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Autore: 92Rosaspina    27/02/2020    1 recensioni
"Il battito delle ali di una farfalla in Brasile, può provocare una tromba d’aria nel Texas". Così il fisico Edward Lorenz spiegò, in una conferenza del lontano 1979, la Teoria del Caos, secondo cui il minimo cambiamento può significare una storia del tutto diversa. Da un’azione svolta o non svolta, oppure svolta in modo diverso, possono nascere futuri ed eventi imprevedibili.
Contrariamente al pensiero comune, però, Caos non è disordine. Caos è un ordine così complesso da sfuggire ad ogni tentativo di comprensione dell'uomo. Una sequenza ben definita ma così piena di variabili da risultare imprevedibile.
E se è vero che il minimo cambiamento può condizionare l'epilogo di una storia, e che la vita è fatta di scelte e ogni scelta ha le sue conseguenze, allora le possibilità diventano infinite.
Tutto però ha un inizio ben definito, una comune origine. Un lounge bar nel mezzo di Nuova Domino. E tutto passa sotto lo sguardo indagatore di un occhio carico di conoscenza.
Genere: Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri personaggi, Atemu, Mana, Seto Kaiba, Yuugi Mouto
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pharaoh's Kingdom15


13. A volte ritornano




Il destino, quando apre una porta, ne chiude un'altra. Dati certi passi avanti, non è possibile tornare indietro.
Victor Hugo





Aprì gli occhi solo quando sentì la chiave nella toppa girare sei volte di seguito, sbloccando tutte le chiusure della porta blindata, prima di aprirsi e chiudersi con un sonoro scatto metallico. Dalla porta semiaperta della sua stanza, Yusei notò la figura di Judai affacciarsi e salutarlo silenziosamente, prima di dirigersi con passo strascicato in cucina.
Si sfregò gli occhi, abbandonandosi a un sospiro, godendosi il ventilatore che di tanto in tanto si voltava in sua direzione e gli gettava aria addosso. Con gli occhi che vagavano nella penombra della stanza, posò lo sguardo sulla scrivania ingombra di libri di testo e fogli con i suoi appunti universitari; perfino da lì riusciva a vedere il colorato guazzabuglio delle sue annotazioni.
Judai aveva dato un'occhiata ai suoi quaderni e foglietti un giorno, e si era allontanato dalla scrivania stropicciandosi furiosamente gli occhi, asserendo di non capire un tubo della calligrafia del compagno. Su questo doveva dargli ragione: Yusei stesso, a volte, incontrava difficoltà a decifrare i suoi stessi appunti. In un vano tentativo di sistemare le cose aveva provato a utilizzare un sistema fatto di evidenziatori, frecce, freccette, balloon e post-it, tutti colorati diversamente in base all'argomento: Yusei asseriva di trovarsi bene, Judai sosteneva che così creava solo ulteriore confusione.
Yusei non era mai stato un tipo molto ordinato quando si trattava di materiale scolastico, fin da ragazzino; diverso discorso era per i suoi attrezzi da meccanico, e per il telescopio vicino alla sua finestra e per i libri che riempivano le sue mensole, come anche per i suoi vestiti, ripiegati e riposti in ordine maniacale nell'armadio. Lui stesso non sapeva spiegare perché trattasse il suo materiale di studio con così poco garbo.

Allungò il braccio sinistro verso il comodino e riprese lo smartphone in mano, sfiorando lo schermo con il pollice e riaprendo l'applicazione dei messaggi. Senza un vero e proprio motivo, ancora mezzo intontito dal sonno, rilesse velocemente i messaggi inviati ad Aki. L'aveva rassicurata una volta giunto a casa e lei gli aveva augurato la buonanotte, ringraziandolo per la bella serata trascorsa insieme.
Erano rimasti a guardare le stelle molto più tempo di quello che si aspettava: Aki ne era rimasta davvero affascinata, e gli aveva chiesto un sacco di cose, di cui alcune non aveva una memoria così approfondita e allora avevano entrambi sbirciato sul cellulare per trovare la risposta. Quando avevano deciso di fare ritorno al locale, erano da poco passate le due e un quarto.
Avevano trovato i loro compagni piuttosto agitati a dire il vero: Yuma e Yuya avevano placcato entrambi Judai e l'avevano bombardato con un fuoco di fila di domande sul rapporto tra lui e Alexis, su cosa si erano detti e cosa avevano deciso; Yugi sembrava invece intento a scappare dalle mire di una biondina occhialuta che non perdeva occasione di farglisi sotto per chissà quale motivo, sicuramente molto divertente per i tre amici del ragazzo seduti allo stesso tavolo della sera prima. Yuzu e Kotori si stavano mostrando fin troppo complici agli sguardi dei due fidanzati, e quando Judai non era sotto le loro grinfie le osservavano con sguardi smarriti. Atem, invece, continuava con il suo lavoro con diligenza e professionalità, miscelando cocktail e analcolici senza togliersi quella serafica espressione dal volto. Osservava i suoi colleghi con fare quasi paterno, ma qualcosa nel suo sguardo aveva indotto Yusei a credere avesse la testa da tutt'altra parte: stava macchinando qualcosa.
Aki aveva bissato il suo analcolico, Yusei si era ritrovato un bicchiere di latte sotto il naso prima ancora che potesse esprimere qualunque preferenza. Erano rimasti lì ancora un'oretta prima che decidessero entrambi di tornare a casa, ormai stanchi e soddisfatti.

Il secondo bacio della serata l'aveva rimediato appena arrivati di fronte al suo portone: Aki gli aveva sganciato il casco, gliel'aveva sfilato e gli aveva sfiorato con le labbra la guancia destra. Gli aveva chiesto di inviarle un messaggio appena arrivato a casa, di non farla preoccupare.
Quella poteva contare come dichiarazione d'amore? O quantomeno di affetto?
Yusei sorrise, bloccando lo schermo del telefono e posandolo sul comodino, sospirando quasi soddisfatto e nascondendosi il volto dietro le braccia.

Almeno l'aveva vista sorridere davvero, con la testa per una volta libera dalle sue preoccupazioni. La sua famiglia non era mai stata nominata nell'arco di tutta la serata, neanche nei momenti in cui avrebbero potuto tranquillamente farlo: sembrava quasi che Aki avesse trovato molto di meglio che rimuginare sulle sue vicissitudini familiari. E il ragazzo ne era contento, sapeva di star lavorando bene sulle sue insicurezze.
Restava ancora un mistero il perché si fosse preso tanto a cuore la sorte e il benessere di quella ragazza. Era forse da imputare al suo animo altruista che lo rendeva sempre propenso a mettersi in gioco per aiutare gli altri? Molto probabile, così come non poteva negare l'attrazione nei confronti di Aki.
Ne era invaghito, e fosse stata una semplice attrazione fisica avrebbe potuto gestirla più sapientemente, lavorando su sé stesso e imponendosi un limite che avrebbe sicuramente rispettato; ma qui l'interesse era anche e soprattutto mentale: Aki era completamente diversa rispetto alle ragazze da lui incontrate in precedenza, priva di quelle frivolezze da nobile e animata da una volontà incrollabile nonostante le evidenti difficoltà. Aveva preso in simpatia quella giovane accigliata che lottava per dimostrare a qualcuno che sapeva cavarsela da sola, e aveva scoperto che il solo pensiero di vederla piangere gli dava davvero sui nervi.

Forse era da lì che veniva tutta la sua insistenza, il suo desiderio di vederla sempre allegra e in pace con sé stessa e gli altri. E il suo sorriso...trovava sempre più triste il fatto che non lo facesse spesso, così bello e dolce com'era quando le labbra le si piegavano in quella dolce curva, e il volto tutto si illuminava di gioia, e la sua espressione mutava in una distesa e gentile.
Doveva davvero sorridere più spesso. Anche per non vedere più i suoi occhi rabbuiati da quell'espressione corrucciata e pensosa: erano così belli quella sera, volti verso l'alto ad ammirare le stelle...Yusei aveva davvero faticato per non farsi uscire dalle labbra qualche romanticheria idiota da quattro soldi, aveva visto chiaramente le stelle riflettersi in quei grandi occhi da cerbiatta che aveva, farglieli brillare quasi avesse visto tutte le meraviglie del mondo insieme.
La sua amata costellazione del Dragone gli aveva fatto un gran regalo quella sera, dandogli modo di contemplare Aki bella e gioiosa come mai l'aveva vista, rilassata come aveva avuto modo di ammirarla solo in piscina, seduta a bordo vasca a dimenare le gambe su e giù nell'acqua. Era bella anche così, illuminata dal sole che nasceva, la pelle alabastrina e il corpo sinuoso ed elegante, con quelle belle forme che molte volte aveva ammirato di nascosto, quando lei non lo osservava. Quello stesso corpo su cui si stava riscoprendo a fantasticare fin troppo spesso, soprattutto la notte.
Seriamente?!
Yusei sbuffò, quasi seccato, allargando le braccia e lasciandole ricadere ai lati del suo corpo; alzò una mano, si strofinò la pancia infilandola sotto la maglietta, prima di alzarsi e chiudersi in bagno.
Meglio approfittarne subito prima che Judai reclamasse il suo trono.


****


Il quotidiano parlava chiaro: un uomo era stato visto camminare sospeso a metri di altezza dal suolo, completamente a testa in giù, sfidando ogni possibile legge della fisica e della gravità fino a quel momento conosciute. Anche quell'apparizione era stata vista sul lungomare, e anche in quel caso le descrizioni fisiche discordavano tra di loro: nessuno era riuscito a toccare quell'uomo, stavolta, nessuno aveva avuto un vero e proprio contatto fisico, ma in molti sostenevano si trattasse della stessa persona che, giorni prima, era sparita in mezzo alla folla lasciando dietro di sé solo la sua giacca. A seguire c'erano numerosi articoli che ricapitolavano tutte le apparizioni in cui Nuova Domino era stata coinvolta fino a quel momento, compreso il drago bianco dagli occhi blu che aveva scosso l'alba di qualche settimana prima. Un piccolo dossier sui migliori maghi illusionisti completava l'opera.
Insieme al quotidiano, era stata recapitata una busta da lettere. Nessun bigliettino, solo una carta da gioco dal dorso dorato, come quella che Atem gli aveva mostrato qualche sera prima sulla terrazza del Pharaoh's Kingdom: appollaiato sulla Regina caduta, il corvo si era voltato ad osservarlo con i suoi tre occhi prima di prendere il volo e sparire, letteralmente, come se mai fosse stato stampato. Seto Kaiba voltò la carta più volte, rigirandosela tra le dita e osservandola da ogni angolazione, e così fece con la busta da lettere e il quotidiano, ma il corvo sembrava sparito.

Seto sorrise tra sé, quasi ghignando: la sfida stava diventando davvero interessante, e il suo eterno rivale rispondeva colpo per colpo ad ogni sua mossa. Infilò la carta da gioco nella busta, ancora; la estrasse una sola volta per verificare qualche suo cambiamento, ma invano: il corvo era sparito, lasciando la Regina da sola, reclinata sulla scacchiera. Chiuse la busta e la posò sul quotidiano ripiegato, tornando a lavorare sul monitor del suo computer.
Ishizu aveva fatto un ottimo lavoro: in poco più di ventiquattro ore aveva raggiunto il perfetto accordo commerciale con un'azienda in grado di fornire loro materiale tessile di prima categoria, quello che desiderava per la sua linea ferroviaria; i primi vagoni erano già in fase di assemblaggio, e i lavori per la costruzione della linea avevano già segnato le prime tracce: i ponteggi erano comparsi nei punti strategici di Nuova Domino, circondandola come un gigantesco serpente d'acciaio.
Seto Kaiba e la sua azienda stavano per mettere a segno un altro, magistrale colpo, in quel gigantesco bersaglio che era l'economia nazionale.
Quando il telefono squillò alla sua sinistra, Seto allungò la mano con ancora il suo sorriso di vittoria sulle labbra. Scrutò un attimo il display, osservando il numero: l'interno era quello dell'ufficio di Ishizu.

    -    Ishizu- la chiamò, atono.
    -    C'è una persona che chiede espressamente di parlare con lei- pronunciò la donna, diretta e senza giri di parole come Seto preferiva.
    -    Non ricevo visite oggi, men che meno alle sette e zero-cinque-
    -    Dice di essere stata inviata dal senatore Izayoi in persona-
Il sorriso di vittoria si trasformò in una smorfia seccata.
Un galoppino del senatore Izayoi, giusto quello ci voleva. Per un attimo ripensò alle parole di Mokuba e Ishizu stessa, quando gli avevano profetizzato che le “teste coronate” di Nuova Domino avrebbero avuto di che ridire, dell'estensione della linea ferroviaria.
    -    Confronto ravvicinato eh? E va bene, fallo salire su, sentiamo cos'ha da dire-
    -    Bene-
Gli piaceva lavorare con Ishizu perché, come lui preferiva, non si perdeva in chiacchiere sterili e centrava subito il punto delle questioni, come se ci fosse sempre qualcosa di più importante a cui dedicare attenzione, che a delle parole messe solo per riempire dei silenzi. Seto si appoggiò per bene allo schienale, lo sguardo fisso sulla porta d'ingresso del suo ufficio, prima di decidere di voltarsi ad osservare il mondo fuori dalla parete di vetro.
I grattacieli di Nuova Domino si protendevano verso il cielo, tutti troppo piccoli per sfidare la massiccia presenza della sua torre. Come un'aquila sulla cima di una montagna, Seto studiava senza battere ciglio il resto della città da lì, facendo scorrere gli occhi sull'intricata ragnatela di strade e vie sotto i suoi piedi. Più in là, a quella distanza piccola abbastanza per non farsi notare, la gigantesca isola del Satellite galleggiava sull'acqua, ancora per poco isolata dal suo impero.
Si voltò solo quando sentì la porta dell'ufficio aprirsi. Ishizu Ishtar, impeccabile nell'avvitata giacca bianca e la gonna nera che le sfiorava le ginocchia, gli impenetrabili occhi scuri trincerati dietro la difesa di una discreta montatura di occhiali che, personalmente, dubitava le servissero davvero, fece avanzare nel suo ufficio una seconda donna, che di impeccabile aveva solo la pregiata fattura del suo marziale tailleur blu. Alta, troppo magra per i gusti di chiunque, i capelli biondi ripassati a colpi di spazzola e phon più volte; il volto tirato e messo a lucido, a contrasto con la pelle del collo smorta e raggrinzita, era sicuramente frutto dell'intervento della mano di un chirurgo plastico. Al polso destro le scintillava un bell'orologio il cui quadrante era circondato da un piccolo pavone.
    -    Sakue Izayou, rappresentante del senatore Izayoi.- annunciò Ishizu.
    -    Grazie mille, Ishizu. Puoi andare-

    -    Mi contatti se ha bisogno di qualcosa-

Sicuro, per accompagnare quest'impiastro alla porta, pensò Seto, ma non parlò né le rispose, limitandosi ad un piccolo cenno della mano mentre la donna usciva dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Solo allora Seto puntò i suoi occhi da squalo sulla donna sedutasi di fronte a lui. Il suo sorriso era così tirato da sembrare grottesco.
    -    Grazie per avermi ricevuta, signor Kaiba- la sentì dire. Perfino la voce sembrava sputare melenso veleno.
    -    Non ci faccia l'abitudine- la rimbeccò lui, scrutandola torvo – Non è mia abitudine ricevere visite con tale imprevedibilità-
    -    Se preferisce, posso tornare sotto appuntamento. Chiedo alla sua segretaria?-
    -    A che scopo? Lei è già qui ora, perché tornare a farmi perdere tempo una seconda volta?-
I gomiti poggiati sulla scrivania, Seto incrociò le dita tra loro, senza mai spezzare il contatto visivo con quella donna.
La situazione cominciava davvero a non piacergli.
    -    Ora capisco come ha fatto a diventare così forte nell'economia nazionale. Ha una bella parlantina svelta, signor Kaiba-
    -    Non si fanno soldi con le chiacchiere-
Aveva volutamente irrigidito la mascella e reso il tono di voce più freddo e duro, e sembrava aver funzionato: Sakue Izayoi sembrò vacillare, ma fu solo per un momento. E non perse mai quel suo grottesco sorriso da mascherone di cartapesta.
    -    Immagino di no- disse infatti – Verrò subito al dunque, allora-
    -    Prego, la ascolto-

    -    Recentemente, merito anche della magistrale campagna pubblicitaria--
    -    Il punto, signora Izayoi, il punto-
    -    ...Bene. Pare che la sua nuova linea ferroviaria si estenderà fino al Satellite, giusto?-
Seto si irrigidì ulteriormente ma non riuscì a non gonfiare il petto con fare orgoglioso. Ci aveva visto giusto.
    -    Esattamente- rispose poi – Al posto di quella grossa conduttura che ormai non serve più-
    -    Proprio di questo volevo parlarvi. Il senatore Izayoi, e un consiglio composto dalle più importanti famiglie di Nuova Domino, vorrebbe apportare delle modifiche al suo iniziale progetto-
    -    Modifiche di che tipo?-
    -    Di estensione. Riteniamo che il Satellite possa essere tranquillamente escluso-
    -    Davvero? E al senatore Izayoi e al suo circolo del golf cosa importa, di quanto lungo sia il mio binario?-

Era davvero divertente vedere le persone ammutolire in risposta alle sue frecciatine. In quei momenti Seto capiva cosa provava Atem, quando confondeva le menti delle persone.
    -    È stata unanime la decisione di porre questa esplicita richiesta, per preservare il decoro e la sicurezza di Nuova Domino- continuò la donna, le dita strette sulla borsetta, impettita sulla sedia come una statuetta egizia.
    -    Per il decoro, possiamo tranquillamente risolvere rimuovendo quella gigantesca conduttura inutilizzata- rispose Seto, senza cedere con lo sguardo – Magari installandone una subacquea, più pulita, più moderna e meno a vista e che ci creda o no, più rispettosa dell'ambiente di quella tinozza lunga chilometri. Non si preoccupi per l'inquinamento dei mari, sarà tutto messo in sicurezza. E per quanto riguarda la sicurezza, appunto, mi risulta che il Satellite sia stato ripulito da ogni traccia di criminalità anni fa, o no?-
    -    Per modo di dire. Molti dei criminali del Satellite si aggirano a piede libero su Nuova Domino e dintorni-
    -    Non confonda i professionisti del bancomat con gli assassini, signora-
    -    Ci mancherebbe altro! Io parlo di gente che vive in mezzo a noi e a cui è permesso condurre una vita normale-
    -    Parla dei detenuti del programma di riabilitazione?-
    -    Anche-
   -    Credo non viaggiamo sulle stesse frequenze, signora. Lei, il senatore e il suo circolo del golf. Non credo di essermi spiegato quando prima le ho chiesto di arrivare dritta al punto-
    -    Molto semplice, signor Kaiba. Desideriamo che la sua ferrovia escluda il Satellite-
    -    No-
    -    Sapevamo che questa sarebbe stata la sua risposta-

Gli occhi blu di Seto si abbassarono, nel notare un veloce movimento delle mani della donna. Le sue dita scarne e raggrinzite, nodose come vecchie radici, aprirono la borsetta e ne estrassero un blocchetto rettangolare di fogli. Sakue Izayoi lo posò sulla scrivania, lo voltò e lo spinse verso di lui con le dita, insieme a una stilografica.
    -    Segni qui la cifra che vuole- gli disse – La capisco, sa? Si tratta di affari, e lei parla la nostra stessa lingua-
    -    Non ci siamo capiti affatto, invece-
Con un gesto seccato, Seto spinse via blocchetto e penna, sollevando gli occhi sulla donna.
La voglia di cancellarle a modo suo quell'orribile sorriso in faccia era tanta.
    -    Non è una questione di soldi- le disse poi – Non prendo ordini da nessuno, tanto meno lavoro su richiesta. Io ho deciso di fare questa ferrovia, io ho deciso quanto questa debba essere lunga, e così la farò-
    -    Non si comporti così, signor Kaiba, la nostra vuole essere una trattativa pacifica-
    -    La mia no-
    -    A che scopo? Perché un progetto così imponente come una ferrovia?-
    -    Perché i videogiochi sono per una determinata fascia di pubblico. E io voglio giocare con i grandi, signora Izayoi-
    -    ...Capisco. Mi spiace averla fatta innervosire-
    -    Ci vuole ben altro per farmi saltare la mosca dal naso-
    -    ...La ringrazio ugualmente per avermi dedicato del tempo-
    -    Si figuri. Ha bisogno di qualcuno che la accompagni?-
    -    Non si disturbi, so trovare l'uscita da sola-
    -    Va bene. Addio, signora Izayoi. Porti i miei saluti al senatore-
    -    Arrivederci vorrà dire, signor Kaiba-

Rimase a lungo ad osservare la porta chiusa, senza sciogliere la stretta in cui le sue dita erano serrate.
Allungò una mano e afferrò la cornetta del telefono, digitando velocemente l'interno di Ishizu e portandosi il ricevitore all'orecchio.
    -    Signor Kaiba?-
    -    Voglio un dossier completo della famiglia Izayoi sulla mia scrivania. Azioni, proprietà, influenza politica, anche il codice fiscale se registrato. Qui sulla mia scrivania. Quindici minuti-
    -    Sarà pronto in dieci-
    -    E manda qualcuno ad intercettare quell'impiastro di donna prima che si perda in mezzo alla torre-
    -    Sarà fatto-
Abbassò il ricevitore con un gesto nervoso.
La giornata era cominciata decisamente col piede sbagliato.



    -     Oh, finalmente! Ben svegliato principino! Il latte è lì per te-
    -     Nnnnh...-
Judai alzò gli occhi castani al cielo con un lieve sorriso: dimenticava sempre il fatto che le facoltà di comunicazione di Yusei erano azzerate prima che avesse assunto la sua dose di latte mattutina.
Al solo pensiero del cartone di latte nel frigorifero, i ricordi lo assalirono e lo fecero sorridere come un'idiota; nella sua mente, Alexis provava a sorseggiarne un po' direttamente dalla confezione, prima di rovesciarsene metà addosso e indurla a scoprirsi completamente di fronte ai suoi occhi. Chissà che diavolo di faccia aveva fatto, a vederla denudarsi pezzo per pezzo di fronte a lui: per fortuna che era brilla abbastanza da non ricordarsene, altrimenti l'avrebbe preso in giro per mesi.
Ripensò alla giovane con affetto e con il cuore stretto in una trepidante morsa di gioia, mordicchiandosi il pollice mentre, seduto al tavolo circolare della cucina, osservava Yusei lasciarsi cadere a peso morto sulla sedia, proprio di fronte a lui, con la maglietta e i boxer come unici indumenti.
    -    Dormito bene?- gli chiese Judai, mentre il giovane beveva il latte a rapide sorsate.
    -    ...Bene- rispose lui, la voce lievemente roca. Aprì il frigorifero per riappropriarsi del suo cartone di latte, pronto a versarsene un secondo bicchiere.
    -    Seriamente Yusei, dovresti darci un taglio con quella roba-
    -    Bere latte fa bene-
    -    Sì, ma non nelle quantità in cui le bevi tu-
    -    Sono un paio di bicchieri la mattina, che vuoi che sia?-
    -    Anche ieri sera l'hai bevuto-
    -    Oh, davvero ti preoccupi del mio stomaco?-
    -    A grandi dosi, il latte ha effetti lassativi-
    -    Che stronzata-
    -    Guarda che è vero-

Yusei fece spallucce e si versò il secondo bicchiere, bevendolo a sorsi più piccoli e ponderati, quasi lo stesse gustando più di prima.
    -    Che penserebbe Aki, se sapesse che bevi latte come un moccioso attaccato alle tette della mamma?- domandò il castano, stropicciandosi un occhio.
   -    Non avrebbe proprio nulla da pensare, lei- rispose Yusei, poggiato contro lo schienale: a Judai venne in mente l'immagine di certi giganteschi pupazzi di plastica sgonfiati e lasciati ad afflosciarsi contro un muro, insolitamente tristi – Non è che si fa problemi per un bicchiere di latte-
    -    Yugi mi ha raccontato della sua crisi di pianto l'altra sera, quando non c'ero. Povera ragazza...che cosa brutta dev'essere, ripresa dai genitori per chissà cosa ogni giorno. Ma tu cos'hai fatto?-
    -    In realtà nulla, l'ho solo difesa da un cugino che stava sparando cattiverie su di lei. E poi sono stato a mia volta attaccato da quell'arpia della zia-
    -    ...hanno notato il tuo segno?-
    -    Ma certo-
    -    Bella rottura-
    -    Nessun problema, ormai ci sono abituato-

Lo era davvero. I primi tempi, quando si era messo di buona volontà a cercare lavoro, aveva perso il conto delle porte sbattute in faccia solo perché aveva quello sfregio dorato in faccia. Ovunque andasse era bollato automaticamente come delinquente, senza dargli possibilità di raccontare la sua storia né dargli possibilità di far ricredere suoi futuri datori di lavoro. Aveva vissuto per mesi a spese di una mensa comune, in una struttura dedicata appositamente alla reintegrazione degli ex carcerati nella società che metteva a disposizione, oltre che al vitto, anche l'alloggio: più comodo di una cella ma molto lontano dall'idea che tutti i loro ospiti avevano, di casa.
Aveva appena diciotto anni. E mai si era arreso, mai aveva abbassato il capo: alla ricerca di lavoro di giorno e studiando sui libri la notte, sognando un corso di laurea che sperava di autofinanziarsi, Yusei aveva stretto i denti e tenuto duro fino a incontrare Atem.
A ripensarci, l'incontro avvenuto con il giovane a capo del Pharaoh's Kingdom era stato molto simile a quello di Aki: aveva semplicemente risposto ad un annuncio su internet, e si era presentato al locale all'orario pattuito pur non nutrendo troppe speranze; insomma, se tutti i precedenti colloqui erano andati male, come pensava di risollevarsi con quello?
Aveva presto scoperto che Atem dava davvero poca importanza all'apparenza, e molta alla sostanza, e a vedere il suo immenso locale sembrava davvero tutto il contrario; era rimasto subito rapito dalla sua accattivante, sorniona indole e dal suo spirito di osservazione. Con un semplice sguardo era stato capace di metterlo a nudo come se fosse stato lui stesso a raccontargli il suo passato; l'unica cosa che gli aveva espressamente chiesto era il perché avesse deciso di mettersi in mezzo in quella brutta questione dello spaccio.

Yusei gli aveva spiegato che aveva fatto tutto questo per un amico, per aiutarlo a non finire nei guai; un gesto dettato dall'altruismo e dalla consapevolezza che quel povero ragazzo, così allegro e sorridente, sarebbe finito dietro le sbarre della Struttura per aver spacciato un po' di polverina bianca, mentre Yusei e la sua banda aveva fatto di molto peggio e invece giravano a piede libero per il Satellite. Lo stesso Yusei aveva probabilmente qualche pilota sulla coscienza, anche se cercava in tutti i modi di non pensarci né di farsi troppe domande a riguardo.
Solo allora Atem gli aveva chiesto da dove provenisse. E quando il giovane gli aveva nominato il Satellite, non aveva più voluto sapere nulla.
Gli aveva pagato di tasca propria un corso per bartending, il migliore del continente, chiedendogli di studiare ed impegnarsi perché, alla fine, aveva un posto di lavoro da ricoprire. Judai Yuki, che già allora lavorava per lui, l'aveva preso davvero in simpatia, e anche lui insensibile alla questione del marchio della Struttura l'aveva ospitato nel suo appartamentino, prima che i due trovassero qualcosa di più spazioso da condividere. Yugi era sostanzialmente una versione più piccola e più ingenua di Atem, eppure ugualmente gentile e affabile: non gli fu difficile scoprire molti punti in comune con il giovane del Satellite e diventare amico, nonostante l'iniziale diffidenza di Yusei. Yuma Tsukumo era stato inizialmente intimorito dalla sua presenza, ma si era velocemente abituato al suo sguardo diretto e al suo aspetto serio e anzi, aveva fatto di tutto per aiutarlo a sciogliersi e farsi le ossa in quello strano, rumoroso ambiente che era quello della gestione di un bar. Il ragazzo era chiaramente quello con più esperienza tra i due, uno di quelli che il lavoro se l'era andato proprio a scegliere, eppure era stato Yuma stesso a proporre Yusei come capobar.
Yuya Sakaki, l'ultimo arrivato in quella “combriccola di stramboidi” come l'apostrofava Judai, aveva osservato il segno dorato di Yusei, aveva arricciato il naso in una smorfia piuttosto buffa e aveva fatto spallucce; si erano poi ritrovati a parlare entrambi del proprio, reciproco passato, Yusei che descriveva la sua vita al Satellite e i motivi del suo soggiorno nella Struttura, Yuya che lo metteva al corrente dei suoi episodi come vittima di pestaggi e atti di bullismo vari, del pericoloso baratro della depressione che aveva rischiato di portarselo via alla morte del padre. Alla fine del racconto si erano sentiti più leggeri e vicini.

L'entrata in quella nuova, imprevista famiglia aveva improvvisamente colmato un vuoto che lo aveva attanagliato al cuore per mesi.
Segni in faccia o meno, Atem e soci l'avevano accolto come uno di loro, e mai era stato così grato al genere umano di averlo messo di fronte a simili persone.

    -    Yusei? Mi senti?!-
Il giovane sbatté rapidamente gli occhi quando vide Judai sventolargli una mano sotto il naso. Scosse debolmente il capo, arricciando il naso.
    -    Scusami Jud, ero un attimo pensoso. Hai detto qualcosa?-
    -    Ti ho chiesto come sta Aki. Dopo tutto quello che è successo-
    -    Bene, direi. Molto meglio rispetto ai giorni scorsi. È tornata quella di prima-
    -    Oh! Sono contento...ieri sera era davvero rilassata-
    -    Si notava così tanto?-
    -    Già! La tua vicinanza le fa davvero bene-
    -    ...Ora non metterti strane idee in testa-
    -    Hai voglia di scherzare?! Mi hai asfaltato gli attributi per ANNI con la storia tra me e Alexis e ora io non posso commentare?!-
    -    Ti ho asfaltato gli attributi, per riprendere la tua altolocata espressione...-
    -    Eccolo che comincia a usare parole difficili...-
    -    Stai zitto...dicevo, ti ho rotto le scatole al riguardo perché era PALESE che Alexis ti moriva dietro, e anche tu hai fatto qualche pensierino su di lei più di una volta!-
    -    Beh, non lo nego! Ma tu non fare lo stesso!-
    -    Io non sto negando davvero nulla!-
    -    Ah no? Mi hai appena detto di non mettermi idee strane in testa!-
    -    Perché lo so cosa pensi in queste situazioni!-
    -    Cosa posso farci? Vi vedo davvero bene insieme!-
Ci si vedeva davvero bene insieme anche lui, se proprio doveva dirla tutta, ma questo non gliel'avrebbe mai detto, a costo di sembrare stupido o permaloso o chissà cosa.
Storse lievemente il naso, accigliandosi in un'espressione pensosa.
    -    Ecco, lo vedi? Ci stai pensando anche adesso!-
    -    Stai zitto, cosa ne sai di quello che sto pensando?!-
    -    Te lo leggo negli occhi!-
Si era dimenticato che Judai era capace di leggere e vedere storie e sentimenti dove ancora non esisteva palesemente nulla. Yusei scosse il capo, sbuffando a metà tra lo sconcertato e il divertito.
    -    Tra l'altro la divisa femminile le sta molto meglio- notò poi Judai, dal nulla.
    -    E grazie, prima usava una di quelle di Yugi!-
    -    Lo so lo so! Stavo solo notando la cosa! Forse le sottolinea troppo il seno però-
    -    Ma che dici?! Va benissimo così!-
    -    Ho capito, ma uno potrebbe facilmente distrarsi!-
    -    Basta guardare altrove!-
    -    Mh, del tipo? Tu hai anche il feticismo delle labbra, figuriamoci...-
    -    Non è un feticismo!-
    -    Ah no?! Yusei ti ecciti quando vedi una bocca femminile! E non provare a negarlo!-
    -    Lo sai almeno che vuol dire feticismo o spari vocaboli a caso come al tuo solito?-
   -    Non so nemmeno come tu riesca a resistere, chiunque perderebbe i freni inibitori con quelle labbra lì! Perfino Alexis ha detto che sono davvero belle! Mentre tu sembri non avere reazione!-

    -    Sicuro non l'avrò adesso, sono immune alle tue stronzate per i prossimi quindici minuti almeno-
    -    ...ti sei masturbato-
    -    NO!-

L'improvviso scoppio del compagno fece trasalire Judai sulla sedia.
    -    Tu...tu sei andato in bagno prima!-
    -    E certo! Dovevo pisciare!-
    -    E ci hai messo venti minuti?!-
    -    ...pisciare con un'erezione è difficile. Oltre che doloroso-
    -    ...hai almeno tirato l'acqua?-
Judai si alzò di scatto quando vide il suo compagno sfilarsi velocemente un infradito dal piede e alzarlo con fare minaccioso; indietreggiò pericolosamente fin quasi a toccare l'acquario, le mani alzate in segno di resa.
    -    Oh daaaaaai, non si può neanche scherzare!-
    -    Vado a farmi una doccia!-
    -    E chi apre alla porta che suona?-
    -    Tu! Visto che sei anche vestito decentemente!-
Senza dire altro, il giovane capobar si infilò nel bagno, chiudendosi la porta alle spalle e sbuffando costernato.
Il fatto era che Judai ci aveva visto davvero lungo: capitava sempre più spesso che, nei suoi pensieri, Aki si risvegliasse accanto a lui di buon mattino, coperta solo il minimo indispensabile per non offendere il pudore generale, per non parlare di quando oniriche visioni notturne la raffiguravano in mezzo a uno dei suoi amati roseti, coi boccioli rossi come unico ornamento del suo corpo candido...roba che a pensarci di giorno, a occhi aperti, rischiava di portare effetti collaterali inaspettati. Yusei si arruffò furiosamente i capelli sulla testa, sbuffando costernato.
La situazione cominciava a sfuggirgli di mano. Si liberò della maglietta in un unico gesto, prima di restare in ascolto quando sentì la porta di casa chiudersi.
    -    Judai?! Chi era?!- lo chiamò, insospettito.
    -    Ah, è qui dentro?-
    -    Sì, ma non so se è il caso di entrare adesso--
Il cuore gli fece un balzo tale che temette di doverlo sputare da un momento all'altro. Yusei si voltò, pallido come un cencio sbattuto, ad osservare la porta che si apriva con la lentezza di una moviola.
Quella voce...erano anni che non la sentiva, ma l'avrebbe riconosciuta tra mille. E quando l'uomo entrò nella stanzina, e posò gli affilati occhi violacei su di lui, Yusei rischiò di perdere qualsiasi contatto con la realtà.
    -    ...Jack...Atlas?!-
    -    ...Heh. Ti vedo in forma, Yusei-



Preso un bel respiro e accovacciatosi di fronte alla lavatrice, Yugi incrociò le braccia sul petto e rimase con lo sguardo perso nel vuoto, deciso a non muoversi per la prossima mezz'ora. L'aria della casa era ancora satura dell'odore di bruciato: anche se le finestre erano state spalancate, sarebbe occorso più tempo perché l'odoraccio scomparisse del tutto.
Si era svegliato nel modo più doloroso possibile, sbattendo la fronte contro la testiera del letto: cosa impossibile per qualunque essere umano “normale”, ma non per lui. Appena sveglio e aveva scagliato un'imprecazione così grossa che Atem, in cucina, si era fatto scivolare il piattino della tazza sul lavello.
Si era tagliato il pollice destro con il vetro scheggiato del suo smartphone; niente di serio ma suo fratello aveva insistito per farglielo disinfettare ed incerottare. Ne era seguita una precipitosa fuga per le stanze, con lui che fuggiva da Atem armato di ovatta e acqua ossigenata; Yugi odiava quel tipo di medicazione. Alla fine il maggiore gli aveva quasi stritolato il polso in una forte stretta, impedendogli di liberarsi, l'aveva trascinato in bagno e aveva versato direttamente l'acqua ossigenata sul pollice ferito.
Il vasetto di vetro posto sulla mensola del salotto aveva guadagnato venti yen nel giro di mezz'ora.
Aveva bruciato, per non dire carbonizzato, i due croissant alla marmellata che avrebbero teoricamente dovuto fargli da colazione, trasformando la cucina in un piccolo inceneritore e costringendolo a spalancare le finestre di tutta la casa per impedire la diffusione del pungente odore per le stanze. Per correre a chiudere le porte aveva sbattuto il ginocchio contro lo stipite della porta della cucina, e quando aveva deciso di prepararsi il caffè da solo e si era sporto verso la mensoletta dove erano custodite le cialde aveva urtato il ceppo di coltelli e l'aveva fatto cadere, evitando l'autocastrazione per davvero pochi centimetri.
La camicia era comunque finita in lavatrice alla velocità della luce, grazie al caffè rovente che si era rovesciato addosso.

    -    Qual è il problema?- gli domandò Atem, alle sue spalle.
Yugi si lasciò sfuggire un sospiro scontento, scuotendo il capo, mentre chiudeva la lavatrice e avviava il programma di lavaggio veloce. Appoggiato con la spalla destra allo stipite, Atem lo osservava dalla testa ai piedi come alla ricerca di un malanno, le braccia conserte e il volto adombrato dallo sguardo serio. Yugi lo notò picchiettarsi l'avambraccio sinistro con l'indice opposto, seguendo il ritmo della musica diffusa dal salotto.
    -    Sto...sto bene- rispose Yugi, con un'alzata di spalle.
    -    Non ti ho chiesto se stai bene, quello lo vedo. Ti ho chiesto qual è il problema-
Yugi si mordicchiò il labbro inferiore.
E lui pensava davvero di farla al suo fratello maggiore?! Atem lo conosceva meglio di sé stesso, sapeva in anticipo cosa gli passava per la testa e gli bastava un'occhiata per capirlo. C'erano delle volte in cui comprendeva quel senso di vago terrore e soggezione che i suoi amici e colleghi provavano, quando si ritrovavano a parlare con lui.
    -    Centra Anzu, forse?
    -    Seriamente, è così palese?-
Yugi era esterrefatto.
    -    Beh, non così come lo faccio sembrare- gli rispose Atem, con un enigmatico sorriso – Ma qualcosa ti attanaglia fratellino...tu che sei sempre così positivo e libero da ogni preoccupazione...a volte ho desiderato essere nella tua testa, sai?-
    -    Davvero?!-
    -    Sì, mi sono sempre chiesto come doveva essere a stare nella testa di qualcun altro...vivere con i loro pensieri per un giorno-
    -    ...Tu hai davvero interessi strambi-
    -    Mi piace farmi domande su tutto ciò che mi circonda. Mia unica pecca temo, mi rovino sempre le sorprese-
    -    ...Non credo di capire ma...va bene-
    -    Ma non cambiamo discorso, su! Parlavamo di Anzu, fino ad un attimo fa...-

E Yugi ci aveva quasi sperato, che se ne fosse dimenticato...! La velocità con cui Atem cambiava discorsi era allucinante, a volte anche lui trovava difficoltà a stargli dietro.
Neanche a dirlo, Yugi invidiava mortalmente quella sua particolarità.
    -    Per caso è successo qualcosa tra voi due?- domandò Atem, serafico.
    -    Ah? No no no no no, ahm...no! Non ancora almeno!-
    -    Oh, non ancora dici? Quindi stai già “lavorandoci su”?-
    -    ...In che senso?-
Atem alzò gli occhi al cielo senza smettere di sorridere.
    -    Pensavo stessi valutando finalmente l'idea di dirle chiaro e tondo cosa provi davvero nei suoi confronti- spiegò poi, senza sciogliere la sua posizione.
    -    E l'idea è quella! Però--
    -    Però cosa, Yugi? Cosa ti turba?-
    -    ...Niente, lascia perdere-
    -    Se hai bisogno di un consiglio sai che posso dartelo-
    -    Lo so. Lascia perdere lo stesso-
    -    Yugi...non migliorerai le cose così-
    -    Lo so! Lascia perdere e basta!-
    -    Come vuoi. Sei pronto?-
    -    Pronto per cosa?-
    -    Per uscire-
    -    Do-dove dobbiamo andare?-
    -    A comprarti un nuovo cellulare. Quello ormai è andato-
    -    Ma funziona ancora! Ha solo il vetro scheggiato!-
    -    Con la quale ti sei tagliuzzato tutt'e dieci le dita negli ultimi quindici giorni. Non intendo vederti versare più neanche una goccia di sangue per questa fesseria-

Yugi si grattò la testa, confuso, poi fece spallucce e ritornò nella sua stanza, pronto per un veloce cambio d'abito.
Non gli piaceva spendere troppi soldi per cose che non servissero davvero...videogiochi a parte ovviamente...e il cellulare era uno di quelli: per quanto l'uso che ne faceva era davvero intensivo, tra chiamate e messaggi e social network di ogni tipo, era un tipo che tendeva a sfruttare gli oggetti fino all'ultimo, preferendo evitare gli sprechi. Atem era l'esatto opposto: quando una cosa perdeva il suo interesse se ne disfaceva molto velocemente. Era l'esatto motivo per cui ogni anno portava un televisore sempre più grande in salotto, e invece restava a lavorare su quel vecchio laptop di almeno dieci anni fa, esattamente l'ultima volta in cui aveva acquistato un computer portatile. L'ultimo televisore dismesso l'aveva invece donato a Judai e Yusei.
La nota positiva era che la faciloneria di Atem nel cambiare oggetti e arredamenti non si applicava sulle persone: chi lui sceglieva di far restare al suo fianco era perché aveva genuinamente stuzzicato il suo interesse. E questo valeva con i suoi colleghi così come per le donne di cui era puntualmente circondato.
Che Mana fosse l'unica a resistere alle sue stramberie, tuttavia, era un'altra storia.

Yugi si grattò una guancia mentre con l'altra mano riallacciava velocemente i bottoni della nuova camicia. Il pensiero corse inevitabilmente ad Anzu.
Era parsa...strana quei giorni. Un po' distante, avrebbe detto. Ma forse era solo presa dalla presenza di Yuzu e Kotori, erano legatissime e ritrovarsi tutt'e tre insieme era, per loro, il massimo del divertimento. Che poi fosse gelosa e, forse, un pochino invidiosa della confidenza che Mai Kujaku aveva con tutti, soprattutto con lui, questo era un dato di fatto: Anzu era legata a lui da una profonda amicizia, la stessa che gli aveva permesso di mantenere i rapporti anche con Jonouchi, Honda e Bakura dopo gli anni del liceo; era però chiaro che ci vedesse qualcosa di più di un amico, nel ragazzo, allo stesso modo di cui Yugi provava forti sentimenti nei suoi confronti. E il problema stava proprio lì, perché entrambi erano timidi abbastanza dall'aspettare che fosse l'altro a fare la prima mossa.
Si rincorrevano in tondo senza raggiungersi mai.
Terminò di chiudere i bottoni, la consapevolezza che Anzu si sarebbe esibita quella sera lo colpì al cervello come una manata in fronte.
Era troppo tardi per darsi malato?



Seduto al tavolo circolare della cucina, Judai spostava rapidamente lo sguardo da Yusei a Jack Atlas e da Jack Atlas a Yusei, senza che fosse in grado di spiccicare parola.
Jack Atlas. Il leggendario Jack Atlas, quel ragazzo di cui Yusei gli aveva tanto parlato in passato, quel suo compagno di scorribande motocicliste e vero salvatore di Yusei Fudo era lì, in quella cucina, di fronte al suo compagno di gare clandestine e rivale. Per qualche motivo se l'era immaginato diverso dai racconti del suo amico: si era figurato un energumeno grosso, burbero e rissoso, uno che incuteva rispetto e paura solo a guardarlo, magari facilmente incline alla rissa e agli scontri fisici.
Della sua impressione, ci aveva preso davvero poco: Jack Atlas suscitava deferenza con la sua sola presenza, ma senza opposizione. Circondato da una stoica aura di freddezza quasi aristocratica, a tratti forse arrogante, scrutava le persone intorno a lui dall'alto verso il basso e non solo per un'evidente questione di possanza fisica (seriamente, quanto era alto?!). Forte dei suoi indiscutibili successi agonistici, sembrava davvero prendere sul serio quella nomina di Re che gli era stata affibbiata.
C'era qualcosa di indefinito, in quell'uomo, che non gli piaceva moltissimo. Forse era solo un'impressione, ma bastava per metterlo in guardia.

Lo stesso Yusei non sembrava propriamente a suo agio. Rivestitosi al volo con i primi indumenti puliti a disposizione, osservava Jack con lo sguardo di chi era combattuto tra l'alzarsi e andarsene altrove, e chi aveva voglia di rifilare un cazzotto su quegli affilati lineamenti quasi vampireschi. Se ne stava con la schiena ben aderente alla sedia, le braccia conserte al petto e le gambe accavallate, in quella postura che Atem avrebbe definito “di difesa”; Jack, più disinvolto e apparentemente divertito dalla scontrosità dell'amico (poteva ancora definirlo così?), ciondolava svogliatamente una gamba mentre si guardava intorno.
    -    Beh, direi che ti sei sistemato molto bene, caro Yusei- notò, scrutando con un vago sorriso la cucina – Direi che ti ho lasciato in buone mani-
    -    Perché sei qui?- domandò Yusei, a muso duro. Jack gli scoccò un'occhiata divertita.
    -    Via via, cos'è quel tono? Ah, sembra ieri quando ti ho rivisto con quel musetto scazzato...-
    -    Ti ho chiesto perché sei qui!-
    -    Va bene va bene, stai calmo! Fumantino come al solito eh?-
    -    Stare calmo?! Jack hai idea di quanto tempo sia passato?! Sono quasi SETTE ANNI che non ci vediamo!-
    -    So contare Yusei, lo so quanto tempo è passato. Ma fidati, non è per ricordare i vecchi tempi che sono qui. Ehi, quindi sai anche di Bruno?-
    -    So che ha tirato le cuoia in un ospedale psichiatrico e tanto mi basta-
    -    Vero anche questo ma non sai il perché, temo-
    -    So che era finito nel pozzo di un cantiere abbandonato-
    -    Precipitato durante una corsa-
    -    Aveva cominciato a correre?!-
    -    Cosa credevi che facesse?! Con te in prigione e Kalin schiantato contro un muro...perché? A che scopo?-

Glielo chiese quasi Yusei sapesse a cosa si riferisse, e il bello era che il giovane tatuato aveva anche inteso cosa intendesse.
    -    Bruno era innocente- sibilò Yusei, a muso duro – Ben più di noi-
    -    Non avevi alcun dovere nei suoi confronti-
    -    Dipende dai punti di vista, credo. Avevi detto che non eri qui per ricordare i bei tempi no? Allora cos'è che vuoi?-
    -    Molto bene, verrò subito al punto-
Jack sciolse le gambe e si allungò sul tavolo, i gomiti poggiati a sostegno e gli occhi violacei fissati sul suo vecchio compagno di squadra. Il Re arricciò il naso.
Per quanto si impegnasse, non riusciva a nascondere completamente l'indole ribelle da ragazzo cresciuto nel Satellite. Glielo leggeva negli occhi: sempre puntati altrove, verso un punto indefinito alle sue spalle, quasi cercasse un traguardo o uno scopo.
    -    Ho bisogno di un pilota-
    -    Scordatelo-
    -    Ascolta prima la mia proposta-
    -    Sai già cosa ti risponderò-
   -    Il terzo pilota del nostro team ha avuto un incidente, nell'ultima gara. Una brutta caduta in curva, la moto gli ha rifilato un high-side che l'ha sbattuto a terra. Clavicola e gamba destra rotte-
    -    Oh povera stella-

    -    Si avvicina l'ultima gara di campionato e siamo senza un pilota, e rischiamo di perdere il titolo-
    -    Assurdo! Beh, spero proprio riusciate a trovare un pilota che vi aiuti!-
    -    Io l'ho già trovato-
    -    E io ti ho detto di no-
    -    Dammi una motivazione-
    -    Non ho niente da rendere a te-
    -    Ah no?! Chi è che ti ha tirato fuori da quel cubo di cemento armato che è la Struttura?! La fatina buona forse?!-

La mente di Yusei dipinse la distorta immagine di Jack Atlas con ali opalescenti e vestitino di tulle, con tanto di cappello a cono e velo lucente; non seppe se scoppiargli a ridere in faccia o chiudersi in bagno a vomitare dal disgusto. Nel dubbio, affilò ancora di più i suoi occhi, quasi gli stesse implorando di morire fulminato sul posto.
    -    Nessuno ti aveva chiesto niente quella volta, Jack- gli rispose, i denti stretti di un cane rabbioso.
    -    Tu dici?! Tutto quello che io e Crow abbiamo fatto è stato anche per te! Ricordi il nostro sogno? La nostra promessa? Uscire tutti insieme dal Satellite!-
    -    E l'abbiamo fatto-
    -    Esatto! L'abbiamo fatto! Io e Crow abbiamo applicato l'unica soluzione possibile! Non dirmi che ce l'hai con noi per aver fatto i nomi della feccia!-
    -    Sai cosa me ne importa di quella gente?-
    -    Un cazzo, come non te ne importava prima. E allora cos'è tutta quest'ostilità adesso?-
    -    Ostilità dovuta al fatto che ti presenti qui, dopo quasi sette anni, pretendi che nulla sia stato e mi chiedi di partecipare ad una corsa suicida forse?!-
    -    Non è una corsa suicida!-
    -    Ah no?!-
    -    È la Satellite Tourist Trophy-
    -    AHAHAHAHA!!! Jack ma ti ascolti quando spari queste cazzate?! Con quale criterio sei venuto da me?-
    -    Perché sei il migliore dei piloti che io conosca-
    -    Correzione caro: ero. Molto tempo fa. Tu mi hai superato e di gran lunga-
    -    Quindi il motivo è questo: invidia e paura. Non vuoi confrontarti con me-
    -    Non provo nulla del genere per te-
    -    Probabilmente non provi neanche qualcosa-
    -    Esci fuori di qui-
    -    Sei davvero sicuro?-
    -    FUORI-
    -    Va bene, va bene-

Jack Atlas si alzò con un sordo grattare della sedia e un lieve tintinnio degli orecchini, non notati prima da Judai. Prese la giacca dallo schienale, indossandola con agile movimento e scoccando un'altra occhiata a Yusei.
Il ragazzo del Satellite era rimasto seduto, ad osservarlo di traverso. Judai deglutì abbastanza rumorosamente: l'aria tra i due si tagliava con un coltello.
    -    Speravo che il nostro fosse un incontro molto più disteso e piacevole, Yusei- borbottò poi Jack, incrociando le braccia al petto e scrutandolo torvo dall'alto – Mi sbagliavo. Credo che la vita cittadina ti abbia rammollito da una parte e reso più rabbioso dall'altra-
    -    Speravo di non vedere più il tuo brutto muso, Jack Atlas- soffiò Yusei, senza interrompere il contatto visivo – Mi sbagliavo. A quanto pare l'erba cattiva non muore mai-
    -    Avresti avuto più piacere se fossi finito io in quel pozzo invece che Bruno, vero?-
Stavolta Yusei non rispose, restando ad osservare il vuoto ad occhi spenti. Jack scosse il capo e si congedò molto velocemente anche da Judai, senza aspettare che questi lo accompagnasse alla porta.
Solo quando sentì l'uscio chiudersi alle sue spalle, il castano tirò finalmente un sospiro di sollievo.
    -    Ragazzi, che smaltita...!- gemette, tremante – E così lui era il tanto decantato Jack Atlas?!-
    -    In carne, ossa e stronzaggine- rispose Yusei, picchiettando con un indice sul tavolo.
    -    ...Dannazione. Sembra quasi un figlio segreto di Seto Kaiba e Mai Kujaku-
    -    Judai no ti prego, che immagine...-
    -    Ho comunque capito poco e niente. Cos'è questa Satellite Tourist Trophy?-
    -    Una corsa suicida. Non deve importarcene nulla-
    -    Ma...ehi! Dove vai?-
    -    Esco in moto. Tornerò per ora di pranzo. Tu dovresti andare a dormire Jud-
    -    A me è passato il sonno...-
    -    Sforzati. Ci vediamo dopo-
Senza dirgli altro si alzò dal tavolo e uscì dalla cucina, fermandosi nella sua stanza solo quel tanto che gli bastava per infilarsi gli stivali e recuperare giacca, casco, telefono e portafogli.



L'orologio segnava le otto e un quarto, eppure era già sveglia, e per niente stanca. Aveva dormito come un sasso, cullata da dolci sogni fatti di viaggi interstellari attraverso costellazioni e galassie, accompagnata in moto da un coraggioso astronauta. Aki si era risvegliata con il miglior sorriso da rincitrullita che poteva sfoderare, e la testa leggera e sognante. Solo quando si era messa a tavola, con la tazza di caffellatte pronta e la brioche calda appena sfornata, si era resa conto di aver canticchiato tutto il tempo.
Era davvero una bella sensazione.
Addentando con fame la sua brioche, Aki diede una veloce occhiata al suo cellulare, ripescando i messaggi di Yusei della sera prima. Aveva esaudito la sua richiesta, per quanto ansiosa potesse apparire, e le aveva inviato un messaggio appena arrivato a casa per tranquillizzarla, come a voler dire “Ehi, sono tutto intero!”. Si erano salutati brevemente, ma lei non aveva potuto fare a meno di ringraziarlo per la serata.
Era stata davvero bene. Cominciava lentamente a capire cosa ci trovasse, Yusei, in quei rumorosi cavalli d'acciaio a due ruote: la sensazione di libertà provata sulla pelle era qualcosa di emozionante e travolgente allo stesso tempo, l'esperienza forse più ribelle da lei mai provata in vita sua. In un'esistenza dove era stata tenuta alla larga da qualsiasi situazione rischiosa, montare in sella insieme ad un ex galeotto era quanto più pericoloso ed eccitante le fosse capitato.

Spazzò via la colazione e prese a sistemare le stoviglie con cura, continuando a canticchiare un motivetto sconosciuto. Il perché di tanta allegria non sapeva neanche spiegarselo. Insomma, aveva avuto un appuntamento! Il primo degno di questo nome da quando conosceva Yusei, ma si trattava ugualmente di un appuntamento: un modo come un altro per conoscersi meglio e trovare altri punti in comune. Era più che lecito tra colleghi e amici, no?
Ma a chi voleva darla a bere? Viaggiava su nuvole di zucchero filato già dal secondo giorno di conoscenza, e negarlo non l'avrebbe certo aiutata. Aki scosse il capo, scacciando l'ennesima visione di Yusei dalla testa.
La sua immaginazione puramente femminile le stava giocando brutti scherzi ultimamente.
Doveva studiare. Sì, niente di meglio di qualche sana ora sui libri, a studiare e ripassare in vista dei futuri esami. Ci teneva a fare bella figura e a ottenere buoni voti, non voleva passare per lavativa o usare il lavoro come scusa per impegnarsi di meno. Avrebbe finito di sistemare le stoviglie e avrebbe subito aperto i libri.
Quando il telefono squillò, nell'altra stanza, si fiondò sul materasso con le mani ancora umidicce. Staccò l'apparecchio dal caricabatterie e si precipitò a leggere il nuovo messaggio inviatole da Yusei. In allegato c'era la foto di una spiaggia: il sole bello alto faceva scintillare il mare in tutte le sfumature più chiare dell'azzurro, e quasi le sembrava di udire il coro di voci e musica salire dai bagnanti.

Viene voglia di farsi un tuffo! Ricordati il costume stasera!

Aki inspirò rumorosamente, sprofondando con il volto nelle lenzuola ancora disfatte e dimenando le gambe.
Lui sapeva. Lui sapeva, lo faceva apposta a ricordarglielo! Aveva notato il suo sguardo la prima volta in piscina, quella sua aria da candida verginella che sembrava non aver mai visto un uomo in semplici braghe! Lo sapeva e riusciva anche a punzecchiarla a riguardo! Per un solo, brevissimo istante Aki sentì di odiarlo. Davvero per poco.
Quelle attenzioni cominciavano davvero a lusingarla più del dovuto: Aki non sapeva ancora decidere in quale misura lei interessasse a Yusei, e questo la frenava quando si trattava di interagire con lui. Magari quello era il suo modo di fare: per quanto apparisse come un tipo serio e integerrimo, poteva essere effettivamente propenso ad aprirsi una volta presa confidenza con le persone a lui vicine. Ma no, Yusei era davvero troppo serio per aprirsi così con tutti...c'era qualcos'altro sotto. Ma cosa? Anche lui sembrava essere stato bene quella sera, ma in fondo aveva ammirato le stelle come era solito fare...
Eppure non le sembrava che quel bacio a stampo gli fosse dispiaciuto così tanto, anzi...
Devo mettermi a studiare, sì.

Niente di meglio di qualche sana nozione di medicina per distrarre il cervello dal misterioso ragazzo del Satellite, giusto? L'idea era nobile, gli intenti c'erano, nella realtà dei fatti le cose funzionarono diversamente.
Da qualche giorno non riusciva a togliersi dalla testa la visione di quelle cicatrici che gli deturpavano il corpo. Forse il tatuaggio a forma di drago serviva a coprirne un'altra sul braccio destro, ma tutte le altre erano fin troppo visibili: la mano destra, l'interno dell'avambraccio, quelle sul ventre che si intrecciavano tra loro. E più stava a contatto con lui e più ne individuava altre. Ne aveva una proprio all'interno del palmo della mano sinistra, dritta e dai bordi regolari, come se avesse stretto un oggetto particolarmente affilato: la lama di un coltello, forse? E ne aveva anche una sul collo, sul lato sinistro: ad occhio, qualcosa gli aveva intaccato la pelle a distanza irrisoria dalle vene principali della giugulare. Era questione di millimetri, un poco più a destra e con ogni probabilità quel ragazzo non sarebbe stato vivo, a quell'ora.
Ripensandoci,  Aki non poteva fare a meno di rabbrividire per tutta quella violenza subita.

La gente del Satellite aveva passato davvero tempi bui, negli anni precedenti: bistrattati dall'alta società, isolati dalla terraferma, ignorati dalla stragrande maggioranza delle vie di comunicazione classiche, i suoi abitanti sembravano essere stati colti dalla stessa, irrefrenabile furia e crisi collettiva che li aveva resi quello che apparivano agli occhi degli abitanti di Nuova Domino: una massa di criminali senza scrupoli né scopo. Yusei apparteneva all'ultima generazione, quella del cambiamento di rotta, di coloro che avevano tentato l'ultima, disperata carta che aveva funzionato.
Ammirava quella sua costanza nel cercare di cambiare il suo futuro, di prenderlo in mano e dargli la svolta decisiva. Quel ragazzo portava addosso i segni di un'esistenza violenta e triste, eppure cercava di ignorarli in tutti i modi e di concentrarsi sul presente, lavorandoci per cambiare il suo futuro. Non aveva mai smesso di sognare, quel ragazzo delle stelle.

Avrebbe dovuto prendere spunto da lui. Lavorare nel presente per dare la svolta decisiva al suo futuro. Dare una sonora lezione a tutti quelli che sembravano non darle alcun credito.
O forse la lezione doveva darla solo a sé stessa.
Scosse il capo e si mise alla scrivania, aprendo i libri.



    -    No okay, che cavolo ci fa anche lui qui...Oooooh!-
Yusei sbuffò, ringhiando qualche imprecazione tra i denti e cominciando a radunare rumorosamente i bicchieri intorno a sé. In posizione dietro il bancone al posto di Yuma, Aki si voltò dapprima a guardare il compagno, e poi seguì con gli occhi la direzione verso cui Yusei aveva cominciato silenziosamente a scaricare parolacce ed improperi degni di un amante deluso.
Dei tavoli arredati sulla terrazza, uno era stato occupato da una coppia di uomini mai visti prima. Il primo, quello che l'aveva più impressionata, scrutava il resto della sala con sguardo imperioso e penetranti occhi violacei, molto più cupi e arroganti di quelli di Atem: glieli scorgeva da sotto le ciocche bionde accuratamente acconciate. Vestito di bianco e viola, la prima cosa che l'aveva attirata era stato il paio di orecchini, due scintillanti A impossibili da non notare. Si era liberato della giacca e l'aveva delicatamente posata sullo schienale della sedia, accomodandosi senza degnare di uno sguardo il bancone, lasciando probabilmente la sua ordinazione al compagno. Quello ad avvicinarsi era stato un ragazzo sensibilmente più basso del biondo imperturbabile, con i capelli rossi tenuti indietro da una fascetta, e il volto segnato da quelli che aveva imparato a riconoscere come marchi della Struttura. Il giovane si avvicinò al bancone e picchiettò le nocche sul mezzo metro di quercia scura proprio dove c'era Yusei, costringendolo a prestargli attenzione.
    -    Yusei!- esclamò allargando le braccia – Aaaah, quando Jack me l'ha raccontato non volevo crederci! Sei in gran forma!-
    -    Crow- lo salutò l'altro, alzando gli occhi verso la figura di...lui era Jack Atlas?! Lo stesso di cui Yusei le aveva parlato?! Quindi quell'altro doveva essere Crow Hogan...per qualche motivo se l'era immaginati diversi. Forse più...più cattivi?
    -    Come stai? È da un bel po' che non ci si incontra!-
    -    Già! Fammi pensare...mmm da quasi sette anni! Come corre veloce il tempo!-
    -    Beh, ti vedo in ottima forma!-
    -    Taglia corto, cosa vuoi?-

Aki aggrottò la fronte, incerta e stupita. Sbatté un paio di volte gli occhi, incredula a ciò che stava vedendo.
Quello non era il Yusei che conosceva. Era schivo e di poche parole con gli sconosciuti, certo, ma a quanto pareva quelli erano tutto fuorché tali: cosa gli stava prendendo? Perché li trattava così?
    -    Dicci cosa vuoi e sparisci- sibilò Yusei – Il capo ci guarda, non possiamo chiacchierare a lungo-
    -    Due Bacardi, se non vi spiace. Sei sicuro che vada tutto bene?-
    -    Oh sì, sicurissimo! Solo che non mi aspettavo la vostra presenza qui, ecco tutto!-
    -    Ehi, va bene che abbiamo tagliato i ponti per tutto questo tempo ma—aspetta. Fammi indovinare-
    -    Spara-
    -    Jack è già passato da te questa mattina-
Yusei alzò lo sguardo sul suo ex compagno, osservandolo sorpreso e, in un certo senso, nostalgico.
Era passato davvero tanto tempo. Troppo, se proprio doveva dirla tutta. Quasi sette anni in cui avevano completamente perso i contatti: l'ultima informazione che aveva, di loro, era il pagamento della cauzione per farlo uscire dalla Struttura, prima di sparire ognuno verso la propria vita. E sebbene non potesse fargliene una vera e propria colpa, Yusei era piuttosto amareggiato da come la situazione si era conclusa.
Ogni suo tentativo di mettersi in contatto con loro rimbalzava come se, dall'altra parte, nessuno dei due intendesse rispondergli. Almeno ringraziarli per quello che avevano fatto per lui, un saluto, un addio...completamente spariti dalla circolazione ed introvabili. Aveva scoperto solo in seguito dei loro successi nei circuiti professionisti delle corse, e se da una parte ne era stato contento per loro, dall'altra era rimasto piuttosto amareggiato di quel loro eterno silenzio.
Aveva impiegato un po' per mandare giù il boccone. E ora si ripresentavano entrambi, carichi di speranze e sorrisi, convinti di poterlo riportare dalla loro parte, cancellare sette anni di lontananza e silenzio per un gioco rischioso come quello di una corsa nel Satellite?

    -    Sì- rispose poi Yusei, mentre terminava di preparare il suo Bacardi. Crow si lasciò sfuggire un sospiro.
    -    Aaaah, lo sapevo...ha dovuto fare di testa sua. Gli avevo detto di aspettare, l'avremmo fatto insieme...-
    -    La risposta sarebbe stata ugualmente no-
    -    ...Anni fa non avresti rifiutato-
    -    Anni fa, vero. Ma adesso mi tiro indietro. Non voglio tornare in quel mondo. Ho un'altra vita-
    -    Non si tratta di farlo per sempre. Solo una volta-
    -    Questa sola volta potrebbe costarmi cara-
    -    Sarà tutto in sicurezza Yusei! Facciamo le cose serie noi!-
    -    Ho già detto di no! Vai ora, non posso metterci tre quarti d'ora per versarti due Bacardi!-
    -    ...non spariremo di nuovo, Yusei-
    -    Io dico di sì invece-
Crow Hogan gli sorrise poco convinto, prima di allontanarsi con i due Bacardi in mano. Rimasta ad osservare in silenzio tutta la scena, Aki scrutò Yusei di sottecchi, incerta su cosa dire o fare.
Un urlo si sollevò dalla folla, mentre l'acqua della piscina si sollevava in un gigantesco geyser: l'immenso pennacchio d'acqua salì in cielo quasi volesse toccare la luna, suscitando esclamazioni di stupore, qualcuno cominciò a riprendere con il cellulare l'incredibile metamorfosi della colonna d'acqua.
Toccata dal soffio di un vento siberiano, il geyser si congelò su sé stesso, trasformandosi in un'alta e possente scultura di ghiaccio: quella che sembrava la grottesca, gigantesca mano di una strega si protese verso il cielo notturno, scintillando alla luce dei fari e della mezzaluna che sembrava voler ghermire tra le sue dita.
Seto Kaiba tolse la mano dalla superficie ghiacciata dell'acqua, dandosi una rassettata alla giacca del suo completo bianco. Si avvicinò a passo deciso ad Atem, rimasto ad osservare impassibile la scena a poca distanza.
Tutto quello che fece fu consegnargli una carta da gioco dal dorso dorato. Atem la prese tra le sue dita senza dire una parola, e fu con quello stesso silenzio che Seto Kaiba si allontanò verso la scala e sparì, inghiottito nel buio.
Il corvo fece ritorno. Volò in cerchio un paio di volte prima di appollaiarsi sulla Regina caduta. Mosse piano le ali, arruffò le penne e lo scrutò curioso con i suoi tre occhi.



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La Satellite Tourist Trophy non è altro che una citazione alla Isle Of Man Tourist Trophy, una corsa motociclistica di autentici scavezzacolli suicidi. Si corre solitamente la prima settimana di giugno sul circuito stradale dello Snaefell Mountain Course, sull'Isola di Man: trentotto miglia di strade asfaltate che si snodano lungo tutta la costa dell'isola, strade adbibiti a circolazione civile che vengono opportunamente chiuse per la competizione. I piloti si lanciano a velocità folli su salite, discese, dossi stradali, manto stradale non proprio bellissimo, e ha fatto parte delle primissime edizioni del Motomondiale prima che venisse eliminata come corsa perché troppo pericolosa. Vi lascio un video esplicativo qui ----> https://www.youtube.com/watch?v=LU-ynRoqDEs così potrete vedere di persona di cosa si tratta, e decidere da voi se Jack Atlas e Crow Hogan son dei pazzi o meno.

Come state carucci? La mia sessione invernale si è conclusa prima del previsto causa Covid-19 o coronavirus come volete chiamarlo, obbligandomi a posticipare altri due esami a giugno. Volevo darne sette, alla fine sono diventati cinque, forse un altro lo farò ad aprile. Devo ancora capire come intendono gestire lezioni ed esami. Intanto scrivo quello che voglio, aggiorno dove devo, sistemo la mia stanza incasinata e vado avanti con la mia vita incasinata.
Vediamo qui Seto Porcaputtana Kaiba in azione e direi anche in perfetta forma! E un primo incontro ravvicinato tra Yusei e il Re, il suo rivale di sempre. Ho voglia di rivedermi 5D's adesso, ma le idee reclamano attenzione quindi credo approfitterò del solito momento in cui il cervello mi si spegnerà, creativamente parlando, per rivedermi le avventure di Yusei&Co.
Fatemi sapere che ne pensate, ci rileggiamo presto!

Rosaspina
   
 
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