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Autore: Luchawww    25/02/2020    0 recensioni
Settimo e ultimo anno per Rose Weasley alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Eppure, le parole del padre Ron pronunciate quel primo settembre di sette anni prima a King's Cross le risuonano ancora nelle orecchie: "Quel piccolo Scorpius, vedi di batterlo in tutte le prove. Rose...Non essere troppo amica con lui!”.
(caratterizzazione e concept PRE Cursed Child)
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Dominique Weasley, Lily Luna Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Lily Luna/Lysander, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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L’entusiasmo per la vittoria si riaccese presto, una volta tornati in Sala Comune, e non passò molto tempo che tutti si lasciarono andare ai festeggiamenti.
Roxanne si precipitò a tirare fuori le Burrobirre che lei, Fred e Hugo avevano sgraffignato ai Tre Manici di Scopa ed incitò il resto della squadra a cantare (diciamo pure urlare) con lei.
Tutti gli studenti di Grifondoro si affrettarono a prendere parte all’euforia generale e presto persi di vista Lily e Dominique; durante il tragitto fino alla torre non mi avevano degnata di una parola, nonostante avessero continuato a lanciarmi occhiate circospette.
Io ero in uno stato di simil confusione e non me la sentivo molto di festeggiare insieme agli altri.
Albus, evidentemente, era dello stesso umore perché si era accasciato pesantemente su una sedia lontana dalla folla, tenendo ancora stretto il manico di scopa. Ogni tanto qualcuno veniva a battergli allegramente una mano sulla spalla e lui rispondeva con un debole sorriso.
Pervasa dal calore eccessivo all’interno della stanza, cercai di farmi spazio per salire fino ai dormitori per spogliarmi; dopo qualche spallata e qualche urlo di gioia dritto nell’orecchio, riuscii ad arrancare fino alla porta. Corsi verso il mio letto e mi levai freneticamente la sciarpa e il pesante mantello.
«Ah»
Mi voltai, con ancora metà della sciarpa avvolta attorno al collo.
«Ah» mormorai di riamando, con voce ovattata dalla lana. Lily e Dominique erano sedute sul mio letto e io nemmeno le avevo viste.
«Non vai a festeggiare?» buttò lì aspramente la bionda, torcendosi distrattamente un ciuffo di capelli. Diedi un’alzata di spalle, gettando alla rinfusa la mia roba nel baule.
«…o sei troppo in pena per il tuo ragazzo?» aggiunse, trafiggendomi con un’occhiata. Lily alzò gli occhi al cielo e schioccò la lingua.
«Dai, Dom…» ma mi guardò anche lei in attesa di risposta.
«Eh?» gracchiai, mentre mi sfilavo dai lunghi capelli una foglia che era rimasta impigliata.
«Potevi anche dircelo sai. Insomma, pensavamo che tra di noi ci dicessimo tutto» esclamò Dominique all’improvviso, alzandosi dal letto ed allargando le braccia con esasperazione.
La guardai in silenzio. Stava scherzando?
«Se credi che io e Malfoy abbiamo una storia o roba simile, prendi un granchio, te lo assicuro» borbottai, sentendomi le orecchie calde dall’indignazione. Soffocai una risata, rendendomi conto del tipo di conversazione che stavamo avendo. Okay, forse qualcuno avrebbe potuto interpretare quello che era successo in maniera così… diciamo CREATIVA, ma guardando bene in faccia la realtà chiunque si sarebbe potuto rendere conto che le cose non stessero così… no?
«Beh» borbottò Lily, dopo un po’, aggiustandosi nervosamente gli occhiali sul naso «Noi vorremmo solo che fossi sincera con noi… insomma, fai sempre finta che queste cose non ti interessino e poi ‘qualcuno’ fa un simile gesto nei tuoi confronti e… beh… una si chiede cosa ci sia dietro…»
Questa volta risi sguaiatamente, portandomi una mano alla fronte. Dominique mi squadrava a braccia incrociate e Lily aveva cominciato a fissare con insistenza il pavimento.
«Non mi interessano davvero queste cose, tanto meno mi interessa nascondervele! Se siete alla ricerca di gossip, state certe che non troverete informazioni piccanti che mi riguardino…» dissi molto lentamente, cercando di convincerle. Ma sapere che si stavano preoccupando di quelle cose mi faceva cadere le braccia. Dopo tutti quegli anni, ancora non mi conoscevano?
«E allora?» ricaricò Dominique, alzano le sopracciglia perfettamente ritoccate.
«E allora è molto più probabile che Finnigan si sia beccato un pugno per aver mancato di rispetto ad Albus» buttai lì, frugando per finta tra i libri sul mio comodino.
Dicendo quello, il sorriso sparì dalle mie labbra; le mie cugine, però, non lo videro, perché il mio viso era coperto dalla cascata di capelli ricci.
Avevo ragione? Probabilmente si… ma soprattutto… perché mi preoccupavo così tanto?
«Comunque smettetela di pensare a questa roba… per favore» aggiunsi con voce più piatta, lanciando loro un’occhiata. Lily lasciò fiorire un sorriso e alzò le spalle.
«Okay, raggiungiamo gli altri dai. Scommetto che si saranno già scolati tutta la Burrobirra» disse, avviandosi verso la scala a chiocciola.
Dominique mi lanciò un’ultima occhiata (molto più rilassata) e la seguì.
Mi guardai intorno, un po’ stordita da quella conversazione ed infine decisi di scendere e fare compagnia ad Albus. Sempre che anche lui non volesse sottopormi al terzo grado.
Sogghignai, tuttavia, ripensando alla faccia sconvolta di Finnigan e gongolai un po’ per quella piccola vendetta che gli era stata servita. Mi feci di nuovo largo tra la folla e adocchiai mio cugino, ancora seduto sulla stessa sedia.
«Che fai?» gli chiesi casualmente.
Lui mi guardò, passandosi una mano tra i capelli. Non sembrava in vena di festeggiare.
«Credo che andrò in Infermeria. Mi accompagni?» buttò lì, dopo un po’, guardando il resto della sua squadra intavolare una danza della vittoria.
Fui sul punto di dire un ‘no’ secco e ripensai alla conversazione appena avuta di sopra.
«…la goccia che farebbe traboccare il calderone» borbottai, rivolta al pavimento.
«Eh?»
«Niente. Va bene, andiamo» aggiunsi frettolosamente.
 
Ci lasciammo la caotica Sala Comune alle spalle e per un po’ camminammo in silenzio. Il sole era ancora alto nel cielo, da come potei vedere attraverso i grandi finestroni gotici del corridoio, ma un forte vento scuoteva i rami degli alberi più alti. La Foresta Proibita era percorsa da forti raffiche di vento che facevano muovere le cime degli alberi come le onde di un enorme e tetro mare.
I corridoi erano piuttosto vuoti, tranne per un ragazzetto di prima che rivolse un enorme sorriso di ammirazione a mio cugino, prima di sgattaiolare dietro l’angolo.
«Così avete intascato la prima vittoria della stagione…» buttai lì casualmente, tentando di riempire quel silenzio scomodo.
Albus esalò un sospiro soddisfatto «Già. Comunque sono contento che Scorpius se la sia cavata… insomma, per aver giocato per la prima volta, è andato benissimo. Si vede che gli allenamenti nella Stanza delle Necessità sono serviti a qualcosa.»
Alzai le sopracciglia stupita, ma non aggiunsi nulla al riguardo. Avrei dovuto immaginare che Albus lo avesse aiutato ad allenarsi. Ad un tratto mi balenò in mente una cosa.
«Il libro che gli avevi prestato… era sul Quidditch, vero?» chiesi, girandomi verso di lui.
Alzò le sopracciglia, sogghignando «Sì. Quello che mi aveva regalato papà tempo fa».
Annuii pensierosa, riprendendo a guardare fuori dalle finestre. I nostri passi rimbombavano nel silenzio della scuola semi deserta.
«Avrei anche potuto dirtelo… ma diciamo che preferivamo non parlarne fino alla partita» sentii la sua voce dire.
Alzai le spalle con aria assente.
«Non che mi interessasse particolarmente saperlo» buttai lì, con noncuranza. Lui schioccò la lingua scetticamente, ma non rispose.
Poco dopo, arrivammo davanti all’enorme porta dell’Infermeria e mio cugino la aprì, lasciandomi passare. Incrociammo Zabini che stava uscendo, il manico di scopa issato su una spalla; ci squadrò con disprezzo e passò oltre senza aprire bocca.
La grande stanza era semivuota, ma appena entrammo, l’anziana Madama Chips ci lanciò uno sguardo indagatore, soffermandosi sulla divisa da Quidditch di Albus, ancora imbrattata di terriccio.
Alzò gli occhi al cielo e tornò nel suo ufficio, reggendo un ammasso di garze tra le braccia.
La luce pomeridiana filtrava tra i vetri e c’era un’atmosfera quasi surreale. Albus mi fece strada, fino in fondo alla sala. Rallentai un po’ il passo, indugiando su ciò che stavo facendo. Perché avevo acconsentito ad accompagnarlo? Non mi andava di vedere Malfoy… insomma, non proprio.
«Ehi» salutò mio cugino, che era davanti a me di qualche passo.
Malfoy era seduto sul letto in ferro battuto dell’Infermeria; teneva la testa appoggiata alla testiera e sembrava fissasse intensamente il soffitto. Mi accorsi che non indossava più la parte superiore della divisa verde smeraldo da Quidditch, ma una semplice maglia a maniche corte azzurro chiaro. I miei occhi vennero rapiti per qualche secondo, mentre osservavo la linea che formava il profilo del suo viso scendere lungo il collo, dove risaltava il pomo d’Adamo, fino ad arrivare bordo della maglietta. La sua pelle diafana rapiva i riflessi che entravano dalle finestre. Vederlo svestito della solita ordinata divisa scolastica mi fece uno strano effetto.
«Ehi…» disse, dopo essersi schiarito la voce, voltandosi lentamente verso di noi.
Notai che il braccio sinistro era avvolto in una stretta fasciatura che iniziava dalla spalla e arrivava a coprire l’intera mano. Mi sentii un’idiota a non riuscire a guardarlo in faccia, ora che ci aveva visto, ma avevo sentito le mie orecchie ardere dall’imbarazzo.
Albus si sedette con nonchalance sul letto e indicò la bendatura sorridendo.
«Era uscito quasi completamente l’osso, vero? Brutta storia» asserì con l’aria di chi la sa lunga sulle fratture da Bolide. In realtà ero quasi sicura che non ne avesse beccato uno neanche per sbaglio, durante quei sette anni di partite. Mi guardai intorno, sentendomi a disagio ad essere l’unica in piedi, e mi sedetti sull’unica sedia vicino al comodino. Questa, ovviamente, stridette un po’ sul pavimento e io mi schiarii la voce per mascherare il rumore (inutilmente).
Fissai il copriletto candido, maledicendomi ancora per essere venuta lì.
«Questione di qualche ora e sarà a posto» sentii Malfoy dire.
Albus rise simpaticamente, battendogli una mano sul ginocchio. Sentii i passi affrettati di Madama Chips che si muoveva tra i letti dietro di noi.
«Poteva andarti peggio amico, veramente. Comunque hai fatto un gran lavoro» disse mio cugino, con aria soddisfatta. Evidentemente era compiaciuto delle imprese del suo amico.
Guardai Albus (continuando ad ignorare placidamente lo sguardo di Malfoy) e lo vidi girarsi e cercare con lo sguardo qualcosa o qualcuno all’interno della stanza.
«Finnigan deve essere già uscito… o? In Sala Comune però, non l’ho visto.»
Un’agitazione mi invase. Avrei preferito non venisse fuori ‘quel’ discorso. Mi sfregai le punte delle scarpe l’una con l’altra, prestando attenzione alla conversazione ma non dando la minima impressione di voler partecipare.
«Madama Chips l’ha cacciato. Tentava di lanciarmi Maledizioni dal suo letto» sentii il biondo dire e io soffocai un ghigno, sempre rivolta al marmo chiaro del pavimento. Probabilmente Madama Chips gli aveva aggiustato il naso in un attimo, con un colpo di bacchetta, ma lui avrebbe voluto approfittare della fortuna di avere Malfoy sotto tiro.
Tornai a fissare il letto e vidi la mano destra appoggiata sul lenzuolo bianco. La pelle candida faceva contrasto con le sbucciature rossastre sulle nocche, forse causate dal pugno.
«Zabini era qui» continuò mio cugino con aria interrogativa.
«Si, è preoccupato che mi buttino fuori dalla squadra» rispose l’altro.
Albus emise un lungo soffio preoccupato, seguito da una risata, «Sarebbe un record credo. Squalificato dopo la prima partita!»
Vidi il braccio di Malfoy sussultare appena; immaginai avesse risposto con un sorrisetto.
«Ah… ho dimenticato di ridargli quella» lo sentii dire con tono pensieroso.
Vidi Albus voltarsi verso il fondo del letto, che probabilmente Malfoy stava indicando; vi era appoggiato uno dei manici di scopa d’ordinanza che la scuola forniva agli studenti che non ne avevano uno proprio. Evidentemente il biondo se l’era portato dietro senza rendersene conto, avendo raggiunto l’Infermeria subito dopo la partita.
«L’ho incrociato mentre entravo, se vuoi gli corro incontro e glielo riporto…?» suggerì cortesemente mio cugino, afferrando la scopa.
«Si, grazie.»
Sollevai lo sguardo per vedere Albus che si tirava su dal letto; mi guardò per un secondo.
«Mi aspetti qua?» borbottò frettolosamente.
Gracchiai un ‘sì’ e lo vidi allontanarsi verso la porta alle mie spalle; l’oltrepassò e questa si richiuse subito dopo con un tonfo. Calò il silenzio, interrotto solo dai passi dell’infermiera e dal russare profondo proveniente dal retro di una tenda che nascondeva l’ultimo letto, vicino al muro.
Perfetto. Proprio non aspettavo altro.
Ci impiegai un po’ ad alzare lo sguardo; non mi pareva molto educato fare finta che lui non ci fosse, dopotutto. Lui era di nuovo poggiato alla testiera e guardava il soffitto. Quando mi schiarii casualmente la voce, tesa come una corda di violino, lui voltò lo sguardo dalla mia parte, squadrandomi inespressivo con quegli occhi chiari. Il colore della sua maglia ne esaltavano la tonalità e solo dopo qualche secondo, mi resi conto di essermi persa a fissarli.
Mi ripresi, spostando la mia attenzione su altro. Sentivo il senso di disagio avanzare marciando a passo militare dentro il mio stomaco.
«Fa male?» chiesi stupidamente, indicando il braccio fasciato. Mi pentii subito di aver aperto bocca, perché la mia voce uscii più acuta del solito.
Lui si raddrizzò e si sedette sul bordo del letto, guardandomi.
«No» sussurrò.
Sentii i brividi sulle braccia e pensai che Madama Chips avesse aperto qualche finestra per far entrare aria fresca. Avrei voluto riavere la sciarpa con me per poterci avvolgere la faccia e nascondermi; invece mi morsi distrattamente il labbro.
Sobbalzai, quando lui allungò il braccio destro, ma vidi che lo aveva fatto per raggiungere una boccetta anonima, appoggiata sul comodino. L’altro braccio inerme poggiato lungo il fianco, lo vidi armeggiare con l’unica mano libera, tentando di aprire l’ampolla di vetro. Doveva essere una sorta di pozione curativa; lo intuii dal colore.
«Scusa, ti dispiacerebbe…?» sussurrò ad un certo punto, dopo essersi rassegnato nel tentare di aprirla. Lo fissai un po’ confusa e notai che sulla guancia sinistra, proprio sotto l’occhio, aveva un brutto graffio rossastro, che risaltava sulla pelle chiara.
Vidi che tendeva la boccetta verso la mia direzione.
«Ah» mormorai, «Aspetta, ti aiuto» la presi dalla sua mano, sfiorandogli le dita, e l’aprii velocemente, mentre sentivo il cuore battermi forte. Sapevo che mi stava guardando, mentre mi voltavo verso il comodino e prendevo un batuffolo di cotone. Mi schiarii nuovamente la voce, mentre facevo impregnare il batuffolo, poggiandolo sull’apertura della boccetta.
Indugiai un secondo, non sapendo cosa fare esattamente, ma lui allungò lentamente verso di me la mano dalle nocche ferite. Mi avvicinai, spostandomi sul bordo esterno della sedia e senza pensarci troppo, ignorando l’agitazione, presi la sua mano nella mia e cominciai a tamponare piano le ferite con il cotone. Nonostante il colorito marmoreo, la sua pelle era calda… la sua mano, inoltre, era grande quasi il doppio della mia. Notai questa cosa e mi sentii arrossire, ma continuai a picchiettare il batuffolo sulle ferite, sperando che i miei capelli mascherassero la mia espressione imbarazzata.
Lui continuava a non proferire parola.
Vidi la sua pelle cominciare rimarginarsi magicamente sotto l’effetto della pozione e mi fermai per osservare curiosamente quell’effetto. Un lungo ciuffo di capelli rossi mi cascò davanti agli occhi e feci quasi per riportarmelo dietro l’orecchio, quando la mano di Malfoy si mosse dalla mia, alzandosi fino all’altezza del mio viso chinato; le sue dita raccolsero il ciuffo di capelli e lo portarono delicatamente dietro il mio orecchio, sfiorando la mia guancia diventata tiepida.
Lo fissai, sentendo un nodo allo stomaco; ero sicura di essere arrossita più che mai.
Lui rispondeva al mio sguardo con la solita espressione imperscrutabile, ma l’occhiata che mi rivolgeva sembrava più intensa del solito… o forse erano solo le luci della stanza.
Socchiusi la bocca, sicura che avrei dovuto dire qualcosa per interrompere quello strano momento.
«Non sarebbe servito farlo» borbottai alla fine con voce arsa, lanciando un’occhiata alla sua mano ormai guarita e poi tornando a guardarlo.
Lui non mi rispose, ma vidi i suoi occhi vagare sul il mio viso, in contemplazione. A cosa stava pensando? Avrei voluto saperlo. Forse non avrei dovuto chiederlo, ma in fondo… la questione mi riguardava, o almeno credevo mi riguardasse.
Lui si spostò casualmente i capelli dal viso, in un modo molto simile a quello di Albus; deglutì silenziosamente e distolse lo sguardo.
«Non importa» mormorò atono, dopo quelli che sembrarono millenni. Prese a controllarsi la fasciatura del braccio, ruotando leggermente la spalla. Le sue spalle erano piuttosto larghe e squadrate.
Feci per dirgli che la mia non voleva suonare come una predica e che probabilmente un giorno o l’altro Finnigan se lo sarebbe beccato lo stesso un pugno in faccia, per qualche altro motivo, ma la ‘conversazione’ venne stroncata dall’entrata di Albus (che evidentemente era ritornato senza che me ne fossi accorta).
«Okay, per fortuna l’ho beccato prima che arrivasse ai sotterranei» annunciò, ansimando come se avesse corso; e probabilmente era così, perché si chinò, poggiando le mani sulle ginocchia e prendendo fiato.
Guardandolo, mi sentii un po’ disorientata… era come se l’atmosfera che c’era si fosse infranta e che il senso di irrequietezza mi avesse investito nuovamente.
Era tutto molto… strano.
«Grazie Al» rispose il biondo, continuando ad esaminarsi le bende del braccio con aria assorta.
«Comunque sarà ora che ti compri un manico di scopa tutto tuo, amico!» ghignò Albus, poggiando le mani sui fianchi «Non posso certo continuare a prestarti il mio per i nostri allenamenti clandestini» e rise sonoramente, mentre Malfoy lo guardava di sottecchi, divertito.
«Ci penserò per Natale» borbottò con poca convinzione.
 
Poco dopo Albus e io eravamo nuovamente diretti verso la Sala Comune; ci eravamo congedati definitivamente dal biondo dopo che Madama Chips era uscita dall’ufficio per lanciare ad Albus un’altra occhiata di disapprovazione, questa volta accompagnata da un invito ad andarsene.
Io ero riuscita a malapena a salutarlo, biascicando qualcosa incomprensibile. Ero ancora molto confusa da quello che era successo, non sapevo come sentirmi.
«Tutto ok?» sentii remotamente la voce di Albus chiedere, una volta che fummo di nuovo nei pressi del quadro della Signora Grassa. Sembrava avermi letto nel pensiero.
«Hai un aspetto strano. Devo stare attento a non lasciarvi troppo da soli, a voi due.»
«Cosa intendi dire?!» sbottai, riaffiorando dalla mia trance contemplativa e sentendo le orecchie accaldarsi. Lui mi rispose con uno sguardo allarmato, dilatando gli occhi verde brillante.
«Niente di niente, stai tranquilla» gracchiò, con tono canzonatorio.
Resistetti nel rispondere sgarbatamente un ‘meglio così!’ e tirai dritto.
La mia mano destra si alzò a toccare la guancia che poco prima Malfoy aveva sfiorato.
Perché mi turbava così tanto?

   
 
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