia e la loro lussuria. Anche noi templari mangiamo carne e beviamo vino, prima di un incontro. Questo spiega la nostra irruenza, quando combattiamo. E i monaci non avevano certo bisogno di combattere, per questo mangiavano solo verdure, o, comunque, tutto quello che coltivavano. Tutto ciò che non poteva appesantirli o fuorviarli dal loro dovere verso Dio.-
-Sicuramente meglio delle Hyorogan.- aggiunse Donatello, storcendo la bocca.
-Hyorogan?-
-Pillole di riso che i ninja erano soliti mangiare nel Giappone feudale. Non potevano mangiare nulla che li appesantisse o che emanasse odore.-
-Sì, ha la sua logica.-
-Mick non resisterebbe un giorno se mangiasse anche solo una dozzina di quelle pillole.- commentò Raffaello, ridacchiando.
-E neanche tu, genio.- fu la risposta del fratello. Tale risposta scaturì una risata generale.
Elisabetta sembrò adattarsi a quell’ambiente familiare: dopo colazione, erano tutti liberi di dedicarsi alle proprie attività preferite. Queste attività erano alternate con l’allenamento e con i pasti.
Elisabetta era rimasta sul divano a leggere la Bibbia, il capitolo dedicato ai Salmi, ogni tanto osservando l’allenamento delle tartarughe. Anche lei, poco prima, si era dedicata al suo, di allenamento armato, con il martello da guerra.
In quel momento, si stava dedicando alla lettura delle Sacre Scritture. Anche esse parte dell’allenamento templare. E passione personale.
-Lettura interessante?-
Elisabetta sobbalzò. Era Leonardo. Era apparso da dietro il divano senza fare rumore, da bravo ninja quale era.
Lei chiuse la Bibbia.
-Stavo… leggendo qualche Salmo…- rispose lei, guardando la tartaruga negli occhi celesti.
-E’ il libro sacro di voi cristiani, giusto?-
-Sì, la Bibbia. Le vicende degli antichi profeti e la vita di Gesù e dei suoi apostoli.-
-Certo…- riprese fiato; si mise a sedere accanto a lei –Allora, come ti è sembrato l’allenamento con noi ninja?-
La ragazza increspò le labbra e fece spallucce.
-Beh, non così male. Almeno, lo scudo regge ancora, nonostante QUALCUNO mi abbia tagliato tutte le cinghie, al Nexus…- fece notare, con sguardo furbo, come se volesse far sentire il suo interlocutore in colpa.
Infatti, Leonardo si nascose il volto con le mani, dall’imbarazzo.
-Oh, cielo…- disse, con la voce ovattata dalle mani -Scusami, non sapevo cosa fare. E’ stata la prima cosa che mi è venuta in mente…-
-Ma sì! Ti stavo prendendo in giro!- rivelò Elisabetta, con una spallata al braccio della tartaruga –Al tuo posto avrei fatto la stessa cosa.-
Entrambi risero, della battuta, e dello scherzo.
Leonardo continuava a fissare il libro, comunque.
-Sai, la tua cultura mi ha sempre incuriosito. Quella europea, intendo.- rivelò –E la lingua che a volte usi per parlare…-
-Il latino?-
-Sì. E’ affascinante. Mi piacerebbe impararlo. E anche un po’ della vostra storia.-
-Sul serio? Lo vorresti davvero? E’ tanta roba da imparare, lo sai?-
-Ho superato sfide più ardue. Un po’ di cultura non mi farà certo del male…-
-Anche a me piacerebbe imparare di più sulla cultura europea.- aggiunse Donatello, apparendo da dietro il divano –Purtroppo, di europeo e di italiano sappiamo a malapena chi erano gli artisti di cui portiamo il nome…-
-E la pizza.- chiarì Michelangelo.
-E dei gladiatori dell’impero Romano.- aggiunse Raffaello -Vi ricordate quando eravamo nel pianeta dei Triceraton?-
Erano tutti intorno alla templare.
Ella sospirò.
-Va bene.- rispose -Voi sapete che l’Italia non è solo il paese della pizza, vero?-
-Beh, ci sono anche gli artisti cui portiamo il nome…- aggiunse Leonardo, lievemente imbarazzato. Era ovvio che per loro l’Italia era solo il luogo dove era nato il loro piatto preferito e dove erano nati i veri Donatello, Leonardo, Michelangelo e Raffaello.
-C’è molto di più dietro. E senza i nostri antenati, New York non sarebbe mai esistita.-
-Ok, la lezione di storia un’altra volta.- la fermò Leonardo, alzandosi –Io sono rimasto affascinato dal latino. Come quella canzone che ho sentito ieri sera, quando eravamo nella base dei Templari e Don ed io stavamo aspettando che tornaste dall’armeria. Un qualcosa che iniziava con, credo… S-salveRegina…?-
-Ah, il Salve Regina.- spiegò Elisabetta, alzandosi anche lei e camminando da una parte; le tartarughe la seguirono –E’ l’inno alla Vergine Maria, la madre di Gesù, precursore del cristianesimo. Bello, vero? Anche se io preferisco il Dies Irae. Ma ogni canto è ancora più bello cantarlo insieme. Vuoi iniziare con quello, Leo?-
-Vorrei… che lo cantassi.-
Quella rivelazione stupì la ragazza.
-Vuoi… che canti il Salve Regina?-
-Sì, te ne prego.-
Voleva riprovare la sensazione provata la sera prima nell’ascoltarla. Quella sensazione di nostalgia e commozione. Una sensazione amara, ma piacevole nello stesso tempo.
-E se poi ti rimetti a piangere?- schernì Michelangelo solleticando il naso al fratello; non aveva dimenticato le lacrime scese dalle sue guance.
-Piantala, Mick.- rimproverò lui –Non badare a lui, Eli. Fa sempre così.-
La ragazza ridacchiò.
Poi inspirò.
E cantò.
Salve regina misericordie
Vita dulcedo et spes nostra salve.
Ad te clamamus exules filii Evae.
Ad te suspiramus gementes et flentes
in hac lacrimarum valle.
Eya ergo advocata nostra,
illos tuos misericordes oculos ad nos convente
Et ihesum benedictum fructus ventris tui
nobis post hoc exilium ostende.
 
O clemens, o pia, o dulcis Maria.
Alpha et omega misit de superis
gloriosum solamen miseris,
cum Gabriel a summa gerarchia
paranimphus dicit in armonia:
Ave Virgo Maria.
O clemens, o pia, o dulcis Maria.
 
O pastores pro Deu surgite,
quid vidistis de Christo dicite.
Reges Tharsis de stella visione
sint testes in apparitione:
Ave Virgo Maria.
O clemens, o pia, o dulcis Maria.
 
Fons humilis, aquarum puteus,
rosa mundi, splendor sydereus,
amigdalus Aaron fructuosa,
precantibus esto lux gloriosa:
Ave virgo Maria.
 
 
 
La sua voce era dolce e soave. Le Tartarughe rimasero persino in silenzio e con gli occhi chiusi, per ascoltare meglio. Un perfetto soprano. Le sue note erano in perfetta armonia. Era come aveva udito Leonardo la sera prima. Per quanto sublime fosse il canto della templare, non provò la sensazione di commozione e nostalgia. E non ebbe nemmeno una visione.
Provava solo ammirazione e soavità. Non era la stessa cosa. Cosa era cambiato? Forse perché la sera prima era la prima volta in cui l’aveva ascoltata, pensò.
-E’… una delle cose più belle che abbia mai ascoltato…- ammise Michelangelo, fra tutti quello più sublimato dal canto –La tua voce è meravigliosa. I templari hanno subito una grande perdita, cacciandoti via.-
-Oh, adulatore…- ringraziò Elisabetta, facendo un passo indietro –Ehi, Leo, se vuoi possiamo cominciare con la traduzione di questo canto, per la prima lezione di latino…-
Improvvisamente, la sua schiena fu a contatto con qualcosa. Il muro, pensò. Ma respirava. Alzò le mani, mettendo i palmi indietro: toccò qualcosa di squamoso.
E poi, un vocione che la paralizzò e le fece battere forte il cuore, oltre ad impallidire.
-Oh, scusate per l’intrusione, ragazzi.- era una voce forte e grave, ma gentile -Stavo lavorando nel mio laboratorio, quando ho sentito un canto meraviglioso e l’ho seguito fin qui. Non sapevo provenisse dal vostro rifugio.-
Leonardo si mise a ridere.
-Beh, il motivo si trova sotto di te, Leatherhead.-
Elisabetta, ancora pallida in volto, guardò in alto: nello stesso istante, un coccodrillo alto più di due metri osservò in basso.
E le sorrise, oltretutto.
-Oh, salve.-
Come risposta, Elisabetta staccò le mani da quell’essere ed urlò, dallo spavento. La sua voce era come ultrasuoni per le tartarughe ed il coccodrillo, che furono costretti a coprirsi le orecchie. Mancava poco che frantumasse gli oggetti più fragili.
-AHHH!!! MI STA SPAPPOLANDO IL CERVELLO!- esclamò Michelangelo, ancora con le mani alle orecchie.
-QUANDO MAI NE HAI AVUTO UNO, MICK?!- commentò Raffaello, infastidito dall’urlo.
Era impossibile stabilire per quanto tempo Elisabetta urlò. Ma, essendo un essere umano, non aveva aria infinita. Infatti, dopo aver urlato, corse verso la rastrelliera delle armi, riprendendo Hesperia.
-Stai indietro!- minacciò, puntandola in avanti, verso il coccodrillo –Non avvicinarti!-
-Ah! E’ proprio una scimmia urlatrice!- si lamentò Raffaello, togliendosi le mani dalle orecchie.
Leatherhead si avvicinò ugualmente, con una mano sul cuore e una in segno di resa.
-Scusami. Non volevo spaventarti…- disse, con tono gentile.
-E continua a parlare!- si sconvolse lei, in italiano, senza abbassare la sua spada –Ma in che razza di mondo sono finita?!-
Per fortuna, Leonardo si era messo di fronte a lei, invitandola alla calma.
-Calmati. Buona. Stai buona. Non avere paura. Abbassa questa spada...- le disse, con tono calmo e rassicurante e spostando la punta della spada di lato –E’ nostro amico.-
Elisabetta non sembrava ancora convinta.
-Vostro… amico…?- mormorò, ancora scossa e spaventata.
-Io sono Leatherhead. Molto piacere.- si presentò il coccodrillo, allungando una mano in avanti; aveva tre dita, come le Tartarughe –Devo dire che hai una voce stupenda.-
Elisabetta era ancora sorpresa e paralizzata alla sua vista.
Ma almeno la punta della spada era rivolta verso il basso.
Leonardo, per confortarla, le mise una mano dietro la schiena, invitandola ad avvicinarsi a lui.
-Non avere paura. Non ti farà del male…-
Elisabetta e Leatherhead erano sempre più vicini. Lui sorrideva cortesemente. Nonostante l’aspetto terrificante, sembrava gentile.
-Fantastico… prima quattro tartarughe giganti e un ratto gigante e ora un coccodrillo alto due metri…- mormorò lei, sempre in italiano, a bassa voce -Ora cosa dovrei aspettarmi? Una pietra salterina…? Ok, resta al gioco e salutalo.-
Strinse, ancora poco convinta, la mano del coccodrillo.
-Ciao…- salutò, in inglese, ancora titubante. Non aveva ancora lasciato la spada. Stava per presentarsi come Eliseo, come faceva ormai da quattro anni. La sua falsa identità aveva quasi preso il posto di quella vera. Ormai le veniva spontaneo dire “Io sono Eliseo”, quando doveva presentarsi.
-Puoi presentarti con il tuo vero nome.- le disse Leonardo, quasi come fosse stato in grado di intuire i suoi pensieri –Puoi fidarti di lui.-
Eliseo non c’era più. Non nel rifugio delle Tartarughe.
Elisabetta era e Elisabetta sarebbe stata.
-Io sono Elisabetta…-
-Oh, un nome meraviglioso e molto particolare.- le fece persino il baciamano. Quel gesto stupì la ragazza. E la imbarazzò: quattro anni come uomo, non era più abituata ad essere trattata come una donna. E gli abiti che indossava non erano certo da donna. Fu… strano.
-Viene dall’Italia.- aggiunse Michelangelo, prendendo la ragazza per le spalle, come se stesse presentando un campione di boxe –La patria della pizza. E, senti senti, è una templare.-
-Vuoi aggiungere altro?- commentò, acida, Elisabetta, con lo sguardo rivolto indietro.
-Addirittura una templare?- si stupì il coccodrillo –Allora sei una guerriera come le tartarughe. Gli Utrom mi hanno raccontato storie sui templari, tutte molto avvincenti.-
-E mi ha tenuto persino testa al Nexus. Ha dei buoni riflessi e sa come contrattaccare.- aggiunse Leonardo.
-Già, e stamani ha fatto un corpo a corpo con Raph e sai cosa? Lo ha fatto indietreggiare!- ricordò Michelangelo, con un cenno di soddisfazione; forse perché aveva vinto la scommessa.
Raffaello sbuffò dal naso.
-Allora devi essere anche molto forte.- complimentò il coccodrillo.
Quei complimenti stavano imbarazzando la ragazza; voleva scappare e nascondersi nella prima nicchia che avrebbe trovato. Non era abituata a tante attenzioni, all’infuori dell’ordine. Era ben riverita dai confratelli, ma nessuno di loro si era spinto a quel livello di confidenza.
Per fortuna, Splinter si unì al discorso, interrompendo quel circolo. Era uscito dalla sua stanza, ove stava meditando, non appena udì Elisabetta urlare. Fu lieto di vedere il coccodrillo.
-Siamo sempre lieti di ricevere una tua visita, Leatherhead.- salutò, avvicinandosi al gruppo –A cosa dobbiamo il piacere?-
-Oh, giusto, stavo dimenticando. Sai, Donatello, stavo lavorando su quei progetti cui mi avevi chiesto di darti una mano…-
-Progetti?- domandò Elisabetta.
-Sì. Leatherhead è la versione coccodrillesca di Don.- spiegò Michelangelo, sottovoce –Non ci arriveresti mai, ma è uno scienziato.-
-Uno scienziato?!-
-Sì, è stato cresciuto dagli Utrom. Hai presente gli Utrom? Te ne ho parlato ieri sera, mentre ti facevo fare il giro turistico qui. E se tu sei stupita, allora figurati quando lo abbiamo incontrato noi la prima volta…-
-… poi ho sentito un rumore e delle urla. E un forte odore di vernice. Credo che quella banda stia tornando da queste parti. Stavo proprio venendo da voi per dirvelo, quando ho sentito il canto.-
La notizia rese serie ed allarmate le tartarughe e Splinter.
-Gli Underground Cleaners sono tornati?!- si stupì Michelangelo; no, non era stupore, quanto, piuttosto, fastidio –Ma non hanno imparato la lezione?! Quei nazi-ecologisti…-
-Nazi-ecologisti?- domandò Elisabetta, anche lei interessata, ma per un altro motivo.
-Sono una banda di criminali che credono che le fogne siano di loro proprietà.- spiegò Leonardo –Dicono di volerle purificare dalle scorie della città, ma imbrattano le pareti con la vernice spray. E quando dicono “purificare” intendono anche eliminare tutti gli animali che le abitano, noi compresi. Ci siamo scontrati più volte con loro. L’ultima volta li abbiamo mandati via con uno dei nostri Tarta-Mezzi e abbiamo sperato che non tornassero più.-
-Stavano venendo proprio da queste parti.- aggiornò Leatherhead, non chiaro se preoccupato o anche lui infastidito –Grazie al cielo sono arrivato in tempo. Se siamo abbastanza veloci, possiamo impedire loro di scoprire il vostro rifugio!-
-Sì, ci muoviamo subito.- decise Leonardo; e i fratelli erano d’accordo. Corsero tutti alla rastrelliera a prendere le proprie armi.
-Vengo anche io con voi!- propose Elisabetta.
-No, non vogliamo esporti ad alcun pericolo.-
-No, Leo. Ormai sono coinvolta quanto voi nelle vostre faccende, dal primo momento in cui mi avete portata qui.- decise lei, prendendo i due pugnali -E non sperate che intenda rimanere con le mani in mano mentre voi ve la spassate. E poi, il signor Leatherhead può vedere di persona le abilità di un templare.-
-Un altro sbruffone. Ecco cosa ci mancava…- borbottò Raffaello, storcendo la bocca.
-Ne sarò oltremodo onorato.- approvò il coccodrillo –Ora corriamo, veloci!-
-State attenti, figlioli.- raccomandò Splinter, preoccupato anche per la templare.
Si fidava dei figli e delle loro capacità, ma la sua premura da padre si sovrapponeva sempre alla ragione.
Non presero mezzi. Se le informazioni di Leatherhead erano giuste, allora i Cleaners erano nelle vicinanze.
-Ora silenzio.- raccomandò Leatherhead, mettendo un dito di fronte –Se dobbiamo prenderli alla sprovvista, sapete meglio di me che non dobbiamo farci scoprire.-
-Sentito, scimmia urlatrice? Vedi di non assordarci con un altro dei tuoi urli.- avvertì Raffaello ad Elisabetta, che assunse immediatamente uno sguardo minatorio a tale provocazione.
-Ma tu che problema hai?-
-Dì, ma tu urli così sempre?-
-Così, come?
-Come quando ci hai quasi spaccato i timpani. Tipico delle donne.-
-Allora non hai mai sentito Carmine o Andrea urlare. Soprattutto Andrea… Lui sì che fa degli urli spaccatimpani, peggio del mio.-
-Smettetela, voi due.- li zittì Leonardo, a bassa voce –Sento qualcuno arrivare.-
Delle voci. Delle urla. Delle luci. Un forte odore di vernice spray.
Un gruppo di una dozzina di ragazzi tra i sedici e i vent’anni. Tutti con una mascherina di fronte alla bocca.
Calciavano qualunque cosa si parasse di fronte, buttandola nell’acqua. O, in caso di topi, prima li calpestavano, uccidendoli, poi davano loro fuoco. O davano fuoco all’intera tana.
-Eccoli.- avvertì Leonardo –Gli U.C.-
-Gli diamo una bella sculacciata?- propose Raffaello, battendo un pugno sulla mano, pregustando la rissa.
-Calmo, Raph. Ci vuole un piano preciso.-
-Sono qui per me.- spiegò Leatherhead –Hanno scoperto dove mi nascondo e avevano già allestito il loro accampamento. Io ho solo difeso il mio territorio. Da allora non fanno altro che cercare di eliminarmi.-
-Lo stesso con noi.- aggiunse Donatello –Non siamo “normali”, per loro. Siamo solo parassiti abominevoli che vivono le fogne di New York, il loro santuario. Ma questi non hanno ancora imparato che le fogne non appartengono a loro.-
-Giusto! Quindi che aspettiamo a dargli una ripetizione della lezione scorsa?!- esultò Michelangelo, prendendo i suoi nunchaku e alzandoli al cielo.
-Per una volta sono d’accordo con Michelangelo.- approvò Raffaello.
Leonardo cercò di fermarli.
-Ragazzi, fermi! Non è la via del ninja…!-
Non fece in tempo.
I due fratelli impulsivi saltarono dal loro temporaneo nascondiglio, con le armi sguainate  e in posizione di combattimento.
-Ehi, cervelli atrofizzati!- provocò Michelangelo, roteando i suoi nunchaku –Ci si rivede! Quando si dice che il mondo è piccolo!-
Uno dei Cleaners si voltò verso di loro. Da dietro gli occhiali protettivi aggrottò le sopracciglia.
-Ancora quegli individui vestiti da tartarughe!- imprecò; si voltarono tutti verso di loro, del medesimo umore.
-Esatto! E stavolta non avremo pietà!- aggiunse Raffaello, puntando i sai verso di loro –Questa sarà l’ultima volta che metterete piede nelle fogne, ipocriti!-
Leonardo e Donatello poggiarono le loro fronti sulle proprie mani, dall’imbarazzo. Leatherhead sospirò e fece spallucce. Elisabetta osservava quegli umani con aria sospetta.
Il Cleaner che aveva parlato sorrise, da dietro la mascherina.
-Non direi proprio…- sibilò –Ragazzi, mostriamo a questi abomini chi è che comanda, qui!-
Avevano delle cinghie, dietro le spalle: cinghie collegate a mitragliatrici, puntate verso le due tartarughe.
Dalla sorpresa, Michelangelo saltò tra le braccia di Raffaello, anche lui sorpreso.
-AHHH!- urlò, indicando in avanti –HANNO L’ARTIGLIERIA PESANTE!-
Innumerevoli proiettili vennero scagliati contro di loro. Essendo ninja, Raffaello e Michelangelo riuscirono a schivarli tutti.
Ma, da dietro il nascondiglio, Leonardo, Donatello e Leatherhead erano sorpresi quanto loro.
-L’altra volta non avevano armi pesanti.- ricordò il secondo –Ci hanno sempre affrontati con spranghe di ferro e coltelli. Dove avranno preso quei mitra?-
“Forse lo so io…” pensò Elisabetta, seria; i suoi sospetti si concretizzavano sempre di più. Ma non poteva rivelarlo. Non ancora, almeno.
-Dobbiamo aiutarli o si faranno ammazzare.- disse Leonardo, sguainando le katana.
Anche Donatello impugnò il suo bastone.
-Io li distraggo. Voi portate in salvo i vostri fratelli.- decise Leatherhead, preoccupato per i suoi amici, ma furioso contro i Cleaners.
-E io cosa faccio?- domandò Elisabetta, turbata dal fatto di essere stata lasciata fuori.
-Non hai l’armatura e quelli sono proiettili veri!- le fece notare Leonardo, severo –E’ troppo pericoloso per te!-
-Voglio aiutarvi! E tu non puoi fermarmi!-
-Ragazzi, prendete una decisione alla svelta!- si intromise Donatello –Mick e Raph non hanno tutta la giornata e Leatherhead è già all’attacco.-
Infatti, il coccodrillo gigante si era tuffato in acqua, per poi riemergere ringhiando contro i Cleaners, facendo scudo alle due tartarughe.
Gli umani arretrarono, spaventati.
-Il coccodrillo! Coraggio, ragazzi, eliminatelo! Ora abbiamo le armi adatte!-
Spararono contro di lui.
Nel frattempo, Leonardo, Donatello ed Elisabetta erano riusciti a trarre in salvo Michelangelo e Raffaello.
-Forza, scappiamo da qui!- ordinò la tartaruga dalla benda blu.
-Aspettate! E Leatherhead?- domandò, preoccupato, Michelangelo.
-Lo sai che la sua pelle è coriacea. Ci darà il tempo per coprire la nostra fuga!-
-Non dovevamo affrontarli?- fece ricordare la templare.
-Era questo il piano, in effetti.- rispose Donatello –Prima dei mitra, s’intende.-
Non potevano tornare al rifugio. O i Cleaners li avrebbero scoperti.
Dovevano fuorviarli.
Leatherhead fece il possibile per coprire la fuga degli amici; tuttavia, oltre ai mitra, i Cleaners erano disposti anche di bastoni elettrici.
Bastò che due di loro li poggiarono sulla schiena del coccodrillo gigante che esso cadde, tra spasmi e lamenti di dolore.
Quattro Cleaners lo tennero bloccato per i polsi e le caviglie. Era ormai bloccato ed inibito, non poteva fare niente. Ma almeno le Tartarughe e la ragazza erano scappate ed erano salve.
Sei dei Cleaners, però, erano partiti al loro inseguimento.
Michelangelo apriva il gruppo. Ad ogni bivio muoveva la testa nevroticamente per tutte le uscite. Alla fine ne sceglieva una a caso.
Erano tutti troppo presi dalla fuga, per avere una chiara concezione dello spazio.
O meglio, Michelangelo lo era.
Infatti, all’ultimo bivio…
-MONDO PIZZA!- esclamò, impallidendo –E’ UN VICOLO CIECO!-
Infatti, di fronte a loro, altro non vi era se non un muro.
Raffaello strinse il pugno e picchiò il cranio del fratello.
-Cervello di gallina!- rimproverò –Questa è l’ultima volta che seguo le tue proposte!-
-Io conoscevo una strada alternativa, lo giuro!- si giustificò Michelangelo, toccandosi la parte offesa –Ma quei mitra mi hanno spaventato…-
-Ragazzi!- li fermò Leonardo –Non è il momento per litigare! Ora torniamo indietro e vediamo di prendere la strada giusta.-
-Ehm… temo che sia troppo tardi…-
Donatello stava indicando in avanti: i loro inseguitori. Sei dei Cleaners li avevano raggiunti.
E bloccato l’uscita.
-Bene, bene, bene…- mormorò uno di loro; la voce era lievemente ovattata dalla mascherina –Qualcuno si sente come un topo in gabbia, eh?-
-Ehi, guarda.- aggiunse un altro, indicando Elisabetta –Hanno un ostaggio con loro.-
-Non credo sia un ostaggio. Non cerca di scappare e loro non lo tengono prigioniero. Deve stare con loro. Bene, un parassita in meno.- puntarono tutti i propri mitra contro di loro –Preparatevi a salutare il Creatore, se esiste.-
Le Tartarughe non sapevano cosa fare. Erano paralizzate, immobili.
Non potevano combattere.
Il tempo che avrebbero impiegato a sguainare le spade sarebbe stato sufficiente per i Cleaners a premere il grilletto.
Ma Elisabetta non era della loro stessa opinione: strinse il pugno e si fece determinata.
-State dietro di me!- urlò.
Le Tartarughe si voltarono verso di lei, risvegliandosi dalla catalessi in cui il timore li aveva fatti cadere.
Eseguirono l’ordine, confusi dalle sue parole. Si misero dietro di lei.
-Puntate!- esclamò un Cleaner, caricando il mitra che aveva in mano.
Qualcosa si stava illuminando, nel pugno della templare: il suo anello. La croce del suo anello.
Ella caricò il pugno indietro e poi lo scagliò in avanti, come se fosse un diretto. Ma non era un vero diretto: tra i due gruppi vi era una distanza pari a circa un metro. Non era il volto di un solo Cleaner l’obiettivo.
Dall’anello templare uscì una croce greca eterea grande quanto l’intera galleria che colpì il gruppo avversario, facendoli scaraventare verso il muro, dopo un volo di due metri.
Essi perderono i sensi nell’impatto e abbandonarono le armi.
Le Tartarughe rimasero a bocca aperta dallo stupore. Non avevano mai visto niente di simile nelle loro precedenti avventure.
-MONDO PIZZA! TU…! TU…! L’ANELLO…! COME?!- balbettò Michelangelo, estasiato ed eccitato da quanto aveva appena assistito; tale da non avere più il controllo del suo linguaggio.
-Questo anello non è solo mero accessorio.- spiegò Elisabetta, in sintesi –E’ una specie di arma secondaria e molte altre cose. Ma ora non è il momento per spiegarvelo. Dobbiamo recuperare il vostro amico.-
-Giusto! Leatherhead!- si ricordò Donatello, battendo la mano contro la fronte; se quei Cleaners erano riusciti a raggiungerli, questo significava solo che il coccodrillo era stato catturato –Forse siamo ancora in tempo!-
-Andate! Io vi raggiungo subito! Mi assicuro che nessuno di loro faccia il furbo.-
-Va bene, ma stai attenta.- raccomandò Leonardo.
Ognuna delle Tartarughe aveva preso un mitra dei Cleaners, per precauzione.
Elisabetta non rimase come vigilante: lesta, frugò nelle tasche di ognuno dei Cleaners, dei pantaloni, delle giacche, delle felpe.
In ognuna di loro trovò una piccola scarsella che tintinnava.
Ne aprì una: al suo interno trovò tante monete d’oro. Da un lato c’era un rilievo della croce templare, dall’altro un cavaliere templare a cavallo. E la scritta “Deus Vult”.
“Come sospettavo…” pensò, seria; i suoi sospetti sulle armi erano fondati “Certo che i confratelli si stanno dando da fare…”
Un’altra banda al soldo dei Templari. Con la promessa di oro e una parte della citta, ovviamente. Nel loro caso, le fogne.
Elisabetta era indecisa se rivelarlo o meno alle Tartarughe. Doveva prendere la decisione giusta per mantenere la sua copertura, ma senza compromettere l’ordine.
Cosa fare?
Udì un rumore, un gorgoglio. Uno dei Cleaners si stava rialzando. E anche gli altri.
Elisabetta aveva poche scelte…
Nel frattempo, esse erano tornate nel punto dove avevano lasciato Leatherhead.
Lo trovarono mezzo svenuto per terra, con due Cleaners che gli puntavano un bastone elettrico a testa sulla schiena e quattro che lo bloccavano per i polsi e le caviglie.
Leonardo si schiarì la voce.
-Ehm, scusate…-
Attirò l’attenzione degli umani. Questi notarono quattro Tartarughe giganti che impugnavano gli stessi mitra che avevano loro.
Ma caricati e puntati verso di loro.
-Vi consigliamo di lasciarlo andare. E anche di non tornare più in questa zona delle fogne.-
-Se non volete che vi riempiamo di piombo.- aggiunse Raffaello.
La minaccia sembrò efficace.
Era già stato arduo, per i Cleaners, affrontarle con le sole armi da incontri ravvicinati. Non osarono pensare cosa sarebbe accaduto, con i loro stessi mitra.
Liberarono Leatherhead e scapparono dal lato opposto.
-Per me hanno afferrato il messaggio.- notò Michelangelo, sarcastico, abbassando il mitra -Speriamo che stavolta abbiano davvero imparato la lezione.-
Nonostante fossero ninja, odiavano ogni strumento per la violenza; infatti, gettarono i mitra in acqua e lasciarono che la corrente facesse il resto.
Poi corsero dall’amico coccodrillo, che stava tossendo e tentando di rialzarsi.
Lo aiutarono.
-Leatherhead! Amico, stai bene?- domandò, premuroso, Donatello.
-Sì, ora sto bene.- fu la risposta, serena; barcollò, appena alzato –Mi hanno solo stordito. Per fortuna, i loro bastoni non erano così carichi.-
-Ragazzi! Ragazzi!-
Elisabetta.
Stava correndo in loro direzione.
Si fermò, riprendendo fiato.
Leonardo si avvicinò a lei.
-Ehi, calma. Sembra tu abbia appena percorso una maratona. Qualcosa non va? Ti hanno aggredita?-
-No, sto bene. E di quei Cleaners non dovete più preoccuparvene.- rivelò lei, appena riprese il controllo del suo respiro –Mi sono permessa di perquisirli. Avevo già dei miei sospetti non appena ho visto i loro mitra, ma poi ho scrutato nelle loro tasche e avevano delle scarselle. Ecco, ogni scarsella aveva questo. A decine.-
Mostrò una moneta, che mise in mano a Leonardo.
Lui la girò più volte, studiandone la composizione. Anche i fratelli e Leatherhead diedero un’occhiata.
-Che bella moneta…- commentò lui.
-Non è solo una bella moneta. E’ una valuta templare. Vale 100 dollari. Questa banda era al soldo dei Templari.-
-Dei tuoi confratelli?!- si stupì Donatello –Ma… ma come è possibile?-
Elisabetta si morse il labbro inferiore.
-E’ il loro modus operandi, quando si insediano in un nuovo posto.- spiegò, abbassando lo sguardo –Danno la caccia ai criminali, alle bande più pericolose, tutti coloro che minacciano e ricattano i civili, li accolgono sotto la loro ala con la promessa di soldi e possedimenti, a patto che non delinquono più. E se vogliono, possono diventare anch’essi Templari. Oppure diventano loro semplici mercenari. E’ così che abbiamo eliminato le varie mafie, in Italia.-
-E funziona?-
-A volte sì. A volte siamo costretti a sopprimerli.-
-Perché corromperli?- domandò Raffaello –Non sarebbe più semplice eliminarli?-
-La nostra religione impone di dare una seconda possibilità a chiunque. Se la rifiutano, vengono eliminati.-
-E se dovessero tradirvi?-
-Vengono eliminati.-
Leatherhead alternava le occhiate ad Elisabetta con quelle alle Tartarughe, confuso.
-Scusate, qualcosa mi sfugge... Vediamo se ho capito bene…- cercò di sintetizzare il tutto –Vuoi dire che il tuo ordine assolda dei criminali affinché non pratichino più i loro crimini?-
-Già. Più o meno come faceva Shredder, ma in un altro modo.- ricordò Michelangelo.
-Sì, ma non tutti sono obbedienti e disponibili per l’ordine.- aggiunse Elisabetta –Non deve essere da molto che i Cleaners sono stati assoldati dai Templari, a giudicare dal loro atteggiamento. Ma questo giustifica il loro possedimento dei mitra.-
-Molto insolito per un gruppo come i Templari...- notò Leonardo, serio e sospettoso –Esattamente, quale è il fine dei Templari? A cosa ambiscono?-
La risposta si rivelò vaga, ma chiara nello stesso tempo.
-L’ordine.-
Era verità e menzogna. Aveva rivelato il fine, ma non il mezzo con cui pervenire a tale fine. Dopotutto, doveva far credere di essere una scomunicata, ma non a tal punto da compromettere l’ordine.
Ma non mentiva sul coinvolgimento degli Underground Cleaners negli affari dei Templari.
Dopotutto, le valute templari nelle loro tasche ne erano la prova. Ed era impossibile scippare un templare.
Non ci volle molto affinché avvertissero i loro nuovi capi del loro fallimento.
A ricevere la notizia fu l’uomo che li aveva assoldati, Giacomo, da un loro corriere.
E Giacomo doveva riferirlo a David.
In quel momento, era nella sala addestramento, a presiedere un combattimento senza armature tra il figlio Federico e il membro più giovane dell’ordine, Edoardo, un ragazzo di diciassette anni dalla folta capigliatura riccia.
Entrambi combattevano con le spade e lo scudo con la croce.
Gli attacchi di Edoardo erano molto forti. Federico faticava a pararli.
-Più in alto quella spada!- gli urlava spesso il padre David -E tieni bene stretta l’impugnatura!-
Gli attacchi ed i contrattacchi di Federico, infatti, erano goffi e distratti, come se la sua mente fosse altrove. L’ultimo attacco di Edoardo gli fece persino perdere la spada, che cadde per terra.
Ciò aumentò il disappunto di David.
-Ah! Se fossi in una battaglia vera, saresti già morto!-
Federico si ritrovò solo con lo scudo. E la punta della spada avversaria era dritta verso di lui. Non sapeva cosa fare.
-Ti senti con le spalle al muro, Ponte?- canzonò Edoardo, sorridendo malizioso -Oh, giusto. Adesso non hai i tuoi amici che ti difendono. Oh, ora scappa a piangere, come i bambini.-
Federico non stava piangendo: stava solo tenendo la testa bassa, per non incrociare lo sguardo del padre.
Ma scappò ugualmente dalla sala addestramento, per tornare nella sua stanza e chiudersi dentro fino al giorno seguente.
Ad assistere al combattimento-addestramento vi era anche Carmine. Anche lui aveva scosso la testa per comportamento di Federico. Edoardo si sedette accanto a lui.
-Prima Francesco, poi Elisabetta.- commentò questi, quasi ridendo -Certo che senza i suoi amici, il figlio del Magister non vale niente.-
-Sì, e ultimamente non fa altro che scappare, in ogni occasione.- aggiunse Carmine.
David scosse la testa.
-E’ un’autentica delusione, quel ragazzo…- mormorò, dopo un sospiro.
Giacomo entrò nella sala, con lo sguardo cupo.
Si avvicinò a David, sussurrandogli qualcosa all’orecchio.
-Sul serio? Un coccodrillo gigante?- commentò questi, sempre più deluso –Che banda di incompetenti…-
Con un cenno della mano, invitò i due ragazzi ad uscire dalla sala.
Anche lui e Giacomo uscirono. Andrea e Luigi li raggiunsero nel salone principale, riunendosi alla tavola rotonda.
-A quanto pare, la nostra infiltrata si sta lentamente integrando nel mondo di quei pagani…- annunciò David –Oggi ha aiutato le tartarughe contro l’ultima banda da noi assoldata, arrivando a ucciderne alcuni. Giacomo, mi aspetto tu faccia il possibile con quegli omuncoli.-
L’uomo fece un cenno della testa.
-Me ne occuperò quanto prima, David.-
-Sappiamo tutti che sarà questione di tempo, prima che quelle creature si fidino di lei. E anche noi dobbiamo fare la nostra parte, per il bene del nostro piano. Andrea, cos’altro hai saputo di queste tartarughe? Il tuo contatto ti ha saputo fornire ulteriori informazioni?-
-Niente che non mi avesse già rivelato.- rispose l’Andrea anziano, serio -E’ difficile estrapolargli informazioni, ma sai che posso essere convincente. Sono degli ossi duri, e sono poche le persone o creature in grado di tenere loro testa. Tuttavia, mi ha dato una dritta su un loro vecchio nemico. Hai presente i Dragoni Purpurei? Sono capeggiati da un tale di nome Hun. Il mio contatto sostiene che possa essere un valido alleato. Purtroppo, da quattro anni, operano in un’altra zona di New York. Ho già incaricato Spettro di trovarlo. Ma la parte più complicata si rivelerà arruolarlo. Dice che servono le maniere forti, non solo i soldi. Era il braccio destro di Shredder, quando ancora operava da queste parti.-
Finalmente una buona notizia, pensò David, sorridendo.
-Non sarà un problema. E a noi serve tutto l’aiuto possibile.- si voltò verso Luigi -Luigi, immagino tu sappia cosa fare, in questi casi.-
Luigi non rispose a parole: senza sbattere le palpebre, si limitò ad un silenzioso cenno della testa.
 
---------------------------------------------------------------------------


Quali altri poteri avrà l'anello di Elisabetta? Comprometteranno la sua copertura?
Chi è il contatto di Andrea? Quale sarà l'intenzione di Luigi con Hun?

 
 
---------------------------------------------------------------------------

Note finali: per la croce eterea mi sono ispirata a "Dante's Inferno"
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > TMNT / Tartarughe Ninja / Vai alla pagina dell'autore: Lady I H V E Byron