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Autore: ToscaSam    20/02/2020    1 recensioni
Ispirato da "I Fisici" di Dürrenmatt.
Ambientato in piena Guerra Fredda: in una clinica psichiatrica sono ricoverati tre strani pazienti. Tutti e tre erano grandi fisici, un tempo. Fra di loro ce n'è uno, Johan Möbius, che ha lavorato tutta la vita per trovare la "formula universale", quella che risolverà ogni domanda sull'universo e sulla fisica. Tutte sciocchezze deliranti di un malato di nervi.
O forse no.
Nel prestigioso sanatorio cominciano ad accadere fatti disturbanti: due infermiere trovate morte sono solo l'inizio della vicenda.
Una storia grottesca, farcita di dark humor e temi filosofici.
Cosa è giusto/sbagliato? Cosa è il bene/il male? Chi sono i buoni/i cattivi?
Genere: Dark, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Tris
 
Mathilde Von Zhand leggeva degli appunti molto interessanti. Era concentrata, con una mano scriveva e con l'altra sfogliava le pagine. Quando si dedicava allo studio portava dei grandi occhiali dalla montatura di tartaruga, teneva i capelli scuri sciolti e indossava vestaglie da camera.
Sapeva di essere intelligente e sapeva che questo non costituiva un vanto, ma un'arma: lei era più potente di tutti quegli antenati impolverati che avevano preceduto la scala del suo successo. Aveva sempre odiato il trattamento preferenziale che qualcuno, ogni tanto, le aveva riservato per l'antica discendenza. Lei si meritava un tale trattamento, ma non per il sangue; per capacità. Odiava i quadri a olio dei bis bis nonni e più di tutti quello di suo padre: l'aveva sempre disprezzata e lei, di conseguenza, lo aveva ignorato. Aveva sempre saputo di essere più forte.
E così scriveva, con la matita corta e spuntata. Scriveva e si compiaceva di sé stessa, capace e influente. La psichiatria corredava solo il lauro delle sue capacità. Si dilettava e padroneggiava la matematica, la fisica, la chimica, la statistica, la progettistica. Era nata per comandare e poche volte si era distratta da questo suo dovere di nascita.
Un rumore nasale e gracchiante interruppe lo studio della dottoressa.
Lei sospirò. Mise tutto in un cassetto, girò la chiave, si prese una sigaretta e se l'accese. Poi raggiunse lo spioncino della porta del suo studio privato.
Rimase un attimo in balia della sua visione, poi morse e inspirò con avidità la sigaretta. Le labbra rosse ed eleganti sorrisero.
« Chi è?» chiese.
« Ilka, signora. Sono il capo della sua nuova squadra di polizia privata».
Mathilde gustò a fondo il sapore della sigaretta e l'accento della persona che stava fuori dalla porta.
Le guardie erano arrivate, erano pronte ad installarsi nella villa.
 
*
 
Martha Boll sapeva che a quell'ora Möbius era sempre impegnato in una seduta con la direttrice. Ogni giorno, ella dedicava ai tre fisici alcune ore del suo tempo. C'erano altri medici meno importanti di lei, cui lei affidava le cure degli altri pazienti dell'intera struttura. Ma i fisici no, doveva curarli la dottoressa in persona.
Proprio perché sapeva che in quelle ore la signorina Von Zhand era impegnata, trovò strana la convocazione telefonica. Doveva presentarsi nel suo studio immediatamente.
Martha uscì dalla sua stanza, attraversò l'atrio della villa e indugiò un poco sulla porta del salotto. Udì una musica malinconica provenire da qualche parte oltre la porta, opera del violino di Einstein. Il suo Möbius era là dentro. Sorrise, si portò le mani al cuore e chiuse gli occhi.
Da un mese lei e Möbius si sfioravano con baci e carezze. Lei lo amava sempre di più, era inebriata, ubriaca. Aveva compiuto qualche follia, che ancora Möbius non sapeva ma che lei era certa avrebbero portato giovamento alla loro situazione. Gliene avrebbe parlato, se l'era promesso.
Senza pensarci si era avviata su per le scale che conducevano all'appartamento della direttrice.
Bussò alla porta.
« Sono Martha Boll»
« Oh, entri cara».
La dottoressa la ricevette in vestaglia. Strano, pensò Martha. Di solito era impeccabile. Mathilde era comunque una splendida visione, circondata da maestose librerie, tomi importanti, la grande scrivania di mogano e immense cartelle di studi.
Esibiva un sorriso radioso, era come arrossita.
« Le guardie giurate sono arrivate, signorina Boll. Ha avuto un mese di tempo per abituarsi all'idea e separarsi dai suoi tre cari pazienti. Oggi è il giorno. Il procuratore di stato rischia di farmi impazzire con le sue telefonate quotidiane. Finalmente l'attesa è finita. Faccia pure i bagagli e liberi il suo appartamento. Vi si stanzierà Ilka, il capo della polizia privata. Per lei è libera una stanza nell'ala Verde dell'edificio centrale».
Martha sbiancò. Aveva come rinunciato all'idea che le guardie arrivassero davvero.
« Cos'è quella faccia, signorina Boll?»
« Dottoressa. Voglio sapere se è possibile che il signor Möbius venga dimesso».
La Von Zhand tacque. Affilò lo sguardo, poi accavallò le gambe da dietro la scrivania.
« Cosa significa questo, signorina Boll?»
« Io e il signor Möbius ci sposeremo» replicò Martha, arrossendo ma senza perdere la fermezza.
« Oh» gongolò la direttrice. Martha credette che la donna non fosse del tutto in sé: non l'aveva mai vista così di buonumore, con le guance rosee e lo sguardo ridente. Sapeva che l'“oh” era sarcastico, ma c'era qualcosa di più.
« Beh, mia cara, credo che dimettere Möbius sia impossibile. Per quanto l'amore sia cieco, converrà con me che si tratta di un uomo malato»
« La signora Rose non sta più pagando la retta della clinica. Perché continua a tenerlo qui? Potrebbe essere affidato alle cure dello stato. Potremmo trasferirci altrove»
« Lei è un infermiera e mi rendo conto che la vede dal punto di vista affettivo, ma pensi un poco allo shock che provocherebbe nel caro Möbius. È infermo, è suscettibile. La sua mente fragile non reggerebbe un cambiamento così drastico»
« Mi faccio carico di tutte queste eventuali problematiche»
« Mia cara, sono io che prendo le decisioni e lei le rispetta. Io prescrivo la cura e lei la somministra. Lei è la mia migliore infermiera, non voglio perderla. E non permetterò che Möbius lasci la clinica, per il suo bene».
Gli occhi a cerbiatta della dottoressa non convinsero Martha. Non aveva scelta se non annuire, ma dentro di sé sapeva che doveva agire in qualche modo. Non poteva essere l'ultimo giorno che condivideva con Johan, l'ultima volta che lo vedeva. Le sarebbe toccato tirar fuori le sue carte quella sera stessa.
« Mi permetta allora di fargli visita, come faceva sua moglie»
« Ma lei non è sua moglie, Martha»
« Mi permetterà di sposarlo? Qui, nella cappella della clinica»
« Se proprio lo desidera ...» concluse Mathilde con un'alzata di spalle.
Qualcosa le diceva che la Von Zhand avrebbe fatto qualunque cosa per impedirlo.
« È molto strano. D'agosto Dorothea Moser venne a chiedermi di dimettere il buon Newton. Un mese fa, Irene Strauss mi implorava di lasciare libero Einstein» mormorò Mathilde.
« Dorothea e Irene non avevano capito quanto Newton e Einstein fossero malati»
« Mi domando se lei abbia fatto le stesse considerazioni»
« Si, le ho fatte» ribatté Martha, rigida.
Per il momento fu congedata. La dottoressa sembrò non volersi interessare oltre alla faccenda.
Martha fece le scale di corsa e si diresse verso il salotto, poi verso la stanza di Möbius.
« Johan! Johan!»
lui non rispose.
Martha bussò ancora, poi spinse la porta ed entrò.
La stanza era abbastanza in ordine: c'era lo scrittoio, qualche foglio scribacchiato e un cassetto chiuso a chiave. Probabilmente la chiave si trovava nella tasca dei pantaloni di Möbius.
Johan dormiva profondamente.
Si svegliò dopo una ventina buona di minuti. L'infermiera era al suo fianco.
« Martha» mugolò Möbius, assonnato.
« Johan. Ti era preso il sonno?»
« Non ricordavo nemmeno di essermi addormentato» borbottò lui.
« Dobbiamo parlare. È importante».
Johan si stropicciò gli occhi e si tirò su a sedere.
« Di che si tratta?»
« Le guardie sono arrivate. Entro stasera devo liberare l'appartamento. Non potrò più vederti».
Möbius sentì dentro di sé due sentimenti contrastanti: dire addio alla dolce Martha, alla creatura che avrebbe voluto stringere a sé per sempre, gli causava un grande dolore. Dall'altro lato, un gran sollievo lo pervadeva: era tutto al sicuro. Non doveva più preoccuparsi. Il mondo era salvo. Martha era salva. Lui era salvo.
L'attimo fugace in cui credette di aver risolto i suoi problemi si trasformò nella scoperta che, invece, si trovava solo all'inizio di una catastrofe.
Martha parlò di nuovo con quel fare ardente della sera in cui gli aveva dichiarato il suo amore: sembrava febbrile, imperiosa, irragionevole.
« Ho scritto al tuo professore universitario» disse.
« Che cosa?!» una fitta inaspettata colpì Möbius allo stomaco.
« Si. Il professor Staufen. Gli ho scritto che durante questi anni hai continuato a lavorare e che hai un sacco di materiale»
Möbius sentì di stare cominciando a sudare. Gli si strabuzzarono gli occhi.
Martha davvero non capiva questa sua reazione. Anzi, d'un tratto sembrava essersi calmata: ecco il ritratto della tranquillità; sentiva tutto sotto controllo.
« Johan, calmati. Lui ha detto che vorrebbe leggere i tuoi appunti. Non sei contento?»
Le pupille di Möbius si diressero freneticamente a destra e a sinistra. Cercò qualcosa, una via di fuga, una falla.
« Gli hai detto che mi appare il Re Salomone? Gli hai detto che quelli sono appunti che mi ha dettato lui?»
Martha rise.
« Si, e lui ha risposto che tu sei sempre stato spiritoso. È disposto a leggere gli appunti anche sono stati dettati dal Re Salomone».
Möbius non pareva felice.
Si allontanò e cominciò a misurare la stanza a grandi passi, spostando oggetti, rimettendoli al loro posto, poi spostandoli di nuovo. Si grattò la testa, si mise le mani in tasca, si sbottonò la camicia e si grattò il collo. Era completamente sudato.
« Johan, cerca di calmarti. Perché fai così?»
« Perché … quegli appunti. Salomone mi ha esplicitamente ordinato di non rivelarli. Ha detto che mi ucciderà, se li rivelo».
Martha gli si avvicinò, lo prese per mano e lo fece sedere.
« Johan, tesoro. Non essere sciocco. Ti prometto che il Re Salomone non ti ucciderà»
« Tu non capisci, Martha. Quegli appunti devono rimanere segreti»
« Se il tuo professore legge quegli appunti, tu ti guadagni una cattedra all'università. Potremo vivere lontani da qui, potrai lavorare. Ecco … io ho fatto anche un'altra cosa. Durante questo mese ho inviato il mio curriculum per ogni dove. Ho ottenuto un posto da infermiera comunale a Blumenstein, a Berlino e in mille altri piccoli paesi. Non c'è nessun motivo di preoccuparsi. Troveremo di cosa vivere, abbiamo solide basi».
Möbius si voltò verso la giovane donna: era bella, bellissima. La amava. Aveva avuto pietà di lui, l'aveva preso fra le sue braccia, l'aveva curato e fatto sentire al sicuro. Non le importava che lui fosse pazzo o meno, non le importava di niente. Martha voleva solo vivere al suo fianco per sempre.
Ma in quel momento, Möbius capì la sua maledizione: lui non poteva avere nessuno al suo fianco. Per questo aveva allontanato Lina. I suoi figli. Per questo la sua condizione era disperata. Per questo, Martha aveva sbagliato. Per questo lui aveva sbagliato. Aveva permesso che il loro amore fiorisse per un mese intero.
« Martha. Quegli appunti sono pericolosi»
« Perché pensi che Salomone ti ucciderà, se li faccio leggere ad altri?»
« Si»
« Allora dovrai fidarti di me, quando ti giuro che non verrai ucciso da Salomone»
« Che vuol dire?»
« Come ti ho detto, vuol dire che dovrai fidarti di me. Mentre dormivi ho preso i tuoi appunti. Domani li spedirò».
Era seria.
Möbius parlò con tutta la calma del mondo. La sua voce gli suonò sconosciuta.
« Martha. Ridammi immediatamente quegli appunti»
« No»
« Martha devi darmi retta»
« Devi darmi retta tu»
« C'è in gioco più di quello che pensi»
« L'amore è più forte di tutto».
L'amore. Il mondo è un luogo meraviglioso. Ci sono gli alberi, le farfalle, i fiori e l'amore. Scorrono lunghi fiumi fatti di acqua e di parole. Gli uomini si intrecciano fra loro come fili infiniti di una coperta colorata, che ricopre i suoli di ogni dove e riscalda i doni che la natura ha creato. Luce da luce. Dio vero da Dio vero.
E se la luce esiste, è perché giace al suo fianco l'ombra. E il Re Salomone si erse dalle tenebre, per nascondere il suo segreto.
Il suo verbo non poteva essere disperso fra le genti. E Möbius lo sapeva.
Si alzò e si diresse verso il salotto.
Era buio.
Non riuscì a trovare l'interruttore ma non gli importò: lo conosceva a memoria e la luce della luna era sufficiente a delineare il contorno del tavolo che cercava.
Non c'erano più i bicchieri di cristallo: li aveva distrutti lui, dopo l'ultima visita di Lina. Adesso erano stati sostituiti da dei comuni flûte di vetro. Ne prese uno e si versò la Sambuca, che Newton aveva dimenticato lì.
Fu proprio la voce di Newton che udì, dopo un soffuso rumore di porta che si apre.
« Che cosa è successo?» chiese Newton.
« Ho strangolato l'infermiera Martha Boll».
  
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