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Autore: Etace    25/02/2020    1 recensioni
Londra, metà anni 60.
In un'università decentrata e apparentemente trascurabile, tre giovani promesse della musica si incontreranno per puro caso durante una lezione di biochimica. Non hanno niente in comune, se non un grande, smodato amore per la musica...
Vi propongo la storia dei Queen, quando ancora frequentavano l'università e non erano diventati i famosi miti che noi tutti adoriamo. Cercherò di attenermi il più possibile alla realtà dei fatti.
Freddie/Mary, accenni Freddie/Roger.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, Mary Austin, Roger Taylor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Dove diavolo sei stato tutta la notte?-

Mary era fuori di sé. Il suo cosiddetto ragazzo era tornato a casa alle quattro del mattino. Passate. C’era già il sole che albeggiava tra le nuvole.

-Amore mio…-

-No! Adesso mi dici dove diavolo sei stato!- strillò lei, spingendolo via, arrabbiata -Io sono stanca, hai capito? Non puoi fare sempre quello che ti pare, perché la vita è dura per tutti, non solo per te!- continuò a sgridarlo, anche se lui le aveva dato le spalle -E anche io ho i miei problemi, anche io avrei bisogno di sostegno e tu dovresti aiutarmi, non uscire in piena notte senza dirmi niente! FREDDIE! Mi stai ascoltando!?-

Il ragazzo, infatti, le aveva dato le spalle. Si era piegato a frugare nei cassetti e aveva tirato fuori una matrioska di porcellana, tutta variopinta, che aveva nascosto per bene sotto gli indumenti. Si alzò in piedi e gliela porse.

-Aprila, amore mio- la invitò dolcemente.

-Freddie, non sono in vena di scherzare-

-Per favore- insistette lui, con uno sguardo luminoso e vellutato -Aprila-

Mary afferrò l’oggetto colorato e iniziò a smontarlo con stizza, pezzo per pezzo. Arrivò alla bambolina più piccola, l’aprì e, sorpresa, ci trovò dentro un anello di giada.  Sollevò il gioiello tra le dita, a bocca aperta, ma quando alzò lo sguardo, rimase ancor più colpita: Freddie era in ginocchio.

 

 

Tre mesi dopo...

 

 

L’appello di dicembre era passato, e quanti esami aveva dato Roger?

Nessuno, naturalmente.

In compenso, però, non aveva mai suonato così spesso come in quel momento. Lui e Brian erano instancabili, condividevano quella grande passione e si esercitavano insieme ogni volta che potevano, al punto che stare senza suonare era diventato un peso per loro, un disagio. Studiavano e si scambiavano gli spartiti perfino durante le lezioni, parlavano di musica al telefono e in mensa durante la pausa pranzo, visto che Roger ormai aveva preso l’abitudine di sedersi di fianco a lui.

Freddie da parte sua aveva notato questa loro sintonia. Aveva intuito che Roger era stato preso nella band e gli aveva sentiti parlare proprio di questo, per i corridoi dell’ateneo. I due giovani parlavano di melodie, di tecniche, di musicisti famosi e di come o quando incontrarsi per esercitarsi.

Freddie avrebbe pagato qualsiasi cosa per ascoltare i loro discorsi o per intervenire nella conversazione, visto che anche lui aveva degli argomenti di discussione. Eccome, se ne aveva. 

Solo che, per quanto possa sembrare inverosimile, visto il suo look appariscente e un po' promiscuo, la futura rockstar celava un carattere timido e insicuro. Passava da momenti in cui si credeva un mito leggendario, ad altri in cui si riteneva mediocre e al di sotto della media.

Il suo genio musicale non era ancora stato riconosciuto e la sicurezza si nutre anche del riconoscimento, necessita di un raffronto esterno.

-Sono bravi, sono davvero bravi- esclamò a Mary, guardando i due amici con la coda dell’occhio -Li ho sentiti suonare l’altra sera e ci sanno proprio fare. Faranno della strada-

Mary lo guardò tristemente e poi volse lo sguardo su Roger e Brian, che ridevano fra loro a qualche tavolo di distanza.

-Perché non vai da loro a dirglielo?- lo spronò, prendendogli una mano con la sinistra, quella con l’anello -Li renderesti felici-

-Non mi va…- borbottò Freddie, rimescolando il suo cous cous con la forchetta.

-Non ti va?- ripeté lei 

-No, che senso avrebbe? Tanto lo sanno già-

-E allora? Dai… Non fare il timido-

Lui alzò gli occhi al cielo ma alla fine volle darle ascolto. Non era la prima volta che Mary gli dava buoni consigli.

-Va bene- cedette infatti, facendola sorridere -E comunque non sono affatto timido- E forte di questo assunto, si alzò dalla sedia, si lisciò le pieghe della giacca gialla a strisce nere e si avvicinò loro, con le spalle dritte e la testa alta.

-Ciao, ragazzi, come va?- esclamò ai due, cercando di darsi un tono -Non so se vi ricordate di me-

Roger e Brian si voltarono verso di lui, stupiti.

-Ciao- lo salutò subito Brian.

-Ehi. Tu sei… Freddie? Dico bene?- esclamò Roger, guardandolo dritto negli occhi. 

-E tu sei Roger- gli rispose lui, cercando di non arrossire -Ho sentito che stasera suonate al Bluelagoon. Pensavo di passare a vedervi-

-Grazie, amico- rispose Roger.

-Speriamo ne valga la pena- rispose invece Brian, più compassato.

-Ne sono certo, si vede che siete bravi. Il vostro cantante invece chi è?-

Roger afferrò la sua lattina di cola e lanciò uno sguardo divertito a Brian.

-Si chiama Tim Steffel- gli rispose quest’ultimo -Ma non credo che tu lo conosca, non frequenta l’università-

-Ah, d’accordo- esclamò Freddie, forzando un sorriso -Deve essere un cantante molto bravo, se suona anche il basso-

-Se la cava, sì- gli confermò Roger, spiccio.

-Bene. Allora in bocca al lupo per stasera- terminò Freddie, visto che stava iniziando a sentirsi di troppo.

-Crepi- gli rispose Brian -Facci sapere com’è andata, mi raccomando-

-Certo-

-Ciao…- lo salutò Roger, senza nemmeno guardarlo.

-Hai avuto anche tu l’impressione che volesse chiederci qualcosa?-

Roger alzò le spalle e si accese una sigaretta. Si guardò indietro e Freddie distolse subito lo sguardo.

-Nah…-


 


 

 

La melodia scorreva con delicatezza sul pianoforte, era orecchiabile e coinvolgente, originale. Mary era dietro di lui, rimasta attonita dalla bellezza di quelle note. Fissava le sue dita affusolate muoversi agili sulla tastiera, senza nemmeno l’ombra di uno spartito a tracciarne il percorso. Freddie guardava di fronte a sé in un punto imprecisato del muro. Sembrava distratto, ma invece era profondamente concentrato.

-Oh, Freddie- esclamò, appena lui smise di suonare quelle note sperimentali.

Il ragazzo si voltò subito verso di lei, teso -Allora? Che te ne pare?-

Mary era commossa -È meravigliosa-

-Sul serio?- le chiese, sorridendo.

-Te lo giuro sulla mia vita. Anzi sulla tua, visto che per me è ancora più importante- gli rispose Mary -È bellissima-

-Ha del potenziale- minimizzò lui, tornando a guardare i tasti del piano.

-Ha più che del potenziale- lo esortò, convinta -È fantastica, tu sei fantastico-

-Così però mi monto la testa-

-Fai bene a montartela-

E infatti, uno dei motivi per cui Mary sopportava quotidianamente lui e tutte le sue pesanti -nonché egoiste- esigenze da compositore, era proprio quello: Freddie era bravo. Ma non bravo come può essere un talentoso musicista del conservatorio, era più che bravo, mille volte più che bravo. Era stupefacente, ecco, forse la parola giusta era quella. 

Bravo in modo eccessivo, quelle bravure che ti imbarazzano e ti fanno sentire una nullità cosmica.

Adesso poi che aveva acquistato un pianoforte e Mary aveva sentito sempre più spesso le sue note prendere forma, se n’era ancora più convinta. Per questo sopportava in silenzio i suoi exploit col pianoforte alle tre del mattino o le sue continue dimenticanze: ne valeva la pena.

Certo, i vicini, poveretti, non la pensavano proprio allo stesso modo. Fatta eccezione per la vecchietta del piano di sopra, che era semplicemente entusiasta, il signore magrebino che abitava nella porta affianco aveva chiamato le forze dell’ordine almeno quattro volte. E in effetti Mary non poteva dargli torto, essere svegliati in piena notte quando l’indomani si deve andare a lavorare è terribile, però al tempo stesso sapeva che il genio musicale di Freddie meritava di essere sostenuto e giustificato, e infatti aveva pagato tutte le multe di tasca sua, visto che lui aveva mollato il lavoro.

Ma non le importava. O meglio… Un po' sì, in effetti, però aveva deciso che ne valeva la pena, almeno per adesso.

-Ma noi non dovevamo uscire?- gli chiese, visto che erano già le 21 passate.

Freddie infatti era seduto di fronte al pianoforte e non sembrava molto propenso all’idea di prepararsi. 

-Sì… Aspetta un attimo, provo una cosa- esclamò, mentre improvvisava una melodia nuova.

Mary sollevò gli occhi al cielo -D’accordo. Mi preparo io, intanto?-

-Sì, sì… Preparati tu, tesoro- le rispose con aria assente. Mary lo guardò male e prese le prime due cose che le capitarono in mano. In mezzo a quella confusione colorata di vestiti, trovare qualcosa che ancora le apparteneva era un’impresa.

E oltretutto, la camicetta viola che le aveva regalato sua madre era tutta stropicciata. Segno che sicuramente lui l’aveva indossata di nascosto.

Mary strinse i pugni e si voltò di scatto, pronta a mangiargli la faccia, solo che proprio in quel momento, Freddie iniziò a intonare una canzone inedita, che le fece morire le parole in gola. Il suo cuore si scaldò, i suoi nervi si rilassarono e come per magia, Mary si dimenticò i motivi per cui fosse arrabbiata.

-Sei incredibile- gli disse infatti, non appena lui ebbe finito -Dovresti far ascoltare queste strofe anche a Brian e a Roger-

-Non lo so…- le rispose Freddie, titubante.

-Perché non lo sai? Se sentissero quello che componi, o se ti sentissero anche solo cantare, si innamorerebbero subito di te-

-Grazie- le rispose, sorridendo.

-È la verità- lo rassicurò, piegandosi per baciarlo sulle labbra -Non ringraziarmi-

-Il fatto è che non so se saprei accettare un no come risposta- si sbottonò Freddie -Mi angoscia pensare che ciò che io considero perfetto, a loro possa fare schifo-

-Ma a loro non farà schifo, non puoi fargli schifo, è impossibile-

-Sono inglesi, Mary …- 

-E allora?- domandò lei, convinta -Anche io sono inglese, eppure ho adorato tutto ciò che mi hai fatto sentire-

-Ma tu sei un angelo, non fai testo-

-Ma piantala o ti infilo il rimmel in un occhio- lo minacciò, facendolo sorridere.

Un sorriso mesto, incupito dai pensieri negativi e dalla paura per il futuro.


 


 

 

La musica ha un che di tirannico. Se non la non a mantieni allenata tutti i giorni, allora le dita perdono in scioltezza e agilità, l’orecchio si impigrisce e l’ispirazione si infiacchisce.

Tim Staffel non suonava tutti i giorni come Brian e Roger.

Anzi, a volte non si era nemmeno presentato alle prove perché, come soleva dire, il capo gli aveva imposto gli straordinari fino a tarda sera.

E di fronte a una scusa del genere, Roger e Brian non potevano certo proferire parola. Anzi, si mettevano nei suoi panni e aprivano le braccia, impotenti ma dispiaciuti.

In realtà, però, Tim non aveva dei veri e propri doppi turni.

C’era una rockband piuttosto conosciuta nel quel di Londra, ritenuta anche molto promettente, con cui il ragazzo aveva iniziato ad instaurare particolari trattative.

Gli Humpy Bong, così si chiamava questo gruppo, aveva iniziato a fargli delle proposte anche danarose molto interessanti, a cui resistere stava diventando veramente difficile.

L’idea di lasciare gli Smile era sempre più concreta e ricorrente nella mente di Tim, a tal punto che aveva pensato bene di non presentarsi più alle prove. Quella sera stessa, poi, avrebbero dovuto esibirsi dal vivo, per la prima e probabilmente ultima volta. Roger e Brian non se lo immaginavano neanche, ovviamente. Malgrado gli Smile avessero dovuto entrare in scena dopo mezzanotte,  loro due alle 21 erano già arrivati e pronti, anche per poter vedere le altre band che concorrevano...

 

-E i soldi? Dove li metti?-

-Li guadagniamo facendo serata-

Brian ridacchiò, disilluso -Sì, come no. E magari diventiamo anche famosi e andiamo in giro in limousine-

-Guarda che io ho i piedi per terra- gli rispose Roger, mentre si preparava per lo spettacolo -Sto studiando per fare l’odontoiatra, quindi puoi immaginare quanto sogno di diventare famoso. Tuttavia, sarebbe comunque una cosa divertente da fare, così, nel tempo libero e senza impegno-

Il chitarrista scosse la testa -Roger, io non mi metto a suonare per la strada come un barbone, è chiaro?-

-Perché no?- scherzava il biondo -Tu suoni la chitarra e io… che so, il violino, e con quello che racimoliamo, mi ci pago la benzina-

-Sicuro, guarda. Consideralo già fatto- ridacchiò, divertito -Soprattutto perché non voglio perdermi lo spettacolo di un batterista che suona il violino. Davvero, mi interessa-

-Ti suono anche le maracas, se necessario- gli rispose Roger, a metà tra il serio e il faceto -Come sto?- gli chiese poi.

-Sei un gran figo- gli rispose Brian -E io?-

-Bri, tu sei uguale a stamattina quando eravamo a lezione-

-No, ho messo il polsino rock- ironizzò, mostrandogli il polso -Devi stare più attento, Rog-

-Mi perdoni- lo prese in giro, alzandosi in piedi per cedere il posto ad altri musicisti. Entrambi si alzarono e uscirono dal piccolo camerino del locale, usato quotidianamente dalle varie band esordienti.

-Ascolta ma Tim?-

-Sta arrivando…- gli rispose Brian -Mi ha telefonato oggi pomeriggio per dirmi che avrebbe tardato-

-Ok- borbottò Roger, preoccupato -Ma secondo te ha provato?-

-Supppongo di sì… Altrimenti ce l’avrebbe detto. Insomma, se non avesse provato, non staremmo per esibirci, no?-

 

 


 

 

-Adesso chiudi bene gli occhi, se no non finiamo più!-

-Li ho chiusi!- brontolò Freddie, già vestito per la serata.

-Chiudili di più!- ridacchiò Mary, armata di eye-liner -Sono io che devo vedere, non te!-

Freddie sbuffò ma almeno chiuse del tutto la palpebra, così da permettere alla ragazza di finire il make-up. Costei gli tracciò la linea nera e affusolata sulla rima superiore, cercando di essere precisa il più possibile.

-Ecco qui- esclamò soddisfatta, allontanandosi per guardarlo meglio. Il ragazzo si guardò subito nello specchio e sorrise a bocca chiusa

-Bello- sentenziò, guardandosi gli occhi truccati di nero da diverse angolazioni.

-Ti piace?-

-Molto, però voglio imparare a farmelo da solo, non posso sempre chiederlo a te- le rispose Freddie.

-Imparerai presto-

-Dubito, l’eye-liner non mi viene mai. O lo faccio troppo grosso o mi viene perfetto in un occhio e di merda nell’altro-

Mary rise, sistemandogli la frangia mora -È un grande classico-

Si guardarono entrambi negli occhi, innamorati l’uno dell’altra.

-Ma guardati quanto sei bella- le disse, sincero -E anche il rossetto è bellissimo. Ti sta d’incanto-

-Grazie, è un rosa… Acceso-

-Ciclamino- la corresse di getto, senza nemmeno pensarci.

Mary alzò un sopracciglio -Prego?-

-Rosa ciclamino- ribadì il giovane con ovvietà.

-Oddio, Freddie!- Mary rise, divertita -Non puoi sapere come si chiamano i toni del rosa!-

-Perché?- ridacchiò anche lui -Devo saperlo, sto studiando design!-

Mary scosse la testa -Ma smettila che lo sapevi anche all’asilo!-

-Forse…- ammise, cingendole la vita -Non sono abbastanza macho, per te?-

-No, vai benissimo per me- gli rispose lei, baciandolo sulle labbra.

Il vero problema, pensava silenziosamente Mary mentre lo baciava, era che forse lei non andava abbastanza bene per lui…

Ma quando si ama tanto una persona, si fa di tutto pur di tenersela stretta, e si arriva perfino a negare l’evidenza. Si staccò da lui e cessò di baciarlo, visto che quei brutti pensieri l’avevano indisposta.

-Come sto?- gli domandò solo, facendo un passo indietro.

Freddie la guardò di sfuggita -Sei bellissima, come sempre-

-Lo pensi davvero?- gli chiese, temendo che glielo dicesse solo per farle un piacere.

-Ma certo, amore- le rispose, sempre davanti allo specchio -Non è che potresti prestarmi la lacca?-

 

 

 


 

 

-Tim! Cazzo!- sbraitò Roger, non appena vide sopraggiungere il terzo e ultimo componente della band -È quasi mezzanotte! Tra un quarto d’ora tocca a noi!-

-Sono qui, ragazzi, calmatevi- rispose loro il cantante, togliendosi la giacca bagnata di pioggia -Ho avuto dei problemi al lavoro, non è colpa mia-

-Fino a mezzanotte!?-

-Dai, Rog, è arrivato- lo interruppe Brian, diplomatico come al solito -È tutto a posto. Allora sei carico, Tim?-

-Certo, carichissimo...- mentì, spudoratamente.

Intanto, nel pubblico, Mary e Freddie erano a sedere vicini con altri ragazzi.

-Tra poco tocca a loro- le disse Freddie, rileggendo la scaletta del locale -Dovrebbero essere subito dopo questi ragazzi-

-Meno male, comincio a essere stanca…-

-Stanca!?- esclamò Freddie con la sigaretta in bocca, fingendosi scandalizzato -Non usare questa parola oscena quando sei con me! Su, bevi- le passò il suo drink -L’alcool fa bene-

Lei sorrise ma obbedì, divertita.
Finalmente, con dieci minuti di ritardo, gli Smile entrarono in scena. Gli applausi non furono particolarmente scroscianti, ma ciò valse anche per gli altri gruppi, non solo per loro. Per le persone quella musica suonata dal vivo era solo un pretesto come un altro per uscire, non lo scopo principale. E mentre Tim presentava al microfono il gruppo e il nome delle due canzoni che avrebbero suonato, il pubblico chiacchierava, distratto e irrispettoso.

Freddie lanciò un’occhiata infastidita a due tizi che ridevano a voce alta, ma Mary gli afferrò un braccio, fermandolo prima che si alzasse in piedi…

-Calmati- gli sussurrò tra i denti, lui non le rispose ma almeno restò seduto al suo posto, evitando di immischiarsi in varie ed eventuali risse. Ascoltò Tim e poi guardò prima Brian e poi Roger. Quest’ultimo aveva i capelli biondi spettinati, le palpebre come sempre a mezz’asta e uno sguardo velatamente strafottente.

Era proprio un gran figo.

Avrebbe voluto farlo notare anche a Mary e sfogarsi con lei, ma capiva che non poteva. C’era un limite a tutto.

Ma per fortuna, ecco che Brian iniziò a suonare la chitarra. Un assolo breve che fu subito accompagnato dalla batteria di Roger. Freddie li ascoltò con un sorriso stampato sulle labbra.

-Sono bravi. Questi due sono davvero bravi- esclamò a Mary, esaltato.

Solo che, come Tim iniziò a cantare, il sorriso gli morì sulle labbra. 

Voce rauca in modo spiacevole, spenta, intonata ma fuori tempo. La performance di Tim era obiettivamente mediocre. Teneva in braccio il basso ma lo strimpellava solo ogni tanto.

Mary stessa aggrottò le sopracciglia -Il cantante però non mi sembra un granché- gli sussurrò all’orecchio per farsi sentire oltre la musica.

Freddie annuì, teso -No, infatti non lo è-

E ovviamente quando il frontman sbaglia, tutto il gruppo affonda inevitabilmente. E infatti i fischi del pubblico arrivarono, spietati e inesorabili, insieme alle risate.

-Amore, vai a casa-

-Come?- gli domandò lei, sorpresa.

-Prendi un taxi e fatti accompagnare a casa- le ripeté Freddie, passandole una banconota da dieci sterline -Io devo fermarmi qui-











Note
Ciao, ragazzi! Scusate l'attesa, spero che questo capitolo vi sia comunque piaciuto :)
Non vedo l'ora di arrivare al punto in cui i ragazzi formano i Queen, ve lo giuro! Il nostro mitico, adorato Freddie qui è un po' sottotono ma avrà modo di riscattarsi (e tanto già lo sapete!).
A presto, nella speranza di leggere qualche vostra impressione!
   
 
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