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Autore: Lella Duke    20/02/2020    2 recensioni
Prima di andare avanti bisogna fare i conti con il passato.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dana Katherine Scully, Fox William Mulder
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa per la prima volta?

 

Quelli appena trascorsi erano stati giorni bui. Stavano lavorando ad un caso a Philadelphia quando Scully era stata raggiunta dalla notizia che sua madre aveva avuto un infarto. Era corsa in ospedale, per qualche ora aveva sperato che potesse riprendersi, ma non ce l’aveva fatta. Mulder le era rimasto accanto naturalmente, l’aveva sostenuta, confortata. La perdita di Maggie era stata devastante per entrambi, per Scully a cui era venuta a mancare uno degli ultimi capi saldi della sua vita e per Mulder a cui Maggie negli anni aveva fatto da madre più di quella naturale. Maggie lo aveva sempre trattato con rispetto e tenerezza. Era stata una presenza discreta e comprensiva, gli era rimasta accanto anche dopo la rottura con Scully. La sua era una mancanza destinata ad ingigantirsi con il tempo.

Dopo il funerale Scully aveva chiesto a Mulder di poter tornare a casa con lui, non voleva rimanere da sola. Mulder non se lo era fatto ripetere due volte. Una volta arrivati, le aveva suggerito un bagno caldo, nel frattempo lui aveva preparato qualcosa da mangiare e aveva cambiato le lenzuola. Le offrì il letto, lui si sarebbe sistemato sul divano. Non voleva dare più niente per scontato, il fatto che fosse voluta tornare a casa quella sera non significava per forza che dovevano dividere lo stesso letto. “Dormi con me.”  Le aveva sussurrato invece afferrandogli le mani. Entrarono in camera e ognuno si diresse verso la propria metà del letto, fu Mulder il primo a sdraiarsi. Scully scostò le coperte prima di sedersi sul bordo, spense la luce e si distese accanto a lui. Gli poggiò la testa sul petto e gli circondò la vita con un braccio. A quel contatto Mulder chiuse gli occhi e respirò profondamente, il profumo dei suoi capelli a riempirgli le narici. Quante volte negli ultimi due anni aveva sperato di poterla tenere ancora così. La strinse forte a sé: “adesso sto bene.” Aveva bisbigliato Scully.

Erano entrambi esausti sia fisicamente che emotivamente, la stanchezza era scesa tutta insieme nel momento stesso in cui si erano ritrovati l’uno tra le braccia dell’altra. Mulder avrebbe voluto parlare, domandare, capire cosa ne sarebbe stato di loro la mattina seguente, ma capì subito che non era quello il momento. Decise di vivere quell’istante senza preoccuparsi del domani, di godere appieno di quella pace tanto a lungo sospirata. Si addormentarono nel giro di pochi minuti aggrappati l’uno all’altra, finalmente in salvo. Finalmente insieme.

Era piovuto tutta la notte, il sibilo del vento oltrepassava le imposte, le prime luci dell’alba rischiararono la stanza. Il letto non era mai stato così caldo e accogliente. Mulder aveva dormito solo poche ore, eppure il suo era stato un sonno profondo e riposante. Erano anni che non gli succedeva più. Aveva sempre sofferto di insonnia, probabilmente pagava da sempre lo scotto di un cervello attivo, infaticabile. Era sveglio da qualche minuto ormai, ci aveva messo un po’ per realizzare che la presenza accanto a lui non era il sadico residuo di un sogno. Era Scully.

Si spostò un po’ sul cuscino avvicinando il volto a quello di lei. Le punte dei rispettivi nasi si sfiorarono, i respiri si confusero tra di loro. Riaverla accanto era l’unica cosa che desiderasse davvero da quando se ne era andata, era la possibilità di costruire qualcosa di nuovo su vecchie fondamenta, di riprendere da dove si erano interrotti. Erano sdraiati sul fianco uno di fronte all’altra, Mulder aveva una mano sotto al cuscino, sollevò l’altra e le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Dio era così bella. La sua era una bellezza rara e inconsapevole. A differenza degli apprezzamenti rivolti alla sua mente brillante piuttosto che al suo lavoro, i complimenti sul suo aspetto fisico l’avevano sempre fatta sentire a disagio. Si rese conto che non gliene faceva abbastanza di complimenti, avrebbe rimediato anche a questo. Avrebbe potuto guardarla per ore senza stancarsi.

 

Scully d’un tratto si mosse distogliendo Mulder dai suoi pensieri. Sembrava quasi si stesse svegliando, come fosse stata disturbata e invece si voltò sull’altro fianco. Girandosi nel letto, lenzuola e coperta le scivolarono dalle spalle scoprendola. Mulder si affrettò per coprirla di nuovo, ma si arrestò appena si accorse che la maglietta le si era sollevata abbastanza da lasciarle la schiena esposta per metà. Il tatuaggio che si era fatta fare anni prima insieme ad Ed Jerse era lì, indelebile seppure un po’ sbiadito dal tempo. Un Ouroboros, un serpente che si morde la coda e forma un cerchio senza inizio né fine. Aveva sempre evitato di guardarlo troppo a lungo in passato, non si era mai sentito a suo agio nel saperlo in mezzo a loro perché gli ricordava un periodo del quale praticamente non sapeva nulla e perché credeva che Scully potesse attribuirgli chissà quale valore. Da quando però aveva saputo che quella notte di tanti anni prima tra Scully e Jerse non era accaduto nulla, quel tatuaggio aveva assunto un altro significato, era diventato per Mulder un monito: non avrebbe più rischiato di perderla, per nessun motivo.

Senza rendersene neanche conto allungò la mano per toccarlo, con il dito indice lo percorse per tutta la circonferenza: “ecco un’altra domanda che non mi hai mai fatto, perché ho scelto di farmi tatuare proprio un Ouroboros.” La voce di Scully arrivò all’improvviso, flebile e assonnata.

Mulder rimase sorpreso nel sentirla, era assorto nei suoi pensieri, credeva fosse ancora addormentata: “scusa, non ti volevo svegliare.” Disse continuando a tracciare il tatuaggio con la punta del dito. “Rappresenta la natura ciclica delle cose, che ricominciano dall'inizio dopo aver raggiunto la propria fine. Penso tu lo abbia scelto perché parla di te, della tua inesauribile energia, della tua forza infinita.”

Scully si voltò sull’altro fianco ritrovandosi il viso di Mulder a pochi centimetri: “il motivo per cui mi sono fatta tatuare è lo stesso per cui a quindici anni mi sono fatta fare un piercing contro il volere dei miei genitori. E’ stato un banale atto di ribellione. Fine del mistero.” Sorrise e gli posò una mano sulla guancia: “però è anche vero che rappresenta l’eterno ritorno. Perciò possiamo affermare che questo tatuaggio parla di noi Mulder, di me e di te.”

Gli passò le dita tra i capelli: “hai dormito bene?” gli chiese dolcemente.

Le bloccò la mano e se la portò sulle labbra baciandole il palmo: “mai dormito meglio.” Rimasero a guardarsi, ognuno perso nello sguardo dell’altra.

E all’improvviso lei annullò del tutto la poca distanza che li separava e lo baciò. Fu un bacio puro, a fior di labbra. Mulder si scostò quasi subito e rimase per un attimo a fissarla: “è quello che vuoi? Sei sicura?” Le chiese carezzandola dolcemente. L’adorazione che gli lesse nello sguardo le fece bruciare gli occhi. Nessuno mai l’aveva amata come l’amava lui e lei non avrebbe mai potuto amare nessun altro. Non c’era un solo dubbio nella sua mente.

Scully non rispose, si limitò a sorridere e a sollevarsi per coprirlo interamente con il proprio corpo, al solo contatto Mulder la accolse tra le braccia e la strinse attirandola a sé. Labbra, dita, gambe aggrovigliate, respiri affannosi e magliette abbandonate ai piedi del letto. Erano passati sedici anni da quando avevano fatto l’amore per la prima volta, sembrava non fosse trascorso neanche un giorno. C'era la stessa dedizione, la stessa passione.

 “Posso restare tutto il giorno?” Chiese Scully discostandosi all’improvviso.

“Resta per sempre.”

   
 
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