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Autore: Storytime_Love    22/02/2020    0 recensioni
Alec si trasferisce in un nuovo liceo, uguale a tenti altri tranne che per la presenza di un gruppo di ragazzi speciali, la corte dei dorati, guidati da un Re e una Regina. Bellissmo, carismatico, forte e inavvicinabile per Alec Magnus Bane non è un re ma un drago, il suo drago.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il ritorno di Camille - 7.2


Camille aveva giocato tutte le sue carte senza successo e, dopo quasi un mese senza avere sue notizie, Alec e Magnus si rilassarono.
La giornata era particolarmente noiosa, quintali di scartoffie da compilare e nessuna novità in campo scientifico. Alec accolse l'arrivo di Lydia Branwell come una gradita interruzione. La ricercatrice era decisamente attraente: con i suoi lunghi capelli biondi, penetranti occhi azzurri, sorriso luminoso e mente acuta attirava le attenzioni di tutti i colleghi, anche quelle indesiderate. Per questo era diventata così amica di Alec il quale, per ovvi motivi, era l'unico che non la guardasse come un trofeo da vincere o un oggetto sessuale. La ragazza aveva un'espressione particolarmente seria mentre si avvicinava alla scrivania.

“Penso che dovresti leggere questo,” disse posando una rivista davanti ad Alec, un post-it giallo segnava la pagina in questione.
“Ok, grazie, lo guarderò appena ho un po' di tempo,” rispose Ale.
Lei scosse la testa: “Ti consiglio di prenderti dieci minuti di pausa e cercare un posto tranquillo. Per quello che vale, non credo a una parola”.
Confuso Alec aprì la rivista, il titolo dell'articolo lo colpì come un pugno: “Stalking Magnus – Una nuova minaccia per il guru della moda?
La richiuse di scatto, ringraziò Lydia con un cenno della testa e si diresse verso le scale. Ovunque andasse, Alec aveva l'abitudine di cercarsi un posto tranquillo per quando aveva bisogno di riflettere, in ufficio era il piccolo terrazzo sul tetto, accanto alla cabina di controllo dell'ascensore, erano pochi metri quadrati ma c'era fresco, aria e una vista magnifica che spaziava sui tetti della città.
Ancora stordito si sedette per terra, la schiena appoggiata al muro e riaprì la rivista. C'era una foto di Magnus ai tempi della scuola, un vero re con la sua regina accanto, la corte dorata due passi dietro di loro come un seguito reale.

La splendida Camille Belcourt mi si è avvicinata timidamente, con un sorriso insicuro: “Sono venuta perché credo che il mio amico Magnus sia in pericolo” ha esordito. Un po' alla volta mi ha raccontato una storia quasi incredibile, di persecuzione e fanatismo, una storia che, prima di riportare, ho dovuto controllare attentamente.
Camille era la ragazza dello stilista Magnus Bane ai tempi del liceo. Erano, a dire di tutti i loro compagni, una coppia unita, destinata a durare per sempre. Poi è apparso Alexander Lightwood. Il ragazzo omosessuale, un anno più giovane dei due, era fissato con Magnus, lo seguiva ovunque. “Era inquietante,” ricorda Camille con un brivido, “lo trovavamo nascosto dietro gli armadietti, in attesa davanti alle aule, ci osservava sempre, aveva persino memorizzato l'orario delle lezioni di Magnus”. I due ragazzi, una volta alla settimana, avevano la stessa ora buca e Magnus cercava sempre un posto tranquillo dove potersi rilassare ma inevitabilmente dopo qualche minuto il suo stalker lo raggiungeva. “Magnus era troppo buono, sopportava in silenzio, me verso la fine dell'anno non ce l'ha fatta più, l'ho sentito urlare contro Alexander, gli ha detto di sparire dalla sua vita, di non farsi più rivedere. Ero così fiera di lui” racconta Camille.

Sotto c'erano altre due foto: nella prima Alec aveva un'occhio nero a seguito del pestaggio, la scritta riportava: Alexander Lightwood dopo una rissa a scuola.
La seconda era di Bobby, il viso coperto da una retinatura, che puliva il suo armadietto. Chissà su quanta gente Camille possedeva un archivio da usare in caso di necessità? Anche in questo caso la didascalia era fuorviante: Un ragazzo costretto a pulire l'armadietto del giovane Lightwood. Il resto della scolaresca osserva incredula, nessuno ha il coraggio di intervenire.
Alec voltò la pagina e riprese a leggere: La fine della scuola ha permesso a Magnus Bane di liberarsi del suo stalker, almeno per un po'. Ben sei anni dopo, un'intervista allo stilista trasmessa in televisione ha rinfocolando l'ossessione di Alexander Lightwood. L'uomo, un ricercatore nel campo della nanotecnologi medica, non ha esitato, ha preso l'aereo fino a Parigi, più di otto ore di volo, solo per seguire Bane. Si è presentato senza annunciarsi e senza invito la mattina della sfilata in cui lo stilista avrebbe presentato i suoi esclusivi abiti da sposi haute couture. “Mi hanno raccontato che Alexander era convinto di essere il Blue Light di Magnus, per via del cognome, sa. Ma quello era il nomignolo con cui il mio tesoro chiamava me: quando ci siamo conosciuti indossavo un abito celeste e lui continuava a dirmi che era come se una luce azzurra avesse illuminato la sua vita...” spiega Camille.
Quella vipera non si era nemmeno presa la briga di ascoltare l'intervista, Magnus aveva esplicitato che il blu di cui parlava era dovuto agli occhi della sua musa. E gli occhi di Camille erano castani.
Il qualche modo il signor Lightwood è riuscito a farsi invitare da Magnus al ricevimento dopo la sfilata e anche a farsi dare lo smoking Mirror, un capo di valore quasi inestimabile. Per cinque interi giorni, l'uomo non ha lasciato un attimo la sua vittima, lo aspettava fuori dall'hotel, lo seguiva dappertutto, mentre passeggiava, quando mangiava, sempre.
Qui una foto di lui e Magnus al cocktail, sicuramente uno scatto di qualche fotografo che non era mai stato pubblicato perché l'espressione di Magnus era preoccupata, le sopracciglia aggrottate.
Vi è l'ipotesi che sia stato lo stress a distrarre Magnus Bane il giorno dell'incidente che gli è costato l'occhio e per poco anche la vita.
Per più di un mese lo stilista è rimasto in ospedale ma mai, neanche una volta, ha telefonato o contattato il signor Lightwood. Eppure l'uomo non si è arreso: ha fatto ricerche, chiesto favori e alla fine è risalito al nome della madre di Bane. Non si è fatto remore a chiamare una donna prostrata dalla preoccupazione per il figlio ed è riuscito a ottenere l'indirizzo della clinica in cui era ricoverato. “La mamma di Magnus mi ha raccontato che Alexander è piombato lì come una furia, faceva paura. E' entrato in camera contro la volontà di sua madre e, nonostante la depressione di cui soffriva Magnus in quel periodo, lo ha schiaffeggiato con forza per poi insultarlo ripetutamente, dirgli che non gli importava del suo occhio...” racconta Camille con le lacrime agli occhi. Un rapido confronto con la signora Bane conferma ogni terribile parola, ogni atto di violenza contro un uomo che aveva da poco tentato il suicidio. Tre giorni dopo Alexander Lightwood si è ripresentato in ospedale e ha costretto Bane a firmare i fogli di dimissione contro il parere della madre e dei medici. Approfittando della sua condizione lo ha fatto salire in auto e si è insediato a casa sua dove abita tutt'ora: “Sono andata a trovare Magnus,” spiega Camille, “quando mi ha vista era così felice, ci siamo baciati come una volta. Poi è tornato Alexander. Mi ha intimato di andarmene urlando che Magnus gli apparteneva. Come fosse una cosa, una proprietà... Poi ha tirato un pugno, forte. Io mi sono spostata in tempo, ha colpito solo la porta, ma sono scappata, avevo paura,” dice Camille scoppiando in lacrime.
Magnus Bane rimane a casa da solo, va al lavoro, non tenta di scappare. L'ipotesi più probabile è che sia affetto dalla sindrome di Stoccolma. Nulla può la giustizia nei casi di oppressione mentale e sudditanza psicologica in cui non sono presenti segni di violenza fisica, Magnus Bane rimane solo a combattere la sua battaglia.
Questa pagina era corredata da due foto scattate dalla strada. Camille era venuta preparata, sicuramente aveva pagato qualcuno perché documentasse la scena e aveva attirato Magnus davanti alla finestra apposta. Le foto sembravano inattaccabili, in una si vedeva il bacio fra Camille e Magnus, nella seconda il pugno di Alec che, da quella prospettiva, sembrava volerla colpire in piena faccia. Alec sudava, c'era così tanta verità ed era tutto così orrendamente falso al tempo stesso.

Dopo anni Camille aveva nuovamente messo in atto la stessa strategia: mettergli contro l'opinione pubblica, distruggerlo socialmente. Solo che ora era adulta e il livello del gioco era cambiato.
Non credo a una parola, gli aveva detto Lydia Bramwell, ma lei lo conosceva, era sua amica. In quanti si sarebbero presi la briga di ascoltare una seconda versione, di chiedersi da dove venivano quelle foto... Alec rimase seduto, lo sguardo nel vuoto. Le menzogne di Camille non avrebbero impattato solo lui, la moda è immagine, le conseguenze sul brand di Magnus, proprio ora che aveva lanciato la linea prêt-à-porter, non erano da sottovalutare.

Una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare: “C'è qualcuno che ti aspetta di sotto”.
Il primo pensiero fu la polizia ma il tono di Lydia era dolce e tranquillo. Alec annuì e si alzò.

L'articolo aveva ormai fatto il giro dell'ufficio, una ragazza aveva chiamato il fidanzato, ma quello non è un tuo collega, e ora tutti avevano letto la versione web, visto le foto. Quando Magnus era arrivato e aveva chiesto di Alec la curiosità era salita alle stelle: perché era qui? Come si sarebbe comportato?
Alec lo aveva visto attraverso le porte a vetri e aveva fatto gli ultimi passi di corsa. Tutto si aspettava tranne di trovare lui. “Magnus...”
L'uomo lo aveva abbracciato stretto: “Sono qui, cucciolo, non ti preoccupare, sistemeremo tutto”.
Alec sorrise: “Io ero preoccupato per te...”
“Per me? Non sarà una serpe a sconfiggere il drago” rispose Magnus usando le immagini zoologiche di Alec. “Forza, saluta tutti. Oggi si va a casa presto”.
L'affetto fra i due era palese e, unito all'atteggiamento protettivo di Magnus, costrinse anche i più ostili fra i colleghi a ricredersi: l'articolo era una montatura.

Quando arrivarono a casa trovarono Clary seduta sui gradini davanti alla porta.
“Biscottino, cosa ci fai qui?”

La ragazza alzò un sacchetto: “Biscotti, appunto. Appena sfornati, alla cannella o noci e cioccolato”. Il sorriso era forzato ma l'affetto genuino: “Jace e gli altri arriveranno appena finiscono di lavorare”.
Alec le mise un braccio sulle spalle: “Dai allora, vieni dentro, un po' di energia mi serve proprio, non so voi ma io non ho pranzato”.
Magnus scosse la testa: “No, nemmeno io”.
I frollini erano buonissimi, friabili e burrosi e i ragazzi non fecero complimenti. Per tacito accordo parlarono di tutto tranne che dell'articolo. Clary stava preparando le illustrazioni per una versione di Aladin in cui il protagonista era un volpacchiotto e la principessa una gattina grigia. Era parecchio che ci stava lavorando, non riusciva a rendere l'abbigliamento da mille e una notte di Jasmine, doveva dare l'idea di lusso ed eleganza pur mantenendo uno stile di disegno stilizzato e forme semplici, adatte a bambini in età prescolare... forse Magnus poteva aiutarla?
Alec sorseggiava una spremuta e li guardava buttare giù schizzo dopo schizzo. Bastava parlare di moda, anche per gattini grigi, e Magnus entrava in mondo tutto suo. Avrebbe potuto osservalo per ore, lo sguardo concentrato, la matita che volava sulla carta, i denti che mordevano appena il labbro inferiore. Altro che suoni della natura o cromoterapia, per sentirsi bene col mondo basta stare accanto a Magnus Bane.
Jace era passato a prendere Isabelle e Simon ed erano arrivati tutti insieme poco dopo le sette con quintali di cibo da asporto: cinese, thai, messicano e indiano. Di questo passo avrebbe messo su una decina di chili come niente, stasera un po' di esercizio per smaltire il tutto. Jogging, stavo pensando al jogging. Oddio Alec, riesci a concentrarti su qualcosa che non sia fare sesso con Magnus?
Si rese conto che gli altri lo stavano fissando.
“Che c'è?”
“Non voglio sapere a cosa stavi pensando fratellone, ma avevi un sorriso ebete, poi sei arrossito...”
“No, io... fa caldo. Volete aprire le finestre?”
Jace alzò un sopracciglio: “Siediti che è meglio, va. Altro che ossessionato, sei un caso clinico”.
L'argomento proibito. Chi altri se non Jace poteva saltarci dentro a piè pari e senza nemmeno accorgersene. Ma forse era il modo migliore, erano lì per parlare di quello dopo tutto.
Discussero per ore, Camille era vendicativa, il lavoro di Magnus ne avrebbe risentito, Alec rischiava di perdere il posto, bisognava controllare la legge, si poteva citarla per diffamazione?
Quando squillò il telefono Alec fece per alzarsi ma Magnus allungò una mano per fermarlo: “Meglio se vado io”.
Telefonate minatorie, non ci aveva pensato.
“Falso allarme,” disse tornando in sala, “E' mia madre, vorrebbe parlare con te”.
Alec andò in corridoio e prese la cornetta, chissà perché Magnus si ostinava a tenere un telefono fisso, e non era neppure cordless.
“Pronto?”
“Alexander? Sono Indah... Sarai arrabbiatissimo con me ma ti prego di credermi, quella ragazza si è presentata come un'amica di Magnus, mi ha chiesto notizie del ricovero, sono stata una sciocca a raccontarle tutto, ma ti assicuro, io le ho detto che quello che hai fatto lo ha salvato, che sei stato bravissimo, non pensavo...” La donna parlava a raffica, senza neanche fermarsi per prender e fiato. Era decisamente dolce, quasi come il figlio. Quando la andavano a trovare si faceva in quattro per prendersi cura del suo bambino e del fantastico uomo che lo aveva aiutato così tanto. Era una delle poche persone in grado di mettere in imbarazzo Magnus Bane, e quanto a lui, beh, ci voleva molto poco.
Alec la interruppe: “Indah, non si preoccupi, davvero. Camille è in grado di girare qualsiasi frittata a suo vantaggio, ne io ne Magnus abbiamo mai pensato che potesse essere colpa sua”.
“Sei sempre così carino Alexander, Magnus è stato veramente fortunato a trovarti”.
“Ehm, sì, ecco... Io, sono io quello fortunato...”
“Maggy mi ha detto che avete amici, ti lascio andare, ma grazie ancora e in bocca al lupo. Sappi che vi voglio bene, a entrambi”.
Alec aprì la bocca per dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma non gli venne in mente niente. Anch'io? Ovvio che no. Grazie? Che risposta stupida... Arrivederci? Sembrava scortese.
La donna rise e con un ultimo saluto mise giù. Perfetto, ora anche la madre di Magnus aveva capito che era un imbranato cronico.
Quando tornò dagli altri Isabelle stava parlando: “... non avete scelta, non potete permettere che l'unica versione sia quella di Camille”.
“Non so, forse conviene vedere come evolve la situazione. Magari è solo una tempesta in un bicchier d'acqua e domani non lo ricorderà nessuno” disse Simon.
Clary scosse la testa: “Sono d'accordo con Izzy. Mi spiace ma temo che oggi come oggi nessuna star si farebbe vestire da Magnus. Invece di parlare di lei i giornali parlerebbero del suo stilista con la sindrome di Stoccolma. La sua reputazione va chiarita, e prima è, meglio è”.
“Scusate se mi intrometto, ma è Alec che è stato dipinto come uno stalker pazzo e violento,” li fermò Jace, “Vogliamo tutti tanto bene a Magnus ma non dimentichiamoci chi è la vittima di questo dannato articolo. E' la sua reputazione quella che ha subito i danni maggiori”.
Magnus annuì: “Sono d'accordo, è ad Alexander che dobbiamo pensare”.
Alec gli arrivò alle spalle e gli posò un bacio sulla guancia: “Ti amo, hai torto, ma ti amo”.
Magnus si girò e lo fece cadere sul divano accanto a sé: “Io non ho mai torto, non l'hai ancora imparato?”
Jace si schiarì la voce: “Se avete finito di pomiciare...”
Alec sentì le guance tingersi di rosso, era una maledizione o cosa? Perché Magnus riusciva a ridere e lui arrossiva come un ragazzino alla prima cotta?
“C'è un'altra piccola cosa” intervenne Izzy guardando Jace in cerca di supporto.
“Papà”.
“Finora gli hai detto che abiti con un coinquilino ma nell'articolo parlano chiaramente del tuo orientamento sessuale” spiegò la ragazza.
Merda! Non aveva pensato all'omofobia di Robert. Aggiungiamoci accuse di stalking e tutto il resto ed ecco la ricetta per un disastro in famiglia.
“I tuoi genitori non sanno di noi”. Era un'affermazione, non una domanda. E faceva ancora più male.
“Loro non...”
“Nostro padre è difficile Magnus. E' un militare di carriera, tutto deve essere come vuole lui, non ammette debolezze da parte di nessuno, tanto meno dei suoi figli. E per lui l'omosessualità è peggio di una debolezza, è una malattia che va curata, una fissazione disgustosa. Alec non poteva dirglielo”.
“No Izzy, non solo potevo, dovevo. Nascondere una cotta è un conto, ma questo è qualcosa di completamente diverso. Se a papà non va giù, dovrà farsene una ragione,” rispose Alec. “Certo, avrei preferito che non lo scoprisse così”.

   
 
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