Storie originali > Noir
Segui la storia  |       
Autore: ToscaSam    21/02/2020    1 recensioni
Ispirato da "I Fisici" di Dürrenmatt.
Ambientato in piena Guerra Fredda: in una clinica psichiatrica sono ricoverati tre strani pazienti. Tutti e tre erano grandi fisici, un tempo. Fra di loro ce n'è uno, Johan Möbius, che ha lavorato tutta la vita per trovare la "formula universale", quella che risolverà ogni domanda sull'universo e sulla fisica. Tutte sciocchezze deliranti di un malato di nervi.
O forse no.
Nel prestigioso sanatorio cominciano ad accadere fatti disturbanti: due infermiere trovate morte sono solo l'inizio della vicenda.
Una storia grottesca, farcita di dark humor e temi filosofici.
Cosa è giusto/sbagliato? Cosa è il bene/il male? Chi sono i buoni/i cattivi?
Genere: Dark, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I fisici
 
Passò una settimana.
Möbius rimase chiuso in camera sua, si rifiutò di mangiare e bere. Dimagrì a vista d'occhio e non scambiò parole quasi mai con nessuno.
Le guardie si stanziarono con discrezione. Durante la settimana si udirono rumori di lavori in corso e si videro modificare porte e finestre della villa. Era l'attuazione del nuovo piano di messa in sicurezza, voluta dal procuratore di stato e controfirmato dalla dottoressa Von Zhand.
Tutto divenne blindato, difficile, chiuso.
Una sera, Möbius uscì dalla sua stanza. Si sedette in salotto, gli occhi spenti, la bocca serrata. Si rigirava fra le mani un bicchierino vuoto, che non aveva contenuto nulla. Non c'era niente che gli desse conforto.
 
« Eh, capisco. Anche a me era passato l'appetito dopo la mia infermiera» commentò Newton, tranquillo, comparendo alle sue spalle. Möbius lo ignorò.
« Anche io non volevo più parlare, ma secondo me le farebbe bene!» continuò l'altro.
Möbius si alzò e fece per ritornare in camera sua.
« Resti qui» disse Newton con un'improvvisa voce autoritaria.
« Che vuole, sir Isaac?» riuscì a sospirare Möbius.
« Ho deciso che la farsa finisce qui. Le guardie hanno inasprito la sicurezza a livelli impossibili e lei se ne sta chiuso tutto il giorno in camera. Rischiamo di rimanere qui dentro per sempre. Io rischio di non ottenere alcun risultato. Mi hanno insegnato che quando la situazione è in stallo, sta a noi compiere il primo passo. Passerò all'azione proprio adesso». Sembrava stranamente serio. La parrucca impolverata era come fuori luogo sulla sua faccia, adesso.
« Questo è affar suo, sir Isaac» Möbius decise che non gli interessava. Scrollò le spalle.
« Io non sono sir Isaac Newton»
« Ah, già. Lo so. Lei è il vero Albert Einstein».
Gli occhi di Newton erano immobili.
« Fesserie» disse: « Io non sono Newton, né Einstein, né tanto meno Georg Beutler, come credono qui».
Möbius non fiatò.
L'uomo continuò: « Io sono Brian Stephien».
Möbius ebbe come un colpo. Indietreggiò a bocca spalancata e con gli occhi di fuori.
« Co … cosa?».
L'altro taceva. I suoi occhi vispi brillavano di una luce eloquente e terrificante dentro le occhiaie nere.
Nel suo arretrare, Möbius incontrò una sedia e cadde. Non staccò gli occhi dall'uomo davanti a lui.
« Lei è Brian … Stephien? L'americano che ha scoperto la teoria dell'equivalenza?»
« Si. Sono io»
« Ma lei parla tedesco! Lei non può essere americano! Lei non è Stephien! Lei è un folle!»
« Un folle? Ah ah ah» rise l'altro. Rimase in espressione distesa per qualche secondo, poi alzò un sopracciglio, inspirò e decise di rivelarsi: « Lei è un fisico e mi conosce per le mie pubblicazioni in quell'ambito. Ma io sono un agente al servizio della C.I.A.. Ho imparato così bene il tedesco con un faticosissimo addestramento. Però ne sono felice. Almeno ho potuto leggere la sua tesi di laurea anche in lingua originale».
Möbius si rialzò, tremante. Si aggrappò a una tenda.
« La mia tesi? Che c'entra?».
Stephien si sedette sul sofà, disinvolto.
Si tolse la parrucca e la gettò di lato. La sua testa sembrava così piccola, senza.
« Io sono entrato qui dentro con il solo scopo di tenerla d'occhio, amico mio. Dopo aver letto la sua tesi, la C.I.A. Si è allertata. È il testo più geniale della fisica contemporanea. Non se n'è reso conto? Oppure fa il modesto? Hanno chiesto il mio parere professionale e mi hanno proposto questo incarico: venire a spiarla. Abbiamo dovuto faticare molto per risalire alla sua vita privata. Si è nascosto proprio bene. E così abbiamo scoperto che lei si era ritirato dalla comunità scientifica dichiarando una presunta malattia mentale. Ovviamente nessuno ne è convinto. Lei non è ammalato. Lei finge per tenere nascosto qualcosa che ha scoperto. Non è così?»
« Ma … perché spiarmi? Cosa volete da me?»
« Proprio quello che ho appena detto. Capire quello che lei ha scoperto»
Möbius era stordito.
Gli girava la testa, si sentiva chiuso in una gabbia inesistente.
Da qualche parte, un altro rumore, come una porta aperta, i baffi di Einstein e la sua espressione. Ma era diversa. Non sembrava pazzo. Era lucido, serio.
« La C.I.A. Non è stata la sola a leggere la tesi del signor Möbius, sa, Stephien?».
Si portò al centro della stanza.
« Lasciate che mi presenti. Anche io faccio parte di un servizio segreto: il KGB. Il mio nome è Mitja Ylosovich, sono russo».
A Möbius si annebbiò la vista. Sentì il cuore stringergli si nel petto. Vide due Einstein e due Newton ballare davanti alle sue pupille agitate.
« Lo scopritore dell'effetto Ylosovich … » blaterò, con la bava alla bocca, annaspando, senza fiato.
« Lei è scomparso dal 1950!» gridò Stephien.
« Oh, si, volontariamente» ammise Ylosovich tranquillo.
« Le dispiace mettersi faccia al muro?»
Stephien brandiva una Colt .45. da dove diavolo spuntava? Möbius sentì il sudore, freddo, scivolargli lungo la schiena. Stava per svenire.
« Ma si, perché no? Se ci tiene tanto».
Ylosovich si voltò. Con un gesto rapidissimo, anche lui tirò fuori da una tasca nascosta una pistola. La brandì contro l'altro, con la mano ferma e capace.
I due rimasero a fissarsi intensamente per alcuni minuti, che rimbombarono secondo per secondo dentro le tempie di Möbius.
« Stephien, mi stia bene a sentire. Poiché immagino che siamo entrambi abili nell'uso delle armi, perché non la stecchiamo qui?».
Stephien tentennò.
« D'accordo» disse, poi.
« Che ne dice se le nascondiamo sotto il tavolo?»
« Va bene».
Lentamente, entrambi alzarono le armi verso l'alto; poi, senza smettere di fissarsi negli occhi, le deposero sotto le gambe del tavolo coi flûte di vetro.
« Ah, Stephien, lei mi ha mandato all'aria tutti i piani. Di lei credevo che fosse pazzo sul serio»
« Se può consolarla, anche io ero convinto che lei fosse pazzo».
I due sedettero pesantemente sul sofà, mentre Möbius era rannicchiato contro la tenda. Aveva il respiro affannato, gli occhi strabuzzati, le mani tremanti.
« Del resto, mi sono andate di traverso diverse cose» continuò Ylosovich. Möbius si sforzava di sentire nelle sue parole un accento straniero, ma non lo sentiva. Non l'avrebbe mai indovinato. Non l'aveva mai sospettato. Aveva abbassato la guardia, era stato stupido, sciocco, ingenuo.
« … la faccenda con Irene Strauss, per esempio. Ah, che dolce fanciulla. Peccato per le sue troppe domande, per la sua intenzione suicida di sapere tutto di me. Ha iniziato a sospettare troppe cose e a scoprire troppe cose. Ovviamente io dovevo rimanere in incognito. Per quanto abbia goduto del suo fresco amore, ho dovuto strangolarla. È stato per me un incidente profondamente doloroso. Beviamo qualcosa?»
Ylosovich si alzò e si diresse al tavolo con i flûte. Non accennò a chinarsi per prendere le pistole.
Fu Stephien a tirar fuori la Sambuca dalla solita tasca della vestaglia.
« Ah, come la capisco. Con Dorothea è stato molto simile. Acuta ragazza; sospettosa, dolce ragazza. Me ne faccia un bicchierino, grazie».
Ylosovich obbedì e ne versò uno anche per Möbius.
« Möbius, si dia una calmata! Venga qui, si prenda una sedia».
Möbius non riusciva a staccarsi dalla tenda. Era attanagliato da una forza schiacciante.
« Coraggio, beva con noi. Ci racconti di Martha Boll».
Fu quel nome a dargli come una scrollata.
Rabbrividendo, lentamente, Möbius si staccò dal suo rifugio e capì che aveva bisogno di una rincuorante dose di alcool. Raggiunse il tavolino di legno, scolò il primo bicchiere e invitò Ylosovich a fargliene un altro.
« Oh, vede che si sente meglio?»
« Perché non ci racconta di Martha? Era una brava ragazza, anche lei»
« Si che lo era! E io l'amavo»
« Beva, allora, beva».
Möbius bevve il terzo bicchierino di Sambuca.
« E ora parliamo un po' d'affari. Möbius, immagino che il signor Stephien abbia le mie stesse intenzioni: scoprire cosa bolle nella sua pentola e condurla di nuovo nel mondo scientifico»
« Oh, quindi lei vuol portarmi al servizio della Russia»
« Certamente»
« E lei, Stephien, vuole costringermi ...»
« Ma che parole usa, Möbius!»
« Beh, vuole convincermi a seguirla negli Stati Uniti».
« Prima di parlare di questo, Möbius» intervenne Ylosovich: « penso che il signor Stephien ed io vorremmo ardentemente sapere quello che lei ha scoperto. Vogliamo sapere se ha ripreso da dove aveva lasciato la sua tesi. Sappiamo molto bene che lei lavorava alla ricerca della teoria di campo unitaria. Alla famosa “formula universale”».
Stephien annuì: « Si, diciamo che anche per la C.I.A. questa è una priorità».
Möbius sentì la Sambuca scorrergli nelle vene. Era entrato in un gioco senza chiedere; si trovava in balia di un vortice da cui non poteva sottrarsi.
E così, finalmente, dopo anni di silenzio sul suo prezioso lavoro, disse:
« Posso tranquillizzare entrambi i servizi segreti. La teoria di campo unitaria è stata raggiunta. Io possiedo la formula universale».
 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Noir / Vai alla pagina dell'autore: ToscaSam