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Autore: steffirah    12/02/2020    1 recensioni
A causa del lavoro del padre Sakura verrà ospitata a casa di una sua cugina, in una cittadina dal nome mai sentito prima, nell'estremo nord del Paese. Qui farà nuovi incontri, alcuni dei quali andranno oltre la sua stessa comprensione, mettendo a dura prova le sue più grandi paure. Le affronterà con coraggio o le lascerà vincere?
Una storia d'amore e di sangue, di destino e legami, avvolta nel gelo di un cielo plumbeo, cinta dalle braccia di una foresta, cullata dalla voce di un lupo.
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eriol Hiiragizawa, Sakura, Sakura Kinomoto, Syaoran Li, Tomoyo Daidouji | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il tuo sapore


 
Quelle gelide giornate d’inverno trascorsero fortunatamente piuttosto in fretta. Durante la notte gli incubi sembravano essere nuovamente diminuiti e forse dipendeva anche dall’acchiappasogni di Syaoran-kun. Eriol-kun monitorava come un poliziotto le entrate e le uscite nel paesino e io cercavo di restare sempre nel perimetro di Reiketsu, in modo tale che i vampiri potessero tenermi d’occhio e stare costantemente al mio fianco. Anche quando uscivo con la mia compagnia umana sapevo che nell’ombra si celava sempre qualcuno di essi, affinché potesse accorrere immediatamente in caso di bisogno. Solitamente si trattava di Syaoran-kun, che ad esempio restava a guardarci nascosto tra le fitte fronde di qualche albero non troppo distante, e se ciò da un lato mi alleggeriva lo spirito, facendomi sentire al sicuro, dall’altro mi imbarazzava. Soprattutto quando diventava lui soggetto delle nostre conversazioni, come in quell’ultimo periodo.
Ci avvicinavamo, infatti, a San Valentino, e le ragazze non facevano altro che domandarmi se avessi deciso cosa regalare a Syaoran-kun, che tipo di cioccolata avessi intenzione di preparargli, se volessi cimentarmi in qualcosa di sofisticato o meno. Alla fine le liquidai affermando che avrei preparato a tutti la stessa tipologia di “giri chokoreeto”, lasciandole piuttosto scontente. Tuttavia, sapendo che lui era in ascolto non potevo permettermi di più.
E infatti un giorno, mentre tornavamo insieme a casa dato che entrambi ci eravamo attardati per i club, mi domandò: «È così importante questo “San Valentino”?»
Feci spallucce, fingendomi indifferente. «Solitamente le ragazze regalano della cioccolata.»
«Quindi anche tu lo farai?» indagò curioso.
«Sì, ma sarà “cioccolata di dovere” e la darò a tutti voi che siete al mio fianco.»
«Vampiri compresi?»
«Vampiri compresi» confermai, facendogli capire quanto fossi risoluta a farlo. Non mi avrebbe fatto cambiare idea.
«Anche se forse potremmo non mangiarla?»
«Potete anche solo accettarla e poi buttarla.»
Non parve molto contento da quella risposta, ma ben presto vidi il suo viso illuminarsi.
«Quindi la preparerai anche per me?»
Annuii e lui si aprì in un piccolo sorriso.
«Non vedo l’ora di assaggiarla, allora. Sarà la volta buona.»
Ridacchiai, fingendo poi di minacciarlo.
«Non te la scamperai.»
«Ah, non voglio. Ci terrei davvero a provarla, soprattutto se viene da te.»
E detto ciò mi salutò, non dopo avermi spostato una ciocca ribelle di capelli dal viso, mettendomela in ordine sotto il cappello di lana, rivolgendomi il suo amabile sorriso. Lasciandomi dinanzi all’immenso cancello di casa Daidouji con un batticuore talmente potente da sembrar spandere un terremoto dentro di me e fuori di me.
Me ne entrai infatti ondeggiante, con la testa molto sulle nuvole, e in tale condizione continuai ad essere finché non ci avvicinammo al quattordici febbraio. Così, la sera che precedeva quel fatidico giorno chiesi ai cuochi se potessero cedermi per qualche ora la cucina e canticchiando canzoncine allegre per mantenermi sollevato lo spirito preparai una trentina di biscotti al cioccolato a forma di stelline, mezzelune e fiori, sperando che così avesse potuto apprezzarli anche Meiling-chan. Li misi alla rinfusa in diversi pacchetti, limitando le dosi per quelli che avrei dovuto consegnare ai vampiri. Per un attimo mi ero chiesta se non dovessi aggiungervi qualche goccia di sangue per renderli più “gustosi”, ma poi preferii lasciar perdere. Non ero sicura di averne il coraggio, né che loro lo avessero apprezzato, pensando invece che fossi una pazza squinternata.
Il giorno successivo di prima mattina diedi la cioccolata a Tomoyo-chan ed Eriol-kun. Entrambi la accettarono con un sorriso grato e mangiarono i biscotti senza esitazione, riferendomi che fossero buoni. Capii che lo dicessero soltanto per garbo, ma Tomoyo-chan mi rivelò che essendo stata umana le sue papille gustative continuavano a percepire i sapori, e quindi era onesta. La novità mi sorprese e mi riempì di gioia, visto che significava anche che avevamo gusti simili – essendo quella la mia tipologia preferita di biscotti fatti in casa. La ricetta me l’aveva insegnata Touya tanti anni fa, quando cominciai a cimentarmi nella cucina, e la preparavo ogni anno per lui, papà e Yukito-san. Stando a quanto mi disse, lui l’aveva a sua volta appresa da nostra madre.
Giunti a scuola, prima di entrare nell’istituto mi congedai da mia cugina e il suo ragazzo per avvicinarmi di corsa a Meiling-chan e Feimei-chan, dando a ciascuna il proprio pacchetto e consegnando loro anche gli altri quattro per i membri restanti della famiglia, spiegando le ragioni per cui lo avevo fatto. Entrambe assaggiarono e si sorpresero di riuscire a percepirne il sapore. Mi chiesero se ci fosse qualche ingrediente speciale, ma non c’era nulla oltre i classici prodotti per dolci. Meiling-chan soprattutto era super entusiasta.
«Ora oltre ai biscotti alla cannella potrò mangiare anche i tuoi!» gioì, illuminandosi tutta.
Syaoran-kun attese pazientemente alle loro spalle che finissero di assaggiarli e giudicarli. Lo guardai soltanto in quel momento, trovandolo pieno di aspettative; dato però che proprio allora suonò la campanella glieli negai.
«A te dopo.»
Gli feci la linguaccia, affrettandomi a raggiungere gli armadietti per cambiarmi le scarpe.
«Eeeh?» si lamentò, raggiungendomi in fretta per fare altrettanto. «Perché?»
«Perché ora abbiamo le lezioni.»
Chiusi l’armadietto una volta fatto, spostandomi verso le scale. Mi affiancò in breve, insistendo con tono lagnoso: «Ma tanto dobbiamo andare nella stessa classe.»
«Lo so, però non c’è tempo per farteli mangiare. Te li do a pranzo» promisi e lui sbuffò.
«Sai che a pranzo me ne sto fuori.»
«Vuol dire che trascorrerò quei minuti con te» conclusi, sperando accettasse.
Mi guardò stupefatto.
«Rinunceresti alle tue amiche per me?»
Mi feci scappare una piccola risata, non degnandolo di risposta. Non poteva neppure immaginare che per lui avrei rinunciato a tutto. Anche alla mia umanità.
Entrata in classe appesi rapidamente giubbino, sciarpa e cappello all’attaccapanni, posando i guanti nelle tasche del piumino, e mi avvicinai alla sedia, seguita a ruota da Syaoran-kun. Salutai tutti e presi i pacchetti da dare alle ragazze, le quali me ne porsero a loro volta. Fu un pensiero dolcissimo da parte loro. Li misi tutti in borsa insieme al bentou e mi affrettai a prendere i libri, preparandomi alla prima lezione del giorno.
Rimasi concentrata tutto il tempo; soltanto nel cambio di professori osai sbirciare nella direzione di Syaoran-kun, trovandolo a rimirare il nulla fuori dalla finestra con aria imbronciata. Trattenni una risatina e nel dare un’occhiata alla classe mi accorsi che alcuni ragazzi si stavano lamentando di non aver ricevuto niente, mentre altri gioivano e se ne vantavano. Persino Yamazaki-kun era entusiasta della cioccolata che gli aveva regalato Chiharu-chan, in cambio della quale le raccontò una storia su sfere giganti al cacao che, in passato, rappresentavano un primo prototipo di tartufi. L’unica risposta che ricevette fu un tentativo di soffocamento da parte sua, che ci fece ridere tutti. Non seguii più la loro conversazione per continuare a guardarmi intorno, notando che molte ragazze sembravano indecise sul da farsi nel rimirare le loro confezioni, mentre altre ne parlavano con gaiezza, riuscite nel loro intento o intrepide di dichiararsi e condividere il loro amore. Ecco, l’amore era ciò che si respirava nell’aria. Particelle di esso pullulavano attorno a noi, estendendosi fin dentro le mura, diffondendosi per tutto l’istituto. Era un giorno più importante di quanto credessi.
Dopo quella realizzazione il cuore mi salì in gola, colto da un’agitazione che cresceva quanto più ci avvicinavamo all’orario di pranzo. Al suono della campanella sobbalzai, asciugandomi le mani sudate sulla gonna. Dovevo cancellare gli sciocchi pensieri e vederlo unicamente come un dovere, convincendomi che fosse tale. Presi un respiro e afferrai la borsa contenente il bentou, prendendo quello e il pacchetto coi biscotti, voltandomi poi di scatto verso Syaoran-kun.
Lo trovai col mento appoggiato sulle mani, già intento a fissarmi, finché non incontrò i miei occhi e allora scattò anche lui sull’attenti, con iridi brillanti. Soppressi una risata, alzandomi.
«Pronto?»
«Pronto!» confermò, balzando in piedi pieno di entusiasmo. Per un attimo mi parve quasi di vederlo scodinzolare, il che mi fece sfuggire un risolino.
Si avvicinò all’attaccapanni prendendo sia il suo cappotto che il mio giubbotto, porgendomelo mentre uscivamo dall’aula. Lo seguii un po’ sorpresa che non andasse all’ingresso, chiedendomi dove si stesse dirigendo. Scendemmo al pianoterra, recandoci sul retro della scuola e qui aprì una finestra del corridoio, saltando fuori. Oh, ecco come sgattaiolava via!
Mi porse una mano per aiutarmi ma io posai su di essa ciò che mi occupava le mani, indossando rapidamente il piumino prima di sedermi sul davanzale, saltando giù all’altro lato. Una volta dritta mi ripresi le mie cose e nel guardarlo lo trovai con un sorrisetto divertito.
Salutammo i vampiri che già stavano oziando stesi su quello che a fine estate supponevo essere il campo di campanule e lo seguii attraverso le felci imbiancate, inoltrandoci nella foresta.
Raggiungemmo un piccolo spiazzale e qui si accomodò sulla neve, a gambe incrociate, in prossimità di un pino silvestre, il cui pungente profumo penetrava facilmente nelle narici. Me ne riempii i polmoni, sedendomi di fronte a lui, rabbrividendo al contatto della neve sulle gambe.
Dinanzi a quella reazione Syaoran-kun sgranò gli occhi, allungandosi in avanti.
«Aspetta, alzati.»
«Hoe?»
Mi fece spostare, si tolse il cappotto bofonchiando un «Dovevo rendermene conto prima» e lo stese a terra, dandovi un colpetto per farmi capire di sedermi.
«Non ce n’è bisogno!» provai a ribattere, ma lui mi prese per le spalle, accompagnandomici sopra.
«Tranquilla, tanto non lo sento il freddo.»
Mi aggiustai la gonna, mettendomi composta, facendo attenzione a non calpestarne la stoffa, mentre lui tornava a terra davanti a me, nella precedente posizione.
Attese non nascondendo la trepidazione e io gli passai i biscotti, esitando nell’aprire il mio bentou. Chissà se anche lui ne sentiva il sapore….
Lo guardai di sottecchi, vedendolo sciogliere il fiocco che li chiudeva per afferrare il primo. Se lo studiò da tutte le angolazioni prima di farne un sol boccone, lasciandomi basita. Osservai minuziosamente ogni mutazione sul suo viso, ma non dimostrò nulla.
Aspettai che lo ingoiasse prima di domandare, timidamente: «Co-com’era?»
«Mmm…» Ci pensò su, osservandoli accigliato, e io sospirai affranta. Era chiaro, non gli piacevano.
Gonfiai le guance un po’ risentita, togliendoglieli di mano per mangiarli io. Ignorando le sue proteste me ne buttai anche io uno intero in bocca, masticandolo impermalita.
«Sakura, sono i miei!»
Provò a riprenderseli, per cui glieli tenni lontani, borbottando dopo averlo ingoiato: «Tanto lo so che non ti piacciono.»
«Chi ti ha detto che non mi piacciono?»
Si fece ancora più vicino e io li nascosi dietro di me, indispettita.
«Te lo si legge in faccia.»
«Non è così» cercò di assicurarmi, per poi guardarmi con uno strano luccichio negli occhi. «Non costringermi ad usare le maniere forti per riappropriarmene.»
Suonava un po’ come una minaccia, al che lo guardai dubbiosa.
«Lo faresti?»
«Per riprendermi quel che mi appartiene, sì.»
«Che possessivo.» Mi feci scappare una risata, finché essa non mi morì in gola quando posò le mani ai lati del mio corpo, giungendo col viso a poche spanne da me per guardarmi dritto negli occhi.
«Dico sul serio. Ridammi i miei biscotti» ordinò con una voce profonda, che mi stringeva le budella.
«E va bene!» mi arresi, celando l’isteria che stava per sopraffarmi. Nella mia testa mi vedevo rimbalzare ovunque per l’emozione, come una biglia impazzita, ma sarebbe stato indecoroso da parte mia fargli capire che mi sentivo partecipe delle farfalle che, impetuose, mi svolazzavano nello stomaco.
Glieli cedetti e lui li prese contento come un bambino, posandomi poi l’indice sull’angolo sinistro delle labbra, facendomi sprofondare. Così non mi aiutava per niente a calmarmi. Il sangue mi arrivò al cervello mentre schiudevo le labbra, in maniera quasi automatica, sperando che vi passasse un po’ d’aria.
Osservò la mia bocca, facendosi più vicino, tanto che sentivo il suo respiro sul mio viso e dovetti richiamare tutto il mio autocontrollo e pudore per non azzardarmi a fare alcuna mossa avventata.
“Ragiona, Sakura, ragiona, respira, ragiona, respira, respira…” Non facevo che pensare a questo, ma non era semplice per niente; soprattutto non quando spostò il suo polpastrello più verso l’interno del mio labbro inferiore, seguendone un lieve tratto, per poi allontanarsi mostrandomi delle briciole. Allora crollarono tutte le mie illusioni di sabbia. Mi stava pulendo, nient’altro.
Mi diedi della scema per le mie stupide fantasie da ragazzina innamorata. Dovevo piantarla, una volta per tutte.
Lo osservai mantenendo una parvenza di quiete e normalità, vedendolo portarsi il dito alle labbra, mangiando quel che rimaneva del mio povero biscotto sbranato. Chiuse le palpebre e a me si chiuse lo stomaco, insieme alla mente e alle vie respiratorie. Mi stavo perdendo, del tutto.
«Sono buoni» disse in tono morbido, riaprendo gli occhi, pur senza osare guardarmi. «Sanno di te.»
Tornò al suo posto, lasciandomi incredula. Che cosa intendeva dire? Come facevano a sapere di me? Era perché l’impasto l’avevo lavorato con le mani? Riusciva ad avvertire un sapore simile?
Ritornò a mangiarne, continuando a tenere lo sguardo altrove. E quanti più ne mangiava tanto più mi sentivo divorata. Però… se doveva divorarmi… volevo lo facesse davvero….
Provai ad avvicinarmi, allungando una mano verso la sua, toccandone lievemente il dorso. Appena si voltò mi accostai al suo volto, guardandolo implorante – cosa che parve sorprenderlo.
«Syaoran-kun…» esordii titubante, sentendomi il cuore persino nelle orecchie. Mi morsi il labbro, insicura. Non sapevo da quando avevo cominciato a valutare quell’opzione, non sapevo da quando avevo cominciato a vedere quella possibilità che rendeva realizzabile un futuro insieme, non sapevo da quando avevo cominciato a rinunciare a tutto, tutto, per lui. Forse da quando avevo scoperto la sua vera natura, forse da quando avevo capito di amarlo. Non ero certa del momento preciso in cui era accaduto, ma ero sicura che fosse ciò che più volevo. Perché probabilmente era l’unica cosa che avrebbe mai potuto permetterci di restare insieme, per sempre. «Se io te lo chiedessi…»
«Cosa?» domandò incerto e al contempo accorto.
Presi un respiro, proseguendo col cuore in mano. Per lui, quanto sarei stata disposta a perdere e sacrificare… «Tu mi… mi mo-»
La campanella mi interruppe prima che potessi formulare appieno la domanda, mettendomi i bastoni tra le ruote. Chissà che non fosse un segno del destino.
«Oh no!» esclamò, facendomi fare un balzo sul posto. «Non hai neppure cominciato a mangiare il bentou.» Lo puntò, rammaricato.
Sospirai, raccogliendolo e rialzandomi.
«Tranquillo, non avevo fame, mi basta il biscotto» lo rassicurai in tono flebile, voltandogli le spalle.
«Come sarebbe a dire non avevi fame? Perché?»
Scrollò la neve dal cappotto senza neppure guardare, troppo impegnato a sondare me.
Mi strinsi nelle spalle, fingendo di non saperlo.
«Ogni tanto capita.»
«Ti senti bene?»
«Sì, tranquillo.»
«Cosa stavi per chiedermi?»
Serrai le labbra, prestando attenzione a dove mettevo piede.
«Sakura, non ignorarmi. Cos’è che desideri? Se è qualcosa che io posso darti, chiedimelo pure.»
Finsi di non sentirlo, mentre le lacrime si raccoglievano nei miei occhi. Non avevo idea di cosa mi fosse preso prima, ma troppo spesso mi accadeva con lui: abbandonavo la ragione, lasciandomi guidare dall’istinto, compiendo azioni folli e forsennate. Esattamente ciò che non potevo assolutamente permettermi di fare.
«Sakura» mi richiamò in tono fermo, afferrandomi un braccio per bloccarmi. «Guardami, parlami. Ti prego.» Stavo per cedere dinanzi al suo tono disperato, ma non dovevo. «Ho fatto qualcosa di sbagliato?»
«No.» Mi feci coraggio per fronteggiarlo, costruendo un sorriso nella mia travagliata sofferenza. «No, sono io che stavo per chiederti qualcosa di sbagliato.»
Piegò la testa su un lato, un po’ perplesso. Mi spostò delicatamente alcuni capelli dal viso, mettendoli a posto con gli altri, con aria crucciata.
«Cosa mai può essere?» meditò tra sé.
«Syaoran-kun… Ricordi quando dicesti che non eri abituato al contatto con me e alle reazioni che ciò suscitava? Lo stesso vale per me.» A queste parole ritirò immediatamente la mano, quasi si fosse scottato, ma io la riafferrai con irruenza, poggiando la guancia contro il suo palmo. «Ogni volta devo controllarmi perché ho la tendenza a dimenticare quel che sei. Dimentico che questo calore che senti provenire da me ti è sconosciuto, dimentico quel che l’odore del mio sangue ti ha fatto, dimentico che con la mia vicinanza non faccio che crearti disagi.»
«Non è più così.» Si fece più avanti, poggiando il sacchetto a terra per posare anche l’altra mano sul mio viso, alzandomelo verso il suo. Leggevo la sincerità nei suoi occhi, eppure così non faceva che ferirmi ulteriormente. «Sakura, te l’ho già detto. Non è più così. Ci ho fatto l’abitudine, a tutto: al tuo profumo, al tuo calore, alla tua presenza, alla tua voce, alla tua risata, al tuo modo di fare, al tuo agire e al tuo pensare, alle tue reazioni, ai tuoi colori, alla tua radiosità, allo scorrere del tuo sangue e al battito del tuo cuore. Adesso mi è diventato tutto talmente familiare che sento, davvero, che non riuscirei a vivere senza di te. Se tu morissi mi lascerei disintegrare dal sole, perché non potrei sopportare che la mia stella, la fonte di ogni mia gioia, si spegnesse. Mi spegnerei anche io, con te.»
Lo ascoltai col fiato sospeso, sentendomi anche io disintegrare, spezzarmi per poi essere ricucita da ogni sua parola e così via in un processo interminabile. Le lacrime minacciarono di traboccare, ma non raggiunsero neppure le mie gote perché lui prontamente le raccolse, bloccandone il cammino, cancellandole, come se non fossero mai esistite. Eliminando anche il mio dolore.
Senza più pensare lasciai cadere il mio pranzo intatto, facendo un passo verso di lui per abbracciarlo. Lui non esitò neppure un istante per ricambiare, riempiendomi il cuore di gioia.
Restammo in quella posizione, stretti l’uno all’altra, per un tempo che mi parve eterno. Fu lui il primo a ritornare coi piedi per terra, osservando: «La campanella ha suonato da un po’.»
Mugugnai una sorta di conferma, poco interessata. Che m’importava, volevo soltanto stargli abbracciata. Nient’altro.
«Non te la senti di rientrare?» Scossi la testa e lui mi carezzò lievemente i capelli, proponendo: «Ti accompagno a casa?»
Ero indecisa se accettare o meno, tuttavia dopo non molto annuii, staccandomi di poco per chiedergli petulante: «Resteresti?»
«Per tutto il tempo che vorrai» assicurò, mostrandomi un sorriso dolcissimo che ricambiai, piena d’amore.
“Per sempre, Syaoran-kun. Lo vorrò per sempre.”










 
Angolino autrice:
Buonasera! Eccomi tornata, finalmente, con un capitolo zuccheroso (?) - il primo di due. Anche se, effettivamente, non so se "zuccheroso" sia il termine giusto, soprattutto per quanto riguarda il secondo... Vabbè, meglio tacere che non voglio spoilerare nulla! Sappiate che la seconda parte arriverà sabato, o in mattinata o nel primo pomeriggio. Vedrò cosa posso fare per aggiornare quanto prima e completare la giornata qui descritta.
Per quanto riguarda le spiegazioni, non credo di doverne fare molte, visto che nella storia stessa viene detto che la "giri (si legge "ghiri") chokoreeto" è la "cioccolata di dovere", che si dà a persone che si rispettano o a cui si è grati; il bentou, poi, è il cestino per il pranzo. 
Auguro a tutti un buon San Valentino, sia che lo trascorriate con la persona amata, sia col personaggio/libro/film/serie/manga/anime/etc che più amate al mondo x3
  
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