Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Ricorda la storia  |      
Autore: Napee    17/02/2020    2 recensioni
**Questa os ha partecipato all’iniziativa “Advent calendar” del gruppo facebook hurt/comfort Italia**

[BakuDeku] [suicidio]
Tratto dalla storia:
Mi ricordo del tuo sguardo. Eri serio. Attento. Solo con il lavoro riesci ad immergerti così.
Però i tuoi occhi guizzavano verso di me di quando in quando.
Non dicevi niente, non fiatavi.
Mi guardavi e i tuoi occhi parlavano per te.
Tu non mi volevi coinvolto in quel caso. Tu non mi volevi vedere ad agire sotto copertura con quel l’organizzazione criminale.
“I figli di Krono sono pericolosi, Kacchan! Tu non sai di cosa parli!”
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
•       Avevi ragione.




Doveva durare solo due mesi. Sarebbe dovuto essere un caso sotto le copertura di poco conto.
“Il tempo di sventare quello che hanno in mente e tornerò di nuovo a casa.”
Ma tu sapevi già che non era così, giusto?
Non sapevo del tuo coinvolgimento nelle indagini e mi sono stupito quanto te di ritrovarci insieme in quella stanza, seduti allo stesso tavolo ad ascoltare il presidente e il ministro della difesa che davano ordini.
Mi ricordo del tuo sguardo. Eri serio. Attento. Solo con il lavoro riesci ad immergerti così.
Però i tuoi occhi guizzavano verso di me di quando in quando.
Non dicevi niente, non fiatavi.
Mi guardavi e i tuoi occhi parlavano per te.
Tu non mi volevi coinvolto in quel caso. Tu non mi volevi vedere ad agire sotto copertura con quel l’organizzazione criminale.
“I figli di Krono sono pericolosi, Kacchan! Tu non sai di cosa parli!” Mi gridasti contro una volta arrivati a casa. Sfogasti la tua rabbia su di me, lasciasti uscire un fiume di parole pregne di ansia e apprensione e poi sopraggiunsero le lacrime.
Sei sempre stato un piagnone, lo sapevo già che avresti pianto anche quella volta.
Ricordo come mi supplicasti di rifiutare e come m’implorasti di lasciar perdere perché quella situazione in cui il governo mi stava mettendo, era troppo pericolosa per me.
Ricordo anche il mio orgoglio ferito nel sentire quelle parole.
Non volevo essere da meno di te, non l’ho mai voluto essere.
Non avevo ancora accettato la missione, ma mi ricordo che, dopo la nostra discussione, chiamai l’agenzia e confermai il lavoro.
Non te l’ho mai detto. Mi hai sempre rimproverato il fatto di agire e comportarmi come un bambino quando sono arrabbiato e quel colpo di testa somigliava tanto ad una di quelle situazioni.
Quella sera dormimmo separati. Non ti voltasti ad abbracciarmi come ogni notte. Restasti voltato dandomi la schiena e i singulti che le tue spalle facevano, mi lasciavano capire che non stessi affatto dormendo ma piangendo.
Avrei potuto abbracciarti e consolarti. Non mi avresti rifiutato.
Avremmo fatto l’amore e mi avresti convinto a rinunciare all’incarico.
E forse era proprio perché sapevo tutto questo, che non ti consolai mai.
Ti allontanasti sempre più da me.
Eri freddo. Gelido.
Quando il lavoro non mi teneva lontano per mesi da casa e potevo tornare da te, a stento mi rivolgevi la parola.
Mi cercavi di notte però, assicurandoti che dormissi prima di avvicinarti piano piano.
Mi baciavi, mi sussurravi che mi amavi e lasciavi che le mie mani vagassero su di te alla ricerca di un piacere che solo dai nostri corpi fusi insieme potevo provare.
Poi dormivamo abbracciati. Io cercavo di farlo almeno, ma tu so che restavi sveglio tutta la notte.
Sentivo le tue dita vagare sul mio corpo e soffermarsi su qualche vecchia contusione.
Contavi le nuove cicatrici, lo so. Ti preoccupavi per me quando non c’ero e quando tornavo controllavi quanto stessi bene in realtà.
Hai sempre saputo smascherare la realtà dietro alle mie risposte vaghe e strafottenti.
Hai sempre saputo vedere in me qualcosa che gli altri non hanno mai visto.
Avevi il dono di capire al volo, di capirmi al volo… sapevi più tu su di me di quanto io non abbia mai saputo.
Poi ci fu l’attentato a Seul. Ricordo che sudavo parecchio, ero in apprensione.
Mi stavano sul collo da qualche settimana e iniziavo a pensare che sospettassero di me.
Quando piazzai la bomba e mi voltai, avrei preferito vedere chiunque ma non te.
I tuoi occhi verdi mi trapassarono in un modo che non dimenticherò mai.
In quel momento mi tornarono in mente le parole che mi dicesti durante la nostra litigata.
E sai una cosa?
Avevi ragione. Era un lavoro troppo pericoloso, avrei dovuto rinunciarvi.
Avrei dovuto capire incontro a cosa stavo andando a testa bassa, avrei dovuto ascoltare le tue parole mentre mi mettevi in guardia, ma la voglia di raggiungerti e superarti, la voglia di tornare a sentirmi un gradino sopra di te a livello professionale mi aveva accecato.
Avevo visto la mia occasione di riscatto in qualcosa che brillava talmente tanto che mi aveva impedito di vedere bene tutto il resto.
Ti avevano riconosciuto anche se non eri vestito da eroe.
“È Deku” mi aveva avvisato il capo dall’auricolare.
“Ammazzalo”
Un ordine che mi uccise piano piano.
Mi scagliai contro di te cercando di farti allontanare. Combattevo senza volerlo fare davvero. A stento riuscivo a farti il solletico, ma era lo spettacolo quello che importava. Gli altri dovevano vedere che eseguivo l’ordine e forse i sospetti sul mio conto si sarebbero dissipati.
Ti spinsi in un vicolo con un’esplosione un po’ più forte. Cadesti su un fianco abbastanza lontano dagli altri e così fui libero di saltarti addosso senza destare troppi sospetti.
Tirai fuori un pugnale e feci finta di accoltellarti. Le tue mani corsero leste ad impedire quel movimento che comunque non avrei mai fatto.
“Vattene da qui, nerd!” Sussurrai piano.
“Ti hanno riconosciuto, scappa.”
Poi mi sorridesti in un modo che non dimenticherò mai.
Eri sereno, tranquillo. Solo i tuoi occhi tradivano una rassegnazione che non comprendevo.
“Sono l’esca.” Mi sussurrasti piano, ma io non capì.
I passi frettolosi dei miei compagni giunsero alle mie spalle.
“È una trappola!” M’informarono gridando, mentre eroi su eroi accorrevano per arrestare quanti più membri della banda possibile.
“Devi andare, non ti arresteremo ma devi fingere la fuga.” Mi sussurrasti ancora frettolosamente.
Ma il coltello era ancora fra di noi.
Strinsi i denti e ringhiai nel momento esatto in cui lasciai scivolare la lama nella mano e sul braccio.
Dovevo fingere una colluttazione andata male e quello mi sembrava il modo migliore.
Ma tu mi disarcionasti. Non lo avevo previsto.
Saresti dovuto rimanere a terra invece di alzarti subito.
Saresti dovuto fuggire da quel putrido vicolo, gli altri membri della banda stavano arrivando.
Mi montasti sopra e mi costringesti a terra. Stavi per dirmi qualcosa, ma uno sparo riempì il vicolo.
I tuoi occhi si sbarrarono. Dalla tua bocca uscì un rumore strozzato.
Io non capì subito, mi ricordo che guardammo entrambi la chiazza rossa che si espandeva sui tuoi vestiti con stupore e sconcerto.
La mano del mio compare comparve fra di noi. Ti scagliò via da me come spazzatura e poi mi prese a cavalcioni mentre ti guardavo accasciarti contro il muro e perdere quello che mi sembrava fin troppo sangue.
Ti lasciai così, a lottare con la morte mentre io venivo trascinato via da degli sporchi sicari.
La notizia della tua morte mi giunse qualche settimana dopo.
Lo appresi dal notiziario nel bunker dove ci nascondevamo.
Ero distrutto. Devastato. Ma dovevo mantenere le apparenze o mi avrebbero scoperto.
Mi dissi che era solo una strategia del presidente e mi aggrappai a quella menzogna con tutto me stesso.
Poche settimane dopo l’organizzazione criminale conosciuta come I figli di Krono cessò di esistere.
Arrestarono il capo banda, un politico che gestiva i narcotraffici di mezzo mondo tramite una densa rete di sottoposti senza scrupoli.
Una volta preso il capo, catturare i pesci piccoli non era stato un problema e gli eroi di tutto il mondo si erano prodigati affinché ognuno di essi scontasse la sua restante vita in galera.
Quando tornai a casa nostra, mi stupì di non trovarti lì. Le tue cose erano in giro come sempre, ma mancava la tua presenza in quella casa. Mancava quel calore che solo la tua voce che mi dava il buongiorno poteva donare.
Non mi abituai mai alla tua assenza. Era come morire ogni minuto che passava.
Rivedevo in continuo l’istante della tua morte ogni volta che chiudevo gli occhi.
Smisi di mangiare. Non avevo fame.
Tua madre mi faceva visita di quando in quando e mi carezzava il viso trattenendo le lacrime.
Sapevo di non esserle mai piaciuto. Sapevo che non era mai stata entusiasta della nostra relazione e mi faceva uno strano effetto vederla compatirmi senza però proferire parola.
Mia madre invece cercava di aiutarmi come poteva. Era finalmente diventata la madre premurosa e attenta che avevo sempre voluto.
Non so come, ma iniziai a prendere antidolorifici. Non sapevo nemmeno di averli in casa. Ricordo che avevo un sacco mal di testa e tutto ciò che volevo era dormire.
Dopo aver finito la prima scatola, il dolore iniziò ad andarsene.
Ne presi altri. Tanti. Non ho idea di quanti.
E dopo un po’, quando il mio corpo iniziava ad essere un qualcosa di leggero e lontano, dietro ai miei occhi chiusi non vidi la tua morte, ma te.
Tu che mi sorridevi innamorato. Tu che dicevi di amarmi. Tu che arrossivi di vergogna mentre facevamo l’amore per la prima volta.
Te. Ovunque.
Mille volte te e non ne ero mai sazio. Volevo continuare a vederti così: raggiante, felice. Vivo.
L’ultima pillola non la presi mai. Mi scivolò dalle dita prima che potessi metterla fra le labbra.
Non riuscivo più a respirare bene, qualcosa nella mia gola non faceva passare l’ossigeno. 
Ed era strano… meno respiravo e più riuscivo a vedere il tuo viso con chiarezza. E cosa poteva mai importarmi di respirare se potevo vederti?
Era uno scambio equo. Mi andava bene.
Smisi di respirare, smisi di oppormi alla sensazione di affogare e abbracciai con tutto me stesso il ricordo di te. Di noi. Insieme di nuovo.
 
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: Napee