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Autore: L0g1c1ta    19/02/2020    0 recensioni
Il nostro mondo è stato creato da quel che noi chiamiamo Dea Bianca.
La tale generò il nostro pianeta, ci diede la vita, il desiderio di vivere e di creare noi stessi altre vite. Lei, ci creò noi tutti, sia Creature Umane, che Magiche, che Fantastiche.
Trovammo sette frammenti, pregni di magia talmente potente da credere che fossero parte della sua essenza. Vi furono spedizioni fino alla fine del mondo e trovammo i pezzi della leggenda.
Decidemmo di costruire dei laboratori e, dopo secoli e secoli di tentativi su vari esseri viventi, trovammo dei Compatibili, capaci di trattenere e di utilizzare perfettamente il potere della Dea Bianca.
Ma accadde una disgrazia: i Compatibili si ribellarono a noi, per colpa di traditori e Creature Fantastiche ribelli. Si sono nascosti e sono cresciuti in un luogo che non immaginavamo nemmeno che esistesse.
Abbiamo trovato il luogo, ma sfortunatamente i nostri precedenti membri sono scomparsi.
Mi chiamo Oracolo, sto cercando un nuovo adepto per questa missione.
Non abbiamo mai reclutato una Creatura Umana, ma sono certo che farai un ottimo lavoro! Sarai tu il protagonista di questa storia e tu ci aiuterai a trovare i Compatibili.
In nome della Dea Bianca.
Genere: Demenziale, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Adepto, sei sopravvissuto alla prima notte. Da domani azzererò il conto delle tue giornate future. Sei stato molto in gamba per essere un umano. Siamo soddisfatti di te.

Durante la notte abbiamo registrato una conversazione mentre dormivi. Purtroppo non possiamo ancora comprendere la gravità delle tue condizioni fisiche fino a quando non ti sveglierai. Mi dispiace. 

Non abbiamo individuato la prima voce, ma la seconda sembrerebbe del ragazzo di nome Smiley. Ecco il resoconto: 

 

“Non lo voglio qui”

“Resterà, invece. Ricordo bene come ti sei comportato ieri sera”

“Non hai mai detto niente degli altri…”

“Zitto, Smiley!”

“Tomoko, solo perché non hanno mai reclutato un umano non significa che non sia uno di loro”

“Parli così perché ti sei divertito ieri sera e io ti ho disturbato. Ti conosco fin troppo bene”

“Già… esco”

“Torna presto e fatti un bagno!”

“Uh”

 

Chiunque sia sembra che abbia fiducia in te. Dovrai indagare sul tuo stato di salute e sul perché ti abbiano risparmiato. 

In futuro non darò più avvertimenti iniziali sulle registrazioni notturne. Ti basterà rendertene conto dal manoscritto.

Buona fortuna! Sarò vicino a te! 

 

 

Apri gli occhi. Decidi di guardarti attorno. 

La stanza in cui ti trovi è orientaleggiante, con una porta scorrevole e un particolare legno di ciliegio che avvolge l’ambiente. La finestrella in alto illumina discretamente un altarino marmoreo, spoglio, senza alcun elemento che lo possa distinguere. Il materassino su cui hai dormito è adagiato nell’angolo della stanzetta. Qualcuno ti ha stretto in una coperta pesante ricamata con pesci e ninfee rossastre. Sei sudato e quel che è peggio respiri a fatica. 

Data la scomodità delle coperte, decidi di sfilartele. Incredibilmente non vedi bende o lacerazioni. Sei ancora svestito, ma non vedi alcun segno di quello che è successo la scorsa notte. Ti tocchi la spalla, dove il proiettile di Smiley aveva bucato la carne. Non senti dolore e non riconosci cicatrici sotto i polpastrelli. È come se fosse stato uno strano e macabro sogno.

Ai piedi del letto ci sono dei vestiti piegati e pronti per essere usati, adagiati dentro un pacco regalo semi aperto. È un abito orientale blu con ricami bianchi di pesci e macchie nere, pantaloni larghi e calzini a tre dita. Indossi i pantaloni legandoti la cintura, la camicia blu sopra e i calzini te li infili con facilità. Lasci dietro di te la stanza e incominci ad investigare.

Il corridoio è breve e ha tante altre porte scorrevoli. Segui il bianco della parete e ti addenti all’interno del tempio. Qualcosa ti suggerisce di toccare il muro per non cadere. La sala in cui ti sei aperto la strada è spaziosa e incorniciata di bianco. È vuota quasi del tutto, ma le pareti sono tappezzate da giganteschi quadri, che non ricordano affatto dipinti orientali. 

Ti orienti a sinistra e osservi il primo dipinto. Vedi l’immagine di un corpo di donna, con pelle e capelli biancastri, fasciata in una veste umile, che a malapena riesce a distinguersi dalla luminosità della figura. Regge in mano la propria testa mozzata a cui pare siano stati esportati gli occhi. Attorno a sé ci sono i componenti del suo corpo: un occhio dipinto alla maniera egizia, una goccia enorme di sangue bianco, una pelle più simile a una felina che umana, delle ossa incrociate, un ammasso di carne difficilmente identificabile ad un cervello e un cuore più grigio che bianco. 

Passi al secondo dipinto. Un esploratore Stregone dalla pelle rossiccia entra in una sorgente color mercurio e ne estrae grazie ad una provetta il sangue della Dea. 

Nel terzo dipinto trovi un centauro barbuto africano, dal corpo di cavallo zebrato e il corpo umano di colore scuro. Si trova in una caverna collegata al mare. Fra gli scogli trova una statua senza braccia e gambe, completamente distrutta dalle onde, tranne che per gli occhi, gli unici visibili in quell’atro oscuro, per il colore mercurio luminoso.

Altri dipinti abbelliscono le pareti di scene simili alle Indie, Americhe e ai Circoli Artici. 

Noti un ultimo dipinto, non illuminato, nella parete centrale. Non è un affresco rinascimentale come i precedenti, ma è un dipinto medievale molto grezzo. L’ambiente è scuro e spento, stregoni e Creature Fantastiche di tante forme si accaniscono con una gioia perversa verso delle culle. Alcuni di loro infilano le mani tra le coperte, altri hanno in braccio neonati umani terrorizzati, dagli occhi piccoli e lacrimevoli e le bocche grandi per le urla. Tutte le creature sono vestite di un bianco sporco con simboli irriconoscibili. Ti soffermi su di un troll dalla pelle grigia e gli occhi strabici. Ha un’espressione quasi infuriata nell’afferrare per i pochi capelli un neonato biondo. 

Fai qualche passo indietro, prendi fiato. 

Scappi verso la porta scorrevole. Cade la pioggia da nuvole grigie e bianche e non te n’eri nemmeno accorto. Il giardino senza fiori è immerso dalle pozzanghere. Osservi il mare in lontananza, di fronte al tempio. Qualcosa di umido picchietta sul tuo calzino. Immagini che sia una goccia d’acqua, ma il colpo è stato prepotente, allora cali gli occhi. Sul tuo alluce si agita un pesciolino minuscolo e trasparente, incapace di scendere dal tuo calzino ruvido. Lo prendi tra le dita: è umido e freddo, continua ad agitarsi ossessivo. Scendi le scale, senza toccare la pioggia e vedi una pozzanghera in mezzo all’erba. Getti dentro il pesciolino che si mischia all’acqua, come se non fosse mai esistito. 

La pioggia non è altro che una caduta di pesciolini trasparenti e non di gocce d’acqua. Questi si aggrappano al tetto, scendono lungo i rami dei ciliegi e si dimenano sulle scale, cercando altri come loro per creare pozzanghere. Fai uscire una mano da sotto il tetto e il palmo ti si riempie di saltelli di tre o quattro pesciolini. Li lasci scendere tra le tue dita e t’incammini lungo il tempio. 

Sotto l’arco bianco passeggia una donna con un kimono splendente e un ombrello orientale rosso. I pesciolini non la sfiorano nemmeno. Sembra riconoscerti e ti si avvicina, con passo lento e anziano. Il kimono immacolato porta segni irriconoscibili, sfumati di nero e grigio topo. Non sembrano gli stessi segni visti nei dipinti. Nella cintura rossa porta un sacchetto che tintinna ad ogni passo 

“Ti sei svegliato!” urla in lontananza, allungando il passo. 

Ha i capelli di un grigio tanto sottile da parere bianco, legati in una lunga treccia che tocca la cintura. Ha un volto senza rughe o borse, ma qualcosa ti dice che ha molti più anni di quanto tu potresti mai avere. Gli occhi scuri sembrano antichi e vissuti. Hai la certezza che sia anziana, nonostante il volto non lo mostri affatto, eppure le mani che trattengono l’ombrello sono quelle di una vecchia, con croste, vene bluastre e ossa sporgenti. Con lentezza, ingoiando il fiatone, ti raggiunge.

“Spero che Smiley non ti abbia spaventato troppo” afferma, sorridendo imbarazzata “Il mio nome è Tomoko. Sono la sacerdotessa del tempio e gestisco quest’isola, anche se non c’è molto da fare in verità. Vedi, questo posto è notevolmente…. minuscolo” annuisci alla sua affermazione, ricordando quanto poco tempo avevi impiegato la scorsa notte a fare il giro dell’isola. 

Tomoko richiude l’ombrello e i pesciolini d’acqua saltellano sugli scalini. Si riuniscono tutti insieme e formano un pesce grosso quanto una triglia. La triglia d’acqua piovana non sembra essere infastidita dall’essere fuori da una pozzanghera. Con dei baffi da felino osserva te e la sacerdotessa, piuttosto confusa. Smette immediatamente di piovere e accade qualcosa di bizzarro. I pesciolini, quei pochi ancora fuori dall’acqua, smettono di dimenarsi e incominciano a volteggiare in aria. Ritornano nella forma di piccole gocce di pioggia, come poco prima di piovere. Salgono su, nel cielo –anche la triglia, ritorna una grossa goccia- e si ricongiungono alle nuvole. Nel giardino rimangono solo pozze d’acqua e gocce di rugiada sull’erba. Tomoko sospira, come liberata da un peso. 

“I bambini la chiamano pioggia in su, poco fa invece c’era la pioggia in giù. Sapevo che ti sarebbe piaciuta” afferma poggiando l’ombrello in un cestello vuoto che non avevi nemmeno notato. L’ombrello adesso è asciutto.

“Smiley ti deve aver spaventato a morte. Fa spesso questo effetto alle brave persone. Non prendertela con lui: ha semplicemente fatto il suo lavoro. Deve tenere lontano coloro che ci vogliono fare del male. E anche se è un tipo…” ringhia, soffocando la parola “…è comunque una compagnia per me. È una delle poche persone che mi somigliano e gli voglio bene, anche se lo sopporto da più di novant’anni” afferma per ultimo, con un broncio infantile. 

Incomincia a passeggiare sotto le assi del tempio. È molto lenta, sembra che possa inciampare anche in un granello di sabbia. Nel lobo dell’orecchio ha un buco largo, come se avesse portato per anni orecchini pesanti. La differenza tra le spalle decrepite e il viso giovane è un pugno allo stomaco. 

È una dei due traditori… deve averti medicato lei.

Dopo qualche passo, di fronte alla porta scorrevole dov’eri uscito, le chiedi perché ti abbia risparmiato. Perché abbia deciso di salvarti, nonostante Smiley volesse ucciderti, ieri notte. Tomoko strabuzza gli occhi, come se tu avessi detto qualcosa di incredibile. 

“Perché?” ripete, con voce sconvolta “Perché sei un umano. Gli umani non sono nostri nemici. Gli schiavi della Dea non potrebbero mai dare fiducia ad uno della tua specie. Li avete ‘traditi’ dimenticandovi della Dea. Smiley lo sa benissimo, eppure ha voluto comunque darti fastidio. E il peggio è che di sicuro ti sarai fatto un’idea orribile su di noi!” la sua mano si blocca alla porta scorrevole.

Fa uno strattone con la sua mano ossuta, ma non riesce a muoverla di un centimetro. Strabuzza gli occhi come un rospo e arriccia il naso come una bambina. Riprova, con più forza, ma inutilmente. Riprova anche con l’altra mano, ma pare che abbia smosso solamente l’aria. Senti un briciolo di pietà non appena il suo viso si fa rosso di fatica. La aiuti e apri la porta al suo posto, con una facilità disarmante, come se avessi semplicemente spostato una matita da un tavolo. Tomoko ti osserva sconvolta e umiliata. Lancia uno sguardo altezzoso alla porta scorrevole, con un ché di snob. Batte di nuovo le palpebre e ritorna dolce “Dopo di te”

Ritornate nella sala spaziosa dove avevi visto poco fa i ritratti della Dea. Tomoko vi si ferma al centro, con le mani strette alla cintura. Col pollice, manco fosse una ragazzina, indica l’immagine della donna nel dipinto.

“Nel tempio si teme questa divinità. Anche se sei un essere umano credo che tu la conosca, altrimenti non saresti potuto venire qui. Solo chi cerca aiuto dalla furia della Dea Bianca può entrare nel nostro mondo” annuisci. Lei lo nota, pur non muovendosi dal suo posto. Con gli occhi sembra che voglia sfidare la stessa Dea “E’ incredibile, non è vero? Questa divinità ci ha dato la vita e allo stesso tempo la possibilità di odiare e uccidere Creature Umane, Magiche e Fantastiche. In suo nome sono state compiute atrocità e massacri. Tutta colpa di questa strega…” si scuote, come ricordatasi della tua presenza. Il suo sguardo pieno di rancore verso il ritratto diventa uno sguardo rasserenato. Ti guarda come un vecchio amico. 

“Ma non parliamo di queste cose spiacevoli. Credo che hai fame. Sarà strano a dirsi, ma è ora di cena” passate in un’altra stanza. È una cucina piccola e accogliente, con un lavandino, un fornello vecchiotto e un tavolino con due sedie. Tomoko ti fa segno di accomodarti. 

La serata passa velocemente. Tomoko ti ha riempito di riso, carne e pesce. Deve aver paura che tu possa morire di fame, nonostante tu ora sia al terzo piatto. Non hai mai avuto così tanta voglia di divorare un piatto, probabilmente perché per tutto il giorno non hai aperto bocca. Lei non si è seduta nemmeno per un secondo. Continua anche ora ad andare avanti e indietro tra i piatti, il fornello e il lavabo e a parlare e parlare e parlare. Non capisci un granché di quello che dice, ma lei è piacevole e continui ad annuire. Ininterrottamente divori quel che sembra una fetta di salmone affumicato. Un paio di mani ghiacciate ti si artigliano alle spalle. 

“Ciao, coso” dice Smiley, con un sorriso divertito e un tono di voce prepotente. Tomoko si accorge solo ora della sua presenza e sobbalza anche lei con te. Smiley allarga il sorriso, come se la vostra reazione sia stata esilarante e si siede dall’altro capo del tavolino, scomposto, divorandoti con gli occhi col suo perenne sorriso. Non ha con sé il fucile, l’arco e la cintura. Nota i piatti vuoti e il suo sorriso se possibile si allarga ancora di più “Te la passi bene, vedo.”. 

“Smiley, ne abbiamo già parlato” dice Tomoko fermando il suo circuito tra stoviglie, piatti e lavabo. Il ragazzo inclina la testa gentilmente nella tua direzione. Le sue occhiaie sembrano ancora più marcate. 

“Te l’ho detto: io non lo voglio qui” Tomoko nemmeno sospira “Poi si annoierà e se ne vorrà andare. Vero che vuoi scappare da qui?” dice, avvicinando il viso al tuo. Senti il suo alito pesante. Sa di cipolle “Gli umani non sono abituati a stare tra di noi. Scommetto che non ha nemmeno un nome” 

“Basta!” tuona Tomoko. L’intero tempio pare come colpito da un terremoto. Hai avuto l’impressione che le pareti si muovessero “Resta qui finché lo dirò io!” con la mano ossuta prova a cercare un appoggio. Si rende subito conto che non ha una sedia a portata di mano, già occupata da voi due. A Smiley brillano gli occhi e il suo sorriso vacilla. Vorrebbe ridere, ma si sforza di non farlo. 

Ops” afferma, innocentemente, come un bambino. Tomoko si rabbuia. Lo fulmina dall’alto in basso. 

“Tu lo dovrai accettare” il ragazzo lascia un risolino trattenuto “E dovrà essere di famiglia” una sua palpebra tentenna “Come se fosse un tuo fratellino” Smiley abbandona finalmente il sorriso da arrogante. Guarda Tomoko come se avesse detto una parola in lingua straniera. 

“Fratellino…?” domanda, colpito. Lei annuisce. 

“E prenderà camera tua” Smiley da colpito diventa sconvolto “finché non metterai la testa a posto” il ragazzo non sembra avere la forza nemmeno di contraddirla: lo sguardo di Tomoko pare brillare di rosso “Non voglio più sentire altro!”

“Lui non può entrare in camera mia!” 

Tomoko chiude le palpebre, una vena ha scavato dentro la sua tempia. Ti afferra per la mano e ti costringe ad alzarti. Ti trascina fino alla stanza dei quadri e al corridoio di ciliegio. Smiley corre con ira dietro di voi ‘Non può entrare lì!’ ti pare aver sentito, ma non ne sei certo. ‘Tomoko! Ti odio!’ non sei nemmeno certo di questo. Oltrepassate le stanze e raggiungete la coda della corsia. La porta è occidentale, graffiata, con una maniglia arrugginita. Tomoko la spalanca, con una certa soddisfazione in volto. Dentro è tutto buio, non vedi nulla. Lei non si scoraggia e spalanca la finestra. Non vedi ugualmente un granché.

“Questa sarà camera tua. Se c’è qualcosa che ti disturba lo butterò immediatamente” afferma con grande cordialità. Smiley vi raggiunge, correndo a perdifiato. Ti scaraventa contro il muro nell’entrare nella stanza “Finché non ti sarai ambientato sull’isola ci prenderemo cura di te, com’è nostra tradizione e Smiley prometterà di non tentare di ucciderti di nuovo.

“Non può stare qui”

“Sì, invece”

“Qui ho tutto il mondo!”

“Oh, allora dovrai voltare pagina al tuo mondo”

Smiley pare più un bambino viziato e Tomoko la madre soddisfatta dalla punizione inflitta. Continuano a discutere ad alta voce, mentre ti guardi attorno. “Non prometterò di non ucciderlo!” credi di sentire: il volume è troppo alto per distinguere le parole. Le stelle riflettono quel poco di luce per vedere una scrivania disordinata, zeppa di cassetti e cassettoni. Dev’essere fatta a mano. Smiley ha una libreria che pare più un ammasso di cubi di grandezze diverse, eppure con un ordine sufficiente per sembrare interessante e stabile. 

Vedi libri ovunque. Tre pile multiformi sono poggiate come piramidi sulla scrivania e persino sulla sedia. Altre pile sono per terra, tanto alte da toccare quasi il soffitto. La libreria è ordinata in modo maniacale, ma il resto è quasi spazzatura. Osservi il tuo futuro letto. È molto triste: Smiley non fa nemmeno le coperte e quel che è peggio è che hanno un odore strano. 

I due sembrano essere arrivati ad un accordo e smettono di bisticciare. 

“E’ deciso, questa sarà camera tua!” afferma con entusiasmo Tomoko. Smiley non sorride più, ti guarda cupo, come se ti volesse spezzare le ossa “Se vuoi buttare qualcosa me lo dirai domattina. Buonanotte, ragazzi!” si volta, soddisfatta di se stessa e s’incammina verso il corridoio. Devi aver visto l’ombra di un saltello, ma non ne sei certo. Smiley riacquista un sorriso genuino. Poggia una mano sulla tua spalla, fraternamente. Ti guarda dritto negli occhi, come un fratello maggiore guarderebbe il suo fratellino. Si schiarisce la voce. 

“Se tocchi qualcosa o apri un cassetto lo verrò a sapere. E quando accadrà ti riduco peggio di ieri” e con queste parole amorevoli ti lascia, sbattendoti ancora una volta con la spalla. 

Sei stanco, nonostante tu abbia dormito parecchio. Il trauma delle tue ferite deve averti sforzato più del previsto. Ti spogli e ti sdrai sul letto, trovando le coperte con fatica. Il cuscino è troppo morbido e la trapunta è umida. Smiley non lava nemmeno le coperte. Sei troppo stanco per rifletterci su o per lamentarti. 

Chiudi gli occhi e ritorni a dormire.

  
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