Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Vanessa1995    20/02/2020    1 recensioni
Subito dopo la Ribellione di Robert Baratheon Cersei e Tywin sono sorpresi nell'aprendere che Jaime ha avuto due figli bastardi.
Anni dopo Lord Tywin vive a Castel Granito insieme ai nipoti gemelli. Il vecchio leone lotta per legittimare i nipoti e nominare Damon suo erede. Quello che il leone non può immaginare è che tempi oscuri si stanno avvicinando e Joanna dovrà lottare, insieme al fratello, per sopravvivere al gioco dei troni.
Genere: Angst, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cersei Lannister, Jaime Lannister, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Un pianto disperato, era questo il solo suono che Jaime Lannister riusciva ad udire nel corridoio, mentre attorno a lui succedeva il finimondo. Correva a perdifiato più veloce che poteva, con i vestiti sporchi del sangue di Aerys: in quel momento non gli importava.
Gli occhi del cavaliere si riempirono d’orrore quando vide la porta della stanza alla quale era diretto socchiusa.
« No! » un gemito disperato gli sfuggì dalle labbra. Se possibile incominciò a correre più veloce. Arrivato davanti alla porta rimase pietrificato, non avendo il coraggio di aprirla del tutto.
Tirò un sospiro per farsi coraggio e spinse.
Li vide subito: Rhaenys era distesa ai piedi di letto immersa in una pozza di sangue tanto ampia da mutare il colore degli abiti che indossava, pregni di rosso-amaranto.
Suo fratello, il principe Aegon, era per terra, ai piedi del muro. Si avvicinò lentamente al neonato e scoprì con orrore, che qualcuno gli aveva spaccato la testa contro quello stesso muro: il piccolo viso era irriconoscibile. Rimase alcuni secondi dentro alla stanza poi udì un urlo di donna:« Aliandra… » la sua era una supposizione; la donna avrebbe dovuto essere lì ha prendersi cura dei bambini, può darsi fosse in un’altra stanza, forse con...« I gemelli » si precipitò fuori dalla camera da letto alla velocità della luce. Il pianto si faceva sempre più vicino mentre si avvicinava.
Gli bastarono pochi passi per arrivare alla stanza dalla quale proveniva il pianto. Quando aprì la porta gli si parò davanti uno spettacolo spaventoso come il precedenteAliandra distesa sul pavimento svenuta o… morta e Gregor Clegane con una spada in mano che guardava dentro alla culla al centro della stanza, esattamente davanti al letto.
« Allontanati da quella culla » esclamò Jaime.
La Montagna si voltò verso di lui, sorpreso di vederlo lì, lo si capiva dall’espressione sul suo volto: « Questi neonati mi stanno facendo venire il mal di testa, è da prima che uccidessi i principi che piangono » comentò adirato.
A Jaime non piacque il tono della sua voce: Gregor era un uomo dal pessimo carattere , bastava poco per fargli perdere la testa.
Due neonati spaventati che piangevano assieme a lui, nella stessa stanza,  non erano una bella combinazione.
« Non li toccare » intimò facendo alcuni passi verso la culla.
Gregor indietreggiò senza dire una parola, sembrava confuso.
Senza pensarci troppo,  Jaime allungo le braccia nella culla e prese i piccoli stringendoli al petto. Avvertì una strana sensazione a quel gesto, non sembravano avere nessuna intenzione di smettere di piangere, ma non gli importò: « Non toccare i miei figli »asserì senza pensare.
Gregor non replicò, probabilmente perchè troppo sorpreso, mentre Jaime lasciò la stanza.
Camminò lungo i corridoi del castello diretto verso la Sala del Trono, cercando di decidere cosa fare. Si sentiva confuso, suo padre avrebbe potuto pure ammazzarlo quando l’avesse scoperto, per non parlare di Cersei.
Non si rese conto di essere arrivato nella Sala del Trono finché non vide il Trono di Spade.
Il famoso trono che secondo la leggenda,  Aegon I il Conquistatore aveva realizzato usando le spade dei nemici sconfitti in battaglia. Il corpo di Aerys era lì sul pavimento in una pozza di sangue. Non si era mosso di un centimetro. Jaime aveva ucciso il re che aveva giurato di proteggere, ma cosa avrebbe potuto fare? Minacciava di uccidere chissà quante persone innocenti.
Si sedette sul trono con i bambini in braccio continuando a cullarli nel tentativo di farli smettere di piangere. Il trono era tanto scomodo da poter fargli giurare di non essersi mai seduto su qualcosa di altrettanto fastidioso. Quando la porta infondo alla sala si aprì, finalmente i gemelli avevano smesso di piangere. Ned Stark era in piedi sulla soglia della stanza, il Lord di Grande Inverno, circondato dai suoi fedeli uomini.

Jaime Lannister si svegliò nel suo letto col viso tutto sudato. Si passò una mano tra i capelli: aveva perso il conto delle volte che aveva fatto quel sogno. Tutte le volte rimaneva sconvolto. A volte si modificava: in alcuni casi, quando raggiungeva Aliandra, lei era ancora viva è in un impetto di follia la vedeva uccidere i gemelli oppure lo faceva Aerys.
Scese dal letto mezzo nudo, con solo i pantaloncini che fungevano da biancheria intima.
« Maledetti incubi. Maledetti ricordi » disse esasperato dirigendosi verso il tavolo.
Prese la brocca piena di vino e versò il contenuto in un calice, che svuotò in un solo sorso portandoselo alle labbra. Aveva un gran bisogno di bere dopo quel sogno.
Si avvicinò alla finestra fissando il cielo scuro: non c’erano stelle quella notte e dal punto in cui si trovava lui non si riusciva a vedere la luna.
Sarebbe mai riuscito ha dimenticare? Sarebbe mai riuscito ha scordare quello che aveva fatto? Avrebbe mai potuto salvare i principini? Se non avesse ucciso Aerys forse sarebbe riuscito ad arrivare prima di Gregor, e darsi che forse sarebbe riuscito ad impedirgli di ammazzare due creature innocenti.
« Perdonatemi » disse con gli occhi che fissavano il cielo nero. Non sapeva a chi stesse riferendo quella sua supplica, forse ad Elia, Rhaegar o Aliandra.
Aveva promesso a tutti e tre di difendere i bambini e aveva fallito.
L’unica cosa che poteva fare era prendersi cura dei gemelli.
Aveva permesso a Cersei di tenerli lontano da lui, la vendetta di lei per averla tradita. Maester Pycelle lo ricattava da anni e lui doveva pagare per proteggere Damon e Joanna. Quando Eddard gli aveva chiesto come si chiamavano gli aveva risposto senza riflettere. Ritornò al tavolo e si verso dell’altro vino.
Finito il secondo calice sentì l’impellente bisogno di vedere una persona. Normalmente quando si sentiva in quel modo sarebbe andato da Cersei, ma era un’altra persona di cui sentiva la necessità.
Si recò nell’ala della Fortezza Rossa destinati agli ospiti e andò dritto verso la camera di sua figlia. Entrò senza bussare per paura di svegliarla.
Lei dormiva serena al centro del letto, rannicchiata con una mano infilata sotto il cuscino.
Si sedette in fondo al letto. Grazie alla candela che aveva portato con se era in grado di vedere i lineamenti delicati del suo viso.

La mattina seguente quando si svegliò, Joanna fu sorpresa nel trovare suo padre addormentato accanto a lei nel letto. Le sue labbra si erano curvate in un tenero sorriso alla vista del viso addormentato del padre. Lo aveva svegliato accarezzandogli una guancia.
« Uhm » gemette Jaime aprendo gli occhi.
« Salve » lo salutò lei.
Lo Sterminatore di Re si sedette, non si era infilato sotto le coperte.
Una parte di Joanna era sorpresa di non essersi accorta di lui.
« Sono venuto per guardarti dormire e poi devo essermi addormentato a mia volta» disse lui passandosi una mano tra i capelli chiari mentre si apprestò a scendere dal letto.
Gli era grata per essersi tolto gli stivali prima di coricarsi,  non le andava che si sporcassero quelle splendide coperte.
« Oggi pomeriggio ho intenzione di andare a cavallo. Ti piacerebbe venire con me? » propose la ragazza: le piaceva andare a cavallo, dopo pranzo e normalmente andava da sola senza qualcuno che l'accompagnasse, tuttavia credeva che avrebbe potuto fare un’eccezione quel giorno e non sarebbe stata una cattiva idea passare del tempo con suo padre.
« Mi dispiace, ma devo stare di guardia davanti alla stanza del re »rispose il padre dispiaciuto. Negli ultimi giorni che aveva passato ad Approdo del Re, aveva imparato a conoscere Robert: un ubriacone che tradiva in continuazione sua zia e ha suo padre a volte toccava addirittura stare nel corridoio a sentire il cognato che… godeva delle compagnia di una o più prostitute. Si era domandata se pure suo padre si recasse al bordello come Tyrion e se poteva avere altri fratelli o sorelle. Non osava fare quella domanda ad alta voce.
Jaime le prese il viso tra le mani e le sfiorò la fronte con le labbra per poi andarsene lasciandola da sola.

-***-

Dopo pranzo Joanna Waters si recò nelle stalle del castello, era quasi arrivata alle scale quando vide il Primo Cavaliere del Re: Jon Arryn, un uomo gentile, avanti con gli anni la cui moglie, Lady Lysa Tully era riuscita a dargli un solo figlio e per giunta cagionevole di salute, il solo ad essere sopravvissuto a diversi bambini nati morti o morti ancora prima di nascere.
I coniugi Arryn erano stati alquanto sfortunati, ma forse un giorno avrebbero avuto un altro figlio o figlia.
« Joanna » si era dimostrato tanto gentile con lei da quando era arrivata: la trattava come qualsiasi nobile dama, nonostante le sue origini. Gli piaceva Lord Arryn era un uomo rispettoso e intelligente.
« Buongiorno, come state Lord Arryn? » chiese gentilmente lei.
L'uomo scrollò le spalle in risposta.
Non sapeva quanti anni avesse, ma a giudicare dall'aspetto doveva avere più o meno l'età di suo nonno. Sapeva che aveva allevato il re e Lord Stark nella Valle anni addietro e che si era preso cura di loro insegnandoli i valori del cavalierato, anche se, a giudicare dal comportamento di suo zio che beveva di continuo, giaceva con anche tre donne contemporaneamente, avendo chissà quanti figli sparsi per il regno, forse con lui aveva miseramente fallito.
« Joanna, mi togliete una curiosità? » Era una delle poche persone a darle del "voi", in pochi lo facevano e di solito erano servi, gli unici ai quali forse poteva considerarsi superiore.
« Chiedete pure » rispose.
L'uomo fece un passo verso di lei avvicinandosi ulteriormente: « Vostra madre, la principessa Aliandra Martell era uguale a voi? Nell’aspetto intendo? » non si aspettava una simile domanda da parte sua e rimase un attimo in silenzio, sorpresa che tra le tante cose che poteva chiedergli aveva scelto proprio quella.
« Non so. Io non l'ho conosciuta, ma mio padre mi dice sempre che aveva i capelli neri, ricci, gli occhi scuri e la pelle olivastra come me e mio fratello » rispose incerta.
Raramente aveva parlato di sua madre con suo padre. Sapeva che Gregor Clegane l’aveva uccisa per errore durante il Sacco di Approdo del Re, giustificandosi nell’averla confusa con la principessa Elia alla quale sua madre assomigliava particolarmente, come del resto Joanna e Damon. Joanna riteneva che neanche l’omicidio di Elia sarebbe stato giustificabile. Nel corso degli anni si era accorta che spesso Clegane la guardava, sebbene non comprendesse la ragione di quegli sguardi; dubitava che si sentisse in colpa per aver ucciso sua madre.
« Andate pure, non voglio rubarvi altro tempo » la congedò e lei prese a scendere le scale un gradino alla volta, con la mano posata sul corrimano, non potendo evitare di chiedersi cosa avesse spinto Jon a farle quella domanda.
Arrivata in fondo alle scale ormai non ci pensava più ed uscì dal castello. Una volta all'aria aperta chiuse gli occhi, quando sentì la calda luce del sole illuminare il volto; rimase pochi secondi con gli occhi chiusi, godendo del calore del sole per poi riprendere il suo camminò verso le stalle.
Tutti i cavalli erano all'interno, ognuno dentro al suo box e la dodicenne con passo spedito si avvicinò a quello che ospitava la sua cavalla, Melody.
« Ti va di andare a fare una cavalcata? » chiese.
La giumenta fece un cenno con la testa che la bambina prese come affermazione; aprì il box e la fece uscire prodigandole una carezza al collo.
« Joanna, vai a fare una cavalcata? » la ragazza sorrise in direzione di suo zio Tyrion, che le si era parato davanti: non lo aveva sentito arrivare, ma non si era spaventata.
« Si, vuoi venire con me zio? » propose lei lasciando Melody alle cura di uno stalliere che si era avvicinato. Il ragazzo di circa sedici anni doveva aver intuito le sue intenzioni e del resto tutti sapevano che aveva l'abitudine di andare a cavalcare; quando il tempo era bello era un'assidua cavalcatrice e sua zia l'aveva criticata per questo, avvertendola del fatto che, se non avesse fatto attenzione, avrebbe rischiato di perdere la verginità com'era capitato ad altre fanciulle; tuttavia a Joanna non interessava granché, del resto a chi vuoi che importasse che la figlia bastarda di Ser Jaime Lannister fosse vergine? Sebbene forse sarebbe importato quando sarebbe stata legittimata, eppure sentiva che in ogni caso non le importava.
« Perché no? Oggi tanto non avevo intenzione di recarmi in città » rispose Tyrion, e le labbra della bruna si curvarono in un sorriso: solitamente andava da sola a cavallo, difficilmente qualcuno andava con lei. A Tommen cavalcare non interessava granché e nemmeno a Myrcella, da quello che aveva potuto dedurre. A suo padre, invece piaceva cavalcare, però quel giorno non aveva tempo; adorava suo padre, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti e lui adorava lei, di questo era sicura sebbene negli ultimi anni non era stato particolarmente presente.
Lo stalliere tornò poco dopo con la sua cavalla sellata e la giovane non perse tempo a montare in sella. Cavalcava da quando aveva memoria e suo padre la prendeva in giro dicendo che era nata in sella ad un cavallo. Lo stalliere si prodigò a sellare anche il cavallo di suo zio e poi lasciarono insieme le stalle. Ben presto fu chiaro che a guidare era la bruna e Tyrion non protestò, attraversarono la via della città e furono velocemente fuori dalle mura.
« Lord Arryn mi ha chiesto di mia madre » disse la ragazza mentre percorrevano la strada che conduceva al bosco; tendeva a fare lo stesso tragitto tutti i giorni quando andava a fare la sua passeggiata quotidiana, ormai conosceva a memoria la foresta che si estendeva vicino ad Approdo del Re.
« Lord Arryn ti ha chiesto di tua madre? » ripeté Tyrion che pareva perplesso quanto lei.
Joanna si voltò e fece un cenno di assenso con la testa poi tornò con lo sguardo verso il folto della foresta: « Andiamo alla cascata? » propose.
Nel bosco c'era una piccola cascata e un lago di medie dimensioni dove alla gente piaceva fare il bagno, compresa Jo; aveva imparato a nuotare in un lago simile che si trovava nelle terre di suo nonno e girando nel bosco in quei giorni, aveva scoperto per caso l’esistenza di un altro lago nella macchia verde e rigogliosa della Capitale.
« Va bene » acconsentì Tyrion, che da quando era arrivata alla Fortezza Rossa tendeva ad accontentarla in tutto. Joanna spronò il cavallo ad andare più veloce e lo stesso fece suo zio pur di starle dietro; erano veloci uguale, sebbene forse la cavalla della fanciulla andasse più veloce.
I due raggiunsero il bosco e il lago dove Joanna intendeva andare: gli alberi circondavano la distesa d'acqua. 
Jo scese per prima da cavallo e diede una carezza alla giumenta in attesa che lo zio facesse lo stesso. Lui scese da cavallo e prese in mano le redini del suo e di quello della nipote. Quest'ultima non protestò e si voltò verso il lago facendo qualche passo diretta verso l'acqua.
« È una splendida giornata. Il giorno ideale per una cavalcata » affermò avvicinandosi ulteriormente all'acqua e infilando una mano dentro di essa avvertendo la sua freschezza.
Il Folletto legò i cavalli ad un albero, poi si avvicinò alla nipote.
Questa si drizzò in piedi e si levò le scarpe e le calze, tirò su la gonna del vestito ed entrò dentro all'acqua. Camminò finché l’acqua non le arrivò alle ginocchia per poi voltarsi verso la riva dove lo zio era rimasto immobile.
« Joanna, non è fredda l'acqua? » chiese il nano che non sembrava intenzionato a raggiungerla, rimanendo sulla battigia a braccia intrecciate.
« No, tanto » rispose la leonessa scrollando le spalle.
Rimase lì ferma in quel punto per alcuni minuti poi tornò indietro da lui. 
Quando fu fuori dall'acqua lasciò andare la stoffa e la gonna ricadde a coprirle le gambe: aveva preferito non bagnare il vestito sebbene, con il tempo che c'era quel giorno, ci sarebbe voluto davvero poco per asciugarne la stoffa.
Si sedette nell'erba e lo zio le si mise accanto.
« Zio, tu hai conosciuto mia madre? » chiese curiosa; suo padre parlava talmente raramente di lei, che Joanna sapeva ben poco della donna che l'aveva messa al mondo e della quale non aveva alcuna memoria.
« Non ho avuto l’onore di conoscere Aliandra. So che era una bella donna con i capelli e gli occhi neri e la pelle olivastra, come te e tuo fratello » raccontò: « Ricordo in compenso l’espressione di Cersei quando Jaime vi portò a Castel Granito, era furiosa » un sorriso divertito gli comparve sul viso.
« Tu e Damon eravate talmente piccoli. Ricordo che la prima volta che ti ho presa in braccio avevi da poco finito di bere il latte della balia e mi hai vomitato addosso » la bruna scoppiò a ridere a quelle parole, dimenticando che voleva parlare di sua madre.
« Oh, no » disse coprendosi la mano con la bocca. Quella storia l’era nuova, non gli è l’aveva mai raccontata. Per quanto poteva ricordare nessuno gli è ne aveva mai accennato.
« Cersei non ha corso lo stesso rischio, non ha mai preso in braccio te o Damon. Si è sempre rifiutata » non era sorpresa di sentirglielo dire: da una donna che la odiava senza apparente motivo si aspettava questo e altro.
« Tornando a tua madre, era una donna amorevole da quello che ho potuto capire e sono certo che sarebbe stata una brava madre e che avrebbe voluto un gran bene sia te che a Damon» affermò suo zio. Le faceva piacere sentirglielo dire, ne aveva proprio bisogno. La gente diceva che sua madre le somigliasse molto, sebbene alcuni la comparassero più a sua cugina, la povera principessa Elia.

Il giorno dopo

Quello che la piccola leonessa non poteva immaginare era che, l’incontro avvenuto il giorno prima con Jon Arryn, sarebbe stato l’ultimo dialogo che avrebbe avuto con il Signore della Valle, infatti successe che l’uomo si ammalò gravemente da un giorno all’altro.
Una malattia misteriosa sembrava decisa a non lasciargli scampo.
Joanna ricevette da suo padre la triste notizia quando questi si era recato da lei per fare colazione insieme, nella sua camera. Damon non c'era.
« Come ammalato? Non è possibile fino a ieri stava benissimo, abbiamo anche parlato» esclamò stupefatta dopo che il cavaliere glielo ebbe detto.
Quella che era iniziata in una giornata normale si stava trasformando in una pessima.
« La malattia lo ha colpito all’improvviso durante la notte a quanto pare. La situazione è grave, temo dovremmo prepararci al peggio » notò Jaime sorseggiando dal proprio calice. La ragazza non voleva che Jon morisse, era un uomo buono che non l’aveva mai guardata dall’alto in basso per via delle sue origini.
«
 Pregherò per lui. Più tardi andrò al Grande Tempio di Baelor » affermò. 
Non sapeva quanto sarebbe servito per la sua salvezza, ma si ritrovò a sperare per lo meno, in una morte veloce e indolore per quanto possibile.
« Chiederò a qualcuno di accompagnarti » rispose Jamie.
Jo non fu sorpresa che non volesse accompagnarla lui stesso, suo padre non era un uomo particolarmente religioso.
Dopo colazione e dopo la sua lezione di ricamo in compagnia della cugina, la principessa Joanna Waters si recò in città; non ne conosceva le vie, almeno non bene come il bosco, anzi se ci pensava bene, forse era strano, ma in ogni modo divideva il suo tempo libero tra il castello, il parco del castello e il bosco.
« Fiori! Comprate i miei fiori! » la voce di una donna che gridava con in mano dei cestini pieni di fiori colorati sul ciglio della strada, attirò la sua attenzione. Insieme a lei c’era Septa Davina che aveva accettato di accompagnarla al tempio.
« Davina posso comprare un mazzolino di fiori? Mi piacerebbe metterlo ai piedi della statua della Madre » propose la fanciulla, confidando che la dea avrebbe vegliato su di lei e sul lord malato.
La donna fece un cenno di assenso con la testa e rimase lì mentre lei si avvicinava alla venditrice di fiori. Per terra c’erano altri due cesti pieni.
« Dammi un mazzo di fiori, per favore » disse educatamente. La donna le sorrise cortesemente: aveva i capelli neri trattenuti in una cuffietta e gli occhi marroni, il vestito che portava era color castagna e legato alla vita portava un ampio grembiule grigio.
« Ecco a voi, giovane lady » disse porgendole un mazzo di fiori, doveva aver intuito le sue origini dagli abiti preziosi che indossava.
« Oh, non sono una lady. Non esattamente » rispose sorridendo mentre le allungava alcune monete, di averle dato più di quanto le doveva.
« Grazie » disse la donna profondamente grata. Jo le sorrise e raggiunse Davina.
Ripresero il cammino e dopo alcuni passi dovettero spostarsi per lasciare passare Lord Renly, il fratello del re, e Ser Loras Tyrell che cavalcavano lungo la via, probabilmente diretti verso il castello.
« Joanna, dove stai andando piccola Waters? » chiese gentilmente Renly fermando il cavallo vicino a loro. Tendeva ad essere gentile con lei, Loras fermò il suo destriero dietro di lui: veniva chiamato il Cavaliere dei Fiori perché aveva l’abitudine di adornare il suo cavallo di fiori, infatti anche quel giorno c’è n’erano alcuni ad adornare la criniera della bestia.
« Io e la mia Septa ci stiamo dirigendo al Grande Tempio. Voi state tornando da una cavalcata?» domandò lei con gli occhi che caddero sul cavallo di Loras.
Non pensandoci troppo prese uno dei fiori dal suo mazzolino: « Non ci sono tanti fiori oggi ad adornare il vostro cavallo » notò infilando il fiorellino in mezzo agli altri che già di trovavano sulla criniera; fece un passo indietro rimirando quel meraviglioso puro sangue e lasciò che le sue labbra si curvassero in un sorriso: « Ecco così va meglio » esclamò.
Il suo fiore era il più piccolo di tutti, ma anche il più grazioso.
« Grazie, Joanna » disse Loras per poi spronare il cavallo verso quello di Renly che aveva già cominciato ad allontanarsi.
Joanna li guardò allontanarsi: Loras era il più affascinante dei due, tuttavia sapeva bene che essendo lei nata da una relazione non vincolata da un unione legittima, non avrebbe potuto aspirare a sposare un nobile del rango di ser Loras, veramente in teoria non poteva aspirare a sposare nessun uomo.
« Joanna, non avreste dovuto » la rimproverò la Septa in tono gentile e non particolarmente severo.
« Era solo un fiore e poi sono consapevole che non posso sposarmi essendo una bastarda, figuriamoci con un nobile» disse con la morte nel cuore.
Davina distolse lo sguardo e per il resto del viaggio non parlò nessuna delle due.

Arrivati al castello, Lord Renly e Ser Loras lasciarono i cavalli nelle stalle, poi si recarono nei giardini. La passeggiata che avevano fatto con i cavalli evidentemente non gli era bastata. I due raggiunsero il labirinto di siepi nel giardino ed entrarono, era uno dei posti più appartati che c’erano, uno dei pochi posti nella Fortezza Rossa dove si poteva avere una qualche forma di riservatezza.
Dopo alcuni passi all’interno del labirinto, Renly girò il capo per fissare Loras.
« La piccola leonessa penso si sia infatuata di te » commentò con un sorriso divertito.
« Mi è solo grata perché l’ho difesa dal fratello » ribatté Loras.
« Non sarebbe la prima ad innamorarsi del suo salvatore. Promette di diventare bella come Cersei e so che mio fratello sta pensando di legittimarla. Suo nonno, Lord Tywin, sembra più propenso a voler lasciare Castel Granito nelle mani di suo fratello che in quelle di Tyrion » osservò distogliendo lo sguardo.
« Joanna una volta legittimata potrebbe sposare suo cugino Lancel o un altro lord » aggiunse, «Comunque Loras, prima o poi noi due dovremo sposarci lo sai » proseguì.
Aveva ragione, ma c’era una sola persona che Loras avrebbe voluto sposare, anche se purtroppo non poteva. Avrebbe potuto sposare Joanna una volta che sarebbe stata legittimata, però il suo amore per Renly, non avrebbe fatto altro che rendere le cose più complicate. 
Se i sospetti del suo amante erano fondati d’altra parte Lord Tiwyn avrebbe potuto darla in sposa a qualunque lord.
Su una cosa Renly aveva ragione: Joanna era molto bella, identica alla madre e alla principessa Elia. Quando sarebbe diventata una Lannister a tutti gli effetti non dubitava, dato pure il prestigio della sua casa, che avrebbe avuto una moltitudine di pretendenti: se Joanna fosse stata legittimata non avrebbe avuto problemi ha trovare un buon partito; augurava solo a quella ragazzina di aspettare qualche anno prima di sposarsi e che suo marito fosse buono e gentile. Nessuna donna del resto meritava un pessimo marito, ad esempio come suo fratello Damon: se picchiava la sorella probabilmente avrebbe picchiato anche la moglie.


 
   
 
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