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Autore: Sheep01    28/02/2020    2 recensioni
[IT, Fix-It fic]
Aveva fatto i conti con la possibilità che avrebbe potuto restare intrappolato in quelle fogne per sempre. Il suo corpo, le sue ossa, a sgretolarsi nel ventre di Derry. Per sempre.
Ma non era stata Beverly a metterli al corrente che chi moriva a Derry era destinato a non morire mai veramente? Doveva essere vero perché, in qualche universo alternativo a quello, nessun Eddie avrebbe mai potuto sopravvivere a una ferita del genere...
Eppure... eppure...
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 8

 

Trascinarsi fuori dal letto, al mattino presto, era un evento straordinario per Richie.

Era talmente abituato a dormire poco la notte che spesso era costretto a rimediare, dormendo più a lungo del necessario.

Ma da quando Eddie aveva deciso di invadergli casa e camera da letto, le cose erano cambiate.

Non più necessario il suggerimento di assumere quella blanda melatonina, qualche farmaco di dubbio gusto o scolarsi un'intera distilleria di whisky per lasciarsi inghiottire nell'oblio, no. Adesso gli era sufficiente avere Eddie che gli respirava a pochi centimetri dal viso, ogni notte. Che con il suo calore gli ottenebrava sensi e anima. Con una forza tale che persino quegli insensati incubi sul finale alternativo della loro (all'epoca) tragica storia d'amore, erano svaniti come lacrime... nella pioggia.

L'episodio del motel era stata una miccia inaspettata. Quello che era venuto dopo, ancora più sorprendente.

Eddie si era rivelato un amante tutt'altro che fobico. Tutt'altro che restio alla sperimentazione. E nonostante le precauzioni e la commovente cautela di Richie, memore delle proprie deludenti esperienze (con uomini e donne, i primi anni della sua, di sperimentazione), le cose si erano evolute ad una velocità imprevedibile. Eddie non faceva che chiedere di più, sempre di più, come se tutti gli anni persi in un matrimonio castrante, frustrante e in generale le sue (poche) deludenti esperienze (nessuna mai, nemmeno per sbaglio, con un uomo), ora richiedessero tutta la sua attenzione. Come se la notte in quel motel dalle condizioni igieniche tutt'altro che favorevoli, gli avessero sbloccato qualcosa dentro. Oltre ad avergli provocato un sacco di paranoie il mattino seguente, per questioni che poco o nulla avevano a che fare con il sesso.

Per quello Richie adesso era in piedi, nel bel mezzo della cucina, a fissare le lancette dell'orologio che segnavano appena le otto del mattino.

Doveva essere impazzito. Era praticamente l'alba!

Ed Eddie lo aveva lasciato solo, di nuovo.

Sì, perché se era vero che per Richie era più facile prendere sonno dopo aver strapazzato un po' il suo dottor K. la sera prima, era anche vero che svegliarsi, allungare il braccio e non percepire più il suo calore aveva sempre un che di spaventoso; il pensiero di aver solo immaginato quelle ultime settimane, un ciclico tormento. Ma quando si alzava e scorgeva i vestiti di Eddie in giro, lo spazzolino da denti sistemato accanto al suo, nel bicchiere sul lavandino e le pastiglie allineate metodicamente sulla mensola in bagno, tirava un sospiro di sollievo, maledicendo le abitudini mattutine di quel piccolo bastardo.

Possibile che Eddie fosse già diventato una tale costante nella sua vita quotidiana, da percepirne la mancanza per casa, per qualche stupida ora?

Recuperò una tazza di caffè bollente e il suo pacchetto di sigarette e, prima di poter anche solo immaginare cosa avesse intenzione di fare, era uscito dal suo appartamento, preso la porta d'ingresso al piano terra e uscito per strada.

Il quartiere in cui abitava era sufficientemente tranquillo e abbastanza eccentrico dal tollerare un uomo di mezza età, dall'aria stropicciata, bermuda e t-shit di una band sconosciuta per pigiama, seduto sui gradini d'ingresso di un palazzo appena ristrutturato, a far colazione con caffè e sigarette.

Fu così che lo trovò Eddie, di ritorno dai suoi allenamenti mattutini.

Già, perché Eddie era uno di quei salutisti psicopatici che uscivano la mattina presto per farsi una cazzo di corsetta al parco.

Eddie, che da ragazzino poteva correre veloce come il vento, che avrebbe potuto entrare nella squadra di atletica, ma che Sonia Kaspbrak aveva castrato con la scusa di un'asma inesistente.

Richie non riuscì a fare a meno di sorridere a ciò che stava osservando: una delle sue persone preferite di sempre, fasciato in un paio di pantaloncini che non potevano non ricordargli il ragazzino della sua infanzia, capelli sconvolti dal vento e il viso arrossato dall'allenamento.

Il ritratto perfetto della salute.

Così diverso dal pallido uomo che aveva tenuto stretto fra le braccia solo qualche mese prima, con la disperazione nel cuore.

La California con la sua estate senza fine donava a uno come Eddie. Non ci aveva mai pensato in questi termini e se ne compiacque.

Lo guardò rallentare e fermarsi alla base della scalinata, una mano a bloccare il cronometro del suo orologio da polso.

«Ti hanno sfrattato o aspetti l'ambulanza?» lo apostrofò questi, fissando con aria di disapprovazione la sigaretta che gli si stava consumando lentamente fra le dita.

«Paziente Tozier a rapporto», gli rivolse un saluto militare, facendo scoccare fra loro, da seduto, i tacchi delle sue infradito, «aspettavo il mio dottore di fiducia.»

Un po' di cenere cadde tristemente su uno dei gradini di cemento.

«Dovresti chiudere con quello schifo, lo sai?» gli si rivolse Eddie, mentre si asciugava la fronte con la manica della t-shirt. Una delle sue. Grande abbastanza da potercelo avvolgere due volte quel suo corpo agile e compatto.

«E perché? Basti tu a mantenere uno stile di vita sufficientemente sano per entrambi.»

«Tu credi? La tua mancanza di resistenza potrebbe influire negativamente sul mio umore.»

Richie sgranò gli occhi alla sua sfacciataggine, prima di scoppiare a ridere.

«Eds ne ha mollata una buona!»

«Piantala e spegni quella sigaretta», lo vide sorridere appena, concedendosi di avvicinarsi di un passo.

«Sei davvero il perfetto prototipo del newyorkese salutista che si sveglia all'alba per liberarsi delle tossine in eccesso, e poi via a lanciarsi nel circolo vizioso di psicotica isteria metropolitana.»

«Credevo di essere del New England».

Richie sorrise di nuovo: era da giorni che Eddie non era tanto in forma con i suoi tempi comici.

Lo guardò dal basso verso l'altro e poi ritorno, squadrandolo con aria valutativa.

«Se tutti quelli del New England somigliano a lei, signore, forse dovrei farci un giro», gli afferrò la mano con fare lascivo.

«Non per essere disfattista», Eddie si chinò appena verso di lui, «ma ho conosciuto un tipo di quelle zone con scarso buon senso e igiene discutibile.»

«A chi non piace sporcarsi un po', di tanto in tanto?» allungò le labbra, chiudendo gli occhi con espressione d'estatica attesa.

Tutto quello che ricevette da Eddie fu una mano in faccia.

«Lavati i denti e ne riparliamo.»

«Aw, dai, sono sceso apposta per aspettare il tuo ritorno come un cane fedele! E poi anche tu non profumi esattamente come un fiore di primavera.»

«Infatti era mia intenzione salire per fare una doccia», lo superò di un gradino, prima di voltarsi, «c'è una doccia enorme, in effetti, nell'appartamento del tizio a cui scrocco l'alloggio.»

Un invito, tutt'altro che inaspettato.

Richie recuperò la tazza di caffè abbandonata sulla scalinata e gettò nel cestino sulla strada il mozzicone della sua sigaretta. Si rimise in piedi, fronteggiandolo senza esitazione alcuna. Amava il fatto che, anche dal gradino di sotto, fosse più alto di Eddie.

«Finiamo l'acqua calda di quel bastardo, allora.»

 

***

 

Richie non aveva mai amato le biblioteche. Non perché la carta stampata gli facesse senso, come alla maggior parte dei ragazzini della sua età, ma per il silenzio snervante di tutto ciò che lo circondava.

Odiava restare solo con i suoi pensieri, e se, qualche volta, gli capitava di parlare tra sé e sé, era solo un modo come un altro per non pensare.

La biblioteca di Derry non era esattamente il luogo ideale per chi ama parlare tanto. Non era il luogo ideale per quella boccaccia di Richie Tozier.

Per quello la decisione di isolarsi in un posto che lo avrebbe costretto, una volta per tutte, a quel silenzio che lo avrebbe istigato a pensare.

Pensare a come buttare giù un paio di righe nella lettera che aveva deciso di spedire a Eddie Kaspbrak.

Non si sentiva audace come Ben, che riusciva a scrivere poemi strappa mutande con un paio di frasi ad effetto. Non prolisso come Bill Tartaglia, che sapeva raccontare un sacco di storie interessanti, quando quella sua lingua molle gli concedeva di farlo. Non caustico come Stan, non saggio come Mike, non tagliente come Beverly. Non petulante come Eddie.

Richie sapeva solo parlare a vanvera. E quella non era una qualità che si poteva riprodurre su carta. Non quando eri deciso a far passare un messaggio ben preciso. Un messaggio che si condensava in due semplici parole: mi manchi.

Sì perché Eddie gli mancava da impazzire.

La primavera che se l'era portato via si era trasformata in estate e l'estate non è una di quelle stagioni che puoi affrontare in solitudine, non quando i tuoi amici più cari si sono dispersi come foglie nel vento, uno dopo l'altro.

A Richie non restavano che i ricordi.

Uno su tutti quello di un bacio.

Un bacio, che si era detto non avrebbe mai dimenticato.

La cosa più dolorosa era stato constatare che Eddie non si era più fatto vivo. Nemmeno una sola volta per sbaglio, dacché se ne era andato. Non una lettera, non una telefonata.

Inizialmente aveva cercato di giustificare questa sua assoluta mancanza d'interesse al fatto che, forse, si stesse ancora orientando nella nuova città in cui era stato trascinato da sua madre, e in seguito... che Sonia Kaspbrak in persona non gli permettesse di avvicinarsi a un telefono o a una busta da lettere.

Questa convinzione però aveva cominciato a sgretolarsi quando nessuno dei suoi vecchi amici aveva tentato di contattarlo. O contattare Mike.

Come se si fossero tutti dimenticati di loro. Come si fossero dimenticati di Derry. In un'oblio senza spiegazione.

Per quello ora Richie si trovava ad osservare un foglio bianco che di certo non si sarebbe scritto da solo.

Aveva deciso di scrivere. Di mandare una lettera a Eddie, all'indirizzo provvisorio che aveva lasciato a Mike. In qualche modo gli sarebbe arrivata, in qualche modo gli avrebbe ricordato di quanto stronzo fosse stato nelle ultime settimane.

Nessuno bacia uno dei suoi migliori amici, sulle labbra, come fanno i fidanzati e poi sparisce per sempre.

Richie posò la penna sul foglio e scrisse: stronzo.

Poi lo cancellò con una riga. Un modo semplice e diretto per farlo sentire in colpa certo, ma appena sufficiente a fargli capire il vuoto che gli aveva lasciato dentro.

Si lasciò scivolare appena giù per la sedia e chiuse gli occhi, cercando di riportare alla mente quel giorno: le labbra soffici e umide di Eddie, gli occhi che brillavano della luce del tramonto.

Gli mancava, già. Gli mancava così tanto che a volte si trovava a passare di fronte alla vecchia casa dei Kaspbrak con la voglia matta di attraversare il vialetto, suonare, con la speranza che la mastodontica Sonia comparisse sulla porta, mandando all'aria la copertura che aveva messo in piedi pur di tenerli lontani.

Ma nella vecchia casa di Eddie si era trasferita una nuova famiglia. Una famiglia ordinaria. Con un cane che a Eddie avrebbe fatto venire l'orticaria per la paura delle allergie.

Ogni tanto vedeva i figli della giovane coppia giocare in giardino. Quel giardino a cui Eddie era praticamente vietato l'accesso. O li scorgeva affacciarsi a quella finestra alla quale lui stesso si era arrampicato così tante volte da averne perso il conto, per sgattaiolare nella sua camera da letto e fargli compagnia, quando gli era proibito uscire.

Ogni ricordo di quella casa faceva male. Male da impazzire. Tanto male che Richie superava l'impulso di suonare, pedalando lontano da lì, per non sentirsi scoppiare il cuore.

 

***

 

A Richie piaceva il profumo di quel nuovo bagnoschiuma.

Vagamente fruttato, delicato, che lo faceva sentire pulito, lindo come non si era mai preoccupato di essere.

Ma Eddie era un demonio ipocondriaco che mai gli avrebbe permesso di mantenere quel suo stile di vita disordinato, quantomeno non in sua presenza. Si rese conto di essere diventato la versione migliore di se stesso, da quando quel nanetto isterico era entrato con prepotenza nella sua vita.

E non gli dispiaceva. Non gli dispiaceva nemmeno avere vestiti che profumassero di bucato fresco o di avere lenzuola pulite, almeno due volte la settimana.

Gli ricordava un po' quanto gli piacesse il profumo che aveva sempre Eddie da ragazzino.

Quel profumo di pulito e... potpourri.

E ora gli piaceva averlo addosso. Un po' per via dei prodotti che lo obbligava a usare, un po' perché era fermamente convinto che Eddie glielo stesse trasmettendo per via epidermica, ogni volta che se lo ritrovava addosso, avvolto attorno a lui in un abbraccio che poco aveva a che fare con l'ipocondria. Quando gli infilava le mani dappertutto, la lingua e le labbra ad esplorare ogni centimetro del suo corpo, quando affondava in lui, strappandogli sospiri che si fondevano coi suoi.

Ci avesse ragionato un po' più a lungo si sarebbe trovato a dover correre di nuovo in bagno per una seconda seduta esplorativa in solitaria. Perciò si impose di godersi la calda sensazione del tessuto dell'accappatoio sulla pelle e ciabattare fuori dal corridoio e verso la sala da pranzo, fingendo di aver ampiamente soddisfatto i suoi desideri, in un quarto d'ora di doccia condivisa, ricca di benefit.

Eddie era seduto al tavolo, la luce del mattino che inondava la stanza e gli regalava un'aura quasi mistica: armeggiava con il portatile di Richie, apparentemente molto concentrato.

«Se stai cercando di decriptare la mia cartella dei porno, la pass è: Eduardo.»

Eddie rialzò uno sguardo da sopra lo schermo del pc, le sopracciglia aggrottate in un'espressione che poteva dirsi in parte colpevole, in parte di rimprovero.

«Chi diavolo ha bisogno di una cartellina dei porno, da quando hanno inventato Pornhub?»

«Woah... cosa stai cercando di dirmi, Spaghetti?»

«Niente che tu non sappia già... coglione.»

Richie superò la barriera del tavolo per finirgli alle spalle e capire cosa stesse cercando con tanta intensità.

«Ho una manciata di mail di lavoro da smaltire...» si giustificò senza provarci nemmeno a nascondere le sue faccende.

«Duemila mail non lo direi: una manciata, la chiamerei un'apocalisse informatica

Eddie sbuffò qualcosa, allungando una mano sulla tazza di spremuta che si era preparato per colazione.

«Credevo fossi ancora in aspettativa», continuò, schioccandogli un bacio sulla testa. Eddie aveva ancora i capelli umidi che sapevano di shampoo profumato. Dovette combattere contro i suoi istinti per non restarsene lì a sniffarlo come un segugio.

«In effetti lo sono...»

Richie sentì arrivare un MA grosso come una casa. Sufficiente a far crollare ogni imbarazzante impulso.

«... ma dato che ho appena prenotato un volo per tornare a New York, ero curioso di sapere cosa mi aspettava in ufficio».

Lo disse così, con una leggerezza che lasciò Richie letteralmente senza parole. Ed era così difficile, lasciare Richie senza parole.

Percepì l'esitazione di Eddie al suo rigido silenzio, come se si fosse appena reso conto di aver detto qualcosa di profondamente sbagliato. E infatti se ne restò lì fermo, con le mani ancora sulla tastiera del pc, prima di ruotare con il busto e inclinare la testa all'insù, per poterlo guardare.

«Va tutto bene?»

Con che coraggio poteva fargli una domanda simile? Aveva appena sganciato una bomba più sconvolgente di quella del suo divorzio e ancora si domandava se andasse tutto bene?

«Uhm, certo...» si ritrovò a confermare, con un tono che di rassicurante aveva ben poco. Come il fatto che le sue mani, adesso, non erano più sulle spalle di Eddie, e le sue labbra non più a pochi centimetri dai suoi capelli.

Si sentì schiaffeggiato moralmente con una tale forza che il naso riprese a fargli male, come dopo l'incidente di qualche giorno prima con quei ragazzini al parcheggio, ma senza le amorevoli cure che ne erano seguite.

«Rich...»

La voce di Eddie era preoccupata, ma Richie sembrava appena consapevole del suo tono, perché nel cervello gli era appena esplosa un'irrazionale rivoluzione neuronale.

 

***

 

«Quando mi hanno detto che eri qui non ci volevo credere...»

Eddie?

Richie ebbe un tuffo al cuore e riaprì gli occhi di scatto, appena consapevole del fatto che si fosse appisolato come uno stupido, lì, nello statico silenzio della biblioteca.

Perciò la delusione fu bruciante quando, invece di labbra di zucchero, si trovò ad osservare Mike Hanlon.

«Gesussanto, Mikey! Non sono sopravvissuto a un clown assassino per farmi uccidere da un infarto!»

Mike scosse la testa, ma sorrise.

«Scusami, ma in biblioteca uno dovrebbe venire per leggere in santa pace, non per schiacciare un pisolino.»

«Non stavo schiacciando un pisolino, cercavo un modo carino per cominciare una lettera.»

«Una lettera?»

«Sì, una lettera... sai cos'è? Dicesi lettera, quella comunicazione non verbale che...»

«So cos'è una lettera», sussurrò, dopo essersi reso conto che la bibliotecaria stava lanciando loro sguardi di fuoco, «a chi devi scrivere?»

Richie si strinse nelle spalle.

«A quella gnocca dell'ultimo anno.»

«Quale gnocca dell'ultimo anno?»

«Dai, la gnocca dell'ultimo anno. Tutti conoscono la gnocca dell'ultimo anno. Solo tu che non frequenti la scuola non la conosci...»

Mike si allungò sul foglio scarabocchiato.

«E alla gnocca dell'ultimo anno le scrivi: stronzo

Richie tornò a osservare la pseudo lettera solo per rendersi conto della gaffes e, senza pensarci una seconda volta, afferrò il foglio per distruggerlo, accartocciandolo rumorosamente.

La bibliotecaria li zittì con un verso d'ammonimento. E Richie il foglio se lo infilò in bocca, con aria di sfida.

«Volevi scrivere a Eddie?»

Per poco Richie non si strozzò con il foglio di carta, saliva e tutto il resto. Tossì così rumorosamente che la bibliotecaria prese a camminare verso di loro con aria minacciosa.

Richie afferrò Mike per un braccio, trascinandoselo dietro, fuori dalla struttura.

«Aria, finalmente! Ma che mi è venuto in mente di entrare in quella gabbia di pazzoidi sociopatici?» prese due profondi respiri come a riaprire i polmoni, «ci andiamo a prendere un gelato?» propose subito dopo, nella speranza che Mike decidesse di dimenticare l'accaduto rapidamente.

«Gli ho scritto anche io, sai... ?»

Ovviamente Mike non sembrava affatto intenzionato ad accantonare l'argomento. Ma improvvisamente Richie si ritrovò curioso. Che Mike e Eddie avessero mantenuto rapporti epistolari per tutte quelle settimane, senza coinvolgerlo?

«Non sapevo sapessi scrivere, Mikey, Mikey», lo canzonò sperando di nascondere l'improvvisa aspettativa che gli era montata addosso.

«Eddie non mi ha mai risposto, però.»

Richie si volse a guardarlo, l'aria di sufficienza che gli scivolava giù dal viso, dalle spalle, come svuotandolo.

«Come non lo ha fatto Stan o Ben. O Bill... o Bev.»

«Sei sicuro di aver azzeccato gli indirizzi? Sicuro di non averli spediti a Ezzie Cabracchi, residente nello stato del Mai?» cercò di sdrammatizzare quell'improvviso gelo che gli era scivolato nello stomaco.

Come se un'aria di tragedia fosse scivolata in mezzo a loro, raffreddando il caldo sole dell'estate.

«Non ho sbagliato indirizzi... le lettere avrebbero dovuto tornare indietro. Non lo hanno fatto», Mike si strinse nelle spalle.

«Probabilmente le hanno lette e se le sono dimenticate sulla scrivania. E poi cara mammina le ha buttate», Richie cercò una spiegazione razionale a un avvenimento del tutto... illogico. Senza sapere affatto di aver praticamente azzeccato l'ipotesi. Lo avrebbe scoperto, a sue spese e inconsciamente, solo qualche mese dopo.

Dentro, in fondo allo stomaco, sentiva già che qualcosa di orribile si stava muovendo, fuori da Derry.

«Probabilmente», si ritrovò a confermare Mike, lasciando suo malgrado trasparire quanto poco anche lui ci credesse.

«Sai che facciamo?» Richie prese un profondo respiro e alzò lo sguardo verso il sole, per tornare a sentirne il calore, cercando la sua luce, fino a restarne quasi accecato, «gliela scriviamo assieme una lettera a quell'ipocondriaco di Eds. E poi... poi gliela consegneremo a mano, non appena riusciremo a spostarci da questo buco di culo di città», sorrise «così saremo certi che la riceverà. E si sentirà una profondissima merda per averci snobbati in questo modo. Lui... e tutti gli altri.»

Allungò una mano che Mike strinse dopo un attimo di confusa esitazione.

 

Qualche settimana più tardi Richie si stava trasferendo con la sua famiglia, lontano dallo stato del Maine. Una lettera scritta a mano stretta fra le mani, seduto sul sedile posteriore della macchina di suo padre.

La settimana successiva, quella lettera, era finita nella spazzatura.

Il mese successivo Richie aveva dimenticato.

 

***

 

Ma adesso però ricordava.

E ricordava alla perfezione quella sensazione di vuoto che Eddie, con la sua partenza da Derry, gli aveva lasciato dentro.

Con quella frase, lanciata con noncuranza, aveva riaperto una ferita che credeva di aver saldato con il fuoco.

«Rich... ?»

Eddie aveva abbandonato la sua postazione per raggiungerlo al bancone della cucina.

«Cosa? Che c'è?» sbottò questi, voltandosi a guardarlo.

«Woah, ti calmi, che cavolo ti è preso?»

«Niente che ti riguardi, visto che: hai prenotato un volo per tornare a New York.»

Eddie gli lanciò uno sguardo perplesso.

«Sì... e sei arrabbiato esattamente, perché?»

Richie sgranò gli occhi, guardandolo come fosse pazzo.

«Ma sei scemo o mangi i sassi? Hai deciso di tornare a New York senza dirmi niente!»

«Veramente te l'ho appena detto...»

«Wow. WOW! Sapevo che eri una sottospecie di demonio formato famiglia ma non che avessi anche la sensibilità emotiva di un puntaspilli!»

Eddie allargò le braccia, incredulo e, invece di sciogliersi in sincero rammarico, deflagrò in una sonora risata.

Richie non fu certo di poterci credere. Come poteva essere tanto insensibile? O ottuso, perché ora era indeciso fra le due opzioni.

«Perché ridi? Che hai da ridere?»

«Perché sei un deficiente.»

«Io?»

«Sì, tu...»

«Non sono io quello che ha deciso di andarsene su due piedi, senza dirmi niente! Senza preavviso!»

«Non credevo fosse necessario un preavviso per tornare a New York, sapevi che prima o poi sarebbe successo.»

«Sì, ma non senza nemmeno uno straccio di spiegazione!»

Eddie sembrò comprendere lentamente quello che stava girando in testa a Richie e gli passò la voglia di ridere.

«Rich...» lo richiamò in tutt'altro tono, «devo tornare a New York per sistemare le cose con il mio lavoro. E definire il divorzio con Myra. Non avevo intenzione di restare per sempre a New York...»

Richie ridimensionò rapidamente tutto. Accolse quelle parole come una boccata d'ossigeno inaspettato e si sentì improvvisamente, inesorabilmente, stupido. Anche se affatto tranquillo, in ogni caso.

«Ho approfittato della tua ospitalità fin troppo a lungo, ma credo sia arrivato il momento di affrontare quello che mi aspetta dall'altra parte, non credi?»

Richie si trovò ad annuire appena, arreso. Certo che lo capiva, solo non si aspettava succedesse così all'improvviso.

«Tornerò in California appena avrò sistemato tutto, se ancora vorrai in casa un demone formato... famiglia con la sensibilità emotiva di un... puntaspilli? Sul serio Rich, un puntaspilli?» lo sentì ridere di nuovo e tutte le sinapsi tornarono a connettersi una con l'altra, creando di nuovo una parvenza di lucidità in quella sua testa bacata.

«È che non me lo aspettavo», si giustificò, sentendosi ancora in imbarazzo per la reazione di poco prima, fragilità emotiva di carta velina «potevi dirmelo che avevi intenzione di tornare a New York. Non avrei reagito come una checca isterica se mi avessi oliato la supposta con un po' di vasellina», tirò su con il naso, nonostante la battuta che voleva essere divertente, perché improvvisamente qualcosa di ancora più imbarazzante di una gaffe gli si stava sciogliendo negli occhi.

Stava davvero invecchiando. Ogni cazzo di motivo era buono per frignare come un moccioso.

«Hai ragione. Dovevo dirtelo», Eddie gli si era avvicinato senza esitazione e lo aveva avvolto in un abbraccio che Richie non rifiutò affatto. Patetico, doveva sembrargli davvero patetico. «Però ci hai messo davvero un sacco a uscire dalla doccia e dovevo fare qualcosa di produttivo per non pensare di tornare indietro da te e ricominciare tutto da capo.»

Richie si lasciò andare a un verso in bilico fra frustrazione e lusinga, prima di stringerlo un po' di più.

«Cerca di non metterci troppo in quella città di nevrastenici», disse solo, lasciandosi andare alla sensazione di aver superato un pessimo momento.

«Puoi scommetterci», lo sentì confermare e finalmente si sentì un po' meno avvilito.

 

Meno di una settimana dopo, Richie stava scaricando la valigia di Eddie dalla macchina con cui lo aveva accompagnato all'aeroporto.

Una valigia piccola, con dentro l'essenziale, per una volta tanto. A dimostrazione del fatto che sarebbe tornato, senza ombra di ragionevole dubbio. Eddie lo aveva fatto solo per rassicurarlo, senza poter fare a meno di lamentarsi, più volte, dello scarso spazio a disposizione. Richie gli fu silenziosamente grato per questo.

Lo spazzolino, alcune pillole e parte dei suoi vestiti sarebbero rimasti nel suo appartamento a ricordargli ogni giorno di non essersi immaginato tutto.

«Sei sicuro che non vuoi che ti accompagni dentro?» gli domandò Richie, indicando con il capo i cancelli delle partenze, guardandolo mentre avvicinava a sé il piccolo trolley.

«E rischiare di venir tampinato dai tuoi ammiratori? Non ci penso nemmeno, ho bisogno di calma e tranquillità, prima di prendere un aereo.»

«Potevi tornare a New York in autobus: un road trip per giovani yuppies in carriera, è questo ciò che stai cercando? Il road trip della tua vita!» impostò la voce come un annuncio pubblicitario, trovandosi più a suo agio a fare lo scemo, piuttosto che affrontare quello che gli stava gironzolando in testa da troppe ore ormai.

«E metterci quattro settimane, anziché due ore.»

Quattro settimane senza Eddie? Certo che lo stronzo sapeva quali tasti premere per fare davvero, davvero male.

«Mi tocca ritrattare: un puntaspilli è molto più sensibile di te. Se non altro sente qualcosa quando viene impalato.»

«Beep-beep Richie. Fa' attenzione a come usi la parola impalare con me. Una delle due opzioni dell'ultimo anno non è stata affatto piacevole», gli rispose con aria di rimprovero, prima di sbuffare una risata alla sua espressione attonita. Se per il terribile ricordo dell'artiglio di IT o l'audacia della battuta sessuale.

Dio, quanto amava quell'uomo.

«Vieni qui, per favore, vieni qui, Eduardo, mi amor...» gli disse, attirandolo a sé. Le mani a raccogliere il suo viso e le labbra sulle sue, a coinvolgerlo in un ultimo, lunghissimo bacio.

Un bacio, nascosti in uno squallido parcheggio d'aeroporto, fra le macchine di sconosciuti che non avrebbero incrociato mai più di una volta nella loro vita. Il brivido valeva il rischio.

Avrebbe voluto tenerlo così per sempre o almeno il più a lungo possibile. Più a lungo di quel bacio rubato, quasi trent'anni prima.

«Chiamami appena arrivi», gli sussurrò sulle labbra, accarezzandogli le guance, sentendo appena, sotto le dita, la sua piccola bianca cicatrice in rilievo che ormai aveva imparato ad amare, tanto quella che aveva sul petto e di cui Eddie si vergognava ancora.

«Certo che ti chiamo», gli rispose, «non sono stato figlio di Sonia Kaspbrak per niente.»

Richie rise sommessamente e lo baciò ancora una volta. E poi un'altra ancora, prima di decidersi a lasciarlo andare.

«Fai buon viaggio, Spaghetti.»

«Una volta che avrò preso il mio Diazepan lo sarà di certo, boccaccia.»

Gli lanciò un bacio con la mano, guardandolo allontanarsi. La camminata veloce e il rumore del trolley che si perdeva sotto quello del motore di un aereo in decollo.

Richie sentì stringersi il cuore in modo del tutto irrazionale.

Da quando si era trasformato dal comico più sboccato e irriverente della west coast a un malinconico, tragico, smidollato romantico?

Inspirò a fondo e montò in macchina, decidendo di darsi una mossa. Aveva un sacco di lavoro da fare. Quelle due lunghe, solitarie settimane, le avrebbe fatte fruttare. Si chiese se fosse il caso di accendersi una sigaretta prima. Ma poi prese il pacchetto e lo gettò sul sedile posteriore. Forse ci avrebbe davvero provato a smettere. Razza di demonio ipocondriaco.

 

Aveva appena parcheggiato sotto casa che sentì arrivare due messaggi.

Il primo, che accese sul suo volto un sorriso ridicolo, era di Eddie.

Sto partendo, ci sentiamo dall'altra parte.

Il secondo, dal suo manager, Neil.

Apri questo link. Più un emoticon che poteva essere una zucca o un pene a seconda delle interpretazioni.

«Sibillino», commentò pigramente, mentre la pagina caricava lentamente sullo schermo del suo smartphone.

Richie spense il motore della macchina e per poco non gli venne un infarto.

Avevano appena sbattuto in rete, a tutta pagina, la sua relazione con Eddie Kaspbrak.

 

Continua...

  
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