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Autore: reymax91    04/08/2009    0 recensioni
ciao,questa e la mia prima storia,per favore lasciatemi dei commenti.
Genere: Avventura, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Molto tempo fa, non si sa esattamente quanto, gli Umani e le creature fantastiche vivevano in grande armonia tra di loro.
Purtroppo una terribile epidemia dilagò tra queste genti. Si trattava di un morbo che consumava le sue vittime lentamente, manifestandosi attraverso inspiegabili lividi su tutto il corpo e piaghe dolorose in bocca.
Secondo un’ antica leggenda nota a tutti, presso le rovine infestate di un vecchio castello, situate su un’ isola lontana, si trovava un calice d’ oro, fabbricato dalle fate, dov’ era raccolto il sangue dell’ ultimo unicorno, liquido capace di cicatrizzare ogni ferita e guarire ogni malato. Vedendo nella leggenda l’ unico barlume di speranza, uomini e donne tra i più coraggiosi, forti ed agili, appartenenti a popoli diversi, si riunirono in gruppi numerosi per impossessarsi del calice, mentre gli altri avrebbero aspettato speranzosi il loro ritorno. Appena i vari gruppi furono pronti, partirono salutati e lodati dagli altri. Alcuni erano già contaminati e stavano morendo, quindi le varie compagnie dovevano fare molto in fretta.
Gli Uomini risiedevano su una radura, nei pressi di un grande fiume eternamente agitato. Per arrivare all’ Oceano, avrebbero dovuto attraversare prima una sconosciuta ed oscura foresta, situata alla fine della radura, dalla fama di ospitare creature mostruose e voraci.
Gli Elfi erano nomadi ed a quel tempo avevano il loro accampamento in una rigogliosa foresta, dove costruivano alloggi posticci sugli alberi od alzavano tende al riparo di essi. Per raggiungere l’ Oceano dovevano innanzitutto attraversare una particolare distesa di prati, che aveva la spiacevole abitudine di franare sotto i piedi. Si vociferava che quei cunicoli profondi dentro i quali si finiva venivano scavati da talpe grandi come elefanti, ma nessuno le aveva mai viste.
I Nani abitavano le montagne, e per recarsi al Mare dovevano prima guadare un lago dalle acque nere, chiamato Boccadorco, abitato da creature grandi come divani, dal corpo di pesce e la testa di gambero, decisamente poco amichevoli: i temibili Shemar.
I Centauri vivevano nella Foresta Proibita, per cui trovare le rovine maledette significava attraversare una palude fetida che separava la Foresta dal resto dell’ isola, dove potevi veder nuotare girini delle dimensioni di una volpe, cosa che rendeva temibile l’ incontro con un rospo!
I Minotauri dividevano “pacificamente” con i Centauri la Foresta Proibita, ma per andare al Mare scelsero di seguire l’ esempio degli Uomini e attraversare il bosco vicino, prendendo la via opposta rispetto a quella dei Centauri, anche se più lunga. Lo fecero per due ragioni: la creatura più pericolosa che si poteva incontrare laggiù era uno scoiattolo di malumore, e gli Umani facevano parte della loro dieta.
Questi popoli erano i concorrenti ufficiali della gara, ma altre innumerevoli genti stavano cercando di impossessarsi del calice, che avrebbe riservato loro una amara sorpresa.
Trascorsi trenta dì e trenta notti, il popolo degli Uomini raggiunse la foresta oscura. Non appena entrarono, notarono subito il silenzio che “echeggiava” in quella foresta, a differenza di quello che si erano aspettati a causa dei racconti su quel luogo. Data quella pace, capirono che attraversare la foresta poteva non essere troppo pericoloso, e si incamminarono più sereni verso la meta, con la speranza di giungervi illesi e prima degli altri e riuscire così a salvare il resto del loro popolo.
Ma, a differenza di quello di cui i Minotauri erano al corrente, le cose possono cambiare. Il morbo che aveva scatenato l’ epidemia proveniva dalla terra e dall’ acqua, in cui imputridivano i cadaveri degli schifosi Roorke, che giacevano nel loro Deserto Verde, uccisi dalla loro stessa forza devastatrice. I pochi sopravvissuti vagavano ora senza meta per il resto della grande isola.
Alcuni stavano cercando sostentamento nel bosco…
Il popolo degli Elfi, trascorso un mese, giunse finalmente alla pianura.
Subito si resero conto che la sua fama non era immeritata, dato che non appena si incamminarono sull’erba alta la terra sotto i loro piedi tremò e sprofondò, ed alcuni di loro precipitarono nel vuoto, urlando.
Coloro che caddero scomparvero subito agli occhi degli altri. Il resto, nonostante il rammarico per i compagni perduti, si rimise in cammino, temendo la stessa sorte.
Dopo due giorni, altri di loro caddero in quegli antri profondi. Molti stavano perdendo le speranze di riuscire a portare a termine la missione, o persino di uscire vivi dall’ erba. Ma accadde qualcosa che li lasciò attoniti. Videro la leggenda divenire realtà davanti ai loro occhi immortali. La terra tremò per l’ ennesima volta e sprofondò nuovamente verso l’ interno, senza che nessuno l’ avesse calpestata. Dal solco nel terreno sbucò una grossa bestia simile a un roditore. Vedendo quell’ enorme talpa capirono che se quella leggenda era vera, potevano esserlo tutte le altre, e che il viaggio si dimostrava più arduo del previsto.
La gigantesca talpa era visibilmente priva di occhi. Ma neanche questo poteva definirsi positivo, dato che si trovavano nel suo elemento, e non aveva bisogno di vederli. Intorno al naso appuntito si contorcevano piccoli tentacoli simili a lombrichi bruni. Un altro comparve alle loro spalle (in poche parole quei toponi minatori si stavano preparando ad un attacco). Subito gli Elfi si prepararono a combattere, ma si trovavano in svantaggio di almeno 2 tonnellate.
Continuavano a sbucarne dappertutto, in poco tempo furono completamente circondati. L’ unica possibilità di salvezza era un loro attacco alle spalle delle talpe ed un altro davanti, così in trapolla ci sarebbero state loro. Ma tutto il gruppo elfico si trovava avvinghiato dalla morsa delle talpe.
Quindi possiamo definire gli Elfi ufficialmente estinti.
Intanto il popolo dei Nani aveva raggiunto il lago. L’acqua nera fece loro turbinare in testa orridi pensieri, abitati da aragoste killer molto probabilmente, ma era l’ unica via che conoscevano. Spinsero in acqua le vecchie barche rattoppate che si trovavano lì e, dopo aver salutato con lo sguardo le Montagne che forse non avrebbero mai più rivisto, procedettero.
Le barche in loro possesso erano spaziose abbastanza per ospitare tre persone, quindi i trenta Nani si servirono di dieci barche. Appena furono al largo dovettero fermarsi, perché videro qualcosa che fece loro rizzare tutti i peli del corpo, ed i Nani sono piuttosto irsuti: una bestia che assomigliava ad un’ enorme aragosta. Però non erano sicuri di aver visto bene, forse era solo frutto della loro immaginazione, erano completamente terrorizzati da quel lago. Si rimisero in cammino, sperando presto nell’ apparizione della riva opposta. Ma dopo appena un giorno accadde qualcos’ altro che non poteva essere la loro immaginazione, data la presenza di due barche capovolte che sembravano spurgare sangue. Tutti rimasero paralizzati da quella terribile visione. Si guardarono intorno per accertarsi che se ne fossero andati via, ma dopo qualche secondo ne capovolsero un’ altra.
Decisero di muoversi lentamente, per non aggravare la situazione tamponandosi l’ uno contro l’ altro. Provarono a muoversi in modo da distanziarsi e rompere le fila, ma non servì a molto, perché altre due vennero rivoltate.
Spirarono due giorni, e non accadde mai niente di inquietante. Ma la sera del terzo giorno successe qualcosa che li scoraggiò parecchio. Un gruppetto di uomini erano andati a procurare del cibo, ma fece ritorno soltanto uno, con il ventre squarciato: riuscì a dire solo una parola: FAUCI, e poi si addormentò per sempre. Uno dei più freddi esaminò il compagno che giaceva a terra, e poco dopo estrasse con un coltello qualcosa di nero ed acuminato dalla ferita. Sentirono delle urla disumane, che sembravano proprio poco distanti al loro accampamento. Il gruppo decise, secondo un piano stilato in precedenza, di separarsi e di ritrovarsi all’uscita della foresta, così avrebbero avuto più possibilità di raggiungere le rovine. Si divisero in due gruppi e s’ incamminarono in direzioni diverse.
Il popolo dei Centauri arrivò al cospetto della Fetida Palude dopo un mese. Non appena poggiarono i loro zoccoli in quella terra melmosa, innanzitutto si impantanarono, e poi avvertirono un malessere alla testa, perché quei miasmi da fogna erano davvero penetranti. Ma decisero di infilarsi della cera nel naso (i Centauri non viaggiano mai senza) e di coprirsi la bocca con dei fazzoletti. Passarono due giorni: ormai il fetore e la semiasfissia avevano fatto perdere loro il senso della realtà, quindi pensarono che quei girini giganti che vedevano dentro gli stagni putridi fossero solo allucinazioni causate dalla puzza che penetrava nella cera ed attraverso la bocca. Durante il pomeriggio del terzo giorno videro qualcosa che li fece dubitare della loro salute mentale. Davanti a loro, immerso a metà in uno di quegli enormi buchi d’ acqua puzzolente, c’era un’enorme animale grigiastro e viscido. Appena esso li vide, si mise a gracidare, rintronandoli. Ne sbucò un altro poco più grosso e molto più bubbolato. I Centauri intuirono che la situazione si stava complicando per loro. Il Capobranco decise di provare, si avvicinò cautamente all’enorme anfibio e disse:“Perdonate la nostra intrusione, posso avere il consenso per passare?”. Re Rospo rispose: “E perché mai dovrei farlo, se siete già passati?”. Il Capo spiegò al Rospaccio che non erano al corrente della presenza di abitanti nella Palude. Re Rospo si avvicinò al Centauro strascicando la pancia: “Io vi lascerò passare a patto che alcuni di voi restino qui.” . Il Capo non ne capì il motivo e gli chiese spiegazioni. Allora l’enorme rana gli disse: “Dato che in codesto luogo non c’è più granché di che nutrirsi, ti ho solo chiesto di lasciare alcuni dei tuoi per sfamarci. C’ è lo devi.”. Tutto il gruppo si allarmò. Il capo dei Centauri, tra sé: “Non posso tradire i miei Fratelli, ma come possiamo andarcene via da questo maledetto posto?”. “Allora? Cosa hai deciso?”. Chiese la rana. I Centauri rimasero muti, attendendo trepidanti la risposta del loro padrone.
CONTINUA
  
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