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Autore: Zero    10/05/2005    5 recensioni
Riuscirà il nostro impavido lettore a interpretare le azioni del Poeta?
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ermeneutica

Ermeneutica

 

Un poeta passeggiava distrattamente. Ma non era un poeta qualunque, era il Poeta. E il suo passeggiare, che solo a prima vista poteva sembrare distratto, era in realtà assorto e meditativo.

Dunque, il Poeta passeggiava meditando.

Su cosa meditava? In realtà non ci sarebbe dato saperlo, ma per noi il Narratore Autolimitato e Regredito farà un’eccezione, e, dimenticandosi della propria autolimitatezza e regreditezza (o regredimento? regressione?) tornerà per un attimo ai fasti di onniscienza di ottocentesca memoria.

E Dunque il Narratore, ci rivela (in via del tutto confidenziale, sia ben inteso), che il Poeta stava riflettendo sulla dichiarazione dei redditi che avrebbe dovuto presentare a breve.

La dichiarazione dei redditi?

Possibile? Se non fosse il Poeta in persona saremmo quasi autorizzati a pensare che questo non sia un pensiero molto poetico. Ma dato che egli è il Poeta, possiamo inferire senza tema di errore che la dichiarazione dei redditi è in realtà la metafora per la triste condizione umana odierna, che, dopo la caduta degli atavici miti del passato, non c’è più spazio per la poesia e per la cultura. Ed ecco che il poeta si lacera nel dilemma! Come uscire da questa impasse nichilistica? Come trovare la strada, o perlomeno il sentiero, per una nuova poetica in questa civiltà materialistica e disillusa?

Ed ecco che il poeta guarda il cielo…

Ecco! Nonostante tutto, forse c’è una speranza di evasione! Forse il frammento di cielo che si staglia pallido tra il grigiore urbano rappresenta davvero la possibilità di sperare ancora, di trascendere la banalità e la mediocrità dell’esistenza, per librarsi con le ali dell’Ideale, per spezzare le catene che incatenano l’albatros al ponte della nav…

Ma non ci sono albatros nel cielo. In compenso c’è un piccione, e ha appena cagato in testa al Poeta.

Oddio! Come interpretare questo infausto simbolo? Forse è il simulacro dell’infausto destino dell’aedo delle Muse, che dagli altari è stato scagliato alla derisione e allo scherno dei mortali? O forse è il monito della costante disillusione che incombe sulla vita, dell’impossibilità di rievocare il passato mitico?

In ogni caso il Poeta sta imprecando con veemenza, e ora incede con passo deciso verso un locale vicino. Si avvicina al barista e, con fare cortese, gli domanda se possa per piacere dare un fazzoletto per pulirsi.

Egli vuole mondarsi dalle sozzure del mondo! Egli vuole trovare la purezza di sguardo che alberga negli occhi di un bambino, per poter, una volta liberatosi dai condizionamenti artificiosi della sua erudizione, guardare la vita trasfigurata, per accedere, grazie ad una repentina epifania, alla cristallina e perfetta comunione panica con tutte le cose. In questa ottica potremmo anche riconsiderare il simbolo dell’escremento del Piccione, palese metafora del memento rivolto a tutti coloro che credono di conoscere il mondo. Essi devono comprendere –socraticamente- la loro non-sapienza, per poter infine accedere, con l’animo liberato, alla Verità.

Ecco, infatti ora il Poeta si terge la fronte con il sublime drappo dell’Immaginazione, se la terge da tutte le conoscenze preconcette. Cosa farà ora? Si reimmergerà nella Natura? O si siederà, assorto, in una profonda contemplazione interiore?

Egli è al punto zero, ora può prendere tutte le strade, e tutte saranno ugualmente legittime e rivelatorie. Tutte potranno infine preludere a una subitanea rivelazione, a un’immagine che egli saprà tracciare con la penna del Sublime sul libro dei Grandi. Qualsiasi azione.

Sì, evidentemente anche andare in bagno.

  
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