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Autore: Indaco_    25/02/2020    3 recensioni
Il cuore di Amy saltò un battito capendo bene che quel devastante e incredibile dettaglio non era affatto dovuto ad una semplice coincidenza.
I puri e grandi occhi del piccolo erano di un accecante verde magnetico.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dance'
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Meno uno. Mancavano esattamente ventiquattro ore all’inizio della causa e quella fu una delle domeniche più particolare delle loro vite. Esattamente alle otto di mattina, nella cucina bianco panna, Amy e Justin stavano facendo colazione. La tavola era apparecchiata con tovagliette americane marroni, lucide posate appena tolte dalla lavastoviglie e tovaglioli blu. Come sfondo i dolci e la frutta erano ben disposti: inalberati sul portafrutta davano un aspetto quasi solenne alla tavola imbandita. Di tutti quegli zuccheri però solamente il piccino si stava spazzolando il terzo pasticcino di fila.
La tazza di latte era momentaneamente messa da parte in attesa che il riccetto concludesse la pre colazione. Se Amy fosse stata in sé, di sicuro il piccino non si sarebbe ingozzato di pasticcini e le sue mani sarebbero state prontamente pulite. Ma la ragazza mancava completamente: fissava un punto infinito dalla finestra con lo sguardo spento e umore tutt’altro che buono. Aveva passato l’intera nottata in bianco, pensando così tanto e così intensamente alla terribile situazione da farsi venire la nausea. La stanchezza mentale si ripercuoteva anche sul suo stato fisico: la sonnolenza e la tristezza che provava azzeravano qualsiasi energia e voglia. Le spalle curve e il collo abbassato fin quasi sulla tavola indicavano bene lo stato in cui era entrata la riccia. Il cibo sul suo piatto risultava intoccato, neppure la tazza di caffè era stata sfiorata e la bevanda scura risultava ormai praticamente imbevibile.
Dopo quella nottata orribile il sole era strisciato fuori a passi piccoli piccoli: come una gialla lumaca aveva tirato fuori i splendenti cornetti  ed aveva portato un po’ di pace nel cuore sconsolato della ragazza. Sonic non si era fatto vivo: era uscito prestissimo per una delle sue corse perdifiato e da come aveva sbattuto la porta Amy aveva capito che era particolarmente incazzato: non aveva nemmeno salutato il piccino. Ed in quel momento non riusciva a non chiedersi dove fosse andato. Il telefono adagiato sul ripiano del lavabo gli balzò all’occhio tutto d’un tratto: sarebbe stato facile schiacciare il tastino verde e chiamarlo ma, una volta arrivato a casa, avrebbe dovuto svuotare il sacco. E la rosa non ne aveva molta voglia. Stava giusto valutando se chiamarlo o meno quando Justin pose il cucchiaio sul tovagliolo, richiamando, puntualmente, l’attenzione della madre.
< Mamma! Dov’è Sonic? > esclamò completamente ignaro della situazione da brividi che si era creata tra di loro. Gli occhi verdissimi non si erano certo fatto scappare la mancanza del riccio blu. E la sua assenza, prolungata da quasi mezz’ora, iniziava a preoccupare seriamente il piccino. La ragazza, sollevando le sopracciglia per la domanda puntigliosa, si scostò una ciocca di capelli con aria vaga.
< Tornerà presto! Vedrai! > rispose con un sorriso tirato. La mano della riccia accarezzò con dolcezza la testolina del piccolo, un po’confuso dalla risposta sbrigativa della madre.
 
Le risatine e le urla che le bambine emettevano a raffica risuonavano per tutta la stanza . Rihanna e Beyoncè, sveglissime già di primo mattino, avevano iniziato ad arrampicarsi sull’ospite di casa e sul mobilio come due piccole scimmie. La gattina pezzata, appollaiata sulle ginocchia del mattiniero ospite, aveva iniziato a tartassarlo di domande e di racconti scolastici, frammentando i lunghi episodi con bisticci e dispetti nei confronti della sorella non meno petulante.  Il riccio blu in quel momento aveva i cerchioni neri sotto gli occhi e si sentiva molto spossato.
Seduto su una sedia accanto al migliore amico argentato si premeva una mano sulla fronte mentre l’altra dondolava nel vuoto sul poggia schiena. Le parole della bambina in quel momento rimbalzavano nelle orecchie del ragazzo non lasciando traccia di alcun significato. Blaze lo guardò preoccupata comprendendo appieno la causa di quel malessere così ben radicato: tutto girava attorno a Amy e allo sconosciuto figlioletto. Quell’oca, o meglio, quella riccia di sua cugina non aveva ancora parlato e mancava così poco all’udienza!
< Caffettino So’? > lo spronò con un sorrisino tentando di insufflare un po’ di voglia di vivere nel ragazzo. L’interpellato scese dalle nuvole solamente quando sentì l’appellativo utilizzato abitualmente, annuì ringraziando sottovoce.
< Non so più che fare. Non riesco a capire cosa la sta riducendo in quello stato. E’ fuori di testa, completamente > avanzò il blu più di la che di qua. Silver e Blaze si guardarono preoccupati: comprendevano benissimo l’intera situazione conoscendo persino i dettagli di quella realtà disastrosa. Occhiata che non sfuggì al riccio blu oramai esaurito da quella situazione di merda.
< Che avete da guardarvi in quel modo? > brontolò sospettoso, portando i gomiti sulla tavola. Dell’occhiata, i due scrollarono le spalle cercando di  dissimulare la loro reazione spontanea. Silver, voltandosi verso la credenza per nascondere la faccia che trapelava segreti, si versò il caffè utilizzando un filo azzurro pallido, sprigionato direttamente dal palmo della mano.  Blaze invece, scoperta, simulò il sorriso “va tutto bene” per tranquillizzare il blu. I lunghi canini scoperti le regalavano più un’aria diabolica che rassicurante, insospettendo ancor di più l’ospite.
< Oh nulla, stavamo solo riflettendo sul fatto che domani sarà un grande giorno per voi. È normale che si comporti così … no? > esclamò Blaze portando in tavola un piatto ricolmo di biscotti al cioccolato. Due mani veloci rapirono un paio di frolle con uno scatto degno dello stesso Sonic, sorbendosi l’occhiataccia della viola che mal sopportava la poca grazia delle figliolette.
< No, è proprio questo il punto, l’avvocato ci ha assicurato che è salvo. Completamente. Ma lei sembra non capirlo. Sembra che ci sia un problema di fondo! > spiegò nervoso alzandosi in piedi in pieno stato di agitazione.
< Blaze! > esclamò puntando l’indice verso la gatta viola
< tu sei sua cugina nonché la sua migliore amica > continuò impassibile brandendo l’indice come una spada. La povera ragazza sospirò e gli lanciò un’occhiataccia infastidita, perché non beveva il suo caffè e se ne tornava a casa?
< Io so che tu sai. E ora farai meglio a dirmelo. Per il bene di me, Justin ed Amy stessa! > avanzò imperterrito sperando di sbloccare la situazione in quel modo. Silver rollò gli occhi: figuriamoci se da loro sarebbe uscita anche solo mezza virgola di tutto quell’enorme gomitolo. Mescolando il suo caffè molto attentamente, si finse impegnato in un lentissimo sorso pur di non far parte a quel discorso impegnativo.
La gatta, costretta più che altro, sospirò pesantemente: non poteva dire nulla ma allo stesso tempo le dispiaceva che Amy si comportasse in quel modo. Sembrava non accorgersi della situazione in cui il blu era riverso. Sedendosi a capotavola lisciò il tovagliolo di carta per prendere qualche secondo in più. Gli occhi verdissimi del ragazzo la stavano trafiggendo come aghi di pino, in attesa di qualsiasi parola che potesse illuminare quella situazione di merda.
< Sonic, hai una lingua e un cervello. E’ inutile che vieni qui a cercare aiuto. Sai bene che non posso dartelo. Posso darti un consiglio però: bevi quel cazzo di caffè, vai a casa e apri gli occhi. Aprili e guarda > esclamò con un sorriso vago. Sonic, stoccato da quelle parole, rimase con l’indice puntato mentre Silver iniziò una risata soffocata a stento. Dopo un primo attimo di smarrimento, il blu sorriso forzato.
< sempre gentile eh Blaze? Ma ti ringrazio del consiglio, spero funzioni altrimenti entrerò in piscina senza braccioli. Al mio funerale i sensi di colpa saranno terribili > ringraziò con finta simpatia ed un sorriso tiratissimo. Nel prepararsi per andarsene, il blu lanciò un lungo sospiro, non avrebbe risolto nulla stando lì a chiedere elemosina di informazioni. La gatta gli lanciò un occhialino malizioso, spostando le gambe e balzando in piedi agilissima,
< quando risolverai il problema bacerai i miei passi. Quindi muoviti. Ti aspettano a casa > concluse con tono pacato andando ad agganciare il braccio libero del riccio argento.
< Vado! Vado! > rispose con stizza avvicinandosi alla porta a passi veloci: di certo non aveva voglia di vedere il fuoco e le fiamme della gatta! Prima di andarsene però, augurò al migliore amico buona fortuna per il concorso, tranquillizzandolo per la mancanza all’udienza. D’altronde Justin era salvo al cento per cento, non aveva bisogno di grande supporto morale.
Uscito dalla porta salutò le bambine con una mano ed un bacio, facendosi promettere di essere buone e tranquille almeno per tutta la mattinata. Promessa che non venne mantenuta. Il riccio scese le scale con un sorriso poco spontaneo, le risposte che aveva ottenuto non lo soddisfavano per niente. Comunque aveva fatto centro, qualcosa di grosso bolliva e Amy lo nascondeva a fatica.
Con le mani in tasca, il riccio seguì il consiglio di Blaze e se ne tornò a casa. D’altronde, con Dylan impegnatissimo per il concorso del giorno seguente, era difficile ricavare informazioni e poi sapeva benissimo che il padre adottivo parteggiava per la ragazza. Superare il cancello di ferro risultò fastidioso quanto camminare sulla ghiaia a piedi nudi. Non riusciva a buttar giù il fatto che tutti sapessero quel segreto.
Non voleva rinfacciare la relazione che avevano avuto tempo addietro ma, dopotutto, erano rimasti assieme parecchi anni! Perché non poteva saperlo? A passi lenti si portò sull’entrata dove bussò pacato. Nell’attesa si sistemò in fretta gli aculei e si stropicciò gli occhi sperando di essere più presentabile. La porta si spalancò di colpo e una massa di aculei blu capeggiò l’entrata con un sorriso entusiasta e le manine sui fianchi. Quel metro e una vigorsol faceva sciogliere persino i sassi. Sonic sorrise mentre l’amore che provava per quello scricciolo lo inondava di pace. 
Justin sgranò gli occhi verde menta e trattenne il respiro scoprendo che l’adulto era tornato a casa molto prima del previsto.
< Sonic! Sei tornato! Dove sei stato? > iniziò il piccino trattenendosi a stento dal saltargli in braccio. Il diretto interpellato non resistette e, afferrato il piccolo, se lo caricò tra le braccia sommergendolo di baci.
< Sono stato da Zia Blaze, dovevo parlargli di una cosa molto importante. Dov’è tua madre? > rispose con cautela sistemandogli i capelli mal spazzolati. Il piccolo scostò la testa per non dover sorbirsi quella spazzolata obbligata e rispose educatamente, indicando con un dito le scale che conducevano al primo piano.
< La mamma è su, stava rifacendo il letto. Ma non sembra molto … felice, sembra un po’ giù > rifletté con la voce ridotta ad un sussurro. Il figlioletto era visibilmente preoccupato, le mani attorcigliate attorno ai suoi aculei indicavano chiaramente che era più pensieroso del previsto. L’adulto aggrottò le sopracciglia e lanciò un’occhiata alle scale sapendo benissimo di dover intervenire.
< Rilassati, ci sono qua io ora, vado su e le parlo un po’. Hai voglia di fare un bel disegno nel frattempo? > esclamò il blu portandolo in cucina. Il piccino annuì paziente e si attrezzò con i nuovi colori ed un blocco di fogli infinito, freschi freschi di cartolibreria. Il blu sorrise a quella vista e, come promesso, salì a passi pesanti nel piano superiore. Slegandosi la felpa, un gradino dopo l’altro, il blu impostò un breve discorso mentale. Poche parole ma esaurienti, non voleva peggiorare la situazione e non ne aveva nemmeno voglia. Solo chiarezza e sincerità, quel tanto che bastava per poter convivere assieme senza musi o magoni.
Arrivato di fronte alla porta della camera degli ospiti, dopo un profondo sospiro, tamburellò le nocche sulla superficie liberando un suono legnoso che riempì il corridoio.
< Amy? Posso entrare? > sillabò nervoso cercando di mantenere un tono calmo e pacato. Dall’interno arrivò un fruscio di vestiti e la porta, pochi secondi dopo, si aprì. La ragazza si fermò sullo stipite, ed occhieggiandolo scrupolosamente da cima a fondo, incrociò le braccia al petto cercando dettagli che potessero suggerirgli dove fosse stato.
< Sei tornato > mormorò spostando il peso da una gamba all’altra nervosa. Mancava da due ore nette e quelle ore erano state terribili. Aveva pensato per tutto il tempo a come scusarsi e a come aggiustare le cose. Non era arrivata ad una conclusione ma i sensi di colpa nel vedere il piccolo intristito per la mancanza dell’ignaro padre erano bastati a ridurla in pezzi. Si era così rifugiata in camera pregando per un piccolo miracolo che potesse salvare la situazione all’ultimo secondo.
< Sì e rimarrò appiccicato a te finché non ti sarai confessata > le rispose il blu entrando nella stanza e chiudendo a chiave la porta con un sorriso tirato, non voleva certo che Justin entrasse nel bel mezzo di un litigio. Amy sollevò le sopracciglia dubbiosa ed indietreggiò per mantenere ben chiare le distanze. Si guardarono bene in faccia, occhi contro occhi, pronti a scannarsi o a riappacificare. Nelle loro menti entrambi si ripetevano di mantenere il tono di voce basso e di parlare con calma. Non potevano far altro.
< Bene inizio io > esclamò la rosa sedendosi sul letto accuratamente rifatto. Spostandosi con le mani gli aculei finiti davanti agli occhi, li posizionò dietro le spalle per non essere intralciata,
 < mi dispiace molto per ieri sera. So che ultimamente mi sto scusando senza darti spiegazioni dettagliate ma sono molto, molto confusa. La situazione che dobbiamo affrontare, Justin, tu, io, il resto … è stato un periodo orribile. Ieri sera mi sono comportata come una bambina e non sai quanto me ne vergogno, soprattutto per tutto l’aiuto incondizionato che mi stai dando > mormorò in fretta chiudendo gli occhi imbarazzata. Odiava ammettere di aver torto, soprattutto quando Sonic era di mezzo. Il diretto interessato era ancorato alla porta. Fissava la ragazza in perfetto silenzio rimanendo impassibile di fronte alle sue scuse.
Gli occhi verdissimi la stavano studiando come un falco pellegrino studia la sua preda. Dopo minuti che parvero interminabili, la riccia aprì gli occhi e sollevò le sopracciglia per accelerare una risposta che sembrava non voler arrivare. Nel cervello del blu, informazioni su informazioni venivano macinate a velocità colossale,  ottenendo un’infarinatura della situazione che faceva fatica a digerire. Lanciando un’occhiata fuori dalla finestra fissò lo sguardo oltre il muretto che delimitava la casa, trovandosi ad osservare il camino dell’abitazione accanto.
< Le tue scuse me le merito fino all’ultima lettera: non hai idea di quanto tu mi faccia star male con questo atteggiamento infantile e poco sincero. Oltretutto sto perdendo fiducia in te: dopo quello che è accaduto tra noi pretendo l’onestà più assoluta. Principio che tu non stai rispettando. So bene che c’è dell’altro che mi nascondi, ma non riesco a capire cosa e la cosa mi preoccupa >  si voltò con studiata lentezza e la fissò serio in volto. La luce abbagliante lo rendeva quasi azzurro e gli occhi divennero un prato di erba nuova.
La riccia deglutì a quelle parole, e nonostante il caldo afoso, uno strato di pelle d’oca le risalì il braccio coprendola di puntini rialzati. Non si aspettava quelle parole pungenti ma capiva bene di meritarsele, d’altronde non era altro che la descrizione della realtà e del suo atteggiamento. Dondolando la gamba nervosa la ragazza scosse leggermente la testa per raccogliere più tempo e una risposta sufficientemente furba per distogliere il discorso da quel dettaglio minato. A quel gesto Sonic sbuffò contrariato, non sarebbe riuscita ad ingannarlo, non una seconda volta. Avvicinandosi a lei con un sospiro irritato si acquattò di fronte, trovandosi praticamente sotto il suo sguardo teso.
< Centra con l’ambulatorio no? Ti conosco Amy, non saresti andata là per una stupidaggine > la imboccò lui catturando i suoi occhi e tutta la sua attenzione. Amy si ritrovò a masticare un labbro per non scoppiare in lacrime, non si era mai immaginata quella scena accadere in quel modo. Nella sua testa si svolgeva sempre in stile “Beatiful”: faccia sorpresa, gioia, felicità estrema, famiglia riunita … insomma, tutto tranne le lacrime che stavano zampillando dalle sue  guancie. Sonic sentiva quel muro di protezione sgretolarsi, le lacrime erano i mattoni che crollavano giù: c’era quasi.
Sospirò paziente e appoggiò il mento sulle sue ginocchia, dandole il tempo di asciugarsi il viso con il polso,
< non sarai incinta spero > mormorò a bassa voce con l’intento di strappargli una risata dopo tante lacrime.
< Dio mio no! > rispose in fretta guardandolo accigliata, aveva capito che stava scherzando ma non era stato molto appropriato in quel contesto.
< E allora per cosa? Hai qualche malattia? E’ per Justin?E’ lui che sta male? >, Amy strinse gli occhi con dolore facendo capire che con le ultime parole qualcosa aveva indovinato. Impaziente come pochi, il blu si trattenne di ricoprirla nuovamente di domande, aspettando che i singhiozzi si calmassero.
La rosa si passò la mano sul viso asportando quel che rimaneva delle lucide perle d’acqua
< io … gli sto facendo fare un test >. Il blu aggrottò le sopracciglia stupito, la questione gli sembrava strana e gli ricordava in particolar modo i test condotti sulle cavie facendogli apparire quella confessione come qualcosa di sgradevole.
< Test? Che test? Gli ha fatto male? > esclamò ancor più preoccupato. Amy tacque per un secondo e i rumori attorno a loro sembrarono acquietarsi, le macchine non passarono nella via sempre trafficata, nessuna brezza, nessun clacson, nemmeno la polvere sembrava voler scendere dall’aria .
< Il test di paternità > rispose la ragazza sollevando il viso con studiata lentezza. Sonic rimase in silenzio, completamente assorto dallo studio di quelle parole. Scrollò la testa con decisione, doveva aver capito male, malissimo, non voleva nemmeno pensare ad una cosa così assurda.
< Cosa? > domandò lui, sicurissimo di aver capito qualcosa di molto scomodo.  

Spazio autrice: Buongiorno, ho anticipato con questo capitolo perchè era da un bel po' che se ne stava lì in archivio! Spero vi piaccia!
Segnalate errori e sviste, grazie!
Baci.
Indaco

 
  
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