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Autore: ArwenDurin    16/02/2020    3 recensioni
Dal capitolo 3 e ultimo:
"Ma egoisticamente, non voleva rivivere tutto e ricadere in delle emozioni che l’avevano portato quasi all’autodistruzione, tra cui la rabbia del fatto che John non passò per mesi, non voleva che poi tutto ricominciasse."
Intorno alla s3 di Sherlock
Johnlock 💕
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Tell me what's been happening, what's been on your mind
Now I know, it's got a hold
Don't let go, keep a hold
If you look into the distance, there's a house upon the hill
Guiding like a lighthouse to a place where you'll be
Safe to feel at grace 'cause we've all made mistakes
If you've lost your way
I will leave the light on"
-Leave a Light On :Tom Walker
 


Fu un sollievo vedere finalmente Sherlock sdraiato da qualche parte, anche se sul divano e non sul letto dove testardamente si rifiutò di andare, poiché John stette in agonia per quell’ora in cui l’altro barcollò, anche se leggermente, quando salì le scale dell’appartamento.
E mentre lo guardava stando attento a ogni suo passo, rimanendo nella distanza appropriata per dargli la privacy, ma pronto a sorreggerlo in caso ne avesse avuto bisogno, si ricordò i giorni d’angoscia che passò e furono lì davanti ai suoi occhi per qualche istante.
 

La stanza era silenziosa e Sherlock era così inerme e fragile su quelle lenzuola, che sembrava affondare in esse e pian piano svanire, una visione che bloccò John per qualche istante con il cuore pesante e la vista improvvisamente annebbiata.
Gli ci volle qualche secondo prima che potesse riprendere il controllo del suo corpo.
«Sei un idiota.» La voce gli tremò ma non si fermò, strinse i pugni, chiuse gli occhi e continuò anche se l'altro era in overdose.
«Bastava una parola, una stupidissima frase e sarei venuto da te! Ma no, il grande detective vuole fare tutto da solo!»
Inspirò e decise che quella distanza era abbastanza, così si avvicinò e si sedette nella sedia accanto al letto, abbassò la voce rendendosi conto soltanto ora di aver usato probabilmente un tono troppo alto per un ospedale.
«Tu non sei solo Sherlock, anche se ti atteggi come se lo fossi. Ci sono tante persone che ti amano, mi chiedo se te ne rendi conto, oppure se te ne importi.» Sospirò portandosi una mano al viso, rimase per un po' così fermo e in silenzio cercando di scacciare ciò che lo tormentava da dentro. Quando fu pronto, portò lo sguardo di nuovo su di lui e gli prese la mano che poggiava sul letto, poi si protese verso Sherlock, il volto era così vicino al suo da poter vedere l’ombra delle sue ciglia e sentire il suo respiro.
«Quando ti sveglierai, perché lo farai, la mia faccia sarà la prima cosa che vedrai, mi hai capito, Sherlock Holmes? Non ti lascio.»
Sarebbe rimasto lì il tempo necessario, qualche giorno o qualche ora, Mary avrebbe capito e d'altronde nessuno l'avrebbe fermato nel suo intento, nemmeno Mycroft.
 
John scacciò quel ricordo e la vista annebbiata tornò nella norma, perché lui il capitano John Watson, doveva avere il controllo mentre Sherlock aveva bisogno di lui.
«Per l’amor di Dio, John! Fammi queste domande e falla finita.» Il brontolio di Sherlock non lo toccò minimamente, ma piuttosto lo fece sorridere. Watson guardò l’appartamento che non vedeva da parecchio tempo- erano in effetti mesi che non sentiva lo strambo detective- ed era rimasto lo stesso, fatta per l’eccezione per la sua poltrona che mancava dal salotto, qualcosa colpì il suo petto allo spazio vuoto.
«Sarebbe inutile, non ti pare? Avrai già capito le domande.»
A quel punto lo guardò, i suoi riccioli scuri scompigliati adornavano il divano mentre l’altro lo fissava, c’era qualcosa nel suo silenzio, lo avvertì nella sua pelle.
«Sì, l’ho fatto per un caso, sì era il modo più efficace e sì, sono stato rimproverato abbastanza da mio fratello quindi non ti ci mettere anche tu.»
John sospirò e lo guardò con il capo inclinato, voltando le spalle alla poltrona mancante e al quel fastidioso pizzico di dolore che sentiva nel petto.
«Piuttosto di mettere così stupidamente a rischio la tua vita, avresti potuto chiamarmi, avvisarmi.»
«Perché? Tu non vivi più qui.»
Quelle parole furono un ulteriore fitta di dolore, chiuse gli occhi mentre la sua mano sinistra tremava e a quel punto si abbassò al livello di Sherlock.
«Ho aspettato 3 dannati mesi per avere tue notizie!»
Holmes lo guardò, nella profondità dei suoi occhi verde –acqua c’era una ferita, piccola ma percepibile come quando ti tagli le dita con la carta, non lo vedi ma lo avverti il dolore al dito.
«John, ascolta il tuo dovere l’hai fatto, non c’è bisogno di rinfacciarci niente. Adesso sto bene e non ho bisogno di una balia.»
«Piantala! Non vado da nessuna parte.»
Sherlock a quel punto, come fosse stato ferito di una grave offesa, gli voltò le spalle e stettero così per vari minuti senza parlarsi e forse passarono persino ore… mentre John fu costretto a sedersi sulla poltrona del detective, perdendosi in un muto e riflessivo silenzio. Persino la luce del sole che entrava dalle verande muovendo la polvere, produceva più rumore di quel silenzio che nascondeva più parole e risentimenti di qualsiasi altro. Ma John rimase lì, non si mosse e attese che l’altro gli parlasse ancora.
«Mary sarà in pensiero, e tu puoi tornare dove vuoi davvero stare, tutto questo è soltanto una ridicola precauzione voluta da mio fratello, ma farò finta di assecondarlo per ora.»
Lo stava escludendo, allontanando e negando ogni tentativo di avvicinamento da parte dell’ex-soldato, era come se stesse cercando di smentire le parole di Mycroft di poco fa, come se le avesse sentite…ma per quanto eccezionale fosse Sherlock Holmes, era pur sempre incosciente in quel momento e dunque era impossibile che l’avesse fatto.
Era soltanto il solito testardo e arrogante  con qualche punta di freddezza in più, John non doveva preoccuparsene, eppure… quel suo essere impenetrabile più del solito gli creava delle strane sensazioni.
«Se la smettessi di comportanti come un bambino viziato, vedresti che non è cambiato nulla tra me e te!»
Scoppiò, non si trattenne non più e per quanto non lo guardò, sentì lo sguardo del detective su di lui, scavare, scannare e percuotere ogni minima traccia di emozione nascosta nella sua sfuriata.
«Se osservassi, invece di ostinarti a non farlo, vedresti che non è così!» Alzò il tono di voce e a quel punto lo guardò, nei suoi occhi brillò una scintilla di dolore che però non fermarono John, per quanto lo avvertì come uno spillo nel suo cuore.
«Adesso sarebbe colpa mia!» Esclamò spingendo d’impeto la poltrona del detective e provando un astio immenso, pensò che avrebbe potuto odiarlo in tutto ciò che provava per lui…eppure, bastò che l’altro chiudesse gli occhi per qualche secondo, per dagli il tempo di abbassare la sua rabbia e le sue difese.
«John, mi dispiace.»
Il dottore aprì la bocca per rispondere ma non riuscì a dire nulla, era ancora sconvolgente quanto il detective fosse cambiato e più umano di due anni fa…si guardarono per un altro minuto poi Sherlock si alzò e ignorò ogni possibile tentativo di John di fermarlo. Si diresse in cucina e mise il bollitore del tè in funzione, nessuno dei due parlò persi nei reciproci pensieri, e quando gli portò una tazza non ci fu bisogno che dicesse null’altro.
«Sei una prima donna, lo sai?» Un piccolo sorriso abbozzò le labbra di John alla sua stessa esclamazione.
«Non sono l’unico.»
Si guardarono e una piccola risata fuoriuscì da entrambi, soltanto loro erano in grado di scherzare in determinate circostanze.
Sherlock poi abbassò lo sguardo e poggiò la tazza sulla poltrona dove si era seduto e si schiarì la gola.
«Quindi…rimani?»
«Adesso chi è che afferma l’ovvio?»
Il detective alzò gli occhi al cielo, ma John poté vedere l’ombra di un sorriso colorare le sue labbra. Il silenzio tornò tra loro, ma diverso questa volta, poiché di quelli tranquilli e pacifici che può esserci solo tra due persone in profonda intimità.
 
Passarono vari giorni e Sherlock si era quasi ripreso, o almeno in parte, poiché qualcos’altro accadde con la signora Watson, sua moglie o forse doveva dire ex?
Si scoprì chi era e che aveva sempre mentito a John, persino sulla gravidanza perché il figlio non era suo. Sta di fatto che per via di quel macello, lo sparo al suo amico Sherlock da parte di quella donna che John non aveva mai conosciuto e il vario trambusto emotivo, Sherlock era ancora “sotto stretta sorveglianza” per usare le parole che Mycroft avrebbe usato. In tutto ciò, dopo averlo di nuovo visto inerme e essersi preso cura di lui più possibile, John non era riuscito a vederlo per qualche giorno.
Ci fu però Molly al suo posto, colei con il quale stranamente si trovava ora in quel bar nel tardo pomeriggio, dove lei aveva voluto che si incontrassero. Il tempo era mite e l'unica agitazione regnava tra loro due, anche se non John non sapeva bene il perché.
Si sforzò in un piccolo sorriso.
«Allora, come sta l'idiota?» L'aveva tempesta di messaggi e chiamate ma non poteva non chiedere.
«Sta meglio, continua a farfugliare frasi poco carine...si  vede che si sta riprendendo.»
John annuì, comprensivo.
«È incredibile fin dove si spingerebbe per un caso o per mostrare la sua intelligenza...»
A quel punto lo sguardo di Molly si fece scuro, prese la sua grande tazza di caffè lungo e ne bevve un sorso.
«Questa è la ragione che lui vuol far credere sia la principale, ma non è solo questo.»
Un sorriso tirato si fece spazio tra le sue labbra, mentre poggiò la tazza.
«Ho parlato con Mycroft, o almeno lui ha parlato con me, non lo trovi incredibile? Pensava che non sapessi ma invece l'avevo già capito.»
Il medico a quel punto si fece confuso, stare con Holmes qualche giorno aveva reso la ragazza più criptica del solito, o forse lui non aveva mai notato questo suo lato. Bevve un lungo sorso del suo caffè.
«Cosa intendi?» fu costretto a chiedere.
Molly lo guardò.
«Certo che sei piuttosto ottuso, per essere il partner di Sherlock.»
A quel punto la sua mano tremò mentre afferrò di nuovo la tazza, dove bevve qualche sorso prima di continuare.
«Tu hai una visione di lui piuttosto idolatrante, lo vedi come un uomo al di sopra di comuni passioni o sentimenti...»
«È così che lui si descrive, il sociopatico iperattivo, ricordi?»
Si mosse sulla sedia, punto sul vivo e non riuscì più a bere.
«Sì, ma sappiamo entrambi che non è così, per dirla in maniera semplice lo farò tramite la deduzione, come piace tanto a Sherlock. Bene,» Incrociò le mani sul tavolo e le torturò rivelando l’ansia e la difficoltà che provava nel dire ciò che stava per dire, ma quando John incontrò il suo sguardo sembrò più adulta, era meno impacciata della "solita Molly”, una donna sicura di sé.
«Ti chiedo quindi di non pensare a lui come Sherlock Holmes, ma come uomo, ok? Ripensa al matrimonio, perché è andato via così presto? Perché proprio quando tu ti sei trasferito con Mary, si è buttato nella droga? Perché con me, ogni volta che avevi un appuntamento con una donna, si lamentava regolarmente secondo te?»
John si appoggiò allo schienale della sedia, lo sguardo basso e un groviglio allo stomaco da impedirgli quasi di respirare: era lì, era sempre stato tutto davanti al suo naso e lui lo sapeva! Ma aveva preferito ignorare, per paure passate di ciò che era o ciò che lui e Sherlock potevano essere.
«Gelosia, disperazione.» Le parole rotolarono fuori dalla sua bocca pesanti come macigni, non osò guardare Molly ma la sentì sospirare.
«Ma non può essere, lui non…io.» Si stoppò, e deglutì incapace di aggiungere altro, alzò lo sguardo sulla ragazza disperso, con il cuore che batteva velocemente nel petto e gli occhi di Molly si addolcirono quando si posarono su di lui.
«Lui ha una dipendenza da te, è solo senza di te.»
«Questo è assurdo.»
Era la seconda persona a dirglierlo, e John si sentì debole e barcollante nel suo essere, voleva alzarsi e andarsene ma Molly glielo impedì fermandolo per un braccio.
«Sai che questa è la verità, smettila di avere paura e vai da lui tu che puoi,» Si stoppò abbassando lo sguardo.
«Tu che hai il cuore di Sherlock… sei fortunato lo sai? Ma ho capito e sono andata avanti, ora spetta a te fare il passo.»
Ci fu asprezza nella sua voce nell'ultima frase e quando incontrò i suoi occhi, vide gli scuri di lei luccicare, prima che mettesse qualche soldo sul tavolo e uscisse dal bar.
Gli ci volle qualche secondo per alzarsi da lì, il caffè oramai era freddo e non aveva avuto intenzione né la voglia di finirlo, i rumori della folla erano affievoliti come aliti di brezza di sottofondo quando fai una passeggiata. John non era distante da Baker Street dove doveva andare, ma quando fu davanti alla porta nera non si comportò da soldato. Piuttosto camminò sul marciapiede per qualche secondo, rimuginando sulle parole di Molly, su quello che avrebbe voluto dire e su come Sherlock avrebbe reagito; aveva bisogno di rifletterci su...forse quella notte, quindi non gliene avrebbe parlato.
E poi potrei sconvolgerlo, potrei agitarlo e quindi lui potrebbe non cenare, siamo quasi all'ora di cena.
Salì nell'appartamento con un sospiro.
 
Quando arrivò a casa non ricordò nemmeno come fosse finito sulla poltrona, uno dei pochi superstiti ancora non imballati in quella dimora che presto non sarebbe stata più sua. Era d’accordo con Sherlock con sarebbe tornato al 221 B, glielo aveva proposto nello stesso istante in cui John stava per chiederglierlo due sere fa dopo la chiacchierata con Molly e ricordava che nel mentre, il suo sguardo si era appoggiato sulla sua poltrona che era tornata al suo posto.
Accarezzò distrattamente il bracciolo marrone della poltrona e fece scorrere lo sguardo su qualche foto rimasta appesa al muro, non c’era traccia di colei che non era più sua moglie, erano sparite come se non fossero mai esistite, esattamente come lei. Piuttosto nelle immagini spuntava lui con sua sorella, lui da piccolo, la sua carriera militare…e poi qualcuna in compagnia dei suoi amici. Gli occhi di John furono catturati da una in particolare, una superstite del suo matrimonio, dove però c’erano soltanto lui e Sherlock. La osservò e si passò una mano sul viso e sbatté le palpebre per guardandola ancora: il sorriso tirato di Sherlock ma gli occhi dai colori più splendidi esistenti, che non riuscivano a sfuggire nemmeno a una macchina fotografica. In essi c’era del dolore scritto in fondo alle sue pupille ma erano luminosi lì con John vicino, soltanto con lui e con nessun’altro del gruppo. Il medico si alzò avvicinandosi all’immagine, sentendo il suo cuore scandire i suoi passi mentre prese la foto in mano e fu lì quando vide il suo sguardo rivolto al suo migliore amico, compagno e persona più importante della sua vita, che John sentì il respiro fermarsi per qualche secondo. Realizzò un fatto che era sempre stato visibile ai suoi occhi e al suo cuore, ma sempre nascosto dalla nebbia di risentimento, paura e troppo amore…
Perché Sherlock aveva ragione, qualcosa tra loro era cambiato… e lui che cosa aveva fatto? Era fuggito e aveva sposato una donna che nemmeno aveva mai amato. La stessa che poi aveva sparato proprio all’uomo che più contava per lui.
Dannazione.
Poggiò la foto con poca delicatezza, arrabbiato con se stesso, sentendosi in colpa e scosse il capo con un sorrisetto di scherno vergognandosi per tutto il tempo che ci aveva messo a capire davvero.
Eppure era sempre stato lì anche da parte sua, era scritto nel suo sguardo adorante non rivolto alla moglie, né alla folla, ma soltanto al suo testimone di nozze lì di fianco a lui in quella foto, come quando nella luna di miele un velo di tristezza e dubbio lo accompagnò su come mai Sherlock fosse andato via prima dal matrimonio e gli avesse rivolto quel sorriso spento e quello sguardo prima di andarsene. Dio quello sguardo…non era riuscito a toglierselo dalla mente, eppure si era detto di non preoccuparsi anche se fu inutile. O del fatto che lo perdonasse sempre, per ogni cosa, perché sarebbe sempre tornato da lui.
Era sempre stato lì e lui lo sapeva!
Non è mai stata lei, sei sempre stato tu.

Angolo Autrice: 
Ciao a tutti!
Ecco a voi il secondo POV, il più ostico per me quando si tratta di John bbc soprattutto s3
😅, ma spero di averlo fatto bene XD o quantomeno, vicino all’IC.
Sul fatto di Molly vorrei dire due paroline, uno ho voluto darle l’evoluzione e lo spazio che merita, non è stupida e non mi piace come l’hanno trattata i moftiss nel finale della s3 (sto zitta sulla s4 <.<) quindi ho voluto che fosse lei che “svegliasse” John, o almeno gli desse la spinta necessaria. E due una delle frasi più Johnlock la dice proprio lei “you look sad when you think he can’t see you” quindi ho voluto che fosse lei, ce la vedo proprio l’amica di Sherlock che vuole aiutarlo, quindi per me ci sta
😊.
 
Sì, Sherlock ha varie emozioni qui XD e la canzone T.T penso ci stia per loro, anche per Mycroft e Sherlock, ma cmq mi fa pensare a Sherlock che appunto affronta la droga ma non è solo in questo percorso.
 

💞Grazie a chiunque leggerà e/o commenterà😊

 
   
 
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