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Autore: Melanto    23/02/2020    5 recensioni
[Storia scritta per la FlashChallenge: bacio del gruppo facebook 'Il Giardino di EFP']
Una squadra di calciatori all'ultimo anno di liceo, tre manager e due giorni di ritiro in solitaria come regalo del loro mister prima che gli esami li assorbano del tutto e il diploma li catapulti nel mondo degli 'adulti'.
Due giorni per godere appieno di quella adolescenza che sta per tramontare. Benvenuta maturità... o quasi.
«Siamo soli, quindi?»
«Così pare.»
«E allora direi che possiamo scatenare l'inferno!»
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Kumiko Sugimoto/Susie Spencer, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Shingo Takasugi/Bob Denver, Yukari Nishimoto/Evelyne Davidson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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So, kiss me - #8

Note Iniziali:

Questa storia partecipa alla Flash Challenge: Bacio indetta dal gruppo facebook ‘Il Giardino di EFP’.

 

 

 

 

 

 

 

- VIII: In bocca ha oro e fiele -

(prompt #31: un quasi-bacio)

 

 

 

 

 

 

 

Quel mattino, in bocca, ha oro e fiele.

Morisaki è tornato a stare sulle sue, anche più di prima, e sta evitando Izawa fin dalla colazione. Solo che lo fa con talmente tanta abilità, che in pochissimi sembrano essersene accorti, visto che nessuno fa domande né ne parlottano sottovoce.

Dall’altra parte c’è Izawa, che fa un passo avanti e due indietro appena si sente rifiutare dal portiere, in un valzer fuori tempo.

Che a Takasugi il telefono sia ‘magicamente’ sfilato dalle mani mandando in esplosione lo schermo è la terza balla che aleggia come una nuvola già dal giorno prima, però nessuno ha notato la cosa più strana: invece di portargli uno scazzo atomico, Shingo è magicamente più rilassato e tranquillo.

Infine, Ishizaki e Nishimoto sembrano camminare su un filo di rasoio ogni volta che vengono in contatto.

Tutto questo si potrebbe dire il fiele, quelle incognite che abbassano l’asticella del mood e non si capisce da che parte penderanno o perché.

Dall’altro lato, il resto è oro. Urabe e gli altri, Taro e la sua ironia pungente, Sanae. Kumi.

Nel mezzo ci sono lui e i suoi occhi che seguono una sola persona e si chiedono se avranno mai il coraggio, ora che il tempo sta per scadere, di uscire fuori dall’ombra e scegliere se bere fiele o mordere l’oro.

 

L’ultimo giorno di ritiro.

L’ultimo giorno da vivere alla grande.

Kumi si è svegliata con quel pensiero accelerato. Lei lo è tutta da quando è arrivata lì con l’unica grande certezza: sarebbero stati gli ultimi momenti che avrebbe vissuto a stretto contatto con i senpai, e vuole che siano memorabili e le rimangano addosso come tatuaggi, qualcosa di indelebile. Nella vita, sa che non incontrerà più senpai come quelli, sa che non può avere la certezza di mantenere stretti i contatti perché le strade sono tante e le direzioni diverse, e sa che poi dovrà prendere le proprie, di strade. Non è detto che saranno ancora tutte vicine.

Lei non è Sanae, non è Yukari.

Lei è la più piccola e dimenticabile, finirà nel cassetto dei ricordi, forse, e vuole fare in modo che siano almeno quelli belli.

La mattinata si è svolta tra un mezzo allenamento e un mezzo bagno tutti insieme, quello che Ishizaki le aveva promesso.

Quanto le mancheranno le scuse inverosimili del capitano? Quella del ‘rituale’ è stata così divertente che avrebbe voluto scoppiare a ridere, ma poi lo avrebbe messo in imbarazzo. Sono stati uno spettacolo, tutti. Sorprenderli in spiaggia, dopo essere rimasta almeno una mezz’ora a spiarli di nascosto e a ridere di gusto della loro ingenuità, è stato uno spasso. Grandi e grossi, che si fanno fregare come dei bambini. Ma da quel poco, ha potuto vedere e capire cose che aveva solo sospettato nel passare del tempo e spera di aver dato qualche spinta giusta.

Tra Morisaki e Izawa lo spera tantissimo!

Oddio! Sono proprio l’esempio del perfetto BoysLove!

Se non finiscono insieme quei due, chi altri potrebbe?!

Anche se quella mattina non le hanno dato le soddisfazioni che si era aspettata, ma insomma, si dice che se son rose

Al mare sono rimasti fino all’ora di pranzo e poi sono risaliti nella struttura. Un pranzo velocissimo con qualche tramezzino e poi si sono goduti la tranquillità delle cicale. Qualcuno più temerario ha pensato di allenarsi lo stesso, ma sfruttando la palestra.

Anche se di malavoglia, lei e le ragazze hanno iniziato a preparare le valigie.

Kumi non sa come prendere quei momenti in cui è da sola con le manager: se di tranquillità o di distacco, perché sono gli unici in cui non sente i suoi occhi addosso.

Durante il ritiro con i kohai, gli impegni giornalieri, l’attenzione per gli allenamenti e l’elevato numero di persone, la presenza di quello sguardo è stata diluita tra le troppe cose da fare e gli ordini del mister. Più che altro le ha fatto compagnia la sera o durante i pasti, quando si era tutti insieme e percepiva in esso una sensazione pacifica.

A dirla tutta, all’inizio non aveva neppure capito di chi fossero quegli occhi che le si poggiavano addosso in maniera quasi tattile. Una carezza tra le spalle, una mano tra i capelli. Ci ha messo un po’ a individuarli; quando, cioè, si è resa conto che con lui ci parlava meno che con gli altri. Lo sguardo attento finiva per confondersi in mezzo a quelli che facevano troppo rumore; ed erano un agitarsi di mani nell’aria, gli occhi degli altri, mentre i suoi sono ombrosi, ma che ti puntano come un cane da caccia. Solo dopo che i primini e quelli del secondo anno sono andati via assieme al mister, e quindi la folla si è ridotta all’osso, sono emersi con tutta la loro forza. Non c’erano altri a schermarli e nasconderli, e le è risultato facile, a volte, girarsi con decisione e trovare lui dove sapeva sarebbe stato, ma non i suoi occhi: subito impegnati in conversazioni con chi gli era accanto o abbassati sul cellulare, quasi sapesse anticipare le sue mosse.

Non sa dire perché.

Non sa dire se le piacciano o meno.

Sa solo che se non li avverte è come se le mancasse qualcosa: non si sente più al sicuro.

Nel tardo pomeriggio hanno deciso di festeggiare l’ultima sera lì mangiando in paese, così da non mettersi a cucinare. Escono presto, mangiano presto, bevono qualcosa e poi ritornano in struttura per stare ancora una volta riuniti attorno al cerchio dell’amicizia e tirare le somme di quel ritiro.

Kumi è felicissima di uscire tutti insieme, sfoggiare i senpai in mezzo alle altre persone, avere la loro attenzione e dire quasi ‘ehi, loro sono i miei senpai! Guardateci quanto siamo belli! Guardate che meravigliosa è la Generazione d’Oro! Vi faranno sognare, al World Youth! Ma voi non potrete averli così vicini, come li ho io!’.

Una parte di sé ne è orgogliosa e l’altra parte così gelosa da non volerli condividere con nessuno. Quel piccolo gruppo è il suo tesoro.

Per le strade del paese fanno faville, come ha sospettato. Li guardano tutti, qualcuno si ferma a parlare, ma la maggior parte si limita a osservarli e bisbigliare. I mormorii le camminano sul corto vestitino a fiori come la brezza della sera. Sandaletti aperti ai piedi, un foulard che le svolazza attorno al collo. È tutto bello, tutto perfetto tanto che vorrebbe che il tempo li bloccasse lì, a quell’istante, per sempre, assieme a quello sguardo che sente più insistente del solito. Sa di avercelo addosso e non sa perché questo la fa ridere ancora più forte per ogni battuta, la fa saltellare tra tutti con maggior sicurezza, le fa trascinare via le altre manager prendendole sottobraccio con una confidenza poco da kohai. Lei gira col sole che ormai è tramontato e inizia a brillare come le lucciole che ogni tanto si accendono e spengono vicino al pelo dell’acqua del molo. Oggi si sente davvero in grado di conquistare il mondo intero, perché sa di essere la più bella del reame.

«Kumi-chan, oggi sei più allegra e trottola del solito», scherza Iwami mentre le fa fare una piroetta.

«Perché oggi è una bellissima giornata!»

«Bellissima?! Ma se è l’ultima e poi domani si tornerà di nuovo a casa?! Hai tutta questa voglia di fare gli esami di luglio? Io no!»

«Ma no, Nakazato-senpai! Oggi è una giornata bellissima perché siamo tutti qui insieme senza pensare al calcio!»

«Ci fosse stato Tsubasa, ci staremmo ancora pensando.» Urabe sghignazza degli scappellotti che riceve, soprattutto da Sanae, e anche Kumi ride, indietreggiando di alcuni passi fino a che non urta qualcuno.

«Oh! Mi scusi!» dice, voltandosi e continuando a sorridere, a un ragazzo in compagnia degli amici – suppergiù la loro età – di certo, anche loro lì a godersi la passeggiata sul lungomare. Il paese si è riempito di turisti e locali che gironzolano tra le bancarelle del Tanabata che già sono state montate. La festa sarà tra qualche giorno e loro la trascorreranno a Nankatsu, ma lì sembra che sia arrivata in anticipo. Odori di cibo di strada, gente che passeggia in yukata, lanterne che dondolano. Il Tanabata è lì e loro lo stanno assaggiando.

Il ragazzo che ha urtato le accenna un bel sorriso e un gesto col capo. Lei saluta con la mano e torna a trottolare con i suoi amici e a farsi rapire da ogni cosa che ha intorno.

Alla fine, tra un po’ di street food e qualche tentativo infruttuoso ma comico al kingyo sukui – dove Ishizaki e Urabe si sono dati sfida matta senza pescare nemmeno un pesciolino – decidono di fermarsi in un locale grazioso con dei tavolini all’aperto.

È pieno di ragazzi come loro e allora riescono a mischiarsi bene, anche se hanno occupato tre tavoli che hanno riempito di coca-cola con ghiaccio, melon soda e tè freddo mentre spiluccano noccioline e patatine in piccole ciotole sparse.

«Ah, ragazzi, se si potesse vivere sempre così… Che darei.» Nakayama è sbracato sulla sedia e ha gli occhi socchiusi sull’espressione in estasi.

«Piuttosto, voi avete pensato a cosa farete dopo gli esami?» Urabe si rivolge ai ragazzi che non sono stati selezionati per la Nazionale. E cioè quasi tutto il gruppo della ex-Otomo, Iwami e Nakazato.

«Io passo.» Koji risponde per primo, alzando entrambe le mani. «Niente università per me. Proverò con qualche scuola professionale o si vedrà.»

«Non c’era quel fratello di tuo padre che ti aveva già trovato un posto ad Hamamatsu?» domanda Nakayama cincischiando con la cannuccia che galleggia nel tè.

«Sì, lavorerei in magazzino. Potrei anche diventarne il responsabile, se dimostro di essere all’altezza.»

«Io pensavo di provare con l’università… ma non ne sono tanto sicuro», sospira Kenichi dondolando il capo da un lato e dall’altro. «Mi ispira molto di più l’idea di provare con il Junior College per studiare medicina sportiva.»

«Cosa? Anch’io!» esclama Oda con entusiasmo. «E anche Masato!»

«Maddai! Allora ci si potrebbe pensare davvero. Sarebbe una figata andarci insieme!»

«TeamNankatsu sempre unito!»

E si scambiano il pugno da sopra i tavolini.

«Prima di gasarvi tanto, pensate a passare gli esami!» ridacchia Nakayama e lei gli molla una gomitata.

«Senpai, devi appoggiarli, gli amici, non scoraggiarli!»

«Sono solo realista!»

Kumi gli lancia un’occhiataccia prima portare il bicchiere alle labbra e accorgersi di aver finito la propria bevanda. Ha così tanta sete, per il suo continuo volteggiare e ridere, da averla terminata in un attimo.

«Vado a prendere un’altra bibita, volete qualcosa?»

Gli altri declinano e lei si allontana con il suo abito che le svolazza attorno alle gambe leggero come lei e il suo spirito. Non si sente a disagio a stare in un posto tanto affollato di giovani e che non conosce, anzi, un po’ la fa sentire più adulta, soprattutto perché è in compagnia dei senpai, tanto da sentirsi ben sicura di sé e andare a ordinare. E poi ci sono i suoi occhi.

«Ehi, ciao.» Si sente salutare mentre è in coda per le ordinazioni.

«Ciao…» risponde con un sorriso un po’ incerto e che non vuole sembrare maleducato nei confronti dello sconosciuto.

Il ragazzo che l’ha salutata è carino e le sorride molto più apertamente.

«Prima, sul lungomare, ricordi? Mi hai urtato.»

«Ah! Sì! Ciao! Scusa ancora, non l’ho fatto di proposito. Siamo in tanti e il lungomare era pieno…»

«Ma no, tranquilla! Non preoccuparti. Ecco… senti, sono un po’ in difficoltà a chiedertelo.» Il ragazzo si passa la mano dietro la nuca e ogni tanto abbassa lo sguardo. «Ma c’è un mio amico che prima ti ha notata e ti trova molto carina, solo che è timido. E allora mi chiedevo se non ti andrebbe di scambiarci due parole, così, veloci.»

Kumi inarca un sopracciglio e sente un leggero moto di fastidio che le formicola nella pancia. «Uhm… veramente sono in compagnia, e dovrei tornare da-»

«Ah! Davvero! Un minuto, nient’altro. Oggi è anche il suo compleanno. Lo faresti felice.» Si avvicina con fare complice. «Devi sapere che non ci sa proprio fare con le ragazze… Ma magari, parlando con te, si scioglie un po’.»

Kumi non è molto convinta, però alla fine si tratta di qualche minuto e poi, poverino, lei lo sa cosa significa essere tanto timidi, ha un sacco di amici del primo anno così ed è sempre stata un po’ la loro guru, vista l’amicizia che ha con i senpai del terzo anno.

«Okay. Se sono solo due parole...»

«Ah! Grazie! Sei un angelo!»

Il ragazzo la invita a seguirla e lei gli va dietro. È un tipo affabile, dai modi simpatici e parla molto, tanto che non si rende conto che sono praticamente usciti dai tavolini per girare nel retro del locale se non quando sono lì e non c’è nessuno a parte loro.

«Dove sarebbe questo tuo amico?» domanda, guardandosi intorno. Quando si volta, il ragazzo è a un passo da lei con un sorriso languido sulle labbra.

«Scusa. Piccola bugia, ma se ti avessi detto che quello interessato ero io, mi avresti di sicuro liquidato e io volevo un’occasione per stare un attimo solo con te.»

«Non è corretto mentire a una persona che nemmeno si conosce.» Kumi fa per superarlo e andarsene, ma lui le para la strada.

«Oh, andiamo. Un minuto. Sei così carina, ti ho vista prima come mi hai sorriso.»

Le tocca il mento e lei si ritrae subito, con espressione contrariata.

«Era un sorriso di cortesia! Avrei dovuto dirti ‘cretino, levati dai piedi’?!»

Il ragazzo la chiude contro il muro del locale e lei si sente bloccata in una sensazione d’impotenza che l’annichilisce. Non si è mai trovata ad affrontare da sola qualcuno così molesto, addirittura in un luogo sconosciuto. A Nankatsu sa sempre dove andare e come allontanare le persone, come se le riconoscesse subito, ma qui, tra l’euforia del momento e i posti così diversi, è come se le sue capacità difensive si fossero spente per un istante.

«Fammi passare, devo tornare dai miei amici.» Cerca di spostarlo, ma lui le blocca di nuovo la strada, allungando un braccio.

«Un bacio. Un bacio solo e poi ti lascio andare. Coraggio, che ti costa? Chissà quanti ne ha baciati una carina come te.» Si avvicina troppo e Kumi ritrae la testa, ma c’è il muro e non può farsi più indietro.

«Scordatelo! E fammi passare!»

«Uno! Vedrai che poi me ne vorrai dare un altro.» Il ragazzo sorride sornione, così convinto delle proprie capacità che lei gli riderebbe in faccia se non fosse che ce l’ha praticamente addosso e che sta quasi per baciarla.

D’un tratto, la certezza. Quella sicurezza assoluta di essere protetta.

Kumi smette di divincolarsi. «È qui», dice, perché ha sentito i suoi occhi.

«Uh? Chi?»

«Quello che ti dà due possibilità…»

Il ragazzo si gira di scatto e le apre la visuale.

Takeshi è appoggiato con una spalla al lampione che illumina quell’angolo più defilato dal caos del locale. Ha le braccia conserte e gli occhi fissi sul ragazzo.

«…la prima è quella di andartene sulle tue gambe.»

«E la seconda è quella di strisciare via sui gomiti.»

Il ragazzo sobbalza, e anche Kumi ha un sussulto, quando la voce di Hanji spunta vicinissima a loro. Difatti, il senpai appoggia un gomito contro il muro e sta sorridendo senza però snudare i denti.

«Io partirei subito con la seconda.» Nishio, invece, gesticola adagio. «Sai, uno si porta avanti.»

«Sì, ma se ce lo lavoriamo un pezzo per uno, a questo qui non resteranno intatti neppure quelli.»

E con Nakayama, l’ex-gruppo Otomo è arrivato al completo.

Kumi ha un tuffo al cuore che le fa pizzicare gli occhi.

Lo sconosciuto, invece, vedendosi così in netta minoranza perde tutta l’aura del gradasso avuta fino a quel momento. Indietreggia solleva le mani e tenta di sorridere.

«Scusate… non sapevo fosse in compagnia. Era lì, sola soletta e credevo…»

«Ora lo sai», continua a sogghignare Urabe, parandosi proprio al suo fianco. «E non ci siamo solo noi. Tienilo a mente, mh?» solleva le sopracciglia e in un attimo l’altro scompare a gambe levate.

Kumi si fa ancora più piccola quando l’occhiata di Hanji la rimprovera, pur senza usare un tono aspro.

«Tutto bene, Sugimoto-chan?»

Lei annuisce, ma mantiene lo sguardo a terra fino a quando le mani di Nakayama l’afferrano saldamente per le spalle e la scuotono un pochino.

«Sicura? Stai bene?! Ti ha fatto cose che non doveva?! Dobbiamo andarlo a recuperare e dargliene qualcuna giusto per sottolineare il discorso?! Eh?!»

«Secondo me l’ha capita.» Koji tiene il mento tra indice e pollice. «Perché siamo stati troppo fighi, non è vero?»

«Fighissimi! Dei supereroi!» ride Kumi, ma smette subito quando sente che gli occhi di Takeshi le sono addosso come aghi, questa volta, e quando li incrocia con i suoi il ragazzo non li distoglie come fa di solito. Ha ancora le braccia conserte e un’espressione talmente dura che Kumi capisce al volo che il rimprovero non è finito.

«Torniamo dagli altri, o si domanderanno perché siamo spariti tutti insieme.»

«Sì, andate. Noi veniamo subito.»

Nakayama stringe i denti prima di lasciarla andare, mimando un ‘è incazzato’ cui lei risponde con un sorriso timido e consapevole. Poi i ragazzi vanno via e lì dietro restano solo loro due.

Ecco, ora quello sguardo addosso le crea un disagio pazzesco quando fino a un istante prima aveva sperato di sentirlo con tutte le sue forze.

«Io-»

«Che cazzo ti è venuto in mente?»

«Mi dispiace, credevo non ci fosse niente di male…»

«Niente di male?» Il tono di Takeshi trasuda acido. «Seguire uno sconosciuto a caso, ‘niente di male’

«Mi sembrava una cosa innocente. Lui aveva detto-»

«Non è quello che sembrava o che diceva! Ce l’hai un cazzo di cervello? Be’ vedi di usarlo! Pensa, prima di fare cose stupide. Pensa!»

«Certo che ci penso! E tu chi ti credi di essere per dire che non lo faccio?!»

«Sono il tuo senpai, ecco chi sono! Sono quello che è responsabile della tua incolumità, assieme agli altri! E se ti dico che devi pensare, è perché non sono certo io quello che ha seguito uno sconosciuto solo perché gli ha detto qualcosa!»

Se poteva peggiorare la situazione, lo ha appena fatto. La voce di Takeshi è stata tuono e lei riesce a sostenere i suoi occhi solo per un secondo, prima di piantare lo sguardo a terra e non dire altro. Se lo facesse, sarebbe piangendo e non vuole dargli questa soddisfazione. Anche se sa di essere nel torto, vuole conservare un minimo di orgoglio.

Anche Takeshi non aggiunge altro, ma volta le spalle e se ne va.

La differenza di età tra loro è minima, ma non le è mai pesata così tanto come in quel momento. E il divario vede ognuno su sponde diverse: i suoi amici stanno per attraversare la porta del regno degli adulti, mentre lei è ancora sulla soglia di quello dei ragazzini.

 

«Non pensi di aver esagerato?» Hanji lo ferma appena gira l’angolo del locale. Takeshi lo trova che sta appoggiato al muro con le braccia conserte ad aspettarli. «Aveva capito di aver sbagliato.»

A lui un po’ tremano le mani, perché a quel coglione gli avrebbe volentieri mandato a donne un ginocchio con un calcio. E poi si sente in colpa, perché non era proprio quello che avrebbe voluto dire a Kumi, soprattutto, non con quel tono. Ma è arrabbiato per la sua ingenuità troppo sulle nuvole, e preoccupato che l’idiota potesse fare qualcosa di spiacevole.

Il fatto è che con le parole non ci sa fare per niente; già parla poco di suo, ma quando lo fa, si spiega malissimo o parte subito in quarta. Dentro la testa è tutto chiaro, lineare e tranquillo, solo che deve esserci qualche problema con i collegamenti alla bocca e ciò che pensa viene fuori distorto al massimo con conseguenze catastrofiche.

Tipo, sa di essersi appena bruciato ogni più remota possibilità con Kumi. E non può farci molto.

«Lo so, per questo ci siete voi. Ma qualcuno doveva pur fare la parte del cattivo.»

Si allontana per raggiungere gli altri, tanto lo sa che ci penserà Hanji a mettere una pezza e a far tornare il buon umore alla piccola manager mentre lui tornerà a immergersi nell’ombra a bere il suo fiele.

 

 

 

 

 

 


 

 

Note Finali: teendrama back agaaain! XD

E doveva toccare pure alla piccola, allegra Kumi. *nods*

Un po’ ciascuno, non fa male a nessuno… si spera XD

Allora, la sua allegria e ingenuità l’hanno portata in una situazione in cui puoi finirci quando sei una ragazzina. Lei è convinta ancora che il mondo sia tutto puccio e figo, ed è fortunata ad aver avuto attorno dei falchi come gli ex-membri della Otomo a farle da guardie del corpo!

E così, viene fuori anche la cotta di Takeshi… che si gioca ogni possibilità.

…ma davvero?

L’adolescenza è pure questo: si litiga, anche furiosamente, ma chissà se le cose non finiscono per risolversi lo stesso.

 

A domani :*

 

 

   
 
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