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Autore: pamina71    20/02/2020    10 recensioni
1777. Oscar è ancora alla Guardia Reale, Fersen è ancora in Svezia (dalla cronologia del manga).
Tutto procede come di consueto, sino al giorno in cui cominciano ad giungere messaggi molto particolari.
Qualcuno da aiutare, oppure da salvare.
Talvolta Oscar deve agire da sola, talaltra con André, ed altre ancora in cui è lui solo a dover sbrogliare la matassa.
Vagamente noir, ma molto più leggero delle mie ultime storie.
Credits: L'Assommoir – Io sono il messaggero
Genere: Azione, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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24. Piani e progetti

     

Madame di Polignac vide arrivare la sua cameriera, Colette, che si dirigeva verso di lei con passo veloce. Aveva evidentemente saputo il nome che la Contessa desiderava conoscere. Si scostò un attimo dal piccolo corteo di dame che seguivano Maria Antonietta, in modo da poter ricevere in tranquillità la notizia.

Chinò il capo verso la ragazza, minuta e talmente stanca da parere sul punto di svenire, che portava le informazioni. Rimase per poco in quella posizione, il tempo per ascoltare una manciata di sillabe.

Poi si portò una mano alla gola, indietreggiò e andò a sedersi su una delle panchine di pietra che adornavano il viale.

Fece un gesto sfarfallante con l'altra mano, e Colette comprese di doversene andare.

La Morlière. Rosalie La Morlière. I ricordi ed i rimpianti le scesero addosso come l'acqua di un'onda si rifrange su uno scoglio.

Era giovane, ingenua e inesperta, quando si era lasciata sedurre dalle attenzioni di quell'uomo. Bello, affascinante, con un eloquio perfetto e un nome altisonante. Qualche mese, anzi, non più di alcune settimane, e si era ritrovata incinta e disperata. Il futuro padre era già sposato, ed inoltre, aveva scoperto, manteneva una donna da cui aveva già avuto una figlia, per tacere il fatto che si stava già stancando di quella giovinetta graziosa, ma inesperta e troppo appiccicosa.

Sospirò.

La realtà dei fatti era stata cruda. Una figlia non voluta, troppa indecisione per ricorrere ad un aborto, e così aveva dovuto nascondersi nella casa di villeggiatura, in campagna, per partorire lontano da sguardi indiscreti.

La bambina sarebbe stata destinata all'orfanotrofio, se la donna con cui Valois, questo il nome dell'uomo, aveva già una figlia, accecata dall'amore che provava per lui, parendole impossibile che la figlia dell'amato crescesse in un luogo simile, si offrisse di prenderla con sé.

Aveva accettato. Non avrebbe potuto esserci soluzione migliore.

Si alzò, e passeggiando cercò un angolo solitario del parco.

La bambina, che aveva chiamato Rosalie, sarebbe cresciuta con una madre amorevole. Quella donna era fin troppo gentile ed amabile. Non avrebbe fatto mancare nulla alla bambina. E così era stato, per alcuni mesi.

Poi, in un duello, Valois era morto. Anzi, pensò la Contessa, con la sua mente ora adulta, si era fatto uccidere.

Lo aveva pianto, poi il dolore era passato e lei aveva avuto una nuova opportunità. Un matrimonio, una vita differente.

Non si era più informata sulla figlia.

Non si era posta alcuna domanda su cosa sarebbe capitato alla Madame La Morlière, alle bambine, in seguito alla morte di Valois. Non aveva mai supposto che le tre sventurate fossero cadute in miseria.

Non avrebbe mai pensato che la pezzente morta sotto le ruote della sua carrozza fosse proprio colei che si era fatta carico della sua bambina. Che l'aveva nutrita privandosi del necessario. Che era vissuta e morta di stenti.

E ora una figlia la odiava per il matrimonio che aveva cercato di imporle e l'altra, pur sapendo chi fosse sua madre, preferiva vivere a Palazzo Jarjayes e la credeva una rapitrice, offrendole la propria presenza come riscatto.

Si appoggiò al basamento in marmo di una statua.

Pianse, come non le capitava da anni.

 

Il Duca De Guiche e De Gramont si sedette su una delle poltroncine nel salotto ampio e lussuoso. L'interno del castello, ristrutturato come volevano gli ultimi dettami del rococò, non aveva nulla della austerità esterna, se non in alcune zone che ricordavano la sua origine come piccola fortezza. Era, anzi, un invito alla mollezza ed ai piaceri. Piaceri che il nobiluomo non si lesinava affatto. Sapeva come trarre godimento e diletto, e ne aveva avuto, sino ad allora, i mezzi economici necessari.

- Duca, cosa avete intenzione di fare con Madame Jarjayes? - chiese il suo segretario, che lo attendeva con aria deferente.

- Nulla. E' vecchia.- Rispose pigramente, prendendo una piccola albicocca paffuta dal cestino dinanzi a lui.

- Non comprendo. Allora perché l'avete presa?

- Per due ragioni. Innanzitutto, per dare una lezione al figlio. Mi fa piacere vedere che, con tutta la sua sicumera, ancora non abbia capito che si trova qui. La piccola deviazione è stata un trucco efficace. Perdipiù – si interruppe per sputare il nocciolo – è talmente convinto che sia stata la Polignac da non fare nemmeno altre ipotesi.

Prese un secondo frutto.

- In secondo luogo, il danno inflittomi con la rottura del fidanzamento è anche di natura economica. Le mie finanze si stanno esaurendo. La piccola Charlotte, oltre ad un bel visino, avrebbe portato una cospicua dote, ed un aggancio sicuro alle finanze reali, attraverso la madre.

Fece un gesto con la mano, come a cacciare una mosca.

- Invece, nulla. Chiederò dunque un riscatto alla famiglia. E' una delle più ricche di Francia, ed a quanto ne so, le loro sostanze sono oculatamente amministrate. Quindi pagheranno per riavere la donna a casa. Così avrò la doppia soddisfazione di ricavare denaro ed umiliare ulteriormente il giovane Comandante, perché non avrà liberato la madre con un'azione eroica, ma con la vil pecunia.

Il Duca allungò le gambe dinanzi a se, e rise.

Il segretario fece un cenno di ammirazione per il padrone.

 

Oscar si sfilò nervosamente la cintola con la spada, e si sedette alla scrivania nel proprio ufficio.

André la osservava: ne comprendeva perfettamente il nervosismo, sapeva che avrebbe voluto fare irruzione con un intero plotone e radere al suolo il castello del Duca. Ma non sarebbe stato possibile.

Attese qualche secondo che sbollisse, per riuscire a parlarle in modo da avere tutta la sua attenzione.

La guardò strofinare le mani sulle cosce, con le spalle contratte e la fronte aggrottata, osservare i fogli sulla scrivania sena vederli veramente, sospirare ed infine sistemarsi un poco più comodamente sulla sedia.

Allora parlò.

- Penso di avere un'idea per entrare nel castello.

Lei gli rivolse uno sguardo grato.

- Ti ascolto.

- Come sai, il Duca è un discreto libertino, e a Corte si parla con una certa insistenza di certe sue feste, che di solito si svolgono proprio nella tenuta di Pontoise.

André era sempre ben informato. Raccoglieva confidenze e pettegolezzi, sia dalla nobiltà che dalle persone che vi gravitavano attorno, per la gentilezza con cui ascoltava, per i modi che mai lasciavano all'interlocutore la fastidiosa impressione di essere giudicati, per la leggerezza che a volte emanava, in deciso contrasto con l'austerità di Oscar.

- Ebbene, tra tre giorni si terrà proprio uno di questi ricevimenti.

- E tu vorresti andarci? Dubito che potremmo ricevere un biglietto di invito.

Lui rise.

- Sapevo che avresti detto così. E inoltre il tuo atteggiamento serio e rigido non sarebbe affatto ben visto.

- Dunque, cosa suggerisci?

- Tra gli invitati abituali vi sono alcuni uomini cui la tua famiglia è legata. E uno dei tuoi tenenti. Io e te potremmo intrufolarci come cocchieri di uno di essi.

Oscar si fermò a riflettere. L'idea non era affatto male. La servitù attendeva nei pressi delle cucine, e nessuno vi badava. Avrebbero potuto entrare ed esplorare il castello.

Le parrucche avrebbero potuto camuffarli abbastanza da permetter loro di non essere notati.

Un unico dubbio la tormentava: avrebbero potuto fidarsi?

Lo espresse a voce alta.

André sospirò: era la pecca principale del suo piano.

Il tenente, per quanto dissoluto, non era una persona malvagia. Amava godere della vita e questo lo aveva già cacciato in qualche guaio, però.

Sulle altre due persone, un conte e suo figlio, avrebbero dovuto informarsi meglio dallo zio.

- Almeno, il tenente è sotto i tuoi occhi quasi quotidianamente, però. - Concluse.

- Abbiamo tre giorni. Informiamoci a dovere, poi decideremo.

In quel momento, si udì bussare alla porta.

 

 

   
 
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