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Autore: T612    26/02/2020    1 recensioni
È scientificamente provato che anche l’organismo apparentemente più perfetto al mondo – con tutte le contraddizioni del caso e le implicazioni scomode delle singole parti – può raggiungere il collasso, basta trascurare un singolo tassello infinitesimale per far strada ad un’infezione così ramificata da poter raggiungere ogni singolo centimetro dell’ospite, spingendo l’anima a ribellarsi ad un corpo asmatico, psicotico e tachicardico.
È semplice, è basilare… è Anatomia, per risolvere il problema basta solo sapere dovere incidere ed intervenire. L’unico dilemma è il chi tiene il bisturi dalla parte del manico.
[Avvertenze: cinematograficamente canonico fino a TWS, Civil War (Comic Verse // Fix-it), “Infinity War/Endgame” sono un miraggio lontano lontano che non scriverò mai.]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'M.T.U. (Marvel T612 Universe)'
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PRIMA PARTE - CUORE

 

TACHICARDIA: Cause
Consumo eccessivo di caffè, alcol o sostanze stupefacenti.
Stress, ansia, un’emozione improvvisa.





 

La suoneria del cellulare di James irrompe nel buio silenzioso della camera da letto, troppo forte e troppo improvviso, strappando il sottile velo dell'incoscienza con un irruenza tale che il cuore di Natasha schizza in gola in un millesimo di secondo facendole spalancare gli occhi allarmata, spaventata più dalla drastica interruzione del russare di suo marito e del lieve allentarsi della presa di metallo intorno al suo polso martoriato che dallo scoppio di rumore inatteso, avvertendo un mugugno indistinto alle sue spalle che le comunica che anche James si è svegliato di colpo… ma la suoneria del telefonino si spegne da sola senza che uno dei due possa prendere in considerazione l'idea di rispondere, siglando un falso allarme che viene velocemente rimosso dalla testa di entrambi quando l'uomo la trascina nuovamente contro il proprio petto, liberando un respiro leggermente più profondo degli altri in un chiaro invito a tornare a dormire. 

Natasha si lascia cullare dall'espansione lenta e regolare della cassa toracica di James che collide ritmicamente contro le sue costole, ruotando su un fianco raggiungendo una posizione un po' più comoda, stiracchiando le gambe ed allungando una mano per scostare i propri ricci indomabili dal viso di entrambi… e stava per cadere nuovamente vittima del dormiveglia quando il cellulare trilla di nuovo da un punto imprecisato della stanza, socchiudendo un occhio giusto in tempo per vedere James sollevarsi sui gomiti cercando lo schermo luminoso che sporge appena dalla tasca dei pantaloni abbandonati ai piedi del letto, per poi schiantarsi nuovamente incontro al materasso decidendo palesemente di ignorarlo, preferendo di gran lunga tornare a cercarla in punta di dita ed affondare il naso in mezzo ai suoi boccoli che profumano di vaniglia. 

«Non rispondi?» biascica ancora assonnata, evitando l'ennesimo mugugno come replica infilando i piedi ghiacciati in mezzo alle sue gambe, ottenendo una carezza gelida con la protesi per ripicca, pareggiando i conti causandole un brivido lungo la schiena. 

«No… ricordamelo, perché ci siamo trasferiti di nuovo qui?» si lamenta suo marito nonostante conosca perfettamente la risposta, indicando con un gesto distratto il soffitto dell'appartamento a Little Ukraine in un vago rafforzativo al concetto appena espresso. 

«Perché fare costantemente la spola Parigi - New York non è più praticabile da quando ci hanno messi a fare i babysitter a mia sorella.» lo asseconda sbuffando appena, rigirandosi tra quel groviglio di gambe e braccia finendo per puntargli le mani intrecciate sopra lo sterno creandosi un appoggio per il mento, sfidandolo con lo sguardo a ribattere all'ovvietà con un'altra cretinata.

«Almeno a Parigi i problemi arrivavano ad un fuso orario più umano… abbiamo dormito a malapena due ore, sono ancora KO.» concede e confessa James nel giro di una frase, allungando le dita per scostarle una ciocca cremisi dal volto e portando subito dopo due dita sotto al suo mento sollevandole appena la testa, cercando le sue labbra per reclamare il bacio del buongiorno. 

«Mi sembrava non avessi nulla di cui lamentarti stanotte.» lo stuzzica sorridendo contro la sua bocca, agganciandosi con l'indice alla fede appesa al suo collo trascinandoselo sopra, disturbando l'approfondimento di quella conversazione muta con il terzo trillo del  cellulare ancora abbandonato sul pavimento, ignorandolo senza remore e continuando ad usare la lingua per uno scopo ben diverso da quello di dover articolare parole di senso compiuto. 

«Dici che ce lo lasciano il tempo di fare colazione? Ho bisogno di minimo un litro di caffè in endovena prima di riuscire ad alzarmi da qui.» scherza Natasha riprendendo fiato, percorrendo il profilo delle labbra di James con il pollice tracciando un sigillo che idealmente voleva mettere tutte le effusioni in pausa giusto il tempo per interrogarsi se poteva considerarsi maleducazione non rispondere ad un eventuale quarto squillo a vuoto, nonostante non fosse troppo difficile intuire chi sia il mittente e la motivazione dietro a quella fastidiosa ed inopportuna mitragliata di telefonate. 

«Non risento solo io delle ore piccole allora.» replica suo marito soffocando una risata, rotolando via da lei sopprimendo un lamento accorato dal fondo della gola quando la quarta telefonata arriva e decide di ignorarla di nuovo, limitandosi a fissare con odio lo schermo che si illumina dal pavimento. «Voglio la pensione, avrei l’età per andare in pensione.»

«Abbiamo l’età da pensione solo sul certificato di nascita… ti alzi tu a preparare il caffè?» lo istiga addossandosi contro al braccio sano di James appena tocca di nuovo il materasso con la schiena, lottando controvoglia con il torpore della trapunta e la promessa di coccole estatiche che aleggiava nell'aria, ripescando una briciola di senso del dovere che si perde e muore contro la pelle di suo marito quando gli bacia una guancia come incentivo. 

«E tu mi cucini i pancake?» contratta speranzoso valutando l'idea di mettere giù i piedi dal letto favorendo un atteggiamento collaborativo, prima che il raptus di raccogliere il telefono e lanciarlo fuori dalla finestra al quinto squillo lo colga di sorpresa vanificando il tentativo di iniziare la giornata con il piede giusto. 

«La dispensa è vuota… e dubito abbiamo il tempo per passare da Starbucks prima di raggiungere il Complesso.» annuncia la donna facendosi carico delle brutte notizie, troncando la frase a metà quando anche il suo cellulare inizia a suonare, con il volume attutito appena dal tessuto del borsa abbandonata ai piedi della poltrona nell'angolo della stanza. «Dici che vogliono me o cercano te?» 

«Non ne ho idea…» afferma James con tono a metà tra lo svogliato ed il scocciato, seppellendo la testa sotto il cuscino. 

«Ho una proposta.» annuncia Natasha allungandosi in direzione dell'uomo, tentando di combattere lo sprazzo di infantilismo sollevando un angolo della federa cercando il suo sguardo. 

«Ci prendiamo le ferie e torniamo a Parigi?» la anticipa James entusiasta nella vana speranza di venire accontentato nell'immediato, smorzando il sorriso fiducioso quando il cellulare di Natasha riprende a suonare. «Torniamo a Parigi e stacchiamo il telefono.» 

«Stacchiamo decisamente il telefono…» ribadisce Natasha interrompendosi nuovamente quando anche il loro gatto si unisce alle fonti di disturbo indesiderate, iniziando a grattare sulla porta reclamando il diritto di essere nutrito. «Non gli avevi riempito la ciotola ieri sera?» 

«Eravamo un filo impegnati ieri sera, Liho era davvero l’ultimo dei miei problemi.» ribatte piccato dipingendosi un sorriso malizioso sulle labbra, lanciando via il cuscino facendo precipitare di malagrazia metà oggetti abbandonati sopra il proprio comodino guadagnandosi un'occhiataccia in risposta, cercandola nuovamente bramando un'intensa sessione di coccole mattutine a discapito della chiamata in servizio, afferrandola per i fianchi e facendola salire a carponi sopra di lui strappandole una risata che soffoca contro le sue labbra, spazzando via quell'ipotesi idilliaca con un verso esasperato quando inizia a squillare anche il telefono fisso in corridoio con un suono a dir poco irritante. «Giuro che ammazzo tua sorella.» 

«Esagerato.» lo placa divincolandosi dalla sua presa trattenendo un sospiro dispiaciuto, abbandonando definitivamente la debole protezione delle lenzuola sfilando nuda fino alla porta della camera da letto, scavalcando un indumento alla volta aggirando il campo di battaglia seminato sul pavimento, abbassando la maniglia della porta rischiando di inciampare su un Liho affamato che fa irruzione nella stanza, iniziando a strusciarsi contro le sue gambe rallentandola, perdendo la chiamata e facendo partire in automatico la segreteria telefonica in vivavoce. 

«Smettetela di ignorarmi, rivestitevi e portate il culo qui al Complesso subito.» afferma la voce robotica di Yelena Belova, lasciando trasparire il tono irritato per il numero esoso di telefonate a vuoto palesemente permesse dalla pigrizia di non risponderle e la volontà di ignorarla, mentre Natasha riesce a liberarsi dalle fusa del gatto e raggiungere il bancone in corridoio, lasciando il via libera a Liho per balzare sul materasso ed iniziare ad infastidire James. «Vi preparo caffè e pancake, fatevelo bastare come incentivo.» 

«Riformulo, adoro tua sorella.» ritratta suo marito alle sue spalle, senza però muoversi di un solo centimetro dalla posizione scomposta in cui l'aveva lasciato, limitandosi ad affondare la mano sana nel pelo nero del felino acciambellato sopra il suo stomaco, scuotendo il capo rassegnata sollevando la cornetta prima che Yelena passi a decantare minacce di morte accorate. 

«Messaggio ricevuto, adesso arriviamo sorellina.» la tronca brutalmente, riattaccandole in modo altrettanto brusco il telefono in faccia, tornando in camera raccattando la biancheria intima dal pavimento iniziando a rivestirsi. 

«звезда моя [1], ieri sera dove l'hai lanciato il mio reggiseno?» chiede Natasha studiando il pavimento con le mani puntate ai fianchi, cercando di identificare il pezzo di stoffa nero in mezzo ai cumuli sparsi di indumenti. 

«Devo alzarmi, vero?» replica James con tono interrogativo pregando silenziosamente per un dissenso, allungandosi di sbieco tra le lenzuola recuperando il richiesto appeso per una bretella al paralume della lampada sopra il comodino della donna. 

Natasha prende al volo il reggiseno quando James glielo recapita con un lancio, ricambiando il favore scovando i boxer dalla pila di vestiti ai piedi del letto, prendendo la mira ed usando l'elastico come una fionda tirandoglieli dietro. 

«Forza, alza il culo dal materasso.»

«Signorsí signora.» 

 

***

 

Il profumo dell'impasto che cuoce sulla padella riempie la cucina del Complesso scatenando l'acquolina di Sharon Carter, ancora affamata dalla sera prima per la mancata cena e con due occhiaie spaventose a testimoniare la quantità di caffeina che in realtà la tiene in piedi, aggirandosi per le mura della base operativa senza tregua da quando ci ha rimesso piede un paio d'ore prima di ritorno dalla missione, ritrovandosi di malagrazia ad assolvere i propri doveri da zia scaldando un biberon mentre aspetta i dettagli per l'incarico successivo, rinunciando per l'ennesima volta ad una dormita ristoratrice. 

«Allora, gli altri due arrivano?» chiede a Yelena Belova quando le passa affianco al piano cottura, consegnando il biberon a Morgan prima di prenderla in braccio reclamandola con un "vieni dalla zia" dal tono vagamente stucchevole che fa storcere il naso alla ragazza. 

«Perché mi metterei a cucinare quantità industriali di pancake altrimenti? A me nemmeno piacciono.» replica scorbutica la Mini-Vedova con il suo solito modo di fare a metà tra il diffidente e lo scocciato, obbligandosi ad un respiro profondo prima di lasciar trasparire un microscopico sorriso ed indicarle il piatto fumante ostentando gentilezza. «Ne vuoi uno?» 

«Sono per Bucky, giusto?» 

«Uno in più o uno in meno non credo noti la differenza, sai?» scherza Yelena allungando la pila invitante nella sua direzione, scatenandole nuovamente l'acquolina in bocca. «Giuro che non li ho avvelenati.»

«Ti sentivi in dovere di specificarlo?» la interroga vedendola annuire convinta, afferrando il primo della pila per poi addentarlo. «Sono buoni… e sei fin troppo accomodante con Bucky, io ero rimasta che lo odiavi.»

«Non è odio, quello con il Cane Rabbioso è più un vago astio irrisolto… ma è riuscito a sposarsi mia sorella, la soluzione più indolore ed immediata è stata quella di accontentarla tentando di andare d'accordo per quieto vivere.» liquida la faccenda con una scrollata di spalle, afferrando tre tazze e riempiendole di caffè fino all'orlo. «Steve come lo beve? Latte, zucchero?» 

«Amaro.» replica Sharon con cipiglio attonito dal cambiamento repentino di umore, sistemandosi meglio la nipote sul fianco ed afferrando la tazza fumante con la mano libera rubandone un sorso. «Grazie Yelena.»

La ragazza in tutta risposta si irrigidisce come se Sharon l'avesse appena offesa in qualche strano modo, rilassando i muscoli nel giro di un secondo dissimulando la sorpresa nel ricevere un ringraziamento, sopprimendo l'accenno di una vaga ombra sulle labbra passabile per un sorriso. 

Dopo lo scontro all'Antarctica [2] con James e Natasha, Yelena era stata presa in custodia da Maria Hill ed era stata rinchiusa in una cella per venire interrogata, attendendo per ore gli ordini esecutivi diretti dall'ufficio amministrativo, da Fury e dal Governo stesso prima di procedere con l'incarcerazione o il rilascio della donna. Sharon aveva saputo da fonti certe che Thaddeus Ross non era stato particolarmente contento quando la sua assistente gli aveva riferito che l'agente Barnes aveva preso l'iniziativa di sua sponte ed aveva fatto irruzione nella cella di Yelena con un kit del pronto soccorso, una diet coke ed un tramezzino presi alle macchinette automatiche per medicare e nutrire il loro nuovo "nemico numero uno", andando bellamente contro agli ordini impartiti e scatenando l'ilarità di casa Rogers quando il verbale della discussione che ne era seguita era approdato sulla scrivania di Maria Hill al Complesso. Per quello che Steve le aveva raccontato e Natasha le aveva confidato, Sharon aveva appreso che Bucky si era posto a paladino della cognata contro Ross portando avanti la tesi che la ragazza non aveva colpe se non quella di essere stata cresciuta da un branco di lupi, ritrovandosi a gestire la condizione straordinaria di garante per l'intera banda di soggetti di dubbia moralità che si ritrovava in casa – lui compreso –, tenendo Yelena sotto stretta sorveglianza e facendosi aiutare a rintracciare i resti della Dark Room in cambio, chiudendo i battenti della casa a Parigi e traslocando di nuovo a New York con l'unica differenza che ora Natasha sfoggiava la fede all'anulare e i due si sparivano le ore di babysitting con la Mini-Vedova come nuova attività di coppia – chiedendosi spesso e volentieri il perché si fossero fatti carico di una responsabilità del genere, considerato che la ragazza dava loro costantemente del filo da torcere… e forse Yelena avrebbe preferito morire all'Antarctica piuttosto che abbassarsi a ringraziare il "cane rabbioso" che l'aveva salvata da una condanna come terrorista per mero spirito altruistico, preferendo dipingere l'intera faccenda come un tacito accordo sofferto per far felice la sorella e rendere più accettabile quella nuova situazione "familiare" che le era stata cucita addosso come un vestito troppo stretto. Sharon era dell'idea che Yelena fosse quantomeno contenta di aver cambiato fazione vestendo lo stemma dello SHIELD al posto di quello della Dark Room, ma ammetterlo ad alta voce avrebbe rappresentato una debolezza imperdonabile e certe abitudini erano radicate troppo a fondo per essere abbandonate da un giorno all’altro… restava un mistero il cosa ne pensasse Bucky ed il perché si fosse assunto una responsabilità del genere senza apparente motivo, nonostante Natasha le avesse confidato che parte della decisione era da attribuire al suo desiderio di non vedere nuovamente la sorella allo sbando e Steve l'aveva liquidata con un "è fatto così" di inutile interpretazione, scoprendosi restia lei per prima a scucire tali informazioni dal diretto interessato, limitandosi ad assistere imparziale alla personalissima crociata contro il tabagismo di James portata avanti dal fratello e dalla moglie. 

«Come siamo presi?» chiede la donna facendo irruzione in salotto, sorprendendo alle spalle Tony ed il compagno davanti alla proiezione di un mappamondo illuminato al centro della stanza, inclinandosi con il busto per permettere a Morgan di sfarfallare con le dita sconquassando la proiezione ed allungando la tazza fumante a Steve nel mentre. «Caffè.» 

«Grazie. Abbiamo ridotto le segnalazioni a due punti di interesse.» afferma il Capitano portandosi la tazza alle labbra prendendone una lunga sorsata per poi indicarle Stark con un cenno del mento, il quale aveva prontamente illuminato due punti diversi della mappa a scopo esplicativo. «Una casa dispersa in mezzo ai boschi a Praga e l'ennesimo omicidio a Madripoor.» 

«L'ultimo non è stato più di due settimane fa?» indaga riportando alla mente l'espressione abbattuta di Yelena quando era tornata da Singapore un paio di giorni prima con la coda tra le gambe ed una Natasha inviperita a seguito a causa dell'ennesimo buco nell'acqua. «Questo che avrebbe di diverso?»

«Disposizione diversa… ed è una bambina.»

«Gli altri due arrivano?» si intromette Tony troncando la discussione abbandonando la tazza di caffè sul tavolino ed allungando le mani per prendere in braccio la figlia, la quale si era immediatamente protesa in direzione del padre perdendo velocemente interesse nel disturbare la frequenza immagine della proiezione. «Dovevano proprio tornare a Little Ukraine ieri sera?»

«Considerato che sono le prime otto ore filate che trascorrono sotto lo stesso tetto dopo settimane… sì, direi di sì. Avranno fatto le ore piccole, lasciali in pace.» li giustifica Steve spezzando una lancia in favore del fratello, lasciando intendere la matrice terapeutica dietro ad una concessione del genere, fulminando Tony prima che potesse commentare la situazione con una delle sue solite battutine fuoriluogo. 

Era un dato di fatto che nelle ultime tre settimane gli omicidi e le segnalazioni di scomparsa nell’Arcipelago di Riau erano aumentate esponenzialmente, catapultando a rotazione James e Natasha al seguito di una Yelena agguerrita, alla disperata ricerca di una pista valida per rintracciare la Dark Room dopo un anno di continui fallimenti… traducendosi in un atteggiamento bellicoso alimentato da una tensione in costante crescita e soggetta alle frecciatine di Yelena, tenuta a bada da James con una quantità di sigarette da far impallidire un pneumologo e sedata da Natasha con un ampio uso del piombo al poligono da tiro nelle sessioni di allenamento con Sharon stessa.

«Beati loro…» non riesce a trattenersi Tony, dipingendosi un'espressione fintamente offesa quando si ritrova addosso due paia d'occhi infastiditi dal commento fuoriluogo. «Che c'è? Anch’io ho fatto le ore piccole, il mostriciattolo pestifero qui presente non ha chiuso occhio tutta la notte.» 

«Non iniziare.» lo ammonisce la cugina, puntando lo sguardo sulla bimba incrociando le sue pupille nocciola, improvvisamente vigile nel sentirsi presa in causa senza comprenderne il motivo. «A proposito, quando pensi di trovare una babysitter?» 

«A cosa mi serve la babysitter quando questo posto pullula di zii acquisiti?» replica Stark con tono ovvio, liquidando la discussione con una scrollata di spalle. «Pepper è in trasferta a L.A., io mi arrangio come posso.» 

«Questo posto sarà pieno di zii acquisiti Tony, ma non è esattamente un luogo a prova di neonato.» si intromette Steve come da routine, tentando la via della conciliazione mettendo subito a tacere una delle tante scaramucce di famiglia. 

«Ci sto lavorando, okay?» ribatte scorbutico per abitudine, stringendo meglio Morgan tra le braccia di riflesso, cambiando completamente discorso quando finalmente James e Natasha fanno irruzione in salotto dopo una veloce capatina in cucina per recuperare Yelena e la colazione contrattata al telefono. «Alla buon ora.»

«Taci.» lo zittisce Natasha portandosi la tazza alle labbra prima di replicare nuovamente, sedendosi a gambe incrociate sul tappeto di fianco a James rubandogli un pancake dal piatto, mentre quest'ultimo reclama una porzione di tavolino per sé e si tuffa sulla propria colazione con una fame da lupi che pretendeva di ignorare tutto il resto. «Allora, che ci siamo persi?» 

«Qualcuno dei vostri si è fatto vivo.» afferma Stark indicando i due punti di interesse, aprendo le rispettive finestre olografiche mostrando le immagini satellitari e le fotografie trafugate alla scientifica, causando un improvviso calo dell'appetito in tutti i presenti quando appare l'immagine del cadavere della bambina, seguito da un breve momento di silenzio teso necessario per assimilare lo scenario ed incasellare la nuova informazione pervenuta. 

«Io vado a Praga.» si prenota Natasha a distanza di qualche secondo con forse troppa irruenza per non dipingerla come una faccenda impersonale, facendo ripartire le lancette di quel momento sospeso preferendo focalizzarsi sul dettaglio più criptico, ignorando la prima vera e propria prova tangibile di una pista per stanare il Dipartimento. 

«Non da sola.» le fa eco James fulmineo comunicando con lei in russo, rendendo tutti i presenti terribilmente consapevoli che quella sarebbe dovuta essere una conversazione privata, ripiegando all'emergenza inchiodandola con lo sguardo color ghiaccio e manifestando una chiara tacca di preoccupazione a colorargli la voce, costringendo Sharon a spolverare le sue nozioni in materia giusto per capire il senso della frase e prepararsi alla risposta tempestiva nello stesso idioma.

«Non con te.» afferma intransigente Natasha, celando una qualche informazione in un bagliore ombroso che le attraversa lo sguardo ed annega in un sorso di caffè, facendolo deglutire a vuoto in risposta e costringendolo a desistere dal dar battaglia giustificandosi nel giro di una frase, cambiando nuovamente lingua per mettere un punto definitivo alla discussione appena accennata. «Yelena non può restare scoperta, ordini di Ross.»

«Portati dietro Sharon allora.» contratta James strappandosi le parole fuori dai denti in inglese ed usando un vago sottotono autorevole dopo un altro paio di secondi di silenzio elettrostatico, dando a Sharon l'impressione di aver appena assistito al seguito di quella litigata proferita verbalmente in russo redatta in versione estesa alla velocità della luce nella testa di entrambi, sentendosi presa in causa dal verdetto formato da quelle quattro misere parole… e legge fin troppo bene l'espressione sulla faccia di James, notando la scintilla del desiderio forzatamente soppresso di seguire la moglie in Repubblica Ceca, fino a quella casa nei boschi che sembra popolarsi di fantasmi in grado di terrorizzare entrambi nel giro di uno schiocco di dita, mugugnando un ultimo rimprovero in russo per accaparrarsi l'ultima parola. «Io mi porto dietro Yelena a Madripoor, ma tu non ci vai a Praga da sola

«Okay.» concede Natasha storcendo appena le labbra mettendo fine alla disputa, alzandosi dal tappeto ignorando lo sguardo risentito della sorella per averle nuovamente affibbiato James alle costole, scomparendo in armeria per reperire la tenuta con aria palesemente indispettita. 

«Bene… ognuno sa cosa fare, mettiamoci al lavoro.» Steve spezza il silenzio creatosi sfregandosi le mani dopo aver scannerizzato James da capo a piedi senza dire una parola cercando di decifrare il contesto privato che era intercorso tra i due, rinunciandoci e limitandosi a seguire il fratello e la Belova con lo sguardo mentre si dirigono a loro volta a passo spedito in armeria, entrambi con un'espressione sul volto che denunciava un vago astio latente per essere finiti di nuovo a lavorare insieme. 

«Almeno hai una vaga idea di cosa aspettarti?» la interroga Steve mezz'ora dopo quando si avvicina per salutarla sulla rampa di decollo, alludendo tacitamente a quel battibecco in lingua slava che aveva destabilizzato tutti i presenti – spingendo inconsciamente Sharon a chiedersi se quella sensazione di disagio diffuso che era scaturita subito dopo era da attribuire alla semplice voragine linguistica, o peggio, se era da imputare al fatto leggermente più preoccupante che i due comunicavano in russo solamente quando non riuscivano a tradurre il coacervo di emozioni, ricordi e segreti pericolosi alle orecchie volutamente mantenute ignare di terzi. 

«Fantasmi, probabilmente.» mormora la donna mantenendosi sul generico, puntando lo sguardo sul parcheggio vuoto dove fino ad un paio di minuti prima c'era stato il Quinjet diretto a Madripoor. «Il che vuol dire problemi.»

«Speriamo siano fantasmi innocui… promettimi di stare attenta, Shar.» la prega il Capitano circondandole i fianchi con un braccio sporgendosi per baciarla, fermandosi a metà strada quando Natasha risale la rampa di decollo con un borsone carico di armi e munizioni in spalla, scoccando loro un'occhiata sbilenca deducendo a pelle di essere stata l'argomento della discussione interrotta e puntando a passo spedito alla cloche. 

«Promesso.» afferma Sharon scontrandosi con la bocca di Steve recuperando in velocità i centimetri mancanti, sopprimendo un sorriso contro le sue labbra. «Quando torno mi porti fuori a cena? Ho bisogno di una serata normale, una volta ogni tanto.»

«Forza piccioncini, non abbiamo tutto il giorno!» li interrompe Romanoff dai comandi del mezzo, spingendoli a staccarsi in fretta e furia. 

«Da che pulpito!» replica il Capitano a tono lasciandola andare, avvertendo la risata argentea della rossa ed un mezzo insulto provenire dall'interno del velivolo, mentre la compagna lo spinge giù dalla rampa. «E cena sia.» 

«Raccomandazioni dell'ultimo minuto?» 

«Tieni d'occhio Nat, e se succede qualcosa…»

«Se succede qualcosa chiamo Bucky, lo so.» lo interrompe Sharon abbassando la leva per chiudere il portellone. «Noi ragazze sappiamo cavarcela, non preoccuparti Steve.»

 

***

 

James non avrebbe mai voluto conoscere di persona Jessàn Hoan, non per futili motivi di antipatia o altro, ma semplicemente perché le circostanze in cui finivano per incontrarsi non erano mai delle più piacevoli… e di solito tali convenevoli avevano il retrogusto della salsedine e del lerciume che infestava il porto di Madripoor, con la partecipazione straordinaria di un cadavere e l'intervento obbligatorio di una ragazzina bionda, scorbutica ed irascibile che gli stava forzatamente incollata alle costole. 

Erano mesi ormai che James e Yelena volavano avanti e indietro dall'isola nella vana speranza che fosse l'ultima, pregando che ogni nuovo indizio trovato conducesse al passo successivo e non all'ennesimo buco nell'acqua… Natasha e la Belova c'erano andate vicine qualche giorno prima, ma si era rivelata solo l'ennesima pista vana, tristemente morta quando al termine della caccia al tesoro il fantomatico sicario si era volatilizzato a Singapore in un prestanome preso da una lapide ricoperta da sterpaglie più vecchie dello stesso James, traducendosi in una Mini-Vedova con un diavolo per capello, una Natasha che avrebbe preferito usarlo come bersaglio per i coltelli alla sua prima parola errata ed un clima familiare e lavorativo teso come una corda di violino. 

James respira profondamente focalizzandosi unicamente sul compito da portare a termine, grato che almeno nella zona di Hightown non ci siano gli odori sgradevoli e malauguratamente caratteristici del porto su cui erano sbarcati il mattino seguente, spalancando la porta dell'orfanotrofio a Yelena in un recesso di galanteria che solitamente conservava per la moglie e seguendola a passo di marcia fino all'ufficio della Direttrice Hoan, fingendo di non notare gli occhi della decina di bambini che si celavano nelle ombre traffiggendo loro la schiena spaventati dagli Stranieri. 

«Barnes.» lo riceve Jessàn allungandogli la mano con uno sguardo da gatta che le illumina gli occhi a mandorla, sorridendo estasiata quando lui asseconda il suo gesto e lo termina con un baciamano, registrando in sordina lo sguardo esasperato di Yelena rivolto al soffitto, nascondendo la mano libera dietro la schiena e facendole cenno in codice di contenersi. «Ti sono mancata?» 

«Non particolarmente, senza offesa.» la liquida gentilmente smorzando il sorriso ammaliante di Jessàn in risposta, serrando i ranghi ottenendo un microscopico cenno di approvazione da parte della ragazzina alle sue spalle. «Siamo qui per i sopralluoghi ed i fascicoli della scientifica, ti sei fatta lasciare una copia del verbale o devo andare a pestare qualche piede in questura?» 

«So come funziona la procedura ormai.» replica la donna con tono leggermente più freddo e vagamente offeso, aprendo un cassetto della scrivania prelevando il richiesto, indicandogli una scrivania libera in fondo alla stanza. «Potete usare quel tavolo per lavorare.»

Yelena gli nega la possibilità di replicare con un ringraziamento, agguantando il fascicolo sospeso a mezz’aria tra i due ed afferrando James per un gomito trascinandolo via con lei, soffiando irritata come un gatto quando lui le fa notare a mezza voce che non era necessario comportarsi in quel modo… perdendo velocemente interesse nella ramanzina sibilata tra i denti quando la ragazzina lo tronca piazzandogli sotto il naso un plico di foto segnaletiche chiedendogli di aiutarla a ricostruire la dinamica del delitto. Si concentra seppellendo i propri pensieri in tumulto dietro la fredda patina analitica del Sergente in missione – eliminando Jessàn, Natalia, Praga e l'urgenza esasperata di trovare Anya –, tacitamente grato che Yelena gli abbia fornito una valvola di sfogo tappezzando il tavolo di documenti, verbali e fotografie nel tentativo di comporre un puzzle che sembrava avere un Pollock come immagine di riferimento.

Dopo più di mezz’ora di analisi erano giunti alla conclusione che di tre bambine che erano uscite dallo stabile solo una era morta, mentre le altre due erano scomparse… tuttavia, stando alle registrazioni delle telecamere stradali, sembrava che le bimbe non erano state rapite contro la loro volontà, ma dovevano essersi semplicemente imbattute in Anya. Secondo Yelena la Vedova di terza generazione doveva averle adescate in un vicolo durante la loro innocua scorribanda notturna trascinandole verso Lowtown, dove le telecamere di sicurezza erano state divelte e le tracce si confondevano con quelle di centinaia di altri passanti fino agli attracchi del porto. Una delle bambine doveva essersi spaventata ed era fuggita tornando verso l'orfanotrofio a Hightown, Anya l'aveva inseguita uccidendola con un coltello volante, ma era stata costretta a lasciare il cadavere in bella vista senza marchiarlo o nasconderlo perché inquadrato da almeno due telecamere stradali. Era logico, lineare, quasi noioso nella sua semplicità, l'unica parte che non aveva minimamente senso era che l'ombra proiettata sul muro non era quella di una ragazzina di dodici anni ma di una donna… ed era stato quello il momento in cui James aveva deliberatamente deciso che gli serviva una pausa da quella situazione a dir poco delirante, dissociandosi con forza dagli scenari da incubo che erano apparsi nella sua mente come tante segnaletiche a neon intermittenti, illuminando un varco buio al termine di un vicolo ombroso creduto erroneamente cieco, lasciando che la sua testa ritorni ad essere una stanza troppo affollata da un vociare insistente e caotico, abbandonando Yelena su due piedi lasciandola a discutere da sola con il muro. 

«Ehi, Barnes… almeno mi stavi ascoltando?» gli urla dietro la bionda inseguendolo di corsa fino al cortile esterno, mentre lui la ignora sfilando il pacchetto di Marlboro dalla tasca interna della tenuta ed intrappolando un filtro tra i denti, accendendosi un fiammifero con una vampata sfrigolante quando lei arriva finalmente a piazzarsi davanti a lui criticandolo con lo sguardo. «Non dovresti fumare.» 

«Faccio un sacco di cose che non dovrei fare.» afferma con nonchalance scrollando le spalle, tentando di depistare il discorso da quella concessione rubata. «Comunque ti stavo ascoltando… è che l'intera situazione non ha senso, o almeno, il senso che intuisco non mi piace per niente.» 

«E quando mai ti piace qualcosa.» ribatte sprezzante incrociando le braccia al petto e facendo un cenno di dissenso quando le allunga il pacchetto di Marlboro aperto in una domanda implicita, in un blando tentativo di sentirsi meno in colpa fumando da solo e fornendo involontariamente a Yelena il pretesto per replicare puntigliosa. «Natasha e Steve dicono che non dovresti fumare.»

«Hai intenzione di fare la spia?» chiede con un sorriso da schiaffi dipinto sulle labbra, soffiandole il fumo in faccia di proposito. 

«No.» tossisce appena agitando la mano davanti al volto per scacciarlo, fulminandolo celando una minaccia nello sguardo che lo sfidava a rifarlo.

«Bene.» sentenzia James pregando che il discorso sia chiuso, perdendosi nelle proprie elucubrazioni mentali riportando il filtro alla bocca, contando i secondi prima che Yelena ritorni alla carica rompendogli le scatole per sport, assaporando l'attesa avvertendo i suoi occhi puntarlo alla nuca come due spilli roventi.

«Stanotte è andata in bianco o stai pensando di nuovo a Praga?» 

«Farti gli affari tuoi una volta tanto, no?» replica scorbutico e tempestivo sollevando lo sguardo al cielo, picchiettando la cenere nel vuoto tradendo un fremito di nervosismo che non passa inosservato, riesumando la chimera che Natalia non gli aveva mai permesso di arginare o combattere al suo fianco, confinandola in uno dei tanti tasselli che componevano sua moglie, trasformando l'accaduto in un trauma troppo personale al punto da venir convertito in un tabù anche tra le mura domestiche. 

Ora sto pensando anche a Praga, grazie Yelena. 

«Scusa… è che tu fumi solo quando litigate o non scopate ormai, diventate delle fottute bombe ad orologeria, quindi perdonami se voglio sapere quanto posso tirare la corda prima di attivare l’innesco.» si giustifica immediatamente la ragazza alzando le mani in segno di resa, annotando mentalmente le sue reazioni nella speranza di riuscire finalmente a raggiungere la sua stessa lunghezza d'onda per rendersi effettivamente utile alla causa, scegliendo l'approccio più controverso per riuscirci, propendendo per la strada tortuosa dell'istigazione. «Mi ricordo ancora come diventi quando sei incazzato, non è un bello spettacolo… e siamo nel cortile di un orfanotrofio.» 

James sbuffa sedando l'impulso esasperato di metterla a tacere facendole del male fisico, consapevole che ci siano decine di occhi innocenti ad osservare di nascosto gli Stranieri, riportando alla mente le parole di sua moglie che lo scongiurava di provare ad instaurare un rapporto sano ed umano anche con la sorella. 

«Stai già tirando troppo la corda Yelena…» brontola più per abitudine che per reale fastidio, scrollando il capo prima di abbassarsi a fornirle una spiegazione. «A titolo informativo, in mancanza di Natalia fumare mi fa ragionare meglio, riesco a visualizzare i tasselli che mancano.» 

«Perchè, ne mancano?» replica con un timbro di voce che finge di cadere dalle nuvole, nonostante il sottotono manifesti una reale titubanza nell'esprimersi. «Oltre alla crescita esponenziale del nostro sicario alquanto sospetta, ovvio.»

«Non sono... evidenti?» si stupisce James scannerizzandola con lo sguardo, lanciandole un'occhiata di rimprovero eloquente. «Sei una Vedova Nera e ti ho addestrata meglio di così, puoi tranquillamente arrivarci.» 

La Belova si irrigidisce appena interpretando la constatazione al pari di un'offesa alla propria intelligenza, rimuginando in silenzio per diversi minuti concedendogli del meritato silenzio, osservandola di sottecchi quando le si illumina lo sguardo realizzando la stranezza della loro segnalazione correlata a meno di ventiquattr'ore di scarto dall'invio delle coordinate della casa a Praga, dove nessuno ci aveva messo piede nemmeno per sbaglio nell'ultima trentina d'anni. 

«Qualcuno ci sta aiutando.» annuncia con tono d'importanza, cercando una briciola di gratificazione inesistente nel suo sguardo. 

«Bingo.» esala sarcasmo insieme ad una boccata di fumo, illuminando il mozzicone della sigaretta facendole cenno di continuare ad elaborare quel pensiero con la mano libera. 

«Qualcuno che non avrebbe dovuto… e che non ti piace? Perchè la lista è bella lunga, a te non piace mai nessuno.» tenta abbandonando il comportamento sprezzante quando lui annuisce in assenso e tende le labbra in un sorrisino di vaga approvazione, arrendendosi nel tenerla sulle spine ancora a lungo concedendole una spiegazione. 

«Qualcuno che se è ancora vivo non mi piace… e deve essere successo qualcosa di davvero terribile al nostro sicario, altrimenti non si sarebbe mai abbassato a chiedere il mio aiuto trovando le coordinate di Praga.» afferma notando il mezzo sussulto di Yelena nel sottolineare quel "mio" con tutt'altra importanza di un comune "nostro", rivendicando una questione personale lasciata in sospeso che evidentemente aveva a che fare anche con l'accenno di litigata avvenuta diverse ore prima nel salotto del Complesso con Natasha. 

«Barnes… Bucky…» chiede titubante, timorosa di scoperchiare un vaso di Pandora formato da cocci tenuti insieme dalla supercolla, cadendo nel soprannome pretendendo una risposta che non poteva più essere ignorata. «Io lo so cosa le è successo a Praga… ma cos’è che non mi stai dicendo? Cos'è stato nascosto lí?» 

 

Siberia, 1991: un favore mancato

 

L’aveva riconosciuta appena era entrata in palestra, salendo sul ring ostentando attenzione e salutandolo marcando sul suo appellativo per spingerlo a rinfrescarsi la memoria… ma non era necessario, James era scongelato e cosciente da abbastanza tempo da non aver bisogno degli appigli fornitogli da Tania Belinsky [3], limitandosi ad osservarla con sguardo indecifrabile in religioso silenzio mentre si allenava con gli altri Soldati. Per tutta la durata dell'allenamento si erano sfidati con lo sguardo stilando il verbale di quella disputa mentale, esponendo sul tavolo delle trattative la domanda e l'offerta per cui erano disposti a rischiare e morire, notando le fasce rosse sulle spalline e la stella bianca al centro del petto cucite sulla tenuta della donna a simboleggiare una promozione, sforzandosi in risposta di fingersi indifferente al motivo per cui le loro strade erano finite per incrociarsi di nuovo… era una notizia ufficiale il fatto che Natalia avesse fatto barcollare le Fondamenta seppellendo Petrovich nelle macerie fumanti di Budapest, ma era opinione comune ed ufficiosa il fatto che spettasse a lui dare il colpo di grazia… e Tania Belinsky sapeva, perché celava lo sguardo di chi garantiva una vendetta sanguinaria e prometteva al contempo l'assoluzione per tutti i loro peccati.

«Quando ti hanno passata a Guardiano?» chiede l'uomo senza troppi preamboli un paio di giorni più tardi, emergendo dalle ombre di un ufficio abbandonato in una struttura fatiscente, sorprendendo la donna alle spalle nel bel mezzo di una missione sul campo che non prevedeva ufficialmente la presenza di entrambi. 

«Dopo il crollo del Muro, Alexei è stato costretto a cedere l’uniforme.» replica spiccia chiudendo il cassetto di un archivio impolverato, sfilando un quadernino da una delle tasche interne della tenuta appuntandoci sopra qualcosa in velocità. 

Se Tania era sorpresa di ritrovarselo alle spalle non l'aveva dato a vedere, come lui aveva mantenuto imperturbabile la sua maschera di bronzo alla menzione di Alexei. 

«Immagino tu sia qui per chiedermi una mano.» lo anticipa con finta noncuranza, mostrando le carte in gioco parlando liberamente consapevole di non essere vista né sentita, puntellandosi all'archivio con un tono che pretendeva rispetto in nome di quei trentacinque anni trascorsi dal loro ultimo incontro e vissuti unicamente sulla pelle della donna. 

«Ora non fingere di aver sviluppato uno spirito di lealtà verso i macellai, vuoi distruggere questo posto tanto quanto me.» la frena senza peli sulla lingua con tono paternalistico, ritrovandosi a fronteggiare un sorriso compiaciuto che elimina ogni sua maschera, afferrandola delicatamente per un gomito suggerendo un abbraccio, che tuttavia si fossilizza a metà nel percepire la tensione latente in reazione al preludio di quel semplice gesto, spingendo James a giustificarsi. «Hai raccolto segreti per tutta la vita, quando sarebbe stato infinitamente più semplice consegnarci e salire in graduatoria… non ti ho mai-...» 

«Ringraziato? Come avresti potuto?» replica scettica Tania senza demordere nella sua caparbia resistenza. «Non illuderti che lo abbia fatto per te… lo dovevo a Natalia, le ho promesso delle Fondamenta e ho giurato di riportarti da lei una volta che sarà tutto finito. Sto semplicemente saldando un debito, tutto qui.»

«Bugiarda.» la interrompe con un tono che si sforzava di essere gentile, ottenendo un fremito che scioglie anche l'ultima maschera di cera della donna, mettendo a nudo tutti quei sentimenti pericolosi che motivavano entrambi. «Non sono l'unico che avrebbe qualcuno da cui tornare, hai bisogno di me perché in tutti questi anni non hai mai scoperto che fine ha fatto Mikhail… avrebbe dato troppi sospetti se una Vedova Nera avesse iniziato a fare domande di punto in bianco su un Dipartimento nel quale non ha mai messo piede, o sbaglio?» 

«Sei irritante.» conferma infastidita abbassando leggermente lo sguardo, consapevole di non poter davvero competere contro una leggenda vivente come il Soldato d'Inverno. «Dovrei dedurre che tu sai dov'è?» 

«È internato in un gulag a qualche miglio da qui, una sottospecie di sezione speciale per quelli come lui, ci sono stato in... visita.» ammette teso sfidandola a distogliere nuovamente lo sguardo, osservando come le sue iridi sembrino tizzoni ardenti che minacciavano di divampare in un incendio, alimentato da quella rabbia repressa che li accomunava tutti. 

«Per ripulire?» chiarisce Tania con uno sguardo vagamente lucido, non potendo fare a meno nel rilasciare un sospiro sollevato quando lui nega con il capo confermandole che quella non era stata la sorte toccata a Mikhail… e James non sapeva con esattezza se considerarla una maledizione o un segno di buon auspicio. 

«Non escludo una deviazione per raccattare un paio di persone… nel caso.» afferma deciso, arrischiandosi nel prometterle un legame andato perso troppi anni prima dal punto di vista di entrambi, giurando a sé stesso di saldare qualche debito personale sia con Ursus che con Howlett [4]. «Quindi mi dai una mano?» 

«Debiti con Natalia a parte… credo di dovertelo dopo Berlino.» ammette restia, scatenando il brandello di un ricordo soppresso che affiora sulle labbra di James assumendo la forma di una richiesta di delucidazioni, ingoiando sillabe inespresse quando un sospetto terrificante e fondato sedimenta tempestivo sulla bocca del suo stomaco agitando gli abissi torbidi della paura rivoltandogli le viscere, rinunciando a priori e permettendo a Tania di articolare una richiesta d'aiuto speranzosa speculare alla propria. «Tu dai una mano a me?» 

«Ti ho portato io qui dentro… vedilo come un modo per pareggiare i conti.»

La notte scelta per la fuga era giunta con più tempestività di quella programmata, Tania gli aveva assicurato di aver edificato un Archivio a Praga sopra la prima pietra di quell’abominio dai risultati nefasti, ma non avevano fatto in tempo a raggiungere il Dipartimento X che la Stanza Rossa aveva sguinzagliato i cani. 

Tania Belinsky era caduta prona sulla neve con un proiettile conficcato nel cranio, morendo con l'abbaglio di quella libertà aspirata per una vita intera all'orizzonte impressa sulle retine… James non era stato altrettanto fortunato, non aveva avuto altra scelta se non quella di chiudere gli occhi davanti a quella flebile possibilità di salvezza, dimenticandone semplicemente l'esistenza.

 

«Terra chiama Barnes, mi ricevi?» ironizza Yelena schioccando le dita di fianco al suo orecchio, abbandonando le proprie elucubrazioni mentali con una certa urgenza. «Cos’è stato nascosto a Praga?» 

«Giravano voci che Tania Belinsky ci avesse edificato le Fondamenta.» afferma lapidario, cancellando brutalmente il sorriso ironico dal volto della donna. 

«Ah.» esala Yelena a corto di parole, rinunciando a sua volta ad una qualche battuta sagace con cui infierire quando il transponder delle emergenze trilla nella tasca dei pantaloni, sbloccando lo schermo del cellulare con fin troppa apprensione, scorrendo il testo del messaggio da parte di Sharon mentre lo stomaco sprofonda di colpo sotto i suoi piedi. 

"Te la riporto a casa, ma al rientro fa in modo di esserci anche tu."

«Merda.» 

«Guai all'orizzonte?» tira ad indovinare Yelena, studiando la sua espressione combattuta di sottecchi, intuendone la matrice dal suo sguardo stralunato, ironizzando. «Oh… guai in Paradiso.»

«Non è giornata Belova, ti avviso.» la minaccia con sguardo temporalesco, rassegnandosi all'assenza di alternative spezzando definitivamente una lancia già fragile. «Non fare cazzate mentre sono via.»

«Mi togli la libertà vigilata? Davvero?» strabuzza gli occhi Yelena spalancando la mascella meravigliata, presa in contropiede dalla concessione elargita così su due piedi senza troppi ripensamenti. «Hai fatto un ictus per caso?» 

«No ragazzina, ma devo… voglio fidarmi per stavolta.» ringhia tra i denti, disintegrando il mozzicone sotto la punta dell'anfibio. «Non darmi un pretesto per ammazzati, ricevuto?» 

«Ricevuto.»





 

Note:

  1. Traduzione dal russo: “stella mia”.

  2. Antarctica: base SHIELD sepolta sotto i ghiacci dell'Antartide, è il luogo scelto da Fury per conservare le centraline e i backup per far funzionare l'intera baracca. Secondo il mio headcanon sviluppato in "Indelible Marks" è stato lo scenario dello scontro finale e del successivo arresto di Yelena Belova. 

  3. Tania Belinsky: la prima allieva/sorella di Natasha, colei che sapeva della relazione disastrosa con James e ha tenuto la bocca chiusa, dedicando la sua vita alla rivolta un po' per debiti con i due ed un po' per vendetta personale (secondo i miei deliri mentali fumettisticamente fondati in gioventù aveva sviluppato un legame affettivo molto forte con Mikhail). Varie ed eventuali verranno specificate nei prossimi capitoli. 

  4. James Howlett AKA Logan AKA Wolverine: quella magica consapevolezza derivata dal fatto che grazie alle fanfiction si possono raccontare i retroscena inediti nei film causa diritti cinematografici.

 
   
 
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