L'amazzone
Finalmente
il giorno della gara era giunto: Edith adorava abbigliarsi a quel modo,
mostrandosi in tutta la propria bellezza in sella al suo purosangue
inglese.
L’emozione
era estrema, ma l’ambizione sovrastava qualsiasi timore la
donna potesse
provare; il salto a ostacoli era la sua specialità e sapeva
che Dorian, il suo
cavallo, non l’avrebbe abbandonata in un’occasione
simile.
Tuttavia,
al primo ostacolo il quadrupede si arrestò all'improvviso,
per poi riprendere a
galoppare soltanto una volta oltrepassato lentamente.
Edith
lo osservò sorpresa dall’alto della sua posizione,
per poi tornare nuovamente
lucida.
Sarà
stato un mio errore,
pensò incredula, non gli avrò dato le
giuste indicazioni.
La
donna tentò di recuperare facendo saltare abilmente
l'animale e raggiungendo
gli altri fantini.
«Allora
hai fatto solo il dispettoso!» esclamò felice,
realizzando di trovarsi di nuovo
in testa al gruppo.
Nessun
corsiero era ancora stato in grado di battere Dorian in tutto il Paese;
la sua
potenza non era equiparabile.
L’ultimo
giro dell’ippodromo era quasi giunto al termine: le mancava
soltanto un
cavaliere da oltrepassare e avrebbe nuovamente ottenuto il titolo
nazionale.
Qualcosa,
però, andò storto: Edith non vide
l’ultimo ostacolo, non diede i giusti comandi
al proprio cavallo, che frenò di colpo, prima di
oltrepassare l'intralcio.
Edith
non si classificò al primo posto quell’anno,
né negli anni successivi.
Il
suo momento di gloria era giunto al termine.
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Non
era stato facile informare Edwin ed Elena della malattia; tuttavia,
Edith aveva
deciso di cogliere l’occasione non appena li avesse
incontrati nuovamente.
I
coniugi non l’avevano affatto presa bene, temendo il peggio,
prima che lei
stessa li rassicurasse: «Il medico dice che ci sono ancora
molte possibilità di
guarigione» mentì. «Non tutto
è perduto».
In
verità, Edith temeva proprio che la fine fosse giunta: non
sapeva ancora quale
fosse la reale opinione degli esperti, e se avesse una speranza di
celebrare il
prossimo Capodanno.
Tutto
ciò che sapeva era che la vista sarebbe progressivamente
peggiorata, nonostante
le cure. Sapeva che, prima o poi, sarebbe divenuta completamente cieca.
Improvvisamente,
un fruscio dietro di sé la fece sobbalzare, mentre osservava
Dorian nutrirsi di
fieno.
«Ho
pensato all’ippoterapia, sai?» sorrise Edith alla
donna alle sue spalle. «Forse
potrebbe almeno aiutarmi a non pensare».
Elena
le poggiò una mano su una spalla. «La terapia con
animali è più indicata per
chi ha subito traumi gravi» rispose, «ma dato il
tuo amore per i cavalli,
sicuramente ti farà bene al cuore» sorrise.
«Ti
prego, non cominciare di nuovo con i tuoi discorsi sulla
psichiatria!» protestò
Edith, conoscendo bene la passione della cognata.
Entrambe
scoppiarono in una fragorosa risata, dimenticando per un istante
l’immensa nube
scura che si era posata sulla famiglia.
Se
Edith avesse perso la vista, prima della propria stessa vita, almeno
avrebbe
potuto contare sulla propria famiglia e sui propri cavalli.