Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: _Zaelit_    16/02/2020    1 recensioni
[What if? in cui tutta la squadra di Bucciarati è sopravvissuta agli eventi di Vento Aureo.]
Irene è una ragazza cresciuta per strada e dal carattere ribelle che conduce una vita monotona e pericolosa. A salvarla dalle sue condizioni è Bruno Bucciarati, ora braccio destro del boss di Passione, Giorno Giovanna. Irene comprende di poter ricominciare daccapo e di poter far parte di una famiglia ma, non appena entra a far parte dell'organizzazione, una nuova minaccia ostacola Passione e i suoi membri. Una nuova organizzazione criminale, infatti, sta muovendo guerra a Giorno e ai suoi sottoposti, i cui fili vengono tirati da una figura misteriosa soprannominata "Arcangelo". Irene comprende di ritrovarsi in una battaglia che la coinvolge in prima persona e dovrà quindi scavare nel suo passato e trovare la forza e il coraggio necessari per impedire la sconfitta di Passione, tutto ciò in compagnia del saggio e protettivo Bruno e dei suoi formidabili compagni: Guido Mista, Narancia Ghirga, Leone Abbacchio e Pannacotta Fugo.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bruno Bucciarati, Giorno Giovanna, Leone Abbacchio, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il capannone era buio, cigolante, e tutt'altro che ospitale. Era esso stesso una porzione di tenebra, capace di nascondere qualsiasi insidia e pericolo. Effettivamente, le figure che s'immersero nelle sue ombre non erano esattamente pure e innocenti.
Si muovevano come gatti dal passo felpato, gli occhi bassi e le spalle un po' ricurve, quasi come se non avessero una meta precisa.
Erano tre in totale, tutti maschi. Si trascinavano dietro le gambe in silenzio, come morti viventi. A tratti erano abbastanza spaventosi.
«Che notizie ha portato Ferdinandi?» chiese uno di loro, la voce roca che sorgeva come un lamento dal buio.
«Love On The Air ha visto tutto. Quell'idiota di Ferragamo si è fatto ammazzare.» rispose un secondo. Sputò immediatamente a terra, nervoso.
Occhi luminosi fendevano la penombra vicino a una vecchia finestra. Con gli alberi oltre le pareti, nemmeno il sole pomeridiano filtrava a dovere.
«Ha agito imprudentemente, lo conosciamo bene. Non gli è mai piaciuto stare a sentire gli ordini del Padre.»
«Com'è successo?»
«Ferragamo ha avuto una discussione con gli altri fratelli. Ha detto di voler eliminare la ragazza e ha iniziato a cercarla almeno una settimana fa. Oggi l'ha trovata ma non ha atteso gli ordini.»
«E lei? Ha visto Hungry Planet?»
«Poteva già vederlo. Sì.»
«Allora stiamo impiegando troppo tempo...»
Un altro lamento. Come di sconforto, o di fastidio. Poi lui ricominciò a parlare.
«Nostro Padre ha detto che la vuole viva e che non deve manifestare lo Stand. Non sappiamo che tipo di potere possa avere.»
«Non le va bene morta?» aggiunse a quel punto il terzo, che non aveva ancora parlato.
«No, se non vuoi fare la fine di Ferragamo.»
L'altro ridacchiò sottovoce. Sembrava che l'idea della morte non lo spaventasse.
«Comunque, un ragazzino l'ha aiutata. Aveva uno Stand. Una sorta di aeroplano, dice Ferdinandi...» riprese il primo, accanto a quello che rideva.
«Avrebbe dovuto seguirlo. È Narancia Ghirga.»
«E tu come lo sai?»
«Facevo parte di Passione e conoscevo molta gente, lo sai. È uno degli scagnozzi di Bucciarati.»
Alcune voci si levarono preoccupate.
«Bucciarati è vivo?» domandò quello che aveva riso.
«Dove sei stato per tutto questo tempo? Sì, è vivo, e aggiungerei per miracolo, considerata la sua battaglia con il vecchio Boss di Passione. Adesso è il secondo in carica.»
«Si hanno notizie del Boss attuale?»
«So solo che è un ragazzino. Comunque sarebbe meglio non sottovalutarlo, ho sentito che è un portatore di Stand molto pericoloso. E nulla vieta a Irene Cacciatore di diventare come lui, o di allearsi con lui.»
«Siamo sicuri che nostro Padre la voglia viva? Sembra un ostacolo più che un vantaggio per noi.» si lamentò l'ultimo.
«Gli ordini sono precisi. Possiamo uccidere chiunque si metta in mezzo, ma lei deve sopravvivere.»
Un'altra mezza risata.
«Pare proprio che dovremo contenerci... chi attaccherà per primo?»
«Chiunque riesca a trovarla e possa agire senza rischi. Ci incontreremo di nuovo quando l'avremo catturata. Saluti, fratelli. Avvisate anche gli altri. E buona fortuna.»
Quello più isolato si alzò dall'ammasso di scatoli su cui aveva trovato posto e si allontanò.
Quello che aveva riso, invece, cercò l'amico nell'ombra.
«Possiamo collaborare, non è vero?»
«Rilassati, Michele. Non l'abbiamo sempre fatto?»
Lui rise.
«Giusto. Magari la troviamo prima degli altri!»
Il raduno terminò così. Fu rapido ma coinciso. I piani non erano cambiati.

• • •


Irene seguiva Narancia tenendosi lo stomaco con le mani. Aveva una fame da lupi e il solo pensiero che si stessero dirigendo verso un ristorante la rendeva oltremodo contenta. Quello di essere quasi stata uccisa da uno gigantesco Stand roccioso e di stare per incontrare Bucciarati per raccontargli per filo e per segno quanto accaduto, però, le faceva puntualmente passare la fame. Per questo motivo preferì discutere con il ragazzo piuttosto che sprofondare in un silenzio imbarazzante.
Scoprì che Narancia frequentava la terza superiore in un istituto tecnico nei paraggi del ristorante Libeccio, non troppo lontano dal mare e situato in una bella zona di Napoli, piena di negozi e scuole. A dir la verità aveva solo un anno in meno di Irene, benché ne dimostrasse non più di quindici, ma aveva lasciato la scuola tempo prima per motivi che non le vennero spiegati subito. Irene comprese solo che Narancia era tornato a studiare da meno di un anno, a partire dall'ultimo settembre. Parlava con estrema euforia dello studio, era chiaro che si stesse impegnando seriamente per riuscire a rendere orgoglioso Bucciarati e questo suo amico di nome Fugo che lei non conosceva.
«E tu? Dovresti aver già finito la scuola, no?» le domandò a un tratto.
«No, io...» Irene esitò per un momento e si pizzicò un braccio, «A dire il vero non ho mai finito gli studi. Non amo molto la scuola.»
Narancia sollevò le spalle.
«Magari è perché non hai trovato la scuola giusta.» si sentì di commentare,  senza nemmeno giudicarla.
Irene fu profondamente colpita da quella sua reazione. Era abituata a essere guardata dall'alto in basso da persone che si erano sempre credute migliori di lei. Adesso, però, stava parlando con qualcuno che si era ritrovato sicuramente nella sua stessa situazione e che si era rialzato a testa alta.
Prese a domandarsi se anche lei c'è l'avrebbe mai fatta. Non trovò risposta. Non era ancora pronta.
Intanto, una porta si aprì davanti a lei.
Narancia si schiarì la voce, un po' in imbarazzo.
«Ah... Irene... posso chiamarti Irene, sì?»
La ragazza annuì.
«Ecco, non offenderti ma... forse è meglio se prima entro solo io e avviso Bucciarati. Non ti lascerà qui fuori, tranquilla, ma l'ultima volta che abbiamo accettato un novellino non tutti l'hanno presa subito bene. Specialmente uno dei miei compagni...»
Irene comprese che si trovava alquanto a disagio a dire una cosa del genere. Annuì senza preoccuparsi ma cambiò idea non appena il ragazzo ringraziò e sparì oltre la porta: e se avesse fatto il suo nome a Bucciarati e lui si fosse rifiutato di accoglierla?
Spaventata, si accostò alla finestra e provò a scorgere qualcosa ma Narancia aveva appena svoltato un angolo della parete dopo la quale supponeva vi fosse un tavolo. Il locale per fortuna era quieto e le voci dei clienti si udivano ben distinte.
«Buongiorno ragazzi.»
«Narancia, ben tornato.» esclamò una voce lieta ma anche pacata. Era un ragazzo molto giovane, senza dubbio, esattamente come gli altri che parlarono dopo di lui.
«Finalmente! Adesso non siamo più in quattro! Io lo dico sempre, che quel numero porta sfiga...»
«Solo perché hai perso a carte non puoi dire che sia una questione di sfortuna. Qualsiasi gioco da tavolo è basato sulla strategia.»
«Strategia un corno! Non mi è capitata una sola carta buona negli ultimi turni! Mi stai dissanguando!»
«Ragazzi, fate un attimo di silenzio.» aggiunse una terza voce.
Irene trasalì. Lo riconobbe. Era lui.
«Narancia, va tutto bene?» chiedeva Bucciarati, «Hai un taglio sul braccio e sei coperto di polvere. Cosa ti è successo?»
Il più giovane si trovò in difficoltà. «Eh... come dire... potrebbe essere una storia lunga e credo ci sia qualcosa di più urgente per il momento. Bucciarati, ho incontrato una ragazza che sembra ridotta in pessime condizioni, a dir la verità parlandole mi è sembrato di rivedere il me di qualche anno fa... non potremmo invitarla a entrare e mangiare qualcosa con noi?»
«Grandioso.» tuonò un'ultima persona. Incredibile ma vero, il suo era un timbro vocale alquanto familiare. «Ci hai portato un altro idiota come Giorno?»
«Sii rispettoso. Giorno è il Boss, adesso, e sono stato io ad accoglierlo e presentarvelo.» lo riprese il capo, per poi tornare a parlare con Narancia. «Non voltiamo le spalle ai bisognosi, mai. Ma evitiamo di parlare di Passione e di lavoro mentre mangia con noi, d'accordo?»
«Oh- ehm... sì, direi di sì...» balbettò Narancia, «Allora vado a chiamarla!»
Qualcuno rise in sottofondo e abbassò la voce.
«Oi, Fugo...»
«Mh?»
«Chissà... magari è anche carina!»
«...Sei incorreggibile, Mista.»
Irene sussultò quando la porta si riaprì a qualche passo da lei. Narancia non se la ritrovò davanti e si guardò attorno, confuso, finché non la rivide intenta a ricomporsi dopo aver sbirciato dalla finestra.
«Oh, sei qui.» la richiamò. «Puoi entrare. Solo... meglio se non fai troppe domande.»
Lei annuì e lo seguì. Non appena mise piede nel Libeccio, un inebriante odore di cibi italiani la circondò e fece tuonare il suo stomaco dalla fame.
Quando raggiunse il tavolo, alle spalle di Narancia, strinse le mani tra loro alquanto insicura.
«D'accordo, ragazzi... vi presento Irene Cacciatore!» la presentò lui, facendosi da parte.
Ed ecco ben quattro sguardi puntarsi su di lei, chi più interrogativo chi meno interessato.
A partire dalla sinistra, al tavolo erano seduti un uomo dai lunghi capelli bianchi e un giaccone nero, uno con indosso un particolare cappello e un maglioncino corto dai colori brillanti, un altro ancora con un ciuffo biondo e una maglia bucherellata e, infine, il povero Bucciarati che osservava Irene come se avesse appena visto un fantasma.
Il ragazzo con addosso il maglione sollevò una mano e strinse gli occhi, gettandosi a capofitto nella speranza di poter parlare con una bella coetanea.
«Ehylà, Irene, piacere di conoscerti! Io sono Guido Mis-»
«Tu?!» lo interruppe Bucciarati, sollevandosi dal suo posto e guardando sorpreso la ragazza.
Irene si sentì tremare sotto il suo sguardo severo.
Di nuovo, tutti gli altri fecero silenzio.
L'uomo dai capelli bianchi, che aveva rivolto alla ragazza giusto un'occhiata e poi era tornato a badare al suo piatto, guardò il capo.
«Che succede, Bucciarati? Conosci questa ragazza?» gli domandò. Bastò quell'idea a fare irrigidire tutti i presenti, Narancia compreso, che non capiva cosa stesse succedendo. In effetti Irene non gli aveva detto di conoscere già il suo capo.
«Cosa...?» mormorò infatti, boccheggiante.
Irene si strinse nelle proprie braccia.
«Già. Lo so, è curioso incontrarci così, ma non ho potuto farne a meno... non ci siamo salutati nel migliore dei modi e da quel momento le cose non sono andate affatto bene.» mormorò prima di rivolgersi a Narancia, «Scusami se non ti ho detto tutta la verità. Aspettavo il momento giusto per...»
«Mi hai preso per i fondelli?!» urlò il ragazzo più giovane, puntando i piedi a terra. «Sei una nemica? Bada bene, rivela tutto o ti riduco a un colabrodo con il mio Aerosmith!»
«Narancia, siediti e abbassa la voce.» esclamò Bucciarati, respirando a fondo e calmando i bollenti spiriti. «Non è una nemica, al contrario. Possiamo definirla una mia conoscenza.» spiegò con calma. «E a questo punto immagino sia legittimo chiedervi cosa vi sia accaduto, dato che non avete affatto una bella cera.»
Irene provò a parlare ma un brontolio proveniente dal suo stomaco la fece vergognare.
I due ragazzi davanti a lei, quello con il cappello e quello con il ciuffo, si scambiarono un'occhiata e il primo di loro si lasciò sfuggire un sorriso.
Bucciarati tornò a sedersi e invitò Irene a fare lo stesso, sospirando.
«Ho capito. Narancia ha detto la verità, dopotutto, stai davvero morendo di fame. Avrai modo di raccontarci tutto prima che la tua portata venga servita.» consentì.
Bastò uno schiocco di dita e qualche breve frase per ordinare un intero pranzo a Irene, che si sentì subito in debito. Un mese prima aveva rifiutato persino un caffè e ora sopravviveva grazie a un pranzo pagato dalla stessa persona con cui aveva litigato prima di finire nei guai.
Con l'aiuto di Narancia, Irene spiegò cosa fosse accaduto quella mattina, raccontò di Hungry Planet e del comportamento del suo portatore, spiegò come Narancia lo avesse sconfitto con il suo Stand. Dimenticò, però, di accennare alla trasformazione dei macigni in ferro liscio. O magari evitò volontariamente di parlarne.
«Un portatore di Stand ostile?» si domandò quello dalla maglia piena di buchi, massaggiandosi il mento, «Non va bene, Bucciarati. Ero convinto di aver fatto fuori gli ultimi traditori rimasti quando Giorno mi ha dato l'opportunità di tornare nella squadra. Chiunque fosse questo portatore, non faceva parte dell'organizzazione.»
Irene si sentiva girare la testa. Non aveva ancora mangiato, non conosceva nessuno lì dentro e capiva metà dei loro discorsi.
Bucciarati la osservò con aria comprensiva quanto combattuta: aveva chiaramente detto di non volerla trascinare in problemi che non fossero suoi, ma adesso non aveva più senso. Erano stati i problemi ad andare da lei.
«Capisco, sei confusa. Tutto questo è nuovo per te e, a questo punto, non credo abbia più molto senso avere segreti. Ti spiegherò meglio le condizioni in cui ci troviamo.» promise.
Irene riuscì finalmente a sorridere.
«Sì, immagino potrebbe far comodo.» commentò prima che Bucciarati continuasse.
«Iniziamo dal principio. Noi non siamo persone comuni, Irene, ma dei gangster. Facciamo parte di un'organizzazione chiamata Passione, che si divide in diverse squadre con vari incarichi sparse in tutta Italia. Ogni squadra risponde ai comandi di un Capo Regime, legato direttamente al Boss. Nel nostro caso, io stesso sono un Capo Regime e loro sono i miei compagni di squadra.» li guardò, aspettando che si presentassero da soli.
Quello con il ciuffo biondo sollevò appena il mento, ancora abbastanza sospettoso.
«Sono Fugo... Pannacotta Fugo.» disse solamente.
Accanto a lui, il ragazzo con lo strambo maglione rosso e blu sorrise e si accasciò contro la sua spalle.
«E io mi chiamo Guido Mista, come cercavo di dire prima. Mi fa piacere che tu conosca Bucciarati, sai? I suoi amici sono anche miei amici.» la accolse calorosamente.
Irene si sentì subito ben accolta, specialmente da Mista, e non poté nascondere un sorriso.
Mancava solo che si presentasse l'ultimo, più a sinistra. Lo guardò interessata mentre sollevava di nuovo lo sguardo su di lei e, a quel punto, si paralizzò.
I suoi occhi gialli e violetti, una sfumatura che non avrebbe mai dimenticato... lo conosceva. Ne era sicura. Non ricordò subito di chi si trattasse ma, quando ci riuscì, le parve che le si fosse aperto un mondo davanti. Sconvolta, strabuzzò gli occhi e non poté distrarsi per un po'.
L'uomo sbuffò, circondando la spalliera della sua sedia con un braccio e sollevando un lato delle labbra mentre dirigeva la propria attenzione su di lei.
«Tagliamo corto. Io sono...»
«Leone... Abbacchio?» pronunciò quindi la ragazza, con abbastanza sicurezza.
Questa volta, tutti quanti tacquero e la osservarono come se avessero davanti un'indovina. Nemmeno Bucciarati capiva cosa stesse accadendo.
L'uomo con cui stava parlando piegò la testa e alzò un sopracciglio, confuso e schivo.
«Come diavolo fai a sapere il mio nome? Non mi ero ancora presentato.» domandò mentre Fugo iniziava a tamburellare le dita sul tavolo, inquieto.
Irene realizzò cosa avesse appena fatto. Scrollò le spalle e scosse la testa, desiderando solo di potersi pizzicare un braccio e giudicandosi come una stupida.
«No, io... devo averlo sentito prima di entrare, quando stavate parlando tra di voi. Diciamo che ho tirato a indovinare.» si giustificò in un attimo, stringendo i denti.
Abbacchio, il poliziotto che in centrale, tanto tempo prima, aveva deciso di darle un consiglio di vita quando a nessun'altro era mai importato di lei. Un piccolo gesto che però, per lei, significava tanto. Le sue parole erano diventate un'ispirazione per Irene, che giorno dopo giorno cercava di fare della sua vita qualcosa di buono, pur fallendo di continuo. Era grazie a lui se non aveva ancora toccato davvero il fondo senza possibilità di ritornare a galla, di vivere davvero.
Eppure, lui non sembrava ricordarsi di lei. Certo, aveva sicuramente incontrato un sacco di persone in questura e non mancavano i giovani sciocchi che combinavano bravate e finivano lì per qualsivoglia motivo, esattamente come lei. Nulla le vietava di credere che, magari, il poliziotto dicesse la stessa cosa a tutti gli altri, per assicurarsi che non commettessero lo stesso errore una seconda volta.
Avrebbe fatto luce sulla questione più tardi, possibilmente in privato. Per il momento doveva ancora capire il perché lui si trovasse là, insieme a dei malavitosi, se era un poliziotto. E ancor di più, giudicò ironica la scelta del destino di farli incontrare così all'improvviso.
«Comunque sia», sviò Pannacotta Fugo, alquanto distaccato e impassibile, «Stando a quanto riportato da Narancia e Irene, il nemico cercava di catturare o uccidere lei.» portò all'attenzione di Bucciarati, parlando direttamente con lui.
Il capo annuì.
«Cacciatore, per caso conoscevi il nemico? Hai mai avuto discussioni con lui, o fatto qualcosa che possa averlo portato a prendere questa scelta?»
«No, a dire il vero non sapevo nemmeno chi fosse finché Narancia non ha trovato il suo documento. Non so cosa volesse.»
Mista incrociò le gambe e si grattò il mento, confuso.
«Caspita. E se fosse stato solo uno squilibrato?»
«Nemmeno un folle attaccherebbe il suo obiettivo all'impazzata in pieno giorno e nei pressi del centro città. Più che matto, sembra che fosse frettoloso.» ribatté il capo.
Narancia si schiarì la voce, deciso a intervenire a sua volta nella discussione dopo aver smaltito il broncio.
«Non credo che fosse da solo, quel maledetto. Prima di togliersi la vita ha detto che "la sua fedeltà" andava oltre la morte. O qualcosa del genere. In ogni caso, se ha detto di essere fedele a qualcuno allora significa che non lavora da solo, giusto?» analizzò bene la situazione.
Fugo sorrise e ammiccò in direzione del compagno dall'altro lato del tavolo. «Ottima osservazione, Narancia, congratulazioni. Per non parlare della capacità di memoria.»
«A furia di studiare ho imparato a ricordarmi le cose importanti...»
«Tornare a scuola è stata una scelta più che giusta. Sono felice che si sia rivelato un successo.»
Mista quasi cadde dalla sedia, ricordando qualcosa.
«Ah! A proposito, Narancia, oggi il professore di matematica non doveva consegnarti i risultati della verifica della settimana scorsa?» domandò. Immediatamente l'attenzione del gruppo ricadde sul ragazzino.
«Già, ce le ha restituite e stavo per portarla a voi, ma quel bastardo di Hungry Planet ha fatto a pezzi il foglio nel combattimento. Il professore mi farà una bella lavata di capo...» sospirò per poi riprendersi, «Però ho preso un bel sei, questa volta!»
«Sei?!» esclamarono in coro Fugo e Mista. Quest'ultimo continuò subito dopo. «Cavolo, hai davvero preso sei? Complimentoni, Narancia, sei davvero migliorato!»
«Vedi? Te lo dicevo che il tuo duro lavoro prima o poi sarebbe stato ricompensato.» sorrise ancora Fugo.
«Non viziatelo troppo o non s'impegnerà oltre.» li riprese pacatamente Abbacchio, appoggiando la guancia a una mano e probabilmente trattenendo un'espressione lieta da quando aveva udito la notizia.
Narancia si passò una mano fra i capelli, imbarazzato quanto contento di tutte quelle attenzioni.
«Ah ah... sempre se deciderà di non abbassarmi il voto quando gli dirò che non ho più il foglio della verifica...»
A questo punto fu Bucciarati a parlare.
«Sono molto orgoglioso di te, Narancia. Sono sicuro che a fine anno otterrai dei voti ancora più alti e che il tuo professore ti lascerà quel sei anche senza il foglio. In caso contrario andrò a parlargli per chiederglielo di persona, dopotutto adesso sono il tuo tutore legale.» sorrise con la stessa espressione che avrebbe avuto un reale genitore.
Irene lo osservò quasi rapita: aveva davvero firmato le carte per diventare il responsabile di un ragazzo più piccolo? Non che non ne fosse capace, data la sua influenza in città, ma si rivelava comunque una scelta alquanto doverosa e che necessitava attenzioni particolari, e lui era un ragazzo giovane come gli altri, forse addirittura più di Abbacchio, anche se circondato da quella speciale aura di maturità ed educazione che lo rendevano simile a un adulto.
Poco dopo l'espressione del giovane uomo tornò a essere pragmatica come quella di sempre e la magia svanì.
«Per il momento, però, non perdiamo di vista la tematica principale. A quanto pare questo Gabriele Ferragamo rispondeva a degli ordini che gli imponevano di rapire o uccidere Cacciatore. Dovrò chiedere alle autorità di permetterci di fare delle indagini per conto nostro, così potremo scoprire qualche indizio che possa rivelare di più sulla faccenda.»
Irene cacciò subito una mano in tasca e afferrò il cellulare, quasi scarico ma per fortuna ancora acceso. Frettolosamente, pigiando i pesanti tasti e le frecce, trovò in galleria la foto del segno marchiato a fuoco sulla pelle di Ferragamo.
«Il nemico aveva questo simbolo sul collo. Non so cosa possa significare, ma non ha l'aria di essere un tatuaggio.» disse mentre mostrava la foto al capo della squadra. Tutti gli altri si sporsero per dare un'occhiata e, a quel punto, Fugo s'irrigidì.
«Credo di aver già visto qualcosa di simile altrove...» si tastò la fronte, sforzandosi di ricordare, «Sì, ho trovato! È un sigillo esoterico. L'ho letto in un libro molti anni fa. Se non erro, questo si riferisce all'Arcangelo Gabriele della religione ebraica. Sono sigilli che derivano dalla formazione del nome ebraico sulla Croce di Rose e che vengono impressi su talismani o strumenti religiosi per la preghiera o le invocazioni. Non capisco, però, come possa essere collegato al nemico...» spiegò per filo e per segno, abbastanza sicuro di sé e dimostrando di essere un grande studioso.
Mista emise un lungo verso pensieroso.
«Magari faceva parte di una setta religiosa o una scemenza simile?» propose.
«Sembra la soluzione più plausibile. Oppure potrebbe essere una scelta personale, per quanto insolita possa apparire.» giudicò Bucciarati.
Narancia borbottò sottovoce.
«Be', detto da qualcuno che ha tutto il torso tatuato...»
«Hai detto qualcosa, Narancia?»
«Nulla, capo!»
Irene non poté trattenersi dal lanciare un'occhiata a Bucciarati e, in particolar modo, al curioso scollo sul suo vestito bianco puntellato da segni neri a forma di goccia, che lasciava intravedere i pettorali allenati e, come aveva detto il giovane studente, anche un interessante rete di linee nere che quasi sembrava un ricamo.
Prima che qualcuno si accorgesse di dove fosse caduto il suo sguardo, riportò gli occhi sul piccolo schermo del telefono e si trattenne dal fare una battuta sul fatto che Bucciarati non sembrasse affatto un "tipo da tatuaggio", considerata la sua perenne serietà e il grande segno di responsabilità.
Pannacotta Fugo sospirò.
«Potrei fare ricerche e cercare di scoprire qualcosa in più, ma mi ci vorrà del tempo. Sorge il problema che potrebbe trattarsi di un componente di una squadra, come gli assassini che l'anno scorso hanno cercato di rapire Trish.»
Mista intervenne di nuovo.
«In tal caso ci basterà tenere d'occhio Irene, no? Se stanno cercando lei, prima o poi qualcuno salterà fuori.»
Abbacchio mostrò una smorfia poco convinta. A quanto pare l'idea di avere una novellina fra loro non lo entusiasmava troppo. Anche Fugo gli lanciò una sorta di occhiataccia, mentre Bucciarati si limitò a rinchiudersi in una profonda riflessione.
Narancia alzò gli occhi su una finestra poco lontana, forse un po'imbarazzato.
«Ecco... passare il tempo con Trish non è stato male, e da quando è diventata una cantante famosa non abbiamo più avuto occasione di vederla molto.» iniziò quindi, attirando su di sé l'attenzione.
«Insomma... quello che sto cercando di dire è che magari ci farebbe comodo una ragazza in squadra.»
«Una ragazza?» gli fece eco, scettico, Abbacchio.
Mista ridacchiò. «Dillo che ti piace essere coccolato, Narancia! Con quell'aria da piccoletto le conquisti tutte.»
«Ripetilo e ti massacro!» alzò la voce il ragazzino, benché avesse chiaramente le guance più rosse.
«Smettetela di litigare.» li riprese Bucciarati. Irene si chiese come facesse a mantenere quella pazienza con un gruppo di sottoposti tanto chiassoso.
Bastò quella semplice frase e tutti tacquero e lo osservarono in silenzio, come in attesa di un'ordine o di una sua decisione. Sembravano tutti molto leali al loro capo. Tutti molto uniti. Una vera famiglia. La ragazza percepì un clima di fiducia e unione mai respirato prima in vita sua.
«Narancia,» chiamò poi l'uomo, «Stai suggerendo di far entrare in squadra Cacciatore?» chiese. Non sembrava arrabbiato, affatto.
«È un'idea.» rispose Narancia sollevando le spalle, «Dopotutto è una portatrice di Stand, no? Uno in più potrebbe farci comodo. E questa ragazza ispira fiducia, anche se mi ha nascosto una parte di verità.» sospirò.
Irene calò la testa. «Ho chiesto scusa... e non è una cosa che faccio tutti i giorni.»
Fugo intervenne. «Uno Stand? E che potere ha?» domandò, schivo.
Bucciarati stava per parlare, ma Irene fu più rapida.
«Non lo so ancora. Non ho mai visto il mio Stand, ma riesco a vedere l'Aerosmith di Narancia e lo Sticky Fingers Di Bucciarati.» rivelò ricordando ancora il nome pronunciato dal capo.
Quest'ultimo non sembrava contento e Irene capì perché: non avrebbe dovuto rivelare la sua condizione a Fugo. Lui non voleva sapere nulla del suo Stand, solo metterla alla prova, e quella prova l'aveva fallita.
«Che ce ne facciamo di qualcuno che non sa nemmeno come usare il suo Stand?» chiese Abbacchio, pronto a coprirsi di nuovo le orecchie con un paio di cuffie per isolarsi un po'e ascoltare della musica.
Bucciarati non apprezzò il suo commento. «Qualcuno di voi sapeva anche solo cosa fosse uno Stand, prima di diventare un gangster?» lo riprese con aria più nervosa ma affatto scomposta. «Cacciatore è proprio come Trish. Il suo è uno Stand innati che ha iniziato a risvegliarsi solo di recente, mentre noi abbiamo dovuto acquisirne uno tramite l'uso della freccia posseduta dal precedente Capo Regime, Polpo. Questo mi porta a pensare che, una volta rivelato e domato, il suo potrebbe essere uno Stand potente. Quello di Trish, ad esempio, è dotato di un intelletto proprio.»
Le sopracciglia di Fugo si abbassarono. «Bucciarati, perché riveli così tanto davanti a questa ragazza? Non sappiamo ancora se fidarci o no. A meno che...»
«A meno che io non abbia già deciso di accoglierla in squadra.» fu lui a completare la frase.
Vi fu un sussulto generale e Narancia arrivò persino a sorridere.
Irene era la più allibita di tutti. Non credeva a quanto aveva udito. Non le sembrava vero. Aveva chiesto all'uomo di prenderla nell'organizzazione un mese prima e lui aveva rifiutato. Ora, però, stava cambiando idea.
«Ma... credevo che avessi detto...» balbettò, senza finire la frase.
«Lo so. E continuo a pensare che sarebbe stato meglio per te evitare tutto questo e tenerti lontana da noi e dalla nostra vita spericolata. Però adesso sappiamo che sei il bersaglio di un gruppo avversario che opera nello stesso territorio di Passione senza alcuna autorizzazione e per motivi sconosciuti. Il mio proposito era quello di tenerti al sicuro ed è esattamente ciò che intendo far tutt'ora.» spiegò a occhi chiusi e braccia conserte, accavallando le gambe con una certa compostezza, «Abbandonarti a te stessa ora che non hai modo di difenderti contro dei nemici possessori di Stand equivarrebbe al condannarti a una fine terribile. Non permetterò che accada, anzi, ti aiuterò a sviluppare il tuo Stand e a controllarlo a tuo piacimento. Fino a quel momento, se non ti dispiace, devo chiederti di restare vicina alla nostra squadra in maniera tale che possiamo agire in situazioni d'emergenza. Un trasloco sarebbe un problema per te?» domandò in tutta sicurezza.
«Bucciarati!» Abbacchio intervenne di nuovo, «Lo stai facendo davvero? Sai benissimo che chiunque sia questo nemico non ha interesse nell'inimicarsi Passione. Vogliono solo lei. Non siamo obbligati ad attirare su di noi una nuova minaccia proprio ora che abbiamo fatto fuori Diavolo.»
Narancia sussurrò a Irene una spiegazione in tempo reale. «Diavolo era il Boss di Passione prima di essere sconfitto. Il nome gli calza a pennello, era un tiranno e un assassino. Una vera carogna, insomma.»
Irene annuì comprendendo, ma restando preoccupata per la disputa tra Abbacchio e il capo della squadra, che controbatté immediatamente.
«Come ho già detto, Abbacchio, non abbandonerò Cacciatore al suo destino. E l'unico modo per proteggerla è tenerla sotto controllo.», tornò a guardare Irene, «Quindi?» le ripropose la domanda.
Irene viveva in uno squallido monolocale al piano di sopra rispetto a un bar particolarmente chiassoso. A volte non funzionava bene la luce, altre volte l'acqua. E riuscire ad addormentarsi nel fine settimana era un vero incubo. Avrebbe fatto ciao ciao con la manina a quella catapecchia più che volentieri.
«E dove dovrei trasferirmi?» chiese incuriosita.
«Ho una casa nella periferia di Napoli, in una zona tranquilla e vicina alla spiaggia. Te ne avevo già parlato, ricordi?» le spiegò tranquillamente.
Quella domanda non piacque all'uomo dai capelli bianchi e le labbra tinte di viola, che con un borbottio mostrò il suo disappunto.
Irene annuì.
«Da qualche settimana, anche Fugo e Narancia abitano lì, ma c'è ancora spazio per qualcuno. Abbacchio e Mista possiedono degli appartamenti altrove, in città. Ritengo che trasferirti con noi sia la scelta più sicura. Se una volta debellata la minaccia vorrai tornare a vivere da sola sarai libera di farlo, ovviamente.» illustrò quindi lui, in attesa di una conferma.
Irene non aveva mai vissuto con nessuno. Persino quando abitava nella grande casa della famiglia del suo patrigno non aveva mai avuto davvero qualcuno con cui condividerla: sua madre non le dava mai particolari attenzioni e il marito, che non era davvero suo padre, faceva di tutto per evitarla, ritenendola insopportabile. Non aveva mai avuto fratelli o sorelle prima che sia madre partorisse di nuovo, ma non aveva nemmeno avuto modo di conoscere il piccolo Ezio, suo fratellastro nato da pochi anni, in quanto venne mandata via di casa alla sua nascita. L'idea di trasferirsi in un appartamento con altri tre uomini era una scelta ardua da compiere. Avrebbe dovuto dire addio a una parte della sua libertà, ad alcune abitudini e ai suoi ritmi. Avrebbero davvero pranzato e cenato assieme? Quasi non ci credeva. Tutto sommato, però, l'idea non le dispiaceva affatto. Ciò che Bucciarati le stava offrendo era anche una buona compagnia, a giudicare dalla sua protettività benché si conoscessero appena e la simpatia di Narancia. Fugo, invece, sembrava un ragazzo calmo e intelligente, ma non poteva ancora formulare un'idea precisa su di lui.
La risposta fu spontanea, quasi disperata, dopo anni e anni di solitudine.
«Sarebbe... un piacere, immagino.» pronunciò ancor prima di riflettere sulle proprie parole. Per un attimo volle maledirsi, ma il pentimento durò ben poco.
Bucciarati sorrise proprio come Narancia e Mista. Fugo e Abbacchio sembravano quelli meno convinti dalla scelta del capo.
«Allora è deciso. Oggi ti aiuteremo con il trasloco, Cacciatore, ma domani, se non ti dispiace, vorrei presentarti al nostro Boss.» propose.
Mista sussultò. «Aspetta, Bucciarati, vuoi davvero portarla da...?»
«Sì. Ripongo assoluta fiducia in lui e voglio che sappia dell'aggiunta di questa ragazza alla nostra squadra. Sono sicuro che capirà. E poi devo avvisarlo della nuova minaccia...»
«Se sapessimo chi è il nostro nemico, potrebbe eliminarlo in un istante.» sospirò Narancia.
«Dobbiamo prima valutare la sua pericolosità. Non credo sia necessario scomodare qualcuno come lui.»
«Questo è tutto da vedere, purtroppo.» commentò infine Fugo.
Quando la conversazione finì, a completare l'opera fu l'arrivo di un enorme piatto di pasta: una montagna di spaghetti al nero di seppia dall'odore invitante che fece venire l'acquolina in bocca ad Irene solo a vederlo.
«Questa volta lo offro io, sul serio.» riferì Bucciarati, aprendo una mano e usandola per indicare il piatto. «Non preoccuparti. D'ora in poi non farai più fatica a trovare qualcosa da mangiare. Buon appetito.»
Irene sentì gli occhi pizzicare. Non le sembrava vero... nessuno era mai stato così gentile con lei. Mai.
Aveva subito e subito e subito... ed era sempre stata sola. Senza una via di fuga. Le tornarono in mente le parole di Sergio, il suo caro amico: "Troverai le persone giuste."
Ecco, in quell'istante pensò davvero di averle trovate. La sua vita aveva subito una svolta e lei sarebbe andata contro al proprio destino senza paura. Perché non era più sola.
In un attimo afferrò le posate e si tuffò affamata sul piatto. Nessun pasto le era mai sembrato così buono, prima d'allora.

* * *

 

[ Spazio Autrice ]

Salve! Rieccomi a postare con tempistiche che non stanno né in cielo né in terra ma, almeno, sono riuscita a scrivere un capitolo abbastanza lungo. Finalmente Bruno è riuscito ad adottare per l'ennesima volta il bisognoso di turno, in questo caso Irene, che ancora non sa di essere entrata a far parte di una vera e propria famiglia. Non ci resta che chiederci: cosa accadrà quando incontrerà Giorno? E rivelerà ad Abbacchio di conoscerlo, anche se lui non ha memoria del loro incontro? L'obiettivo principale per adesso è scoprire l'identità del nemico, che non è uno solo e ha intenzioni misteriose. Questa bizzarra avventura continuerà presto ma, intanto, se vi va potete lasciare una recensione a questo capitolo e farmi sapere che ne pensate, lo apprezzerei molto! Come al solito io vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo, Arrivederci!

   
 
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