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Autore: Shikayuki    22/02/2020    1 recensioni
Tooru si offre volontario di tenere in babysitting il nipotino di appena tre mesi per dimostrare di essere un adulto indipendente e responsabile, ma non va molto bene e decide quindi di chiamare Hajime in soccorso, ma forse non è stata un'ottima idea.
[Future fic]
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: purtroppo i personaggi e le ambientazioni non mi appartengono!

 

• Iniziativa: Questa storia partecipa al "COWT10" di Lande di fandom

• Settimana: Terza

• Missione: M1

• Prompt: Neonati

• Numero Parole: 1440

 

 

 

Neonati, pianti e zii

 
«Iwa-chan, questa è una tragedia!»

Tooru questo glielo aveva urlato per telefono, mentre cercava di sovrastare le urla del neonato che probabilmente stava tenendo tra le braccia. Hajime però si era appena svegliato e non stava capendo nulla della situziane.

«Che?»

«Mia sorella doveva portare Takeru dal dottore che ha la febbre, la mamma è a lavoro e io sono stato abbandonato da solo con il piccolo, ma ha iniziato a piangere e non riesco assolutamente a farlo smettere, aiutami!»

Hajime sospirò, cercando di non catapultarsi nella casa di fianco a picchiare quello che era il suo migliore amico dalla culla, che tra parentesi aveva chiamato lui per farsi aiutare con un marmocchio, quando proprio lui, di marmocchi non ne aveva neanche mai tenuti in braccio. Forse una volta Takeru, appunto, ma era già un bambino senziente di due anni.

«Oiscemo, non so neanche come sono fatti i bambini, cosa vuoi da me?»

«Ti prego Iwa-chan, aiutami!»

Hajime imprecò tra i denti e decise di vedere se sua madre era in casa, almeno avrebbe saputo a chi chiedere, ma tutto quello che trovò fu una nota sulla lavagnetta magnetica in cucina che lo informava che lei sarebbe stata fuori tutto il giorno dai nonni. Il ragazzo sospirò di nuovo e decise quantomeno di andare ad aiutare l’amico, per poi ricattarlo e farsi pagare cena e cinema per ricompensa, c’era proprio un posto nuovo dove voleva mangiare e la replica di un film che non era riuscito a vedere la prima volta. Infilò le prime cose che trovò sparse sul pavimento della sua stanza e sbadigliando uscì di casa. Le urla della piccola bestia si sentivano forti e chiare già dal vialetto, insieme ai tentativi disperati di calmarlo di Tooru, e per un secondo, con la mano quasi ad aprire la porta di casa Oikawa, di cui possedeva le chiavi da tempo immemore, decise di darsela a gambe, ma fu troppo lento.

«Iwa-chan, sei qui!»

Tooru spalancò la porta e lo afferrò per un braccio, trascinandolo dentro, mentre con l’altra mano sorreggeva il piccolo fagottino urlante che era l’ultimo arrivato in casa.

«Non riesco a farlo calmare, è assolutamente impossibile, Takeru non ha mai fatto cose del genere!»

«O forse non lo ricordi perché non gli hai mai badato quando eri piccolo a causa degli impegni scolastici e del club?»

Tooru sbuffò furente, cercando di calmare il piccolo che continuava a urlare inconsolabile tra le sue braccia, provocando un mal di testa non indifferente ad Hajime, che già non si era svegliato propriamente in forma dopo aver passato la notte a leggere manga nel conforto della sua vecchia stanza.

«Non è colpa mia se nel primo weekend che riusciamo a stare a casa, succede questo, vorrei solo essere un ottimo zio, visto che questo bambino mi vedrà poco e niente stando a Tokyo per l’università.»

Lo sguardo di Tooru si adombrò non poco, mentre ricordava che ormai era un adulto funzionale che studiava in una città lontana e inoltre era un pallavolista a tempo pieno, senza la sua famiglia intorno a sostenerlo. Quei primi mesi di lontananza erano stati molto duri per lui, che non era abituato a fare nulla da solo e aveva sempre avuto famiglia e fratelli intorno. Hajime aveva dovuto insegnargli le faccende domestiche di base, tipo come fare le lavatrici, pulire per bene e cucinare almeno un uovo senza farlo bruciare e mandare a fuoco il piccolo appartamento che dividevano. Il suo sguardò si ammorbidì e il suo essere scocciato svanì quasi del tutto, capendo perché Oikawa si era messo in quella situazione pessima: voleva dimostrare ai suoi che sapeva cavarsela da solo e che addirittura riusciva a prendersi cura di un neonato, anche se il neonato in questione al momento era inconsolabile e arrabbiato con il mondo per avere uno zio così goffo nella vita fuori dalla pallavolo, e Hajime un po’ lo capiva.

«Dai, dallo a me, tu intanto prepara il biberon, proviamo a vedere se ha fame.»

Avevano perso davvero molto tempo, ma non erano riusciti a quantificarlo, sapevano solo che dopo tre biberon andati a male perché Tooru si rifiutava di leggere le istruzioni perché a detta sua era solo acqua e polvere da mischiare, uno ben uscito che però il piccolo aveva rifiutato dopo qualche ciucciata, urlando ancora peggio, giochi, giochini, campanellini, musichette rilassanti, il bimbo era ancora inconsolabile. Certo, il pianto a pieni polmoni si era ridotto a dei lamenti sonori a causa della stanchezza che doveva avere e ad Hajime faceva quasi pena, con quegli occhietti ancora un po’ ciechi gonfi di lacrime e la faccia arrossata.

Erano sfiniti, ma Oikawa sembrò avere il lampo di genio.

«E se dovessimo cambiargli il pannolino?»

Hajime era disgustato all’idea, ma doveva ammettere che era una possibilità più che tangibile, anche perché era da un po’ che continuava a sentire uno strano odore, ma non si era posto il problema.

«Sì, ma io non ti aiuto.»

«Ma, iwa-chan-»

«Tuo il nipote, tuo l’impegno, tuo il pannolino. Io dovrei stare ancora a dormire beatamente in questo preciso istante, invece no, sono con un idiota che non sa badare neanche a se stesso a prendermi cura di un neonato. Io, che i neonati li vedo solo in tv, e anche troppo per i miei gusti.»

«Rude, Iwa-chan!»

Tooru mise su il suo broncio più teatrale, togliendo il fagottino dalle braccia di Hajime e portandolo poi al fasciatoio. Non aveva idea di cosa stava facendo e Hajime non aveva intenzione di schiodarsi dal divano sul quale si era appollaiato, godendosi lo spettacolo di salviette, creme e talco che volavano dappertutto, mentre il piccoletto aveva ricominciato a dare aria ai polmoni, forse disturbato dal modo poco carino che aveva lo zio di cambiarlo.

Quindici minuti esatti di orologio dopo, finalmente calò il silenzio sulla casa e ad Hajime parve di sognare, mentre le orecchie gli fischiavano ancora per gli urli senza freno che aveva subito nell’ultima ora e mezza. Il piccolo se ne stava ora tranquillo tra le braccia dello zio, che gli aveva fatto scivolare in bocca un bel ciuccio azzurro e ora lo cullava dolcemente, il viso stravolto e i capelli solitamente ben sistemati, tirati indietro alla meglio con un cerchietto, dal quale sfuggivano di continuo a grosse ciocche ribelli.

«Ce l’ho fatta.»

Tooru lo sussurrò vittorioso, mentre faceva cenno ad Hajime di seguirlo al piano di sopra, dove sistemò il piccolino ormai addormentato al centro del letto matrimoniale dei suoi, per poi stenderglisi accanto per controllare che non cadesse. Gli sistemò intorno la copertina e finalmente tirò un sospiro di sollievo, insieme ad Hajime.

Tooru gli fece cenno di raggiungerlo sul letto e lui con quanta delicatezza possibile, si lasciò scivolare dall’altro lato del piccolo, che per lo sfinimento dormiva già profondamente.

«Ce l’abbiamo fatta.»

«Sono il miglior zio del mondo.»

«Adesso non allargarti troppo.»

«Sempre una parola gentile, eh?»

Tooru glielo sibilò guardandolo male, ma tanto Hajime ormai ci era abituato.

«Magari un giorno sarai un ottimo padre, chissà.»

Tooru s’immobilizzò e distolse lo sguardo da Hajime in fretta, le gote che iniziavano a tingersi di un rosso violento, mentre mormorava qualcosa di quasi incomprensibile, di cui riuscì a carpire solo qualche parola smozzicata e un “con te”, ma l’ex schiacciatore si stava già addormentando, sfinito anche lui per la nottata in bianco e la mattinata di urla.

«Mmmm?»

«Eh, Iwa-chan? Lo faresti?»

Gli occhi di Tooru brillavano nella luce della metà mattina ed Hajime nel suo dormiveglia li trovò davvero belli, ma in fondo si perdeva spesso ad osservarlo e a pensare che l’alzatore fosse davvero bello.

«Sì, lo farei.»

Non sapeva cosa avrebbe fatto, ma tanto quando Tooru gli chiedeva qualcosa, anche sbuffando e lamentandosi, lui la faceva sempre, tanto valeva dirgli comunque di sì.

«… -mo, Iwa-chan.»

Non aveva afferrato la prima parte di frase, il tepore del sole, la morbidezza del letto, il respiro finalmente tranquillo e profondo del bambino lo stavano cullando e si lasciò andare, cadendo anche lui a dormire beatamente. Tooru si addormentò subito dopo di lui, sorridendo come uno scemo per le promesse inconsapevoli che gli aveva fatto il suo Hajime.

Sua sorella e Takeru li trovarono così, addormentati sul letto arruffati e sporchi di latte, con il piccolo al centro che dormiva sereno. Sorrisero entrambi e il nipote ormai grande, tirò fuori il cellulare e scattò una foto da mandare più tardi allo zio e per la prima volta in vita sua, ne scattò una bella nitida, tanto da far vedere che Tooru e Hajime nel sonno si erano cercati e si erano presi per mano, inconsapevolmente, ma tutti speravano ancora non per molto.
  
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