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Autore: TittiGranger    05/08/2009    16 recensioni
- Ce l’avresti fatta lo stesso. Comunque, in ogni caso. - disse Ron, tornando alla domanda di Hermione. Lei scosse la testa lentamente - No, lo sai. Io invece, quando hai dovuto distruggere il tuo, non ti ho aiutato… io non c’ero per aiutarti. Ron si voltò verso di lei e le sistemò i capelli dietro le orecchie. - Oh, sì che c’eri - le disse. Lei lo guardò confusa - No, Ron, io non… oh! - esclamò capendo a cosa alludesse. Ron strinse le labbra, mentre quel ricordo si ripresentava vivido di fronte ai suoi occhi. - Ti va… ti va di parlarne? - chiese lei, incerta. Lui sospirò e prese coraggio.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Un venticello fresco aveva iniziato a soffiare, dando agli abitanti della Tana un po’ di tregua dal caldo infernale che li av

Un venticello fresco aveva iniziato  a soffiare, dando agli abitanti della Tana un po’ di tregua dal caldo infernale che li aveva travolti fino a quel momento.

Cinque giorni.

Tanti ne erano passati dal funerale di Fred.

Il via-vai dei familiari sembrava essersi placato negli ultimi giorni. Gente che raggiungeva la Tana per portare il proprio sostegno ai parenti.

 

Ron non ne poteva più.

Ultimamente non faceva altro che annuire di fronte alle condoglianze dei suoi pseudo parenti e ringraziare.

E lo stesso i suoi fratelli.

 

Quel venerdì pomeriggio, però, l’ondata familiari pareva essersi arrestata.

E ogni ragazzo Weasley ne aveva approfittato per fuggire dalla dolorosa tranquillità del casa.

George si era chiuso in camera.

Harry aveva portato Ginny a fare una passeggiata verso il lago.

Percy leggeva o almeno faceva finta; gli occhi fissi su una pergamena scarabocchiata.

Ron era uscito in cortile. Seduto sotto il suo albero riusciva a rilassare i nervi grazie a quell’improvviso e gradito vento.

 

Era la prima volta che riusciva a fare mente locale della situazione, dopo giorni.

Gli ultimi dopo la battaglia erano stati assurdi, quasi irreali.

Ma ormai, nonostante il dolore insopportabile, ognuno di loro stava tentando di riappropriarsi dei propri pensieri.

E il primo pensiero di Ron, in quel momento, era uno solo.

Hermione.

 

Appoggiò la testa al tronco e chiuse gli occhi, sospirando.

Riportò alla memoria il momento in cui le sue labbra avevano sfiorato quelle di lei; il desiderio insostenibile di stringerla e non lasciarla più, anche se intorno a loro, il mondo stava crollando…

Non ricordava quasi niente della battaglia. Soltanto immagini indistinte, sfocate.

Ma quello… oh, quello se lo ricordava. Perfettamente.

Ogni singolo, meraviglioso particolare.

Il suo profumo, la sensazione del tessuto della maglia di Hermione quando l’aveva stretta, la sua leggerezza quando l’aveva sollevata, travolto dall’entusiasmo e dal  desiderio di quel momento…

 

Colse una margherita gialla vicino a lui e incominciò a rigirarsela fra le dita.

Quel bacio era solo un inizio, ne era sicuro.

L’inizio… di qualcosa non ancora identificato, ecco. Ma pur sempre un inizio.

Con Hermione non ne aveva parlato.

Si erano limitati entrambi ad una specie di consapevole silenzio.

Parlavano a gesti. E non si erano mai capiti così tanto.

Lei gli aveva tenuto la mano per tutta la durata del funerale di Fred.

Lui le dava un bacio in fronte ogni mattina, quando si incontravano a colazione.

Lei gli aveva portato il pranzo in camera, ogni volta che Ron non aveva avuto la forza di scendere al piano inferiore ad affrontare l’ennesimo piagnisteo di qualche anziana zia.

 

Ma a parole… nessuno dei due aveva mai affrontato l’argomento.

Ron guardò verso la Tana, in lontananza. Amava quel posto, quell’albero.

Era abbastanza lontano da non essere visto, ma sufficientemente vicino da riuscire a vedere la casa.

Quando era più piccolo, era il posto dove si andava a rifugiare quando litigava con la sorella.

Un’ombra si dipinse sul terreno ai suoi piedi.

Alzò lo sguardo.

 

- Lo sapevo che qui ti avrei trovato.

Hermione lo guardava preoccupato, l’ombra di un sorriso sul suo volto.

Aveva le braccia strette al petto, come se avesse freddo.

Il vestito blu che indossava sembrava alleviare il pallore del suo viso.  Ron dovette reprimere l’impulso di accarezzare quel visino, di baciarlo.

I suoi occhi si posarono un attimo sulla cicatrice lasciata dal coltello di Bellatrix; Ebbe un fremito di rabbia.

 

Annuì - Già. Vengo spesso qua a pensare… quando voglio allontanarmi dagli altri. E’ uno degli svantaggi nell’avere una famiglia numerosa.

Hermione rise, senza entusiasmo - Ero venuta a vedere solo se stavi bene. Vado via se vuoi.

 

Lui la guardò dal basso. Figurarsi, era l’ultima cosa che avrebbe voluto.

- Certo che no - disse - Tu non sei gli altri.

Percepì le sue orecchie scaldarsi. Tese una mano, che Hermione afferrò.

Si sedette accanto a Ron, cercando la posizione meno scomoda.

Alla fine, si appoggiò al tronco, tirando verso di sé le gambe.

 

- Come stai? - chiese lei. Non glielo aveva mai chiesto fino ad allora, perché conosceva già la risposta.

Lui fece spallucce - Bene. 

Lei annuì.

- Hermione? - un sussurro.

- Mmmm?

- Come fai ad esserci sempre?

 

Si voltò a guardarlo; lo sguardo di Ron, invece, già da tempo era fisso sul profilo di lei.

- C-cosa? - chiese Hermione, perplessa.

- Quando ho bisogno di te. Tu ci sei sempre… come fai?

- Oh, bè… - le venne da sorridere - Credo sia un… istinto naturale.

- Già, come pensavo - disse Ron, pensoso - Io invece, non sono riuscito a fare lo stesso con te - aggiunse tristemente, distogliendo lo sguardo e puntandolo altrove.

 

- Ron, non è vero. Tu ed Harry ci siete sempre stati quando ho avuto bisogno. Siete sempre stati i miei punti di riferimento - gli sorrise.

Lui scosse la testa - Harry forse. Ma io… sono più le volte che ti ho fatto piangere che altro.

Hermione sospirò - Non dire così. Non è vero.

Neanche lei riusciva a mentire in modo convincente.

 

- E’ così… - continuò lui - Sono stato spesso… com’è che mi avevi detto? Ah, sì. Uno stronzo.

Hermione ridacchiò al ricordo: ripensando, a mente fredda, al ricordo di quando Ron era tornato da lei ed Harry, la scena appariva quasi comica.

- Mah… forse in quel caso, un po’ stronzo ci sei stato - confermò.

Lui annuì, ma aveva le labbra piegate in un sorriso.

-  E anche quando ti sei messo con Lavanda.

 

Merlino, la lista si presentava lunga.

Ron le afferrò lentamente una mano, intrecciando le dita con le sue.

- Hai ragione. Proprio uno stronzo - disse Ron, dispiaciuto.

Lei se ne accorse.

- Ce ne siamo fatte tante a vicenda, non è soltanto colpa tua - si affrettò a dire.

Lui le baciò la mano, continuando a fissare il vuoto - Lo è. Avrei dovuto fare qualcosa. Invece… forse perché io contavo sempre su di te, sapevo che tu c’eri sempre, anche quando non me lo meritavo, Hermione. Tu eri con me.

 

Hermione piegò la testa di lato e lo guardò, sospirando.

Voleva fare qualcosa per alleviare la tristezza e i sensi di colpa che leggeva negli occhi di Ron, ma non trovava le parole.

- Tu c’eri, Hemione. E io non ho mai fatto niente.

Lei scosse la testa convinta - Ron, non è così! Chi mi ha aiutato a sconfiggere l’Horcrux nella camera dei Segreti? - le si spezzò la voce - Cosa avrei fatto… se non ci fossi… stato tu? - continuò a spezzoni.

 

La memoria di Ron tornò a quel ricordo…

Hogwarts, Camera dei Segreti.

Avevano appena trovato ciò che stavano cercando. E andava distrutto.

Ron afferrò da terra una zanna di basilisco e la passò ad Hermione.

- Devi farlo tu.

 

Lei fece un passo indietro scuotendo la testa, lo guardò orripilata.

- No io… non posso, Ron, non sono in grado, io non…

Ron l’aveva afferrata per un braccio, mettendole in mano la zanna.

- Certo che puoi - la guardò fisso negli occhi, tenendole il viso fermo con le mani - Ci sono io qua. Non ti lascio neanche un secondo, ma devi farlo tu.

 

Ron sapeva che avrebbe sofferto, ma una volta finito, sarebbe stata molto più forte.

Più forte di quanto non fosse già.

Hermione annuì, nervosa. Si diresse verso il punto in cui era abbandonata la coppa di Tassorosso.

Quando fu a pochi passi di distanza uno strano liquido iniziò a fluire dall’interno della Coppa.

Hermione si bloccò, terrorizzata.

Ron le fu subito dietro - Sono qua, dietro di te. Stati tranquilla, non c’è niente di vero. Niente.

 

Il liquido scuro si faceva mano mano più denso, e ad un tratto si allungò,  prendendo forma umana.

Due persone si formarono dal liquido fuoriuscito, un uomo e una donna.

Ron li riconobbe subito, nonostante li avesse visti poche volte. E poi, gli occhi della donna li avrebbe riconosciti tra milioni: erano gli stessi di Hermione.

 

- Mamma… papà… -sibilò la ragazza. Li fissò con gli occhi sgranati.

- Chi è questa, tesoro? - disse la finta signora Granger rivolta al marito.

- Non ne ho idea, cara.

- Mamma, papà! Sono io! - gridò Hermione, lasciando cadere a terra la zanna - Sono Hermione, vostra figlia.

 

- Ma noi non abbiamo nessuna figlia - disse il finto signor Granger.

- E di certo non vorremmo te una figlia come te. Chi ti vorrebbe?

Il viso di Hermione si rigò di lacrime.

Ron la scosse per le spalle, tentando di farla entrare in sé - Hermione, la coppa! Distruggila! Non starli a sentire! - gridò.

 

Ma la ragazza non ebbe alcun tipo di reazione.

- Nessuno, di certo - confermò il signor Granger - Vero Harry?

Dalla Coppa era fuoriuscito altro liquido, che allungandosi aveva preso la forma di Harry.

- Ha perfettamente ragione, signore. Nessuno la vuole… perché dovremmo? Io sono il Prescelto, Ron un Purosangue.  Che ce ne facciamo di te?

 

Hermione tremava, scuotendo la testa.

- Hermione! Distruggi la coppa e non starli a sentire! - gridò Ron - Vuole farti cedere, niente è vero!

- Sì che lo è Hermione - disse il finto Harry - L’hai sempre pensato anche tu. E lo pensiamo anche noi… diglielo Ron.

 

Con grande orrore del vero Ron, altro liquido iniziò nuovamente a fluire, prendendo stavolta le sue sembianza.

Gli occhi di Hermione erano spalancati, una mano sulla bocca. Sembrava completamente indifesa.

- E’ vero quello che dice Harry - disse il finto Ron - Nessuno vuole una Mezzosangue né come figlia né come amica. Io non ti voglio - continuò con cattiveria.

Hermione si mise le braccia sulla testa per non sentire - No, no, no… no… no, no, no…

- Non dargli ascolto! - urlò Ron - Io sono qui, Hermione, qui con te!

 

- E’ inutile Hermione, servivi solo a passarmi i compiti. Ora non mi servi più, - proseguì il finto Ron - non servi più a nessuno. E quando morirai, nessuno si ricorderà di te. Neppure i tuoi genitori. E nemmeno io.

- Non è vero, Hermione, non è vero! - gridò Ron disperato. Si avvicinò a lei, raccolse la zanna e gliela mise in mano - Devi farlo! Non c’è niente di vero.

Hermione shockata guardò prima la zanna poi la Coppa.

- Niente di vero… - ripetè lei.

- Sì, sì, piccola sì -annuì Ron - Distruggila.

Hermione fece di nuovo alcuni passi verso la Coppa, armata di zanna.

Quando arrivò ai piedi dell’Horcrux si bloccò. Il finto Ron parlò di nuovo, un ghigno dipinto sul volto.

- Non mi è mai importato niente di te e quando morirai io mi dimenticherò di te, insieme a tutti gli altri.

 

Hermione vacillò, ma strinse la zanna più saldamente.

- Ma io non morirò - sussurrò e colpì la coppa, con tutta la forza che aveva, con tutta la rabbia che aveva accumulato.

 

Un bagliore, simile ad un’esplosione li travolse. Ma tutto si placò in un attimo.

Hermione lasciò cadere di nuovo la zanna, che rimbombò sul pavimento freddo e umido.

Si mise le mani sulla faccia e cominciò a piangere, cacciando fuori tutto il dolore che quella visione le aveva procurato.

Ron la raggiunse in tre passi, stringendola forte. Lei lo abbracciò stretta, ma continuò a singhiozzare.

- Sshhh. E’ finito. Sei stata bravissima.

 

- Ron…  - disse tra un singhiozzo e l’altro, il volto nascosto nel petto del ragazzo - E’ stato terribile… è vero, tutto… i miei genitori non sanno neanche che esisto… e se succedesse qualcosa… anche Harry e te… tu non… oh, Ron…

Ron la strinse più forte - Non ti succederà niente. Non lo permetterei mai. Non piangere, è tutto finito. Ci sono io qua con te - e continuò a stringerla finchè i singhiozzi non cessarono del tutto…

 

 

- Ce l’avresti fatta lo stesso. Comunque, in ogni caso. - disse Ron, tornando alla domanda di Hermione.

Lei scosse la testa lentamente - No, lo sai. Io invece, quando hai dovuto distruggere il tuo, non ti ho aiutato… io non c’ero per aiutarti.

Ron si voltò verso di lei e le sistemò i capelli dietro le orecchie.

- Oh, sì che c’eri - le disse.

Lei lo guardò confusa - No, Ron, io non… oh! - esclamò capendo a cosa alludesse.

Ron strinse le labbra, mentre quel ricordo si ripresentava vivido di fronte ai suoi occhi.

- Ti va… ti va di parlarne? - chiese lei, incerta.

Lui sospirò e prese coraggio.

 

- Era sempre lo stesso gioco - disse con voce atona - Eravate tu ed Harry. E… non è stata una cosa… piacevole - fece una smorfia al solo pensiero. Evitava accuratamente di guardarla.

- Cosa è accaduto? - insistette Hermione. Aveva capito che quel ricordo lo turbava e riteneva che parlandone se ne sarebbe liberato, almeno in parte.

- Tu… il tuo fantasma e il suo… stavate… - Ron faceva fatica a trovare le parole - Avvinghiati come due acciughe. Direi che rende l’idea - disse infine, addolorato e imbarazzatissimo allo stesso tempo.

 

- Non “eravamo”, Ron - disse Hermione, premendogli una mano sulla guancia per farlo girare verso di lei - Quelli non eravamo io ed Harry - lo disse guardandolo negli occhi - Quella non ero io.

Lui sembrava leggermente sollevato da quella affermazione, obiettivamente vera.

- Sai, Hermione  - riprese lui  - Non mi è mai pesato essere secondo - lei tentò di interromperlo ma Ron glielo impedì con un cenno - Davvero, non sto mentendo. Dopo un po’ ci ho fatto l’abitudine. Secondo agli occhi di una madre che voleva una bambina - disse, riportando le parole che aveva detto la “voce” in quella fredda notte dell’anno precedente - Secondo rispetto ad Harry, a scuola e nel Quidditch. Ma… non ho mai sopportato di apparire come secondo ai tuoi occhi. Io non… era più forte di me. Ho sempre preferito fuggire piuttosto che affrontare… te - rise nervosamente - Di avere la certezza che, magari, ero solo l’amico che tu ed Harry avevate in comune…

 

Aveva parlato senza mai guardarla, ma continuando a tenere le dita incrociate con quelle di lei.

- Harry è come un fratello per me, niente altro - disse Hermione, dolcemente.

- Lui disse la stessa cosa.

- Perché è la verità - confermò la ragazza - Per di più… - un sorrisetto si stampò sul viso di Hermione - Non crederai a quella sciocchezza su Molly, vero?  Sappiamo benissimo tutti quanti che sei il suo “cocco”!

Ron non poté fare a meno di sorridere a sua volta.

- Non farti sentire da Ginny.

- Oh, lei è la prima dirlo, fidati - lo rassicurò Hermione.

 

Stavolta risero insieme. Fu una risata liberatoria, non troppo esuberante.

Ron ben presto si trovò ad osservarla, mentre lei continuava a sorridere leggermente, guardando di fronte a sé, probabilmente ripensando ancora a tutte le volte che Ginny si era lamentata per i “privilegi” di cui godeva il fratello maggiore.

Quando si accorse di essere osservata, piegò teneramente il viso per guardarlo negli occhi e chiese - Cosa c’è?

 

Lui si limitò a sollevare un dito per sfiorarle lentamente la mandibola, il mento, le labbra.

Hermione arrossì, stupendosi alquanto di quel gesto così… inaspettato.

Erano vicini, molto. Entrambi appoggiati a quel tronco scomodo, ma che non avrebbero sostituito neanche con la più morbida delle poltrone.

- Hermione?

- Mmmmm?

Un soffio, una richiesta, un battito di ciglia.

 

- Posso baciarti?

 

Neanche Ron riusciva a comprendere da dove venisse quel tale livello di faccia tosta. Ma stranamente, non gliene importava. Ormai le carte erano state scoperte, bisognava solo iniziare a giocare.

- Non mi sembra che io ti abbia chiesto il permesso l’ultima volta - disse Hermione, nascondendo un sorriso.

- Oh, ma tu non devi - fece lui, avvicinandosi - Sei libera di farlo quando vuoi… per te farò un’eccezione…

 

Hermione ebbe il tempo di sorridere un’ultima volta prima che le labbra di Ron presero il dominio delle sue.

Fu un contatto dolce. Delicato. Colmato anche dalla sola consapevolezza di essere così vicini.

Ron le accarezzò il collo con il pollice, in modo così leggero che sembrava temesse di poterla rompere o spezzare. Una delicatezza che no era mai stata di Ron.

E infatti durò ben poco… una volta compreso che la bocca di Hermione non si sarebbe deformata o danneggiata se lui ci avesse messo un po’ più di “forza”, lasciò andare tutti i freni, permettendo ai suoi istinti di comandare…

 

Sentì il petto andare a fuoco quando Hermione afferrò la sua maglia per tirarlo verso di lui.

- Mmmm, bello. - disse Ron, senza distaccarsi troppo dalle labbra di lei - Quasi al pari del primo…

Hermione fece una smorfia, contrariata.

Lui le si avvinò ancora di più, e quando fu abbastanza vicino al suo orecchio sussurrò, arrossendo - Non ho mica detto che non sia stato fantastico…

La ragazza si morse il labbro inferiore, soddisfatta  e tornò ad appoggiarsi all’albero.

- Vieni qua.

 

Ron la accolse fra le sue braccia, lasciando che lei appoggiasse la testa sulla sua spalla.

Le diede un bacio sulla testa, respirando a pieni polmoni il buon profumo del suo shampoo.

- Grazie - le sussurrò.

Hermione inclinò la testa indietro per poterlo guardare - Per cosa?

Notò che stavolta le orecchie di Ron avevano raggiunto la loro classica sfumatura porpora.

- Di permettermi di fare questo - rispose lui, mentre la stringeva ancora più forte - Credevo che dopo tutti i casini che ho fatto… non ne avrei avuto più la possibilità.

 

Lei storse il naso - Bè… diciamo che in effetti ci sei andato molto vicino - ammise.

E questo Ron lo sapeva. Ecco perché aveva questa fottutissima paura di sbagliare, di fare qualcosa, qualsiasi cosa, che potesse farla soffrire, turbare.

E avrebbe fatto l’impossibile per evitare che ciò accadesse di nuovo.

Rimasero così, abbracciati a guardare verso casa, mentre il sole che stava per tramontare, tingeva ogni cosa di giallo e arancio.

 

- Ron - chiamo Hermione, mettendosi un po’ più dritta dopo un po’ - Lo senti?

Ron aguzzò i sensi e… percepì. Quel profumo.

- Pensi che tua madre…?

- Sì - rispose subito lui, sorridendo.

Molly Weasley stava tornando. Anche lei, come gli altri, aveva avuto la forza di riappropriarsi di ciò che le apparteneva.

Il fatto che avesse ripreso a cucinare era la dimostrazione di ciò. Del fatto che aveva deciso di andare avanti, di non lasciarsi sconfiggere dal dolore.

 

- Pasticcio di carne - annunciò Ron.

Hermione lo guardo sbuffando - Non dire sciochezze Ron! E’ stufato!

- Ma dico, vuoi scherzare?  - la rimbeccò Ron - E’ pasticcio di carne! Vuoi che non riconosca le ricette di mia madre, dopo venti anni che le mangio?

Lei sorrise furbamente - Oh, scusa. Perché tu da quando guardi cosa mangi? Credevo ti limitassi ad ingurgitare tutto ciò che ti trovavi nel piatto!

 

Bene, fine dell’idillio romantico.

Continuarono a battibeccare qualche altro minuto, ma stavolta lo spirito era diverso.

Loro lo erano e anche il loro rapporto, adesso lo sapevano.

- Tua madre avrà bisogno di aiuto.

Decisero di andare. Ron aiutò Hermione ad alzarsi, sollevandola senza la minima fatica.

Mano nella mano si lasciarono guidare a casa da quel profumino invitante.

Che non era né pasticcio, né stufato.

 

Era semplicemente la vita che nonostante tutto e tutti, stava andando avanti.

 

 

Ammetto che mi è piaciuto tanto scrivere questa storia e che ne sono abbastanza soddisfatta.

 

Voglio assolutamente ringraziare EDVIGE86, che mi ha suggerito l’idea: spero che il racconto non abbia deluso le tue aspettative; io questa scena la immaginavo più o meno così! Grazie di cuore per avermi fatto “fantasticare” su una scena su cui, in effetti, non avevo mai riflettuto!

 

Se avete qualche “trama” o scena o situazione di cui vi piacerebbe leggere, sono a vostra disposizione come sempre! Fatemi sapere!

 

A presto! xoxo

   
 
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