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Autore: Storytime_Love    16/02/2020    1 recensioni
Alec si trasferisce in un nuovo liceo, uguale a tenti altri tranne che per la presenza di un gruppo di ragazzi speciali, la corte dei dorati, guidati da un Re e una Regina. Bellissmo, carismatico, forte e inavvicinabile per Alec Magnus Bane non è un re ma un drago, il suo drago.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Fight 3.2


Furono tre giorni interminabili, Alec lavorava in automatico senza pensare a quello che faceva, mangiava solo quando se lo ricordava, dormiva poco e male. Voleva solo tornare da Magnus.
Jace e Clary lo invitarono a cena ma lui rifiutò. Isabelle, che passò apposta a trovarlo, riuscì solo a scoprire che Magnus era vivo e che presto il fratello sarebbe andato a trovarlo.

Poi arrivò il martedì. Il sole splendeva in un cielo che sembrava finto, l'erba sul lato della strada ondeggiava nella brezza primaverile. In una giornata così non poteva succedere nulla di brutto...
Alec lasciò la macchina nel parcheggio della casa di cura ed entrò, sperando che nessuno lo fermasse all'ingresso. Salì al terzo piano e, ancora una volta, la madre di Magnus era seduta su una sedia di plastica in corridoio. Quando lo vide si alzò, la testa china, le mani giunte davanti alle cosce: “Signor Lightwood,” disse piano, “la vorrei pregare di scusarmi. Lei... lei aveva ragione. Non so come ha fatto, non capisco, ma... la prego entri pure”.
Alec scosse la testa: “Sono in anticipo, devo aspettare la quarta ora”.
La donna rimase perplessa ma aveva deciso di fidarsi. Alle dieci e venticinque Alec aprì la porta. Magnus era seduto sul letto: i capelli perfettamente acconciati, l'unico occhio allungato con l'eyeliner e messo in risalto da un ombretto grigio glitterato, le innumerevoli collane cadevano sulla camicia di seta viola, stranamente abbottonata. Solo la fasciatura bianca spiccava incongrua.
“Alexander... sei venuto davvero”.
“Sempre”.
Gli lanciò un pacchettino: “Questa l'ho trovato su internet, sia lode ad Amazon. Mettila”.
Magnus si fece girare il pacchetto fra le mani poi lo aprì. Dentro c'era una benda per l'occhio, nera ma completamente coperta di piccoli cristalli swarovski.
“Il mio drago non si nasconde mai,” disse Alec.
Il sorriso di Magnus era incerto: “Guardami Alexander. Come fai a volere questo?”
Ora non serviva più essere duri, ora poteva lasciarsi andare. Dolcemente gli passò un dito lungo la mascella e su fino a sfiorare la sua bocca: “Magnus sono sei anni che vivo una vita a metà, vuota, solitaria. Secondo te ti ho aspettato tanto per il tuo bel faccino? Che peraltro per me è ancora stupendo, anche se alcuni potrebbero dire che sono un po' di parte...”
“Non lo so, davvero, non lo so...”
“Quando il drago entra in una stanza tutti si girano a guardarlo perché è magnetico, forte, carismatico. Perché emana luce”.
“La mia luce si è spenta...”
Alec scosse la testa con una risatina: “Sei sicuro di non aver battuto anche la testa? Perché è da quando sono arrivato che dici cose assurde”. Si chinò per depositargli un piccolo bacio sulle labbra: “Dai, vai a metterti quell'affare, vorrei essere a casa per pranzo”.
Senza protestare Magnus si alzò e zoppicando leggermente andò in bagno per togliersi la fasciatura. Quando uscì ad Alec si mozzo il respiro: “Mi rimangio tutto, altro che di parte... Sei decisamente il corsaro più sexy che io abbia mai visto. Sapevo che quella benda era perfetta per te”.
Salutarono la madre di Magnus, rifiutarono la sedia a rotella che gli venne offerta e lentamente si diressero verso l'uscita. La donna li seguiva preoccupata, non era affatto convinta di lasciarli andare via, ma il figlio era maggiorenne e se voleva firmare i moduli di dimissione lei non poteva impedirglielo.

In macchina Magnus rimase in silenzio. Dopo quasi un'ora Alec decise che non era solo stanchezza o una conseguenza della depressione, qualcosa lo tormentava: “Amore, cosa c'è?”
“Niente. Davvero”.

Alec accostò in una piazzola di sosta e impiegò la tecnica che, su di lui, aveva funzionato mille volte: aspettare.
Magnus cedette: “Mi da fastidio. Continui a dire andiamo a casa... vuoi venire da me? O portarmi a casa tua?”
“Pensavo da te, casa mia è un buco, ma se preferisci...”
“Non preferisco. Come credi mi faccia sentire sapere che l'uomo con cui vorrei costruire un futuro viene a vivere da me per paura che mi ammazzi?”
Per una attimo Alec vide un drago d'oro, in cima a una scogliera. Grande, possente, fiero. Una cicatrice gli attraversava l'occhio destro, altre segnavano fianco, erano parte di lui, della sua forza. Quanto era probabile che quel drago si strappasse le ali da solo?
In silenzio aprì il cassetto portaoggetti dell'auto e gli lanciò un coltellino svizzero: “Credi che il motivo sia quello?”
L'uomo si rigiro la lama fra le mani. “Allora perché?”
“Magnus, non è per te, è per me. So che avrei dovuto chiedertelo ma avevo paura della risposta, che fosse troppo presto. La prima volta che mi hai lasciato sei sparito per sei anni, la seconda per un mese tendente al per sempre, non voglio più rischiare di perderti”. Con un sorriso aggiunse: “Ho ventritré anni, e, mi vergogno a dirlo, sono ancora vergine. Devi prenderti le tue responsabilità...”
Lo sguardo di Magnus parve trapassarlo, cercava una menzogna che non c'era. Alec riuscì quasi a vedere il momento in cui l'interruttore nella sua testa scattò: l'espressione di Magnus cambiò, sollevò il sopracciglio in quel sorrisetto che conosceva così bene: “Se è così, direi che dobbiamo arrivare a quel letto in fretta...”

Dopo il piccolo chiarimento Magnus si era visibilmente rilassato e aveva cominciato a raccontare aneddoti e stranezze del personale dell'ospedale. Con la sua solita ironia riusciva a rendere assurdi anche episodi insignificanti. Alec sorrideva alle sue battute e, dopo più di un mese, si sentiva leggero e felice.
“Ehi, sai che non so dove sto andando? Ho dato per scontato che tu abitassi ancora fuori Louisville ma per quel che ne so potresti stare dalla parte opposta...”
“Mia madre abita vicino al Thornvalley, io ho preso una casa nella città vecchia, ma la direzione è giusta” rispose Magnus dandogli l'indirizzo esatto.
L'edifico sembrava un piccolo castello rosso, con tanto di torretta e merlature sotto il tetto.
“Casa dolce casa! Pensavo che non ti avrei più rivista,” sospirò l'uomo mentre faceva strada.
Alec si guardò intorno, l'interno era arredato in stile barocco reso attuale dall'aggiunta di colori sgargianti. Il risultato era un ambiente di originale, eccentrico e appariscente ma elegante e di classe, proprio come Magnus.
Data la condizione del ginocchio Alec aveva insistito per portare lui la borsa e ora gli chiese dove poteva poggiarla. “Ah, qualcuno cerca subito la camera da letto...”
Alec arrossì come uno scolaretto. Passarono davanti a una serie di porte chiuse che Magnus gli elencò: “Lo studio, il bagno, la tua camera...”
Alec lo guardò strano, la camera degli ospiti? Era questo che aveva in mente? Forse anche Magnus pensava che stessero andando troppo veloce, e sicuramente aveva ragione, ma sentì comunque una piccola fitta al cuore.

Magnus si era fermato e lo stava guardando con un sorrisetto machiavellico: “Alexander, togliti quell'espressione dalla faccia. Sto scherzando”.
Dannazione Magnus!
Entrarono nella camera da letto padronale, ancora più opulenta del resto della casa. L'enorme letto matrimoniale sembrava un invito personale. Cercando di resistere Alec vi buttò sopra la sacca:
“Dai, vado a prendere le mie cosa, ci vediamo fra un'oretta, forse due”. Ma le mani del suo compagno erano già intorno ai suoi fianchi, la sua bocca tracciava una scia di fuoco che partendo dal lato del viso seguiva la linea della mascella e poi giù fino al collo. Alec aveva la pelle d'oca: al diavolo le valigie, poteva vivere senza spazzolino... Con un unico movimento fluido si tolse la maglietta, le mani di Magnus si spostarono, ricalcarono la linea dei pettorali, gli addominali e arrivarono al bottone dei jeans. Alec sorrise e lo aiutò sfilandoseli in fretta. Quando le dita di Magnus si infilarono ai lati dei suoi boxer neri Alec lo fermò
“Adesso tocca a me, tesoro...” disse allungando le mani per slacciargli il primo bottone della camicia. Magnus fece un passo indietro: “No, cucciolo, lascia”.
“Cosa... perché?”
L'uomo scosse la testa: “Non voglio che tu veda...”
Ecco il perché della camicia abbottonata. Poteva capirlo, o forse no. Se il tuo compagno dovesse provare ribrezzo per un paio di cicatrici, beh, meglio perderlo che trovarlo. Ma se Magnus aveva bisogno di tempo, lui glielo avrebbe concesso.
“Ho aspettato sei anni, suppongo di poter aspettare ancora”.
Però il momento era passato. Alec prese i jeans e si chinò a raccogliere la maglietta da terra.
Magnus alzò una mano, poi ci ripensò e la lasciò cadere lungo il fianco.
Alec sospirò: “Sei sicuro che ti va bene che io venga a stare qui? Posso tornare a casa mia se vuoi”.
L'uomo si voltò verso la finestra e Alec fu sicuro che lo avrebbe allontanato un'altra volta. Non fu così.
“Alexander, sei a casa” disse tornando a guardarlo, con un mezzo sorriso sul viso.

In auto, mentre si dirigeva al suo bilocale per prendere un po' di cose, i pensieri di Alec andavano continuamente a Magnus. Un mese prima, nei giorni dopo la sfilata, erano stati entrambi fin troppo felice di togliersi i vestiti, ogni scusa era buona per mettersi la mani addosso, c'era una frenesia dettata dalla lunga attesa, un bisogno di contatto e di sentirsi vicini. Ma quella era passione. Che rapporto è uno basato sulla chimica invece che sulla fiducia? Magnus si fidava di lui o questa reticenza era sintomo di qualcosa di più profondo?
Preparare la valigia fu più lungo di quello che si aspettava, c'era da pensare anche alle cose di lavoro, alle scarpe, l'e-book... Quando tornò alla casa-castello era pomeriggio inoltrato. Dalla cucina arrivavano profumi di spezie e soffritto.

Magnus lo accolse con un sorriso e un grembiule da chef che recava la scritta Kiss the cook, ordine che Alec prese molto sul serio. Dopo una deliziosa cena a base di pollo tandoori accompagnato da riso basmati e verdure con zenzero e curry i ragazzi si spostarono sul divano per un film. Mentre Kevin Bacon sfogava la sua frustrazione con un ballo sfrenato nel fienile, Alec appoggiò piano la testa alla spalla di Magnus. Quando il suo amore gli passò il braccio attorno e lo attirò più vicino Alec si lasciò sfuggire un sospirò di pura beatitudine.
Si svegliò all'alba con la testa sulle ginocchia di Magnus che dormiva con il braccio sullo schienale del divano. Un sorriso incurvò le labbra di Alec, quanto si può amare qualcuno prima che il cuore esploda? Nessun altro avrebbe passato la notte in quel modo assurdo solo per non svegliarlo. E nessun altro poteva essere così splendido di prima mattina. Si sollevò piano a posò le labbra sulle sue, delicatamente, per non disturbarlo. Il programma prevedeva caffè, spremuta e crêpes alla marmellata, uno dei pochi piatti che era in grado di non bruciare. Impegnato a cucinare non si accorse del suo uomo finché questi non lo abbracciò da dietro: “Hai bisogno di aiuto per sbattere la pastella? O anche altro...”
Alec quasi fece cadere la ciotola mentre sentiva arrossire anche la punta delle orecchie.
“Tutto ok, ce la faccio”.
Magnus rise: “Allora vado a farmi una doccia, tesoro. Arrivo subito”.
“Se hai bisogno di aiuto per lavarti la schiena chiamami,” scherzò Alec senza riflettere. Magnus non rispose ma il rumore della chiave nella toppa fu commento sufficiente.

Un momento era dolce e piccante, miele e peperoncino, e Alec si convinceva che il suo amore era corrisposto, quello dopo si ritraeva completamente lasciandolo solo dietro un porta chiusa a chiava, in senso metaforico e letterale.

   
 
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