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Autore: K ANTHOS    28/02/2020    0 recensioni
Come poteva Sara essere a conoscenza addirittura di due omicidi?
Un fremito di terrore lo colse: ora sarebbe toccato a lui?
Rimase esangue al solo pensiero, era quasi in stato di choc, i suoni della campagna gli giungevano ora ovattati e lontani.
Perché non lo aveva ancora denunciato? Cosa la tratteneva?
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

A fine messa si sedette al posto stabilito mentre la confusione che si creava per l’uscita imperava tra le file di panche.

Si infilò i guanti di cotone felpato con apparente calma e senza farsi vedere pose con mano tremante la busta nel libro delle preghiere lì accanto.

Per tutte quelle precauzioni adottate Sara si sentì quasi una criminale ed emise infine un profondo sospiro di sconforto.

 

Poco dopo Don Alberto trovò la busta e la infilò in tasca senza aprirla, voleva aspettare che la chiesa fosse vuota.  

Si sedette quindi in sagrestia e la estrasse dalla tasca: la aprì e rivide il ritratto di quell’uomo arrabbiato completo questa volta delle indicazioni chiare di chi fosse. Toccò accuratamente sia il foglio che la busta in modo da lasciarvi sopra in modo inequivocabile le proprie impronte e rimise il foglio dentro.

Decise che avrebbe chiamato la polizia subito dopo pranzo, senza fretta.

 

-Commissario… abbiamo ricevuto una strana telefonata dal sacerdote della chiesa di Santa Maria della Verità…- l’agente di turno chiamò al telefono Riccardo.

-Don Alberto vuoi dire…-

-Sì, proprio lui…-

-E cosa voleva?-

-Ha trovato una busta in chiesa questa mattina dopo la messa… sembra contenga il ritratto dell’assassino della Rocci…-

-Vado immediatamente da lui, avverti Ivan di raggiungermi lì-

-Subito commissario-

La speranza illuminò gli occhi di Riccardo, forse gli appelli fatti per esortare alla collaborazione la popolazione locale cominciavano a dare i loro frutti.

 

-Buongiorno Don Alberto, sono il commissario Valenti della Mobile di Viterbo e questo è l’ispettore Salieri- si strinsero la mano.

-Buongiorno a voi… ma noi ci conosciamo già, vero?-

-Certamente, accompagno ogni tanto mio nipote Giorgio a catechismo la domenica…-

-Ecco… sì, ora ricordo… non sapevo lavorasse in polizia però- fece lui sorridente.

-E’ così. Quindi… ci ha chiamato riguardo un disegno-

-Sì, questo…- estrasse la busta dalla tasca.

-Lo ha toccato solo lei?- fece Riccardo.

-Certamente, solo io-

-Un secondo che metto dei guanti…-

La aprì e sotto i loro occhi apparve l’immagine con la scritta: Riccardo ne rimase ipnotizzato.

-Lei riconosce l’uomo ritratto qui don Alberto?-

-Io non ho mai visto quest’uomo…-

-Ha idea di chi possa essere la persona che ha lasciato la busta in chiesa stamane?-

-C’è così tanta gente durante e dopo la messa… l’ho trovata in mezzo ad un libro delle preghiere su quella panca, li stavo raccogliendo per metterli via- il sacerdote cercava, rispettando il segreto del confessionale, di evitare di dire comunque delle menzogne.

-Quindi non ci può dare alcuna altra indicazione oltre al luogo del ritrovamento…- fece Salieri.

-Purtroppo no-

-Avete delle telecamere dentro o fuori la chiesa?-

-No, nulla. Qualcuno ve la voleva far avere, è evidente… Pensate che possa essere una cosa importante per le indagini su quella donna?-

-Lo speriamo sinceramente, abbiamo più volte fatto appello alla popolazione… cominceremo ad indagare e si vedrà se è uno scherzo oppure no- gli disse Riccardo mentre valutava l’immagine.

-Allora… buon lavoro-

-Grazie per il suo aiuto don Alberto, arrivederci-

 

Convocarono quello stesso pomeriggio il marito della Rocci che però non riconobbe l’uomo del ritratto, decisero quindi di raggiungere l’indomani mattina il reparto dove la donna lavorava e di far vedere il disegno alle sue colleghe.

Per non creare allarmismi la fotocopia che portarono venne censurata della scritta sottostante.

Trovarono di turno proprio la Valli, l’amica di Carola:

-Mi ricorda qualcuno… ma non saprei dire chi…-

-Sì, anche a me… potrebbe essere comunque qualcuno che lavora qui in ospedale…- commentò una collega.

-Ma perché ce lo chiedete?- fece la Valli.

-Lo stiamo cercando per interrogarlo…-

In quell’istante uscì dall’ascensore di servizio una donna con un alto carrello di metallo contenente le lenzuola pulite per il reparto.

Riccardo volle mostrare anche a lei il foglio con l’identikit.

-Ma sì… questo è Maurizio Franchi, lavora al piano terra, è collega di mio marito, fa il magazziniere… ma chi ha fatto questo disegno? E’ così arrabbiato che fa impressione…-

-E’ lì in questo momento?-

-Non lo so, sono alcuni giorni che non lo incrocio…-

-Grazie infinite…-

Si recarono al piano indicato e cominciarono ad interrogare i presenti e tutti quelli che avevano già iniziato il turno andando e venendo dai reparti: tutti confermarono l’identificazione ed il fatto che fosse in malattia da alcuni giorni a causa di una distorsione alla mano.

-Ma perché cercate Maurizio? Cosa ha fatto?- era la domanda che tutti si ponevano.

-Lo stiamo cercando per interrogarlo, non possiamo dirvi di più. Avete notato nulla di strano in lui, nel suo comportamento o in quello che diceva?-

Uno dei presenti si fece avanti.

-Io ho notato qualcosa di strano… un giorno di dicembre si è presentato con le mani piene di vesciche, ed una era vistosamente graffiata sulle nocche…-

-Grazie… signor?-

-Pasini, Marco Pasini…-

-Grazie signor Pasini, tutto può esserci utile nelle indagini-

Uscirono e raggiunsero la casa di Franchi, abitava in un vicolo del centro storico subito dietro Piazza del Gesù.

Riccardo suonò il citofono.

-Chi è?- chiese una voce maschile.

-Il signor Franchi?- fece di rimando Riccardo.

-Sì, chi siete?-

-Polizia, vorremmo farle qualche domanda-

Dopo qualche secondo di silenzio il portone scattò con un rumore metallico.

-Buongiorno… Il signor Maurizio Franchi?-

-Sì… sono io…-

Riccardo rimase per un attimo spiazzato dalla somiglianza con il ritratto.

-Sono il commissario Riccardo Valenti, possiamo parlarle un attimo? - Riccardo gli mostrò il suo distintivo.

-Certo… prego…-

Constatò che stranamente quell’uomo era calmo e del tutto sereno nel vederseli al portone di casa: entrarono, salirono una breve e ripida scalinata e si accomodarono in cucina.

Riccardo rimase nuovamente sorpreso nell’osservare l’ambiente che li circondava: parte di quell’arredo era presente come sfondo nel disegno.

-Le dovremmo fare qualche domanda su Carola Rocci, la donna scomparsa a inizio dicembre…-

-Carola Rocci? Mi dica…- l’uomo sembrò diventare di colpo teso.

-Lei conosceva Carola Rocci? -

-Sì, ma solo di vista-

-Dov’era la sera in cui è sparita?-

-Perché mi fate questa domanda? Pensate che io c’entri qualcosa con questa storia?- il suo sguardo divenne preoccupato.

-No, non si preoccupi signor Franchi, stiamo facendo le stesse domande a tutte le persone che in qualche modo potevano essere venute in contatto con lei…- lo tranquillizzò Riccardo.

-Allora? Dov’era?- lo incalzò Salieri.

-Io… credo a casa, non mi ricordo precisamente cosa facessi, ma quella sera ero in casa, ne sono sicuro-

-Ha notato nulla di strano nella sua collega nei giorni precedenti la scomparsa? Qualsiasi cosa ci potrebbe essere di aiuto…-

-No, mi dispiace, io sono magazziniere, non c’entro nulla con il reparto dove lavorava quella donna…-

-Non le dispiace se guardiamo un po’ in giro…-

-No… assolutamente no, fate pure-

Fecero un accurato giro della casa, ispezionarono il basso sottotetto ed anche la cantina nel seminterrato: era un ambiente umido senza pavimentazione, diverse botti in vetroresina erano addossate ai muri sulla terra battuta. C’era la solita confusione che impera in tutte le cantine e solo una piccola parte era in ordine e curata, un vaso di fiori freschi era collocato sopra un grande tavolo in legno.

-Lei vive solo in questa casa?-

-Certamente, non sono sposato…- 

Finirono di osservare la moltitudine di oggetti accatastati e fecero per andarsene.

-Scusi il disturbo signor Franchi, grazie per la sua collaborazione e se le verrà in mente qualcosa, qualsiasi cosa, non abbia timore a contattarci- fece Riccardo.

-Prego… certamente…-

Uscirono sulla strada e si avviarono alla macchina poco lontano.

-Come facciamo ad accusarlo di omicidio solo con un disegno e senza un testimone… potrebbero avercelo fatto avere per depistarci o per dare un colpevole a caso- fece Salieri.

-Certamente, abbiamo bisogno di trovare delle prove circostanziate…- fece Riccardo.

I loro ragionamenti proseguirono in ufficio.

Mentre l’agente Vitali si occupava della stesura del verbale di perquisizione che Riccardo aveva valutato di fare in urgenza, si scambiarono i loro reciproci dubbi e considerazioni.

-Per quanto riguarda la busta con l’identikit? Ci sono novità?-

Riccardo aveva subito ordinato di controllare la presenza di impronte sulla carta pervenuta in chiesa.

-Abbiamo rinvenuto solo le impronte di una persona e sappiamo che sono del sacerdote. Don Alberto è stato così gentile da mettersi a nostra completa disposizione per le impronte digitali… Ammetto che mi sono sentito veramente a disagio a prendergli le impronte come un comune delinquente…- rise Lotti.

-E i tabulati telefonici di Franchi?-

-Abbiamo controllato, non risultano contatti con la vittima, nulla di anomalo…- fece Manuzzi porgendogli i fogli.

-Se analizziamo la zona in cui scompare la Rocci… è del tutto compatibile con la viuzza dietro Piazza del Gesù in cui abita quell’uomo… forse stava andando proprio da lui e Dio solo sa per quale motivo…- ragionava Riccardo.

Ripensò alle affermazioni del collega di Franchi, alla perquisizione, alla casa e soprattutto agli elementi della cucina ripresi in modo meticoloso nel disegno: erano diventati un chiodo fisso, cercava senza sosta il nesso tra tutti quegli elementi.

-La cucina era proprio la stanza rappresentata nel disegno…- osservò l’agente Nucci.

-Sì, è spiazzante… è lui in quella stanza ma questo non ci può bastare…- disse Salieri.

-L’autore del disegno potrebbe essere stato testimone di quanto accaduto… o potrebbe essere solo uno scherzo di cattivo gusto…- valutò Riccardo.

-Sì, è vero… del resto non abbiamo trovato nulla di incriminante, nulla… ma poi, avete notato? Franchi non sembrava minimamente sorpreso del nostro arrivo- considerò Salieri.

-Questo potrebbe giocare a suo sfavore… chiunque sarebbe oltremodo spiazzato nel vedersi dei poliziotti bussare alla porta di casa per fare una perquisizione…- gli fece di rimando Riccardo.

-Già… sembrava sapere che prima o poi saremmo arrivati… come se si fosse preparato mentalmente per quel momento…- disse Manuzzi.

-Beh… una cosa l’abbiamo trovata… un bel mazzo di fiori! Avete visto che bella composizione aveva su quel tavolo in cantina in mezzo a tutta quella roba accatastata?- osservò Lotti sorridendo.

-Sì, effettivamente...- fece Salieri inarcando le sopracciglia.

-Forse è un amante delle composizioni floreali o forse…- un tale fremito colse Riccardo che non riuscì a finire la frase.

-Dobbiamo ritornare in quella maledetta cantina… Chiedete immediatamente l’autorizzazione per un nuovo sopralluogo, subito!- fece Riccardo perentorio colpendo con un pugno il piano della scrivania.

 

Il giorno successivo si ripresentarono alla porta del magazziniere.

-Buongiorno signor Franchi, siamo qui per un altro sopralluogo, ecco il decreto di perquisizione…- Riccardo glielo mostrò.

-Avete già guardato ovunque ieri…- fece lui con disappunto.

-Vorremmo controllare meglio se non le spiace…-

Questa volta, su indicazione di Riccardo, si diressero subito in cantina: una volta attraversato il portone girarono a sinistra e scesero i pochi gradini che li separavano dallo stanzone seminterrato.

Riccardo osservò accuratamente il terreno battuto del pavimento e notò delle disomogeneità sotto il tavolo addossato alla parete: in quel punto era leggermente diverso, meno compatto.

Anche quella mattina dei fiori freschi erano stati posizionati con grande cura.

-No… lì no…- gli sfuggì dalla bocca in un ansimo.

-Cosa vuole dire con “lì no”?- fece Riccardo.

-Non toccate nulla, lasciate stare…- l’uomo si era di colpo innervosito.

Riccardo guardò i suoi uomini e fece cenno di procedere.

Tolsero gli oggetti e posarono il vaso di fiori a terra, quindi sollevarono di peso il tavolo spostandolo al centro della cantina.

Franchi cominciò ad essere visibilmente irrequieto e agitato:

-No… state fermi…- disse cercando di opporsi all’ispezione.

-Stia calmo, si allontani…- fece l’agente Nucci.

Riccardo si avvicinò al pavimento e verificò la compattezza del fondo con un agente: la terra sembrava scavata di recente, lasciando un piccolo e quasi invisibile dislivello.

Riccardo aveva trovato la conferma alla sua intuizione e l’agitazione di Franchi sembrava corroborarla.

-Prendete quel piccone e la pala… scaviamo…- ordinò.

-No! Non potete…- Franchi guardava Riccardo con una espressione smarrita, sembrava ora implorare aiuto.

-Perché non possiamo signor Franchi?- chiese Riccardo in modo fermo ma allo stesso tempo disponibile all’ascolto: aveva visto lo sgomento prendere posto sul suo viso, era diventato quasi supplichevole.

-Non potete perché… perché lì c’è sepolta la mia Carola…- ammise a testa china, poi esplose in un pianto disperato.

L’uomo era stremato, sfinito da un gesto più grande di lui: non c’era odio nei suoi occhi, solo una tristezza infinita.

Riccardo lo fece sedere sulla sedia vicino l’ingresso.

-Signor Franchi, lei ha ucciso Carola Rocci?-

-Sì, sono stato io…-

-Ci deve seguire in commissariato… Nucci…Vitali…-

-Subito commissario…-

Riccardo fece chiamare la Scientifica, non rimaneva che riesumare il corpo e sottoporlo ad autopsia.

 

-Signor Franchi, lei aveva una relazione con la signora Rocci?-

-Sì… ci siamo conosciuti in ospedale-

-Da quando vi frequentavate?-

-Da giugno-

-Come avvenivano i vostri incontri? Come vi mettevate in contatto? Nei tabulati telefonici non abbiamo mai trovato il suo numero- osservò Riccardo.

-Non si fidava del marito e dei suoi controlli sul cellulare… anche se la tradiva era un uomo possessivo ed egoista…Ci incontravamo nei locali dell’ospedale durante le pause pranzo, è stata una relazione passionale, avvolgente… trovavamo sempre un momento per noi… Raramente, turni permettendo, mi raggiungeva a casa mia- raccontò lui.

-Ma come avete fatto a trovarmi?- domandò poi.

-Ci arriveremo dopo… Allora signor Franchi, cosa è successo quella notte?-

-Io… io avevo incontrato Carola nel pomeriggio… le avevo chiesto di vederci a casa mia, volevo parlarle… ho talmente insistito che lei infine ha accettato-

-Perché? Perché voleva parlarle?- lo incalzò Riccardo.

-Per cercare di convincerla a tornare con me…-

-Vuol dire che vi eravate lasciati?-

-Veramente è lei che mi ha lasciato…- ammise amareggiato.

-Quando è successo?-

-Intorno ai primi di novembre si era riavvicinata al marito, non voleva separarsi per non far soffrire i figli… e io non mi davo pace…-

-Cosa le ha detto?-

-Le ho detto che l’amavo, che non poteva buttarmi via come e quando faceva più comodo a lei… Io l’amavo profondamente, mentre lei invece…- fece afflitto.

-Cosa le disse Carola precisamente?-

-Mi chiese scusa… si era accorta che per me era stata una relazione seria e che mi aveva ferito terribilmente rifiutandomi. Io ero totalmente coinvolto, mentre lei vedeva la nostra relazione solo come una rivalsa nei confronti del marito che l’aveva spesso tradita… Si era pentita… mi disse che stava mettendo a repentaglio la serenità dei suoi figli e che non voleva assolutamente. Si era rimessa con il marito proprio per loro… solo per loro… me lo ha confessato lei quella sera…-

-Poi cosa è successo?-

-Abbiamo parlato a lungo, ma lei è rimasta ferma nella sua decisione. La discussione poi è degenerata per le mie insistenze, ho cercato di abbracciarla, di baciarla e lei mi ha nuovamente respinto. Mi sono sentito preso in giro… usato… ha cominciato a ridere di me e delle mie suppliche… e lì non ci ho visto più…- Franchi parlava con i pugni stretti.

-Cosa ha fatto signor Franchi?-

-Ho avuto uno scatto d’ira, l’ho presa per il collo e ho stretto forte… avevo in corpo una rabbia tale che non sono riuscito a fermarmi… solo quando è scivolata a terra ho realizzato quello che avevo fatto…- con le mani Franchi mimava il suo folle gesto. Aveva le lacrime agli occhi: confessare ed ammettere quello che aveva fatto liberò la sua coscienza di un peso enorme.

-Che ore erano?-

-Circa l’una di notte…-

-Perché l’ha seppellita in cantina?-

-Volevo che stesse con me per sempre… è stata il mio grande amore… era bellissima Carola, la donna più affascinante che abbia mai conosciuto…- il suo sguardo triste era ora perso nei ricordi.

La descrizione della dinamica dell’uccisione fatta da Franchi coincise con il referto dall’autopsia eseguita nei giorni successivi.

-Signor Franchi, eravate soli quella notte o c’era qualcun altro insieme a voi due?- chiese Riccardo.

-No… eravamo soli… ma perché me lo chiede?- fece lui smarrito.

-Ora le faccio vedere una cosa…- Riccardo tirò fuori dal cassetto della scrivania il disegno di Sara protetto da una custodia in plastica e lo mise sul tavolo davanti a Franchi.

-Cos’è questo? Cosa vuol dire?- Franchi lo fissava attonito con la fronte aggrottata, era evidentemente spiazzato.

-Ha qualcosa da dire riguardo a questo foglio?-

-Ma questo sono io… chi lo ha fatto?-

-Qui le domande le faccio io signor Franchi…-

-Vi state prendendo gioco di me…-

-No signor Franchi, è tutto vero. Qualcuno l’ha indicata chiaramente come l’assassino di Carola Rocci, come vede…-

Franchi era ammutolito, fissava il suo ritratto e la rappresentazione puntuale e precisa degli oggetti della sua cucina e non sapeva cosa dire. Si chiedeva in cuor suo se veramente qualcuno poteva essere stato testimone dell’omicidio.

Riccardo considerò che stesse mentendo e lo richiamò dai suoi pensieri.

-Signor Franchi, se non ci dice la verità non farà che aggravare la sua posizione… Qui può esserci un concorso in omicidio, sta proteggendo qualcuno? E’ sicuro di non sapere chi abbia fatto questo disegno?-

-Non l’ho mai visto in vita mia, non so chi possa averlo fatto… dovete credermi…- sembrava essere sincero nel dirlo, il suo sguardo sorpreso lo confermava.  

-Volete dire che mi avete trovato grazie a questo disegno?- l’uomo non riusciva a capacitarsi.

-E’ proprio così, l’autore ci ha condotti da lei- confermò Riccardo.

-Ma non è possibile… eravamo solo noi due in quella stanza… io e Carola… nessun altro…- Franchi continuava a manifestare il suo sconcerto fissando il disegno.

-Per oggi abbiamo finito, portatelo via…- fece Riccardo ai suoi uomini.

Franchi sembrava dire la verità e questo non faceva che complicare le cose poiché Riccardo non riusciva a dare una spiegazione logica alla realizzazione di quel disegno, in nessun modo.

-Cosa dobbiamo pensare allora? Franchi mente e c’era un complice quella notte o qualcuno lo ha visto commettere l’omicidio? Forse un vicino di casa?- ipotizzò Salieri.

-Non lo so… per come sono raffigurati gli oggetti quella persona doveva essere lì con loro, in quella stessa stanza, non fuori a guardare da una finestra… è tutto così strano… L’unica cosa sicura è che senza questo identikit staremmo ancora brancolando nel buio…- ammise Riccardo guardando il disegno.

-Tutto infine coincide: la Rocci ha mentito al marito e con la scusa di una cena con le amiche del liceo si è allontanata. Per essere sicura di non essere disturbata ha lasciato direttamente il cellulare a casa, era riuscita così a ritagliare qualche ora per sé per chiarirsi con l’ex amante, voleva scusarsi e concludere definitivamente con lui… ma è andata diversamente purtroppo- riassunse Salieri.

-Aveva deciso di rompere quella relazione per il bene dei due figli, nonostante il marito si comportasse con lei a quel modo… che tristezza- ammise Manuzzi.

-Già… ma la storia purtroppo ci insegna a diffidare di questi appuntamenti per chiarirsi e salutarsi un’ultima volta…- fece Riccardo assorto nei suoi pensieri.

-E con il disegno come la mettiamo?- chiese Salieri.

Anche se il caso Rocci era finalmente risolto mancavano ancora dei tasselli fondamentali per ricomporre la dinamica dei fatti in modo chiaro ed esaustivo.

-Non so come ma dobbiamo a questo punto valutare il disegno separatamente da quanto è accaduto in quella stanza… Dobbiamo continuare ad indagare, non possiamo escludere nulla-

-Partendo dallo stile possiamo risalire al disegnatore… forse dovremmo renderlo noto in conferenza stampa, darlo in pasto ai giornalisti e aspettare che qualcuno lo riconosca…- propose Manuzzi.

-Sì, è una via percorribile…- confermò Riccardo.

-Del resto si vede che è stato eseguito da una persona che abitualmente disegna… non è opera di un inesperto…- continuò l’ispettore.

-Devo andare dal questore per metterlo al corrente di quanto è successo stamattina, con lui deciderò come muovermi- concluse Riccardo.

-Benissimo Riccardo…- fece Salieri.

-Ho proprio bisogno di un’oretta di nuoto… è stata una giornata produttiva ma anche molto pesante... certo che l’amore è un sentimento veramente strano… può farti letteralmente impazzire costringendoti a fare cose orribili, è una forza indomabile e accecante…- osservò Riccardo strofinandosi gli occhi per la stanchezza.

-Beh… io stesso sono testimone di come l’amore mi abbia accecato e buttato nelle braccia di una megera… la mia ex moglie…- fece Lotti con malcelato sarcasmo.

-Tu sei fortunato… io ancora ci sto lottando contro…- fece divertito Salieri.

-Ma taci… non so come tua moglie ti sopporti ancora con le battutacce che le fai…- gli disse Manuzzi.

-Ma io scherzavo…- fece Salieri ridendo.

-Dovresti baciare la terra dove cammina… altro che megera…- osservò Lotti.

-Riccardo? Tu non ti sei mai innamorato?- continuò Lotti.

-Per fortuna no Mauro… Se devo essere sincero, mi sembrano tutte energie sprecate…- fece lui lapidario.

-Eppure un giorno ti innamorerai, con tutte quelle belle donne che ti girano attorno… e ne sapremo riparlare- sorrise Salieri.

-Se la pensi così vuol dire che ancora non mi conosci…- gli disse accennando ad un sorriso.

 

Il giorno successivo ebbe luogo la conferenza stampa alla presenza del Vice Questore Aggiunto Furla e del Commissario Valenti. I giornalisti presenti vennero messi al corrente degli avvenimenti del giorno precedente: il ritrovamento del cadavere di Carola Rocci nell’abitazione di Franchi e l’arresto di quest’ultimo. Il caso veniva però considerato dalla polizia parzialmente concluso per la mancanza dell’identificazione dell’esecutore del disegno che aveva permesso di fatto l’arresto di Franchi.

-Dove avete trovato il foglio commissario?- fece uno dei giornalisti.  

-In realtà lo ha trovato in una delle panche della sua chiesa Don Alberto Santini. Stiamo proseguendo con le indagini per ritrovare l’esecutore del disegno, senza il quale peraltro non avremmo ancora rintracciato l’assassino. Dobbiamo valutare la sua posizione, se era presente durante l’assassinio della Rocci o se è venuto a conoscenza in qualche modo di quanto successo e ha sentito la necessità, seppur in modo anonimo, di denunciare quanto sapeva. Dobbiamo valutare un eventuale concorso in omicidio, le ipotesi sono diverse e c’è la necessità di fare chiarezza- fece Riccardo.

-Possiamo pubblicare l’immagine?-

-Sì, certamente. Per questo motivo, ed in accordo con il p.m. Giunti titolare dell’indagine, la polizia ha deciso di diffondere il disegno di questo ignoto esecutore, nella speranza che qualcuno possa riconoscerne lo stile e ci possa riportare indicazioni tali da poterlo rintracciare ed interrogare in merito- fece il Vice Questore Aggiunto Furla.

-Ci chiedete di lanciare un appello a mezzo stampa allora…-

-Sì, è nostra intenzione usare qualsiasi mezzo per riuscire ad arrivare a questa persona e chiudere in modo definitivo il caso- concluse Riccardo.

 

La notizia del ritrovamento del cadavere e dell’identificazione dell’assassino fece in un attimo il giro della città ed il clamore suscitato dal disegno spaventò Sara.

I giornali locali riportarono tutti i particolari dell’indagine compresa l’immagine dell’identikit e con molta trepidazione decise di acquistarne uno.

Aveva atteso di rientrare dal lavoro prima di leggere l’articolo e capacitarsi del fatto che stavano in quel momento cercando proprio lei in una sorta di caccia alle streghe.

Le sembrò in qualche modo di leggere la sua sentenza: concorso in omicidio.

Il sangue le si gelò nelle vene, si sentì mancare per un attimo il respiro e venne sopraffatta dalle lacrime: realizzò di aver messo a repentaglio non solo se stessa ma anche l’incolumità dei suoi familiari. Si sentì una completa stupida, aveva sottovalutato la reazione della polizia a quello che per lei era stato solo un atto di coscienza, non aveva seriamente messo in conto che gli inquirenti non si sarebbero accontentati del suo anonimato e avrebbero cercato e trovato la verità prima o poi.

Filippo sentendola piangere la raggiunse in camera.

-Sara… Sara non piangere…- la consolò il fratello anche lui molto preoccupato. 

-Sono spaventata Fili… anzi, terrorizzata. Pensano che io sia stata corresponsabile dell’omicidio… ti rendi conto? Chi mi crederebbe… mi prenderebbero per pazza se andassi alla polizia a parlare dei miei incubi… o peggio ancora diventerei un fenomeno da baraccone, tutto da studiare… In qualunque modo andrebbe sarebbe uno schifo… non ho dato il giusto peso a questo accanimento nei miei confronti… speravo che bastasse la soluzione del caso… invece…-

Sara si era distesa sul letto con gli occhi colmi di pianto: stringeva il giornale al petto pienamente cosciente della gravità della situazione nella quale era venuta a cacciarsi.

-Nessuno conosce i tuoi disegni, già in oratorio sei stata molto brava a nascondere il tuo stile… nessuno ti troverà… dovrai solo essere estremamente prudente d’ora in poi… me lo prometti Sara? Me lo prometti?- la incalzò lui.

Ora Sara vedeva quanto anche Filippo fosse spaventato, non riusciva più a dissimulare la sua paura, era terrorizzato quanto lei.

Lo attirò a sé, lo strinse forte e smise di piangere: il suo sguardo perso nel vuoto era ora completamente rassegnato.

 

Il padre rientrò a casa poco prima di cena.

-Sara… Sara…- Agostino chiamava la figlia con voce alterata.

-Papà sono in camera…-

-Hai mandato tu quel disegno alla polizia, vero?- il suo viso era sgomento.

-Sì… mi dispiace- ammise lei in imbarazzo.

-L’ho riconosciuto subito…- si sedette sul letto accanto alla figlia.

-Papà perdonami… ho sentito la necessità di far ritrovare la mamma dei gemelli… mi sentivo in colpa… coinvolta… non ho sopportato più di tenermi dentro quello che avevo visto…- confessò lei.

-Forse hai fatto bene… e comunque è oramai tardi struggersi per una cosa che ha preso una sua strada…-

-Lo sapevo che non avresti voluto ma… ho sentito di doverlo fare. Mi perdoni?- fece Sara tra le lacrime.

-Sono io che devo chiederti scusa… dovevamo molto tempo fa, io e tua madre, cercare qualcuno che ti aiutasse… in definitiva ti abbiamo chiesto in tutti questi anni un sacrificio più grande di te… avrei dovuto occuparmi io di tutto questo e non tu che subisci questa situazione assurda… hai fatto la cosa giusta, non ti preoccupare Sara, affronteremo quello che verrà insieme… perdonami per averti lasciata sola… sono stato un egoista…- e la strinse forte.

-Tu non hai nessuna colpa di quanto mi succede… e non credo che esista qualcuno che possa aiutarmi, nessuno lo può fare…- gli disse rassegnata ricambiando il suo abbraccio.

 

-Pronto Sara? Mi senti?- fece Nicola al cellulare.

Era rimasta in ascolto qualche secondo prima di rispondere.

Sara era in difficoltà, lui conosceva il suo stile, era l’unica persona in grado di farla scoprire: forse per la prima volta nella sua vita non era contenta di sentirlo.

-Ciao Nico, sì… ti sento… come stai?- fece incerta.

-Io bene…volevo parlarti della notizia bomba di oggi, del ritrovamento della Rocci…- fece lui.

-Sì, qui non si parla d’altro…- gli disse cercando di sembrare disinvolta.

-Ho visto il disegno su internet… hai notato anche tu quanto assomigli ai tuoi lavori?-

Il sangue di Sara smise di scorrere per un secondo.

-Sì… sono rimasta di sasso anch’io… Non penserai mica che c’entri qualcosa con quell’omicidio, vero?- azzardò lei.

-Ma stai scherzando Sara? Come potrei pensare una follia del genere… solo che… mi sono meravigliato per la somiglianza…-

-Anch’io, te l’ho detto… evidentemente il monocromo va di moda anche tra gli indagati per omicidio…- commentò ironicamente lei senza molto entusiasmo.

-Evidentemente sì…- rise lui.

-Cosa fai di bello oggi?-

-Sono in giro per Roma con Andrea… che ti saluta…-

-Salutalo da parte mia…-

-…e poi ritorniamo a casa. Questo fine settimana non sono tornato a Viterbo perché avevo da fare qui-

-Non ti preoccupare Nico… ci vediamo il prossimo fine settimana allora…-

-Sì… ti voglio bene Sara…-

-Idem…-

-Ciao…-

-Ciao…-

 

La domenica successiva Sara attese don Alberto fuori la sagrestia per parlargli. Il parroco la vide e comprese la sua necessità di confrontarsi con lui sull’accaduto.

Quando tutti furono andati via Sara gli si avvicinò.

-Vorrei parlare con lei Don Alberto…-

-Arrivo Sara, solo un attimo…-

Si sedette sulla stessa panca dove si era confidata con lui la prima volta e rimase in attesa.

Don Alberto la raggiunse.

-Eccomi… Come stai Sara?-

-Male… ha visto cosa è successo? Forse ho sbagliato tutto, pensano che sia coinvolta nel delitto…- disse preoccupata.

-Hai fatto la cosa giusta Sara, non ti devi accusare di nulla, le cose si sistemeranno… hai permesso a quella famiglia di ritrovare il corpo di Carola e hanno finalmente saputo cosa è successo, è questo quello che conta-

-Ma a che prezzo? Ho il rimorso di aver messo in pericolo la mia famiglia…-

-Cosa vuoi dire?-

-Se si venisse a sapere che posso essere a conoscenza di chi ha commesso un delitto sarei in pericolo e con me la mia famiglia che sarebbe esposta a qualsiasi persona senza scrupoli…- disse agitata.

-Abbi fiducia Sara, mettiamoci nelle mani Dio e affidiamoci alla sua protezione… dobbiamo pregare affinché le cose vadano per il meglio…-

-Lo spero, ma il disagio che sento dentro mi fa stare veramente male…- confessò lei.

-Pregherò per te Sara, per la tua serenità e affinché tutto si sistemi… se Nostro Signore ti ha dato questo dono forse è perché Lui sa che solo tu sei in grado di poterlo usare per il meglio… pensaci Sara- la confortò lui.

 

In un vecchio casolare di campagna nei dintorni di Piansano un pastore aveva ascoltato al telegiornale la notizia della soluzione del caso dell’infermiera di Viterbo.

Era rimasto attonito nel vedere il disegno anonimo finito nelle mani della polizia: riconobbe immediatamente lo stile dell’autore perché era identico a quello che aveva visto tempo prima attraverso il finestrino di un’auto.

Era un altro disegno di Sara.

Com’era possibile, si chiedeva, che quella ragazza avesse fatto l’identikit anche di quell’uomo come tempo prima aveva fatto con lui? Come c’era riuscita?

Gli sembrava di impazzire: si alzò dalla sedia e cominciò a girare per la casa senza meta preda di una esasperazione che non gli dava pace.

Come poteva Sara essere a conoscenza addirittura di due omicidi?

Un fremito di terrore lo colse: ora sarebbe toccato a lui?     

Rimase esangue al solo pensiero, era quasi in stato di choc, i suoni della campagna gli giungevano ora ovattati e lontani.

Perché non lo aveva ancora denunciato? Cosa la tratteneva?

Valutò in un attimo di lucidità che la stavano cercando: la polizia stessa chiedeva aiuto alla popolazione per ritrovare l’autore di quel disegno, Sara si stava nascondendo dalle autorità, per qualche oscuro motivo non voleva essere trovata e fu allora che comprese pienamente il suo vantaggio.

Considerò che doveva essere la prima volta che quella ragazza aiutava la polizia perché, per quanto si sforzasse di ricordare, non aveva mai sentito parlare di un caso di omicidio risolto per mezzo di un disegno anonimo.

Decise quindi affrontare il problema prima che la polizia fosse riuscita a mettersi sulle sue tracce o, peggio ancora, prima che Sara prendesse in considerazione di far pervenire anche il suo identikit agli investigatori.

Colto dal panico, valutò di disfarsi degli oggetti di Iryna che aveva ancora con sé e che potevano incriminarlo: cercò e ritrovò la borsetta della ragazza ucraina e ne frugò accuratamente il contenuto. Guardò un’ultima volta i suoi documenti, tolse i soldi dal portafogli e si diresse con l’accendino in un angolo del piazzale. Quando il fuoco divampò intenso e vorace, vi buttò dentro anche il cellulare e la sim.

Di fronte a quelle fiamme danzanti ed ipnotiche gli ritornarono alla mette i fatti di quella notte, non era nelle sue intenzioni uccidere ma qualcosa nella sua mente lo aveva costretto a farlo.

Aveva girovagato a lungo con la sua auto per la città di Viterbo, poi si era diretto verso la periferia nord in prossimità del deposito dei mezzi Acotral perché sapeva che lì avrebbe trovato delle prostitute.

Rimase per un po’ lontano ad osservare le ragazze ed una di loro in particolar modo attirò la sua attenzione.

Intorno all’una era rimasta sola nell’area del parcheggio e trovò il coraggio di avvicinarla.

-Sei libera?-

-Sì…-

-Sali?-

-Sei nuovo? Non ti ho mai visto…-

-Sì, è la prima volta che vengo da queste parti… allora sali?-

Un po’ timorosa si guardò intorno, aprì lo sportello e si sedette sul sedile passeggeri del pick-up.

-Sei bella… come ti chiami?-

-Iryna-

Mentre la osservava compiaciuto, nella sua testa si fece largo un diverso programma: voleva portarla nella sua proprietà a Piansano per poi ricondurla lì più tardi.

Non le disse nulla, fece manovra ed imboccò la strada che conduceva fuori città.

La ragazza, vedendo che aveva intenzione di allontanarsi di molto dal parcheggio, cominciò a mostrargli il suo disappunto.

-Non posso andare lontano… c’è un posto qui vicino…-

-No. Voglio portarti a casa mia, lì staremo comodi…-

-Fermati… non è possibile, non posso allontanarmi…- la ragazza prese il cellulare dalla borsa.

-Finché stai con me non devi usare il cellulare- fece lui innervosito costringendola a metterlo via.

-Mi fai paura se fai così… riportami indietro… non voglio nulla…-

-Stai calma… rilassati- fece lui inespressivo.

La ragazza, sempre più impaurita, si fece coraggio e con mani tremanti riprese il cellulare dalla borsa.

Essere contrariato in quel momento lo irritò profondamente, un fremito d’ira improvviso gli risalì dalle viscere ed una rabbia sorda prese il sopravvento tanto da spingerlo a compiere azioni che neanche lui avrebbe mai immaginato.

Le strappò dalle mani il cellulare e tolse in un attimo la batteria, lei d’istinto provò a strattonarlo e a tirare il freno a mano per far rallentare il pick-up e scendere.        

Fu allora che la sua collera divenne incontenibile: le spinse violentemente la testa contro il montante della portiera ed il colpo fu talmente forte che la ragazza rimase semisvenuta fino a quando giunsero nei pressi di Piansano.

 

Sara, dopo tutto quello che era successo, aveva cercato faticosamente di ritornare ai ritmi di una vita normale ma in cuor suo non si aspettava nulla di buono.

Aveva deciso di concentrarsi alacremente sul lavoro però il timore che la riuscissero a trovare era sempre al primo posto nei suoi pensieri.

Ogni tanto immaginava la sua storia sbattuta in prima pagina, la vedeva rimbalzare sul web alla mercé del mondo, la sua vita sarebbe potuta cambiare in un attimo.

La cosa poi che più di tutto la tormentava erano le possibili ritorsioni sulla sua famiglia poiché era sicura che la polizia l’avrebbe convinta a collaborare anche riguardo ad altri casi irrisolti.

Se per causa sua fosse successo qualcosa a Filippo o al padre non se lo sarebbe di certo mai potuto perdonare, era terrorizzata e cercava in tutti i modi di non pensarci.

Si era convinta che dopotutto aveva fatto la cosa giusta, per i gemelli e per la loro mamma, se ne era resa chiaramente conto ai funerali della donna: la numerosa partecipazione era stata commovente, tutta la comunità si era stretta in silenzio attorno a quella giovane famiglia spezzata.

La sua collaborazione aveva dato un senso, seppur assurdo, a quella vicenda dolorosa: la verità aveva vinto, ma solo quella, perché tutti ne erano usciti sconfitti, Franchi, i gemelli ed il marito di Carola.

Per fortuna con il passare delle settimane quel triste avvenimento divenne sempre meno oggetto di discussione in città ed anche agli occhi di Sara sembrò pian piano diventare per tutti un remoto ed insensato ricordo: era stata direttamente testimone di come le persone si sconvolgessero e ritrovassero il loro stato di quiete in breve tempo.

Per Sara cominciò un primo e cauto periodo di ottimismo: in casa non se ne parlava più, il padre e Filippo erano certamente in angoscia per lei ma nessuno di loro aveva il coraggio di aprire l’argomento.

Più le settimane passavano più il sollievo pervadeva i loro animi permettendo loro di essere più sereni e fiduciosi riguardo a quello che Sara aveva deciso poco tempo prima di fare.

 

Dopo la soluzione del caso Rocci il lavoro di Riccardo era ripreso a ritmi sostenuti.

La quadra ora lavorava sul caso Iryna e purtroppo anche questa volta si trovarono di fronte ad una indagine tutt’altro che facile.

Le telecamere del parcheggio dell’Acotral non furono di grande aiuto poiché la ragazza si era posizionata quella notte in un punto del parcheggio male illuminato.

Nessuno a quanto pare era stato testimone del momento del rapimento o forse, più probabilmente, nessuno considerò intelligente presentarsi in questura per testimoniare.

Si ritrovarono per le mani come unici elementi di rilievo quelli provenienti dall’esame autoptico della vittima poiché i pochi elementi raccolti sul posto del rinvenimento del cadavere non si rivelarono in alcun modo utili.

-Il corpo è stato lasciato nel canale ma la ragazza deve essere stata uccisa da tutt’altra parte, alcuni filamenti di paglia ritrovati tra i capelli, del tutto incongrui con il luogo del ritrovamento, ce lo fanno ipotizzare- disse Salieri.

-Forse è stata portata in campagna o forse nell’auto stessa c’era della paglia- osservò Manuzzi.

-Già- Riccardo teneva in mano una mela, con un morso ne asportò quasi la metà poi, pensoso, cominciò a masticarla.

-Possibile che non abbia lasciato la benché minima traccia di sé? Sarà stata fortuna o siamo di fronte ad una persona molto scaltra?- si chiese Salieri.

-Spietato lo è stato sicuramente: la ragazza non meritava di fare quella fine. Il taglio della lama è netto, preciso… potrei pensare che sia stato un gesto piuttosto disinvolto…- valutò Riccardo asciugandosi la bocca con il dorso della mano.

-Cosa vuoi dire?- fece Manuzzi.

-A quanto pare ha inciso in modo delicato, la lama ha affondato quel tanto che bastava per reciderle la giugulare… come se sapesse come fare per ottenere un lavoro pulito… nel referto lo si specifica bene, non ha spinto con forza. Un taglio fermo e risoluto, da esperto potrei dire- fece notare Riccardo.

-Una persona disinvolta nel fare una cosa abominevole come questa dici?-

-Già… sembra una follia ma nella mia testa gira una ipotesi del genere- Riccardo lo vide come un suggerimento importante: il modus operandi era sempre stato per lui fonte di ispirazione per le sue intuizioni.

Quello che ad una prima osservazione poteva sembrare un semplice gesto casuale poteva invece tradire un particolare background in una persona: un approccio alle indagini che Riccardo non trascurava mai.

-Della paglia ed un taglio sicuro e fermo… un uomo che abitualmente uccide… si potrebbe pensare ad un pastore…- suggerì Salieri.

-Già, e del resto di pastori nel viterbese ce ne sono tanti… non possiamo escludere però alcuna pista: potrebbe averci fatto trovare di proposito della paglia per depistarci. Restiamo in carreggiata e procediamo per la nostra strada, abbiamo bisogno di altre informazioni, forse qualcuno che era lì quella notte troverà il coraggio di testimoniare- fece Riccardo.

-L’unica cosa certa è che deve essere un tipo pericoloso se gira di notte con una lama affilata come quella- osservò Salieri.

Riccardo emise un profondo sospiro e finì di mangiare la mela con un ultimo morso vorace.

-Vado a correre durante la pausa pranzo, ci vediamo dopo ragazzi- disse gettando il torsolo nel cestino.

-Ok, a dopo-

-A dopo Riccardo-

 

Riccardo si dedicò alla corsa costeggiando le mura cittadine.

La temperatura di quella mattina di maggio era particolarmente mite e le strade, dopo l’uscita degli alunni da scuola, erano praticamente deserte.

Ripensò e valutò a lungo gli indizi fino a quando la testa, seguendo tutt’altro percorso, lo condusse a Sara.

Era trascorso molto tempo dall’ultima volta che l’aveva vista, aveva accompagnato il nipote altre volte in oratorio la domenica mattina ma non gli era più capitato di incontrarla.

Percepì a livello dello stomaco una nota di crescente dispiacere, la tipica sensazione di disagio che nasce dai desideri irrisolti.

-Ma cosa mi ha fatto quella ragazzina?- pensò tra sé.

Gli sarebbe piaciuto conoscerla meglio, anche solo per sapere se le valutazioni che aveva fatto su di lei erano corrette.  

Dopo circa tre quarti d’ora di corsa raggiunse casa, fece una doccia veloce e tornò in ufficio a piedi.

 

L’assassino di Iryna continuò a pedinare Sara.

Nessun poliziotto si era presentato alla sua porta, la ragazza non aveva ancora fatto recapitare loro nulla ed un silenzio tombale incombeva sulle indagini riguardo al suo omicidio.  

Solo la stampa e la tv, in particolar modo, ritornavano di tanto in tanto sul luogo del ritrovamento in cerca di testimoni oculari: il gossip sulla cronaca nera tirava da sempre gli ascolti.

Era rimasto in trepidante attesa per settimane che lo venissero ad arrestare ma non accadde, il dubbio del perché Sara avesse evitato di far arrivare alla polizia anche il suo identikit lo consumava dentro, viveva in una situazione sospesa, in un limbo che faticava ogni giorno di più a sopportare.

Sara era diventata per lui un chiodo fisso, una incognita pericolosa ed oscura e quando poteva si appostava con il binocolo vicino all’azienda di Monterazzano per osservarla.

Per qualche motivo Sara aveva paura di essere trovata e premeva forte in lui il desiderio di chiederle come tutto quello fosse possibile.

Con il tempo si sentì più sicuro, protetto dal comportamento omertoso della ragazza che cominciò a vedere più come una complice che come un pericolo latente e non ci volle molto perché maturasse in lui l’idea di rapirla.

Nella sua testa il piano si fece strada e cominciò ad assumere delle forme ed una tempistica sempre più precise: l’avrebbe presa e costretta a farsi consegnare il disegno che aveva visto tempo prima in auto poi, lei ed il suo disegno, sarebbero semplicemente spariti per sempre.

Valutò persino di poterla rinchiudere da qualche parte per tutto il tempo che gli fosse piaciuto: aveva sentito raccontare di storie con donne schiavizzate da cui aveva tratto questa insana quanto folle idea.

Un sorriso sbieco si fece strada sul suo volto ed una sensazione di onnipotenza lo pervase, quella soluzione sollecitava piacevolmente i suoi sensi. Quando andava in cerca di donne la sua mente ragionava in modo più lucido e freddo, la sua blanda astuzia stranamente si acuiva.  

Cercava ora il modo di avvicinarla, di trovare un momento della sua giornata in cui potesse mettere in atto il suo piano ma si accorse che la cosa era tutt’altro che facile.

In città non era possibile, troppi testimoni e troppe telecamere, l’unico momento idoneo poteva essere a lavoro durante gli spostamenti con il furgoncino aziendale ma anche in quelle strade sterrate e fangose non sarebbe stato facile rapirla.

Erano zone frequentate da coltivatori e allevatori residenti e percorse abitualmente dai grossi mezzi agricoli degli addetti ai lavori nei campi.

Pensò con un ghigno di soddisfazione a quanto sarebbe stato facile farla arrivare direttamente al casale di Piansano con la scusa della consegna dei mangimi a domicilio: il solo pensiero lo fece eccitare ma dovette scartare subito quella soluzione allettante poiché per ottenere il servizio avrebbe dovuto recarsi in azienda e registrare i suoi dati.

Non gli rimaneva che trovare il momento adatto e con pazienza e discrezione si appostò spesso nei dintorni di Monterazzano valutando orari e zone di distribuzione: era oramai certo che prima o poi l’occasione giusta sarebbe arrivata.

 

Era in auto di ritorno dalla casa di un lontano parente di Tarquinia, aveva fatto tardi raccontando più che altro di come stesse ora dopo la morte dei genitori, la serata fu per lui noiosa ed opprimente.

Dopo tante insistenze si era visto costretto ad andarli a trovare e dovette recitare la parte dell’afflitto inconsolabile per l’intera serata assumendo una espressione rassegnata e mesta, quella che per lo meno loro si aspettavano di vedere.

Avrebbe voluto invece urlare sulle loro facce comprensive come finalmente si sentisse sciolto dal loro controllo e soprattutto libero da quel padre padrone insensibile e violento che per tutta la serata dovette incensare come esempio insostituibile di capacità e virtù.

La sua vita era stata un inferno, lo aveva capito pienamente solo dopo la loro morte e la felicità, abbinata nella sua testa ad un senso di onnipotenza, aveva per lui un sapore del tutto nuovo ed inesplorato.

Quella tarda sera di giugno, mentre percorreva la Statale Tuscanese, si sentiva stranamente svuotato di ogni emozione.

Nella monotonia della guida ripensò a Sara e a tutte le difficoltà che incontrava per mettere in atto il suo piano, gli sarebbe piaciuto averla vicina e la immaginò sorridente proprio lì accanto a lui.

Improvvisamente i fari abbaglianti fecero emergere dall’oscurità una figura di donna, rallentò per valutarla e accostò qualche decina di metri più avanti.

Fece lentamente retromarcia e aprì il finestrino del pick-up proprio davanti alla prostituta.

-Ciao…-

-Ciao…-

-Sali?-

-Non ti ho mai visto qui, sei carino…- fece lei chiudendo lo sportello.

-Anche tu…- la guardò inespressivo.

Neanche quella notte era nelle sue intenzioni uccidere, eppure qualcosa in lui scattò.

-Hai da accendere?- fece lei.

   
 
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