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Autore: K ANTHOS    28/02/2020    0 recensioni
Come poteva Sara essere a conoscenza addirittura di due omicidi?
Un fremito di terrore lo colse: ora sarebbe toccato a lui?
Rimase esangue al solo pensiero, era quasi in stato di choc, i suoni della campagna gli giungevano ora ovattati e lontani.
Perché non lo aveva ancora denunciato? Cosa la tratteneva?
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

-No… no… non lo fare… stammi lontano… no…- le urla di Sara svegliarono di soprassalto Filippo che corse in camera dalla sorella.

-Sara… Sara svegliati sono io, Filippo…- il fratello riuscì a staccarla dalla sua visione e a riportarla alla realtà.

-Fili… Fili, ho di nuovo…visto quell’uomo…- gli disse piangendo terrorizzata.

Era fredda, rigida e Filippo la avvolse svelto in un plaid.

-Hai rivisto quell’uomo che ha ucciso la prostituta?-

-Ti prego… aiutami… a vestirmi…- la consueta ondata di adrenalina cominciò a manifestarsi ma questa volta le provocò un tremore tale che Sara non riuscì a gestire i muscoli come avrebbe voluto.

-Cosa vuoi fare…vestirti per uscire a correre?- le chiese il fratello con disappunto.

Sara annuì, faticava anche a parlare per quanto era contratta la muscolatura della mascella.

-In queste condizioni non puoi permetterti di andare da nessuna parte… sto io con te adesso…- la teneva stretta e cercava di tranquillizzarla.

-Non ce la faccio…- mormorò lei.

-Sì che ce la fai, non sei sola ora…- Filippo cercava di farle coraggio, di allontanarla dalle sue angosce.

-Sto sempre peggio… ad ogni visione sono più debole ed intorpidita… non so se riuscirò a sopportare tutto questo ancora per molto…- 

-Ci sono io… e c’è papà, domani ne parleremo insieme e cercheremo una soluzione…-

-No… non gli dire nulla… promettimelo…- gli disse agitandosi.

-Ma lui deve sapere come stai…-

-No… non voglio spaventarlo, fa già così tanto per noi…-

-Va bene… ma ora calmati, rilassati…- le promise a malincuore il fratello.

-Le mie paure… sono grovigli di fili che si fanno sempre più stretti… questa situazione sta diventando insostenibile…-

-Non parlare così… mi spaventi Sara…- gli occhi di Filippo divennero lucidi.

Sara faticò non poco per togliersi di dosso il freddo ed il tremore diffuso poi, esausta, si addormentò profondamente accanto alla sua unica ancora di salvezza, il fratello.

Filippo invece non dormì affatto, era rimasto sconvolto dalle sue parole, nella sua mente la fine della parente della madre lo tenne insonne fino all’alba.

Vennero svegliati dal rumore della chiave che apriva il portone d’ingresso: erano le sei ed il padre faceva ritorno dal lavoro.

 

Intorno alle cinque del mattino Riccardo venne raggiunto da una telefonata.

-Riccardo?-

-Buongiorno Mauro, cos’è successo…- disse strofinandosi gli occhi per finire di svegliarsi.

-Brutte notizie, hanno ritrovato il corpo di una donna nel canale di scolo di una strada poco fuori Ischia di Castro… le hanno tagliato la gola…-

-Dieci minuti e esco-

-Benissimo, a dopo- Riccardo chiuse la comunicazione.

-Sonia, devo andare, mi hanno chiamato dal commissariato, grazie per la splendida serata…- fece lui vestendosi in tutta fretta.

-Vai, non preoccuparti…- gli rispose assonnata appoggiandosi sui gomiti.

 

Riccardo e Salieri giunsero sul posto e trovarono Lotti, Manuzzi ed altri agenti che stavano procedendo a delimitare l’area.

-Chi l’ha trovata?-

-Un operaio di macchine agricole… è laggiù… è un po’ provato Riccardo- gli fece notare Manuzzi.

Il pover’uomo era seduto su un muretto, si reggeva la testa con le mani, mai si sarebbe aspettato di cominciare una giornata di lavoro in quel modo assurdo.

-Brutta esperienza… dopo vado da lui Antonio-

Riccardo raggiunse il fossato e si sporse a guardare.

Vide una donna tra i quarantacinque e i cinquant’anni, aveva i polsi legati dietro la schiena con fascette fermacavo ed un pezzo di scotch americano le chiudeva la bocca.

Il lato destro del volto era tumefatto, gli occhi socchiusi e fissi in un punto lontano, il taglio sul collo era questa volta ben visibile poiché la donna aveva i capelli molto corti.

Il cadavere aveva assunto una posizione scomposta, come se fosse stato messo lì in gran fretta.

-Stessa dinamica, stesse fascette… il taglio poi… un lavoro da chirurgo… cazzo se è la stessa persona! La faccenda si fa più complicata, siamo di fronte ad un assassino seriale…- osservò Riccardo aggrottando le sopracciglia.

-Non abbiamo trovano nulla di effetti personali, niente di niente Riccardo- lo informò Lotti.

-Già, immagino…-

-La fretta però potrebbe avergli giocato un brutto tiro… qui ci sono i segni di una sgommata… si vede, anche se parzialmente, la traccia di un battistrada…- fece Salieri soddisfatto.

-E a giudicare dalla larghezza il mezzo non è di certo una utilitaria…- osservò Lotti.

Perlustrate la zona, forse ci sono telecamere di videosorveglianza private che possono darci qualche indicazione- disse Riccardo.

-Ci penso io- fece Manuzzi.

-Ecco che arriva il medico legale Longhi…- disse Lotti stranamente emozionato.

-Buongiorno Valenti… un’altra alzataccia?-

 

In ufficio cominciarono subito a darsi da fare per identificare la donna:

-Commissario… abbiamo il nome della vittima, Paola Brughi, 48 anni di Tarquinia. E’ una prostituta con precedenti per spaccio, droga e furto- gli disse Salieri guardando il monitor.

Riccardo osservò la foto segnaletica.

-E’ una donna completamente differente da Iryna. Ha quasi il doppio della sua età e i capelli neri e cortissimi - valutò Riccardo.

-Due tipi opposti di certo- confermò Manuzzi.

-Potremmo escludere che segua un preciso target di donne… evidentemente parte da altre esigenze nella scelta della vittima- proseguì Riccardo.

-Esigenze legate ad un disturbo compulsivo? Sesso? Rabbia? Frustrazione?- considerò Salieri.

-Già, i motivi possono essere uno di questi… o tutti insieme-

-Deve essere stato disturbato da qualcosa o da qualcuno però. Diversamente dalla ragazza ucraina che aveva deposto quasi con cura nel fossato, questa donna è stata a dir poco scaraventata a terra…- osservò Manuzzi.

-Speriamo almeno che questa volta riescano a trovare tracce biologiche…- disse Salieri.

-Già, dobbiamo aspettare l’esame autoptico… forse troveranno qualcosa di utile- considerò Riccardo.

 

I notiziari rimandavano da ore la notizia del ritrovamento di una prostituta uccisa nel viterbese con il medesimo modus operandi della ragazza ritrovata a febbraio. Il panico, che scaturiva dalla consapevolezza di avere in zona un assassino seriale, serpeggiava tra la gente, l’argomento era sulla bocca di tutti.

Sara non sapeva perché anche l’adrenalina di quella donna fosse giunta fino a lei per stimolare ed accendere la sua visione.

Non aveva mai capito perché tutto questo accadesse ma l’energia liberata in quelle circostanze brutali e violente era talmente vigorosa da farle male dentro, da indebolirla oltre ogni misura.

Fissò a lungo la sua foto sul web: aveva assistito ai suoi ultimi attimi di vita e questo le legava in modo indissolubile come in un tacito patto.

Quella donna le aveva chiesto indirettamente aiuto mostrandole il suo carnefice e Sara si sentiva profondamente in colpa, come ogni volta che sapeva di non poter fare altro che tacere.

Aveva fatto di tutto per evitare di pensarci dandosi da fare in modo quasi frenetico in azienda, non si era fermata neanche per la pausa pranzo, invece di mangiare si era dedicata alla verifica degli ordini dei giorni successivi.

Trovò il coraggio di disegnare l’assassino solo quando rientrò dal lavoro, era da sempre il solo modo che aveva per affrontare quelle assurde visioni, per riuscire in qualche modo a controllare e superare la sua paura. 

Mentre il padre preparava la cena e Filippo era ancora fuori con gli amici, si ritrovò sola in camera per una manciata di minuti: aprì il suo album di fogli lisci, strinse forte la penna tra le dita, fece un profondo respiro e cominciò.

Qualche secondo ed apparve lo stesso uomo della visione di febbraio, l’aquila alla base del collo era identica.

Si sentiva molto tesa e faticò non poco per portare a termine il disegno: mise in calce la data dell’uccisione ed il nome della donna che aveva appreso dai notiziari, quindi chiuse l’album con un forte senso di nausea.

-E’ quasi pronto…vieni ad apparecchiare Sara?- le chiese il padre dalla cucina.

-Arrivo subito…- deglutì dolorosamente, due secondi e si alzò per raggiungerlo.

 

Mentre ascoltava le notizie al telegiornale, valutò di aver rischiato seriamente di essere scoperto.

Si era fermato in una strada secondaria fuori Ischia di Castro a fari spenti, era sceso, aveva aperto il portello posteriore del pick-up e tirato giù di peso il corpo senza vita della donna.

Si stava affrettando a scendere nel canale per appoggiarla nel fondo quando vide sopraggiungere un’auto in lontananza.

Colto dal panico la lasciò scivolare giù malamente quindi chiuse il portello e si rimise alla guida.

In un attimo fece inversione di marcia e solo quando fu ben lontano dall’auto proveniente dalla direzione opposta riaccese i fari: l’adrenalina aveva a tal punto accelerato i battiti del suo cuore che lo sentiva bussare prepotente nel petto, quasi fosse un’entità aliena in cerca di una via di fuga.

Gli ci volle diverso tempo per riprendersi, cercando al contempo di mantenere la calma e ritrovare la lucidità per guidare.

Raggiunto il casale, aveva bruciato immediatamente i vestiti sporchi di sangue poi era entrato nella doccia e vi era rimasto a lungo. Valutò minuziosamente tutti i suoi spostamenti alla ricerca di possibili passi falsi però, pur non trovandoli, il dubbio di aver lasciato qualche traccia lo tormentava, la fretta non poteva essere stata altro che una brutta consigliera.

Mentre si strofinava nervosamente le mani per pulirle a fondo dal sangue, ripensò a quella donna.

L’aveva tramortita spingendole violentemente la testa contro il montante dell’auto, esattamente come aveva fatto con la prima, questa volta aveva però agito subito e senza esitazioni poiché non voleva rischiare una colluttazione in auto.

Le era sembrata infatti più scaltra della ragazza ucraina, dopo poche parole scambiate con lei era sicuro che quella donna avesse in qualche modo fiutato il suo proposito.

Se le avesse dato il tempo di difendersi, tutto si sarebbe fatto più complicato, non poteva rischiare di lasciare su di lei tracce del suo passaggio: l’avrebbe con molta probabilità dovuta far sparire bruciandola o interrandola e questo avrebbe richiesto molto più tempo e lavoro.

Poco dopo averla colpita si era fermato in un posto isolato, aveva trovato e messo fuori uso il suo cellulare e l’aveva finita di immobilizzare con le fascette fermacavo.

In quelle situazioni folli e concitate agiva quasi in stato di trance, la sua testa ragionava ad una velocità di cui anche lui si stupiva.

 

-Dov’è Riccardo? E’ arrivato il referto dell’autopsia- Manuzzi apparve in fondo al corridoio.

-Sono qui in ufficio- Riccardo si era affacciato dalla porta appena lo aveva sentito arrivare.

-Eccolo…- gli porse il foglio.

Riccardo rimase per un po’ assorto nel leggerlo poi mise al corrente tutta la squadra del suo contenuto.

-E’ morta tra l’una e le tre. La donna presenta una importante tumefazione occipitale destra, ma la causa della morte è il taglio della giugulare nello stesso identico punto della ragazza ucraina. Sembra sia stata usata la stessa lama con lo stesso tipo di pressione. Non hanno trovato tracce di sperma ma ha subito un rapporto sessuale. Le fascette risultano identiche a quelle usate su Iryna. Anche questa volta hanno rinvenuto filamenti di paglia e dalle analisi sembra provengano dallo stesso luogo…-

La cosa che più lo lasciò perplesso fu la mancanza di tracce biologiche.

-Porca miseria… anche stavolta non ci sono tracce che possano farci risalire a lui… o è estremamente fortunato o è oltremodo scaltro…- osservò Manuzzi.

Avevano atteso impazienti l’esito del referto, Riccardo si aspettava di trovare finalmente qualche elemento utile da cui partire ed invece ottennero un nuovo nulla di fatto.

-Inoltre ha manomesso il cellulare della vittima poco dopo averla prelevata, proprio come ha fatto con la prima prostituta, l’ultima cella che aggancia è quella della zona dove la donna attendeva clienti- riportò Manuzzi.

-Questa volta abbiamo però la traccia del battistrada…- fece notare Lotti.

-Già, ma a causa della fuga di notizie, e vorrei proprio sapere chi è stato, i giornalisti lo hanno sbandierato ai quattro venti e lo avranno messo sicuramente sul chi vive! Comunque continuate a controllare il territorio con i posti di blocco, forse non è poi così scaltro…- fece Riccardo innervosito.

-Una buona notizia…- fece Salieri entrando in ufficio.

-Cosa?-

-Ho trovato qualcosa nelle telecamere di sorveglianza di una azienda agricola lì vicino…-

Salieri inserì la chiavetta nel computer ed apparvero le immagini notturne di un piazzale molto ampio. Pochi secondi e si vide in lontananza, oltre il cancello, passare una vettura a fari spenti.

Si vedeva unicamente la parte bassa del mezzo, quello che la videocamera era stata in grado di inquadrare.

-Non si distingue il colore del mezzo… è molto sporco, infangato direi…- osservò Manuzzi.

-Si vede un predellino… o così sembra… che sia una jeep o un pick-up?- fece Lotti.

-Potrebbe essere… ottima osservazione. I cerchioni poi sono un modello piuttosto datato, è il caso di fare una ricerca… Finalmente qualcosa… Ottimo lavoro. Mandate prima di subito degli ingrandimenti agli agenti nei posti di blocco- ordinò Riccardo.   

-Vado immediatamente- Lotti uscì dalla stanza.

-Se è lui, e i fari spenti denunciano evidentemente la presenza di qualcuno che non vuole essere visto, questo video conferma l’abbandono del cadavere intorno alle due di notte- osservò Riccardo guardando l’orario indicato sul monitor.

-Abbiamo il vantaggio del segreto investigativo, se i giornalisti sapessero del video bruceremmo la possibilità di trovarlo…- osservò Salieri.

-Certo Ivan, dobbiamo essere svelti… in nessun modo questa  notizia deve essere diffusa…-

-A questo penso io- anche Salieri lasciò l’ufficio.

-Antonio, che ne dici di prenderci un caffè?-

 

Stava cuocendo sulla stufa a legna della carne di pecora dentro una grossa pentola fumante, quando la radio riportò alcuni dettagli  dell’autopsia della prostituta di Tarquinia.

Rimase per un attimo paralizzato, quasi aspettando di ascoltare la sua sentenza, invece seppe che non avevano rinvenuto alcuna traccia biologica dell’assassino e cominciò a riprendere fiato.

Ma qualcosa aveva incautamente lasciato, la voce alla radio riportava la notizia del ritrovamento, seppur parziale, del battistrada di una delle ruote.

Non aveva pensato alle gomme, aveva cambiato direzione piuttosto bruscamente colto dal panico ed ora stavano anche valutando il modello di auto escludendo per la larghezza la categoria delle utilitarie.

Quando il radiogiornale terminò, in modo quasi automatico tolse la pentola dal fuoco e si diresse alla rimessa.

Lavò l’auto dentro e fuori in modo meticoloso e sciacquò il cassone con della varecchina, gli ci vollero quasi due ore.

Dallo scantinato tirò fuori delle vecchie gomme consumate da anni di attività in giro per le campagne e già che c’era sostituì anche i cerchioni con quelli che il padre aveva deciso di cambiare poco prima che morisse, poiché la paura di essere scoperto lo spinse a non sostituire soltanto gli pneumatici.

D’abitudine il padre non buttava via mai nulla, come se ogni cosa sarebbe potuta un giorno tornare utile per qualche motivo: gomme e cerchioni di cui da tempo tentava di disfarsi venivano ora guardati in modo del tutto diverso, esattamente come un minatore guarderebbe un filone aurifero.

Li pulì a fondo con uno sgrassatore rendendoli passabili quindi li sostituì.

Quando, oramai esausto, contemplò il lungo lavoro fatto quasi faticò a riconoscere in quell’auto il suo pick-up perennemente infangato.

Quella stessa notte bruciò una per volta con della potatura le gomme e fece ordine nella rimessa, in cucina inghiotti qualche boccone di stufato di pecora, poi finalmente andò a dormire.

 

-Ragazzi vado dal questore, ci vediamo dopo pranzo…-

-Riccardo, hai saputo la bella novità?- fece Salieri prima che uscisse dall’ufficio.

-Quale novità Ivan?-

-Il nostro Mauro stasera esce… forse ha finalmente trovato l’anima gemella- gli disse ammiccando.

-Per favore Ivan… non credo sia una notizia così eclatante…- fece Lotti.

-E perché no? Dopo tanto tempo ti rivediamo uscire!-

-Chi sarebbe la fortunata?- chiese Riccardo.

-Il medico legale Longhi… ci pensi Riccardo?- rivelò Salieri.

-E’ una bella donna… che fa un lavoro per stomaci forti- osservò.

-E ci vuole proprio lo stomaco forte per uscire con un tipo come lui… negli ultimi tempi si è inselvatichito!- rise Salieri.

-Ti ringrazio… hai un’alta stima di me vedo- gli fece di rimando Lotti.

-Pensavo che avessi rinunciato alle donne dopo la separazione da tua moglie… e invece eccoti qui che trovi il coraggio di invitare qualcuna a cena… strabiliante- concluse ironico.

-Non lo ascoltare, goditi la serata spensieratamente, comunque vadano a finire le cose tra di voi. Carpe diem, questo è l’unico suggerimento che posso darti Mauro- concluse Riccardo.

-Grazie Riccardo-

Salieri assunse un’espressione preoccupata:

-Certo che… quando la vedo tirare fuori il termometro dalla valigetta in presenza di un cadavere mi inquieta un po’… a voi no?-

 

Erano passati diversi giorni dal delitto quando si trovò inaspettatamente di fronte ad un posto di blocco, un poliziotto gli fece cenno di accostare.

Il cuore cominciò a bussargli forte nel petto ma si impose di mantenersi disinvolto per non destare sospetti.

Mise con calma la freccia ed accostò.

-Buongiorno, patente e libretto per favore- fece l’agente.

-Buongiorno- procedette con molta cautela nel tirare fuori dal cruscotto il documento richiesto e dal portafogli la patente.

Notò che l’agente era intento ad osservare scrupolosamente le sue ruote: aveva compiuto un intero giro del mezzo e osservato anche l’interno del cassone poi, dopo aver preso i documenti dalle sue mani, aveva raggiunto il collega.

Mentre trascrivevano i dati, ogni tanto si giravano per osservare e commentare il pick-up.

Passarono alcuni minuti che gli sembrarono un’eternità, quindi lo vide ritornare.

-Buona giornata, può andare…- gli disse restituendogli i documenti.

Con mano rigida li prese e li appoggiò sul sedile di fianco, ma salutò solo con un cenno della testa poiché il panico lo aveva quasi paralizzato e la bocca era completamente priva di saliva.

Mise in moto e riprese la strada: nella sua testa in quel momento imperava unicamente tanta confusione.

 

-Buongiorno Germano-

-Ciao Sara, buongiorno… Tutto bene? E’ un po’ che ti vedo pallida…-

-Sto bene, forse è il caldo di luglio che comincia a farsi sentire…-

-Domani aggiustano l’aria condizionata del furgoncino, vedrai che starai meglio, solo un po’ di pazienza…-

-Ok, grazie…-

Il lavoro in azienda procedeva a gonfie vele, si era inserita in quel mondo prettamente maschile meglio di quanto pensasse, purtroppo però a fine mese sarebbe terminato il suo contratto e avrebbe dovuto mettersi alla ricerca di un altro impiego.

-Hai preso il foglio con gli indirizzi?- le fece Germano.

-Sì certo, sono pronta per cominciare-

-Allora ci vediamo dopo-

-A dopo Germano-

Sara salì sul furgoncino e partì in direzione della prima consegna: aveva organizzato tutto il giro in modo da ottimizzare il percorso, era diventata molto brava ed efficiente, aveva velocemente imparato a conoscere quelle strade anonime e i loro laboriosi abitanti.

Si diresse ai vicini caseggiati di campagna di Monterazzano attraversando strade accidentate diventate ora polverose con la prima siccità di luglio.

Era costretta a tenere il finestrino aperto per far circolare l’aria e ottenere così un po’ di refrigerio ma non appena incrociava qualcuno dalla direzione opposta doveva affrettarsi a richiuderlo: il polverone giallastro che vedeva alzarsi in lontananza la avvisava per tempo.

Aveva già portato a termine diverse consegne quando si accorse della presenza di un pick-up grigio che ogni tanto vedeva affiorare dal polverone che lei stessa alzava: notò che stranamente si fermava ad una certa distanza poco prima di raggiungere il successivo indirizzo.

Se all’inizio non le era sembrato un comportamento poi così strano, man mano che procedeva nelle consegne la sua preoccupazione aumentò:

-Mi sta seguendo? Ce l’avrà proprio con me?- si chiedeva Sara.

Per precauzione prese il cellulare dalla borsa e lo mise sul sedile accanto a lei.

Le strade a tratti disabitate che percorreva ora nelle campagne della Tuscia divennero per lei motivo di agitazione: era consapevole di trovarsi in un luogo pressoché isolato e provò paura.

Osservò attentamente la vettura dallo specchietto retrovisore ma non riuscì a distinguere il guidatore.

Ogni tanto appoggiava la mano sul cellulare indecisa su come comportarsi: valutava se fosse stato opportuno chiedere aiuto in azienda e se farlo poteva essere interpretato dai colleghi come un gesto esagerato ed ingenuo da parte sua.

Pensò poi che forse stava equivocando la situazione, che il caldo afoso l’avesse resa insofferente e sospettosa.  

Si fece quindi coraggio e procedette aspettando che quella persona, uomo o donna che fosse, si stancasse di quello stupido ed inquietante giochetto, ma presto si rese conto suo malgrado dell’esatto contrario: quell’auto la stava ora velocemente raggiungendo.

Il suo inseguitore aveva tutta l’intenzione di cogliere l’occasione che gli si presentava: aveva studiato accuratamente la zona e proprio quello che stavano percorrendo era l’unico tratto di strada in cui avrebbe potuto mettere in atto il suo piano.

Le si era fatto molto vicino tanto che Sara poté distinguere la sagoma di quello che doveva essere un uomo con un cappuccio alzato. Le diede subito l’impressione di non avere buone intenzioni poiché guidava in modo disordinato con sterzate brusche e repentine, poi all’improvviso tentò di sorpassarla.

Terrorizzata dal pensiero di quello che avrebbe potuto farle se si fosse accostato, decise d’istinto di accelerare e si allargò verso sinistra per impedirgli il passaggio.

Nonostante la sua coraggiosa reattività il panico stava cominciando ad avere la meglio, fino a quando in lontananza vide una nuvola giallastra venirle incontro: era il segnale inequivocabile che un mezzo sopraggiungeva dalla parte opposta.

Sara si rincuorò e aumentò la velocità per raggiungerlo quanto prima e chiedere aiuto.

Inaspettatamente il conducente del pick-up frenò di colpo e, approfittando di uno slargo, dentro una enorme nuvola di polvere fece inversione di marcia e si dileguò.

Sara, terrorizzata, finì di raggiungere l’auto e si fermò accanto al conducente: era Luciano, uno dei clienti abituali dell’azienda per cui lavorava.

-Buongiorno Sara… tutto bene?-

-No, affatto…-

-Cos’era quel polverone dietro di te?-

-Un uomo mi stava inseguendo, sembrava avesse intenzione di farmi uscire di strada…- sentiva il cuore bussarle in gola.

-Veramente? Il caldo rende le persone proprio folli… credo si sia dileguato… stai bene ora?- disse osservando la polvere alzata dal pick-up in lontananza.

-Sì… per fortuna sei arrivato tu e se ne è andato…-

-Lo hai riconosciuto?-

-Non l’ho mai visto in vita mia!-

-Vuoi che ti scorti in cooperativa?-

-No, no… mi manca una consegna e poi rientro… se era uno scherzo era veramente di pessimo gusto…- fece ancora agitata.

-Forse dovresti fare una denuncia… hai preso la targa?-

-No, troppa polvere…-

-Il modello di auto?-

-Mi è sembrato un pick-up… Ne parlerò con Germano, deciderò con lui cosa fare…-

-Stai attenta… tieni a portata di mano il cellulare. Se lo rivedi chiama subito aiuto, il mondo è pieno di idioti!-

-Grazie, se non fossi passato tu non so come sarebbe andata a finire… grazie ancora Luciano-

-Ciao, mi raccomando Sara…-

-Sì, sì… ciao-

Riprese la guida, l’adrenalina le faceva ancora tremare le mani.

-Cosa voleva quell’uomo?- si chiese.

Non aveva mai visto quell’auto prima e considerò che forse l’aveva scambiata per qualcun altro.

-Voleva davvero tentare di speronarmi?-continuò a chiedersi.

Sara non poteva immaginare di aver rischiato seriamente di finire in uno dei campi arati che stava costeggiando.

 

-Imbecille… deficiente… testa di cazzo… ho rischiato di farmi riconoscere… aveva ragione mio padre… sono un incapace, un imbranato… ora ha visto la mia auto… stupido! Stupido! Dovevo essere più risoluto, dovevo buttarla subito fuori strada a rischio di farla cappottare nei campi e ucciderla… deficiente! Deficiente!- urlava fuori di sé nella cabina del suo pick-up.

 

Finì l’ultima consegna e ancora molto spaventata rientrò in azienda che era quasi ora di pranzo.

Parcheggiò il furgoncino e raggiunse Germano in ufficio.

-Cosa c’è Sara? Mi sembri spaventata…-

-Ho rischiato di finire fuori strada per colpa di un uomo che mi seguiva…-

-Stai dicendo sul serio?- la guardò incredulo.

-Sono serissima Germano… ho ancora l’adrenalina a mille…-

-Hai preso il modello e la targa dell’auto? Possiamo sporgere denuncia…-

-Solo il modello e no… non voglio sporgere denuncia…- non aveva alcuna intenzione di andare alla polizia, il solo pensiero di varcare il cancello della questura la terrorizzava. Aveva già vissuto una terribile esperienza quella mattina e non voleva di certo aggiungerne un’altra.

-Perché no?- le chiese con disappunto Germano.

-Ho avuto paura… ma forse è stato solo uno scherzo di pessimo gusto…- minimizzò lei.

-Dallo sguardo che hai non credo che lo sia stato… Decidi tu che fare Sara. Se vuoi ti accompagno io alla polizia-

-No… se ricapiterà sarò io stessa a chiamarla appena lo vedo, non ti preoccupare-

-Come vuoi, ma se ci ripensi dimmelo…-

-Ok, grazie-

-Ora approfitta della pausa pranzo e rilassati- le ordinò Germano.

-Sì, lo farò…-

 

La sera, appena rientrata a casa, raccontò al fratello quello che le era capitato.

-Ho avuto paura… mi stava seguendo, era un uomo…-

-Ha ragione Germano, dovresti andare a denunciarlo. E se ci riprova? Se è un pazzo va fermato prima che faccia del male a qualcun altro…- fece Filippo preoccupato.

-Puoi immaginare quanta voglia abbia di andare alla polizia…. ogni volta che incrocio una volante mi irrigidisco… No, il mese è quasi finito… lasciamo le cose come stanno-

-A papà almeno lo dirai?-

-No, è inutile che si preoccupi… Mi raccomando, promettimi che non gli dirai nulla, gliene parlerò io quando sarà terminato il contratto, non voglio che si agiti inutilmente… Ok Fili?- gli disse preoccupata.

-Ok… ma sei la solita testona!- fece lui accigliato.

 

Demoralizzato e rabbioso con se stesso per aver visto fallire il suo piano aveva cenato poi si era seduto di fronte al camino ad osservare assorto la brace morente.

Gli tornarono di colpo alla mente, da un tempo molto lontano, le parole della madre.

Era ragazzino quando la vide per la prima volta mettere in atto su una parente una pratica antica per allontanare il malocchio: era qualcosa di misterioso che si tramandavano le donne della sua famiglia dalla notte dei tempi. Ascoltò rapito, nascosto dietro un mobile, tutte le esclamazioni della madre che scaturivano dall’osservazione accurata del comportamento dell’olio d’oliva nell’acqua, ed un giorno le chiese spiegazioni.

-Mà… cos’è quella cosa che fai con l’olio?-

-Tolgo il malocchio…  lo sai cos’è?-

-No…-

-E’ l’invidia della gente… fa stare male le persone…-

-E va via così?-

-Sì-

-E io lo posso fare?-

-No, non tutti... Tu piuttosto…  comportati bene quando vai in giro con quella massa di disgraziati del paese che frequenti… ricordati che ci sono in giro le persone che vedono…-

-Che vedono? E cosa vedono?-

-Quello che combini tu di brutto…  sono persone speciali, il Signore dona loro la capacità di vedere pur non essendo presenti-

-Sono angeli allora!-

-No, sono come me e te, ma vedono le cose brutte…-

Le parole della madre diedero d’improvviso un senso a quello che stava accadendo: solo lui, prima di chiunque altro, era arrivato alla verità di Sara e c’era arrivato sulla scorta delle suggestioni della madre perché era un percorso che si nutriva di pura irrazionalità, di fatti che non rientravano nella realtà contingente ma che si sostanziavano del mondo del paranormale.

Fissando con calma apparente la brace quasi spenta di fronte a lui, ripensò a quella sera di inizio febbraio.

Valutò che non poteva esserci stato alcun testimone: aveva violentato e ucciso quella ragazza in una delle sue stalle nel bel mezzo della sua proprietà, in un posto lontano e riparato da sguardi indiscreti.

Nessuno poteva averlo visto tagliarle la gola, nessuno.

Nella mente ora rivedeva il ritratto di Franchi e ricordava in modo indelebile il suo: li confrontò e notò con disappunto che in entrambi lo sguardo era dritto verso l’osservatore, Sara li aveva rappresentati come se stessero guardando lei stessa negli occhi.

Questa considerazione gli mozzò il respiro sul nascere, aveva capito: lei era lì, aveva osservato tutto attraverso gli occhi della vittima.

Ne era oramai certo: Sara era una di quelle persone “che vedono”.

 

Da quasi mezz’ora stava aspettando fuori dal tribunale l’arrivo di Sonia e cominciava ad annoiarsi: si mise allora a guardare le foto sul suo cellulare per ammazzare il tempo.

Riccardo si ritrovò davanti il disegno a carboncino fatto da Sara a Pasqua: lo guardò ed assunse un’espressione assorta e pensosa.

Teneva ancora attaccata sulla cassettiera del suo ufficio la fotocopia del disegno anonimo e l’aveva talmente metabolizzata che ricercava istintivamente ovunque quello stesso stile.

Qualcosa in quella foto stava richiamando la sua attenzione, registrò infatti una vaga somiglianza tra i due disegni ma non tale da insinuare in lui il dubbio che Sara fosse l’autrice dell’identikit dell’assassino.

Era un richiamo nascosto, velato, che nasceva in lui principalmente dalla scelta della tecnica, dal tipo di tratto e soprattutto dall’assenza del colore: anche in quel disegno a tema sacro qualcosa di ipnotico, stimolato dal groviglio del tratto a carboncino, agganciava lo sguardo dell’osservatore.

La ricerca di quella mano ignota era diventata per lui un pensiero fisso, una vera ossessione e valutò tra sé che forse stava in qualche modo forzando quell’accostamento.

L’arrivo di Sonia lo richiamò alla realtà.

-Ciao bellissimo, scusa il ritardo…- e gli stampò un bacio sulle labbra.

-Ciao Sonia… sei uno schianto!-

-Anche tu…- gli disse facendo scorrere lentamente gli occhi su di lui.

-Non ho ancora pranzato oggi… ti va se mangiamo qualcosa al bar?- gli propose lei.

-Per me va bene, ti accompagno-

Sonia ordinò un tramezzino mentre Riccardo, avendo già mangiato, decise di dedicarsi al dolce ed ordinò un maritozzo con panna: aveva un debole per quel dolce tipico viterbese e quando gli capitava a tiro non se lo faceva sfuggire.

Sonia rimase ad osservare ipnotizzata il modo in cui lo divorava e considerò quanto quella voracità corrispondesse perfettamente alla sua passionalità tra le lenzuola.

Si sentiva profondamente attratta da lui, non solo per il suo aspetto affascinante ma anche per l’originale dualismo del suo carattere: Riccardo era tanto serio, scrupoloso e professionale sul lavoro quanto passionale e focoso nell’intimità.

Era una persona speciale, sotto ogni punto di vista, pensava osservandolo.

-Aspetta un attimo… hai della panna qui…- lo baciò così appassionatamente che Riccardo si ritrovò le labbra perfettamente  pulite e lucide.

La barista li fissò ammutolita.        

 

L’ultimo sabato di luglio Nicola rientrò a Viterbo.

Sara non lo vedeva da quasi tre settimane, era impaziente di incontrarlo e si diedero appuntamento alla gelateria di piazza delle Erbe poco prima di pranzo.

Nicola era arrivato prima di lei e si era seduto al sole sui gradini della fontana: appena si videro si scambiarono il sorriso più raggiante che potessero sfoderare.

Si abbracciarono stretti per un po’ senza dirsi nulla, Nicola tuffò il viso tra i suoi capelli e ne aspirò avidamente il profumo.

-Come stai Nico? Sei sempre bellissimo…- gli disse lei guardandolo negli occhi.

-Sto bene… quanto mi sei mancata Sara… Tu piuttosto… cos’è che hai? Mi sembri preoccupata… altri incubi?-

-No… peggio. Sediamoci che ti racconto- presero posto in uno dei tavolini della gelateria.

-Questa settimana mi è capitata una cosa strana, una cosa che si vede solo nei film e che non ti aspetteresti di vivere in prima persona…- gli disse diventando di colpo seria.

-Buongiorno… volete ordinare?- fece la ragazza della gelateria.

-Sì grazie… una coppa Macedonia senza kiwi e una coppa Haiti senza panna per favore- fece Nicola.

-Grazie a voi-

-Allora raccontami…- disse lui impaziente.

-Una mattina, mentre stavo facendo le consegne con il furgoncino, un uomo su un pick-up mi ha prima seguita per un po’ poi d’improvviso ha accelerato e mi ha raggiunta… sembrava avere tutta l’intenzione di volermi sorpassare per speronarmi, se non  addirittura buttarmi fuori strada…- riassunse lei tesa.

-Ma stai scherzando?- fece Nicola meravigliato.

-No, sono assolutamente seria… mi viene ancora la pelle d’oca al solo pensarci…-

-Lo hai denunciato?-

-No…- gli rispose in imbarazzo.

Era sicura che ora sarebbe partito in quarta con una delle sue ramanzine:

-No-o? Tu sei pazza! Cosa aspetti ad andare a sporgere denuncia! Vuoi proteggerlo? E se si viene a sapere che ha buttato fuori strada qualcun altro e ne ha causato la morte? La tua coscienza cosa ti direbbe? Brava?- le disse con occhi sbarrati.

Sara rimase ammutolita, era sicura che l’osservazione di Nicola sarebbe stata la stessa se fosse venuto a conoscenza della relazione che intercorreva tra i suoi incubi e gli omicidi e del suo tacere la verità. Nicola senza volerlo l’aveva colpita al cuore con il suo giudizio, tanto che Sara non riuscì a trattenere le lacrime.

-Perché piangi ora?- Nicola era sorpreso.

-Scusami… non è colpa tua…-

-Sono stato troppo brusco? Sono uno stupido… lavori tutto il giorno, vivi un’esperienza tremenda e io lì a giudicarti… se ti ho offesa mi dispiace…-

-Ma no…- Sara si asciugò le lacrime con il dorso della mano.

-Sei tu che devi decidere che fare… scusami… sono solo un insensibile…- le disse Nicola mortificato.

-Nicola, non è così… tu sei la persona più sensibile che abbia mai incontrato nella mia vita… è che sono un po’ stanca, solo questo. In campagna è molto caldo e quel giorno avevo il condizionatore del furgoncino guasto… poi il contratto sta per scadere e dovrò darmi da fare per un nuovo lavoro… sempre se lo trovo. Poi anche questo spavento… Io non capisco Nico… è un po’ che mi sento presa di mira dal mondo… ma com’è possibile che quell’uomo ce l’avesse con me?-

-Devi essere incappata in un folle… uno che si è alzato il mattino e ha deciso che doveva rompere i coglioni a qualcuno e nei paraggi c’eri solo tu… certo che non è un lavoro proprio adatto ad una donna…-

-Ma che dici… io mi sono trovata meglio lì che in altri posti dove ho lavorato…-

-Certo, certo… non voglio dire questo, però converrai anche tu che ci vuole forza per scaricare la merce e poi non parliamo di gironzolare da sola per le campagne, in posti isolati come quelli… non è così entusiasmante per una donna…-

-Forse… ma è pur sempre un lavoro…-

-Ma cosa caspita sta succedendo in questa città! Da quando sono a Roma per il corso da parrucchiere accade di tutto!-

La ragazza ritornò al tavolo con le due coppe di gelato.

-Ecco a voi…-

-Grazie-

-Adesso non pensiamoci più e godiamoci il gelato Nico, ogni volta che torni ho qualcosa di pesante da raccontarti…-

-Io voglio sapere tutto di te Sara… le cose belle come le cose brutte… sempre- fece lui cercando di pescare una fragola dal fondo della coppa.

Sara lo osservò divertita.

-A proposito di stanchezza… ti rinnovo l’invito per la casa al mare ad agosto. Il tuo contratto scade a fine mese vero?-

Sara annuì con la bocca piena di gelato al rhum.

-Non saremo soli però, ho invitato alcuni amici del corso, poi per un paio di settimane la casa sarà solo per noi-

-E Andrea?-

-Ad agosto parte per la Danimarca dalla nonna… sono due anni che non va a trovarla ed è giusto che parta-

-Soli io e te?-

-Sì-

-Sarà bellissimo… come ai vecchi tempi! Voglio riposare, leggere…-

-… e giocare a beach volley!- aggiunse lui alla lista.

-E giocare a beach volley… è ovvio!- si misero a ridere spensierati come due bambini.

 

Era sempre più roso dalla rabbia a causa dell’inconcludenza dei suoi propositi.

Non era riuscito a rapire Sara e adesso si era anche reso facilmente identificabile con il suo pick-up, non aveva un’altra auto ed era quindi più vincolato negli spostamenti.

Se voleva osservarla avrebbe dovuto appostarsi molto più lontano dall’azienda per essere sicuro di non essere visto: lei di certo doveva aver già raccontato a tutti i colleghi quello che le era successo e il tipo di auto coinvolta nell’inseguimento.

Dai primi di agosto stranamente non la vide più arrivare a lavoro, pensò che fosse andata in ferie ed ebbe la rischiosa sfacciataggine di appostarsi diverse volte nei dintorni di casa sua ottenendo però lo stesso sconfortante esito.

Più passavano i giorni e più montava in lui prepotente la necessità di avere informazioni sulla ragazza, decise quindi di andare alla ricerca di Armando.

Lo ritrovò sabato sera nel bar della piazza, al solito tavolino e al solito posto:

-Cos’hai ragazzo? Mi sembri stravolto…- gli fece Armando guardandolo.

-Sono solo stanco… una bella bevuta in compagnia di amici mi aiuterà…- gli rispose sforzandosi di sorridere.

-Ma certo… vieni qui, siediti con noi. Te la offro io una bella birra ghiacciata. Marisa? Una birra per favore… La polvere in campagna è tanta e la gola si secca facilmente, ti capisco benissimo…- gli fece con sguardo comprensivo e spento.

-Già, è proprio così… come va con il lavoro?- fece lui guardandolo con occhi a fessura.

-Bene, come al solito- rispose un po’ alticcio.

-Quella ragazza… Sara… ancora lavora con voi?- chiese lui vago.

-Purtroppo ha terminato il contratto a fine luglio, sono tanto dispiaciuto… una gallina in mezzo a tutti galli ci stava bene, migliora l’ambiente…- rise lui.

-Ha finito il contratto?- irrigidì involontariamente la mascella nel dirlo.

-Sì, ora è in vacanza al mare…-

-Non rientrerà più in azienda?-

-No, Massimo dopo l’operazione è tornato come nuovo e ha ripreso il suo posto di fattorino… Mi mancherà Sara, era proprio carina… un fiorellino per gli occhi- e ingollò il resto del vino del suo bicchiere.

-Dovrò rapirla quando rientra… troverò un modo, lo troverò…- pensò furente.

Era oltremodo arrabbiato con se stesso per aver perso tutto quel tempo ad osservarla e si ripromise di non commettere più errori.

 

Per il mese di agosto Lisa aveva affittato a Pescia Romana una piccola villetta a schiera per due settimane e Ginevra, la sorella minore, l’aveva raggiunta.

Il posto era molto ambito tanto che aveva dovuto prenotarlo addirittura alla fine della vacanza dell’anno precedente: la vicinanza della spiaggia e l’ampio giardino con veranda la convincevano che erano i soldi meglio spesi dell’anno.

Durante la prima settimana Riccardo aveva deciso di accettare l’invito della sorella e raggiungerla dopo l’orario di lavoro: usciva da un periodo molto stressante e un viaggio in moto e un po’ di mare lo avrebbero aiutato sicuramente a rilassarsi, sarebbe quindi ripartito presto la mattina successiva per raggiungere il commissariato.

Arrivò in spiaggia poco dopo le sei del pomeriggio e la ritrovò nel vicino stabilimento.

-Ciao zio!- il bambino gli corse incontro e lo abbracciò forte.

-Ciao Giorgio!- gli arruffò i capelli mentre ricambiava il suo abbraccio.

-Ciao sbirro- fece la sorella minore quasi in tono di sfida.

-Ciao Ginni…- le rispose lui con sufficienza.

Ginevra aveva ventidue anni e frequentava la facoltà di Lettere e filosofia alla Sapienza, era una ragazza molto carina, con folti capelli ricci ed occhi allegri e sorridenti: il suo carattere vivace e votato al pettegolezzo da sempre male si assortiva con quello più pragmatico e riservato di Riccardo tanto che non erano mai riusciti ad intavolare un rapporto sereno e disteso.  

-Ciao Ric, sono contenta che ci hai raggiunte!- Lisa lo abbracciò felice.

-Ciao sorella, tutto bene? Se mi dai le chiavi di casa parcheggio la moto, mi cambio e sono qui da voi in un attimo- fece lui.

-Certo… tieni- Lisa gli passò le chiavi.

Il villino a schiera era una vera e propria oasi di pace anche per gli occhi: il piccolo ma curatissimo giardino era completamente fiorito con lantane, bouganville ed ortensie, mentre la vista del mare completava il quadro idilliaco.

Dall’ingresso principale dove Riccardo parcheggiò la Ducati si accedeva ad un ampio salotto e a una cucina open-space dominata al centro da una grande isola con sgabelli. Da questa stanza, oltrepassando una porta vetrata, si usciva in una ombrosa veranda ben attrezzata per i momenti di relax.

Il resto della villetta era arredata con pochi ma strategici mobili bianchi che risaltavano luminosi sulle pareti grigio-azzurre, inoltre gli oggetti in stile marinaresco, sapientemente distribuiti, completavano l’arredamento immergendo gli affittuari nel giusto clima vacanziero.

Riccardo si cambiò, gettò il suo telo da mare sulla spalla e prese una birra ghiacciata dal frigo, quindi si diresse dalle sorelle allo stabilimento.

Giorgio era ora occupato con la lezione quotidiana di vela quindi Riccardo decise di godersi la sua birra sedendosi comodamente sulla sdraio a guardare il mare.

Appoggiò la bottiglia sul bracciolo e non resistette a dare uno sguardo al cellulare, proprio in quell’istante una palla da beach volley colpì la sua birra facendola schizzare via e svuotandola di tutto il suo fresco e dissetante contenuto.        

Dopo aver guardato da sopra i suoi ray-ban il risultato di quell’azione riverso sulla sabbia, si girò con finta calma in cerca, nella parte opposta, del responsabile di un simile atto barbaro.

Gli venne incontro la figura delicata di una ragazza.

-Mi scusi, ma sto giocando con delle persone imbranate che non sanno nemmeno rispondere ad una battuta…- fece Sara.

Dietro di lei, nel campo da gioco dello stabilimento, Nicola e gli altri amici ridevano a crepapelle.

Quello che cominciò a vedere controsole Riccardo fu la silhouette di una bella ragazza abbronzata con i capelli raccolti in una alta coda, lentamente i suoi occhi si abituarono a quella luce ancora intensa e, guardandola meglio, riconobbe con grande disappunto la ragazza dell’oratorio.

Focalizzò il suo viso e vide che gli sorrideva rilassata: la visione di Sara lo lasciò senza parole, mentre lei non lo aveva minimamente riconosciuto.

-Gliene faccio avere subito un’altra dal bar…- si affrettò ad aggiungere Sara poiché la guardava attonito e con una espressione indecifrabile.

-No… non serve…- si riprese Riccardo.

-… l’ho rubata dal frigo di mia sorella… e posso farlo di nuovo, ho ancora le sue chiavi…- rispose mostrandogliele.

La battuta fece ridere Sara che si aprì in un sorriso dolcissimo, lo stesso che aveva così piacevolmente colpito Riccardo mesi prima e che nuovamente, come allora, fu all’origine di un fremito di piacere allo stomaco.

La ragazza si scusò di nuovo, lo salutò e ritornò a giocare ma non prima di essere passata dal bar ed avergli fatto portare la stessa marca di birra ben ghiacciata.

Riccardo non si sarebbe mai aspettato di trovarla lì in vacanza e sentì in cuor suo di esserne particolarmente contento.

La valutò in costume e dovette ammettere che aveva dei bei fianchi, la lunga felpa lo aveva depistato nel suo giudizio.

Non riuscì a staccarle gli occhi di dosso per tutta la durata della partita di beach volley e si rese presto conto con un certo fastidio della presenza in campo di un ragazzo che aveva molta confidenza con lei: la baciava e la abbracciava ad ogni minima occasione di esultanza e lei sembrava ricambiarlo affettuosa.

Un vago senso di invidia lo colse.

Era in qualche modo sconcertato poiché ogni volta che gli era capitato di incontrarla l’aveva vista sottotono, quasi dimessa, mentre l’immagine di Sara in spiaggia, solare e sportiva, non corrispondeva all’idea che si era fatto di lei.

Il suo istinto gli aveva da sempre permesso di inquadrare e valutare facilmente le persone e molto raramente si era sbagliato nei suoi giudizi, almeno fino a quel momento.

La capacità di Sara di defilarsi, di dissimulare se stessa per nascondere agli estranei i propri tormenti personali lo aveva depistato e Riccardo era stato facilmente tratto in inganno poiché Sara lo faceva in maniera disinvolta da tutta una vita.

Pochi minuti dopo venne raggiunto dal nipote eccitato per la piccola regata a cui aveva appena partecipato.

Giorgio gli cominciò a spiegare le difficoltà che era riuscito a superare con i consigli dell’istruttore ed era molto emozionato per esserci riuscito.

Sara dal campo riconobbe il bambino e di rimando osservò meglio, riconoscendolo, l’uomo con la moto dell’oratorio.

-Ma guarda… abbiamo colpito proprio la birra del papà di Giorgio…- pensò sconcertata e le venne da sorridere pensando a quanto fosse piccolo il mondo.

 

Quella sera cenarono nella veranda del villino: Lisa era un’ottima cuoca, aveva preparato un antipasto di fasolari e degli spaghetti allo scoglio, uno dei piatti estivi preferiti dal fratello.

Lo coccolava come poteva in quelle poche ore che occasionalmente passavano insieme: Lisa era una pediatra molto impegnata ed il suo tempo libero male si armonizzava con gli impegni lavorativi di Riccardo.

-Ti prendo un altro tipo di vino? Non ti piace lo chardonnay?- fece lei.

-Va benissimo Lisa… ne bevo poco perché non vorrei che mi desse alla testa, domani mattina devo ripartire presto…- le ricordò Riccardo.

-Se lo tratti così bene, verrà anche l’anno prossimo Lisa…- fece Ginevra per punzecchiarlo.

-Ti piacerebbe vero? Ma non lo vuoi ammettere…- osservò caustico il fratello. 

-Zio, domani pomeriggio ti va di fare due tiri con il pallone dopo il corso di vela?- chiese Giorgio.

-Certo ragazzo, quando vuoi…-

-Stasera mi accompagni a prendere il gelato? Lo stabilimento qui vicino ne fa uno buonissimo- disse in estasi Giorgio leccandosi le labbra e pregustandone il sapore.

-Sì, ti accompagno io dopo cena… ma ora Lisa per favore puoi farmi uno dei tuoi incredibili caffè?-

-Arabica o robusta?-

-Robusta, anzi… robustissima-

Nel villino accanto Sara, Nicola e i loro amici ospiti facevano una gran confusione in giardino, il chiacchiericcio condito di risate giungeva forte e chiaro fino a loro.

Riccardo notò che tutti si divertivano smodatamente con battute e scherzi mentre Sara rimaneva sempre un po’ in disparte, solitamente accanto al ragazzo con la barba: non poteva fare a meno ogni tanto di gettarle uno sguardo.

Il gruppetto di amici aveva attirato da subito l’attenzione anche di Ginevra:

-Come vorrei far parte della loro comitiva… sono persone molto simpatiche… voglio cercare di avvicinarli durante le partite di beach volley che fanno il pomeriggio in spiaggia-

-E’ molto che sono in vacanza qui?- chiese Riccardo.

-Quando siamo arrivati domenica erano già qui… da quanto ho capito, il ragazzo con la barba che chiamano Nico è il figlio del proprietario del villino- puntualizzò Lisa.

-Che fortuna! Potrebbero passare qui tutta l’estate senza problemi…- Ginevra emise un profondo sospiro.

 

Il tardo pomeriggio del giorno successivo Riccardo raggiunse di nuovo le sorelle in spiaggia ma questa volta si posizionò in modo da poter osservare bene Nicola e i suoi amici durante le partite di beach volley. Erano una compagnia numerosa e chiassosa, tra battute e scherzi si divertivano moltissimo, alcuni di loro sfoggiavano tagli e colori di capelli piuttosto improbabili.

Con lo sguardo nascosto dagli occhiali si divertì ad osservarli: erano tutti molto presi dal gioco e notò in più occasioni Nicola versare a Sara dell’acqua limonata.

Non si era accorto però che le osservazioni erano reciproche:

-Notevole il vicino di casa…- osservò Nicola mentre riempiva il bicchiere dell’amica.

-Già… è veramente un bel tipo… si vede che pratica abitualmente sport…- confermò Sara.

-Chissà perché appare solo nel tardo pomeriggio… mi piace questo alone di mistero che lo avvolge… e comunque l’importante è che appaia!- osservò sorridendo Nicola.

-Sì, credo che molte donne nei paraggi la pensino come te…-

disse gettando un’occhiata alle ragazze in spiaggia.

-Perché tu non sei d’accordo?-

-Certo che sì, è molto affascinante… ma è un padre di famiglia!- puntualizzò lei.

I due gruppi di vacanzieri procedettero ad osservarsi reciprocamente per tutta la settimana: poteva capitare che incrociandosi in spiaggia si scambiassero un cenno di saluto o un sorriso cordiale.

 

Il giovedì sera di quella prima settimana Riccardo accompagnò nuovamente Giorgio a prendere il gelato.

-Zio, lo voglio grande e con una montagna di panna sopra…- fece il bambino saltellando.

-Non esagerare o mi farai litigare con tua madre… L’ultima volta ti è venuto il mal di pancia…-

-Lo avevo mangiato troppo velocemente…- ammise il bambino.

-Sì, mi ricordo come sparì in un attimo dalle tue mani… Non ti corre dietro nessuno, mangia lentamente stavolta- fece divertito Riccardo scompigliandogli i capelli.

C’era un po’ di fila e mentre aspettavano cominciò a guardarsi attorno.

Vide in lontananza un murales in bianco e nero su una delle pareti dello stabilimento che dava verso le cabine, era la prima volta che lo notava: rappresentava il pirata Jack Sparrow che saldamente si teneva alla sommità dell’albero maestro della nave con la quale stava affondando, per scendere poi disinvoltamente con un piede sul pontile di attracco, una delle scene più famose e divertenti del film.

Cominciò ad osservarlo meglio, stranamente qualcosa di quell’immagine lo richiamava, i grovigli ipnotici di linee scure sembravano sussurrargli qualcosa.

Un brivido improvviso gli corse lungo la schiena: era lo stesso stile del disegno che teneva da mesi appeso nel suo ufficio.

Mantenne la calma, aspettò che il nipote avesse preso il gelato e dopo aver pagato gli chiese di accompagnarlo a vedere il murales.

-Giorgio, tu sai chi ha disegnato quel pirata?-

-No, ma io l’ho sempre visto lì zio- gli rispose mentre era tutto preso dal gelato.

Giorgio era sempre stato un buon osservatore, significava che era stato fatto da diverso tempo e lo confermava anche lo stato di conservazione: la tinta nera sembrava in alcuni punti cominciare a scrostarsi dal fondo bianco.

Prese il cellulare e scattò una foto che spedì immediatamente a Ivan con il seguente messaggio:

-Noti qualcosa di familiare?-

Salieri gli rispose subito:

-Effettivamente c’è qualcosa di somigliante… Dove lo hai trovato?-

-Non ci crederai…  in vacanza, in uno stabilimento balneare a Pescia Romana-

-Potrebbe essere una buona traccia…- rispose Salieri.

-Faccio qualche domanda in giro poi ti faccio sapere, buonanotte-

Riccardo ritornò alla gelateria e chiese alla commessa di poter parlare con il proprietario dello stabilimento: le indicò un uomo sulla quarantina all’ingresso del piccolo ristorante attiguo.

-Buonasera, lei è il proprietario di questo posto?-

-Sì, ha bisogno di qualcosa?-

-Sono il commissario Valenti del Commissariato di polizia di Viterbo…- Riccardo mostrò il distintivo.

-…avrei bisogno di qualche informazione riguardo il murales qui fuori… saprebbe dirmi chi l’ha fatto e quando?-

-E’ stato fatto circa tre anni fa da una ragazza di cui non ricordo il nome… anzi… sì, ora ricordo… si chiamava Sara ma il cognome non lo so proprio… Era in vacanza da queste parti e cercavo qualcuno che mi facesse qualcosa su quella parete bianca… Me l’ha consigliata un ragazzo che ha una casa di proprietà qui vicino… E’ stata brava e veloce, piace a tutti…-

-Si ricorda il nome di questo ragazzo?-

-Certo, è Nicola Moscati, il figlio del pilota di elicotteri dell’aeronautica. Sono proprietari di uno di quei villini fronte mare qui vicino-

Riccardo ebbe un fremito di soddisfazione, il ragazzo di cui parlava doveva essere proprio quello che si accompagnava con Sara.

-La ringrazio, buonasera-

-Spero di esserle stato utile…-

-Utilissimo, grazie-

Aveva trovato finalmente una pista da cui partire per riprendere le indagini riguardanti il caso Rocci: se da una parte l’investigatore che era in lui si sentiva molto soddisfatto, dall’altra non era poi così contento di aver scoperto un possibile coinvolgimento di Sara nelle indagini.

 

Venerdì mattina, appena mise piede in ufficio, Riccardo si confrontò con i colleghi.

-Vorrei faceste una ricerca su questa Sara Morelli… dati anagrafici, lavoro, famiglia, tabulati telefonici… tutto quello che può esserci utile per cercare un possibile collegamento con Maurizio Franchi-

-Pensi sia lei la persona del disegno anonimo?- gli chiese Salieri.

-Qualcosa Ivan mi dice di sì… ma non ne sono molto contento. Mio nipote ed io l’abbiamo vista spesso in oratorio da don Alberto… disegna molto bene… ma mi auguro di sbagliarmi…-

-Eppure se confrontiamo il murales dello stabilimento ed il disegno a carboncino di Pasqua, non mi sembrano della stessa mano…- osservò dubbioso Manuzzi.

-Infatti…- confermò Salieri.

-Io vi sto dicendo però di concentrarvi sul confronto del murales con l’identikit che abbiamo ricevuto. E’ stato eseguito alcuni anni fa però osservate bene le curve… come i tratti si annodano tra loro per rendere le ombre… sono molto simili. E del resto sono stati eseguiti con due tecniche diverse, una a pennello e l’altra a penna. E poi questa scelta del monocromo… una coincidenza? Il disegno di Pasqua potrebbe essere stato invece volutamente fatto con uno stile diverso proprio per depistarci- considerò lui.

-Sì… effettivamente se si guardano i particolari… forse… qualcosa c’è…- ammise Manuzzi.

-Io mi fido dell’intuito di Riccardo… del resto quali altre piste abbiamo?- osservò Lotti.

-Stavo inoltre pensando di unire l’utile al dilettevole…-

-Cosa vuoi dire Riccardo?- chiese Manuzzi.

-Pensavo che sono due anni che non faccio una vera vacanza e stavo valutando di approfittare dell’ospitalità di mia sorella per indagare un po’ su questo gruppetto di amici-

-Per quanti giorni?-

-Mia sorella ha un’altra settimana di vacanza e se ci fossero problemi potrei essere in ufficio in una oretta- valutò Riccardo.

-Ti posso tenere io informato su ogni novità riguardo l’assassino delle prostitute- disse Salieri.

-Provo ad organizzare il tutto, oggi parlerò con il questore, vi farò sapere…- in Riccardo soddisfazione e inquietudine si rimescolavano.

Era dispiaciuto per il coinvolgimento di Sara, ma il suo istinto gli diceva che era nel giusto. 

 

-Sara Morelli, 21 anni, diplomata al liceo artistico, ha lavorato con contratti interinali in diversi posti, l’ultimo, il più lungo, di sei mesi presso il centro di micronizzazione della Cooperativa Zootecnica Viterbese a Monterazzano, ora risulta disoccupata. La madre è deceduta due anni fa in un incidente stradale, il padre è guardia notturna in una ditta privata mentre il fratello Filippo frequenta il terzo anno del Liceo Scientifico Ruffini. I tabulati telefonici non riportano contatti con Franchi e stranamente non risulta attiva in alcun social- Manuzzi in venti minuti di ricerca aveva riassunto su un foglio tutta la vita di Sara.

-Se ci pensiamo bene, neanche nel cellulare di Franchi o della stessa Rocci comparivano i loro numeri, eppure hanno messo in piedi una relazione durata mesi…- fece notare Riccardo.

-Anche questo è vero…- ammise Manuzzi.

-Continuate con le indagini… vi confermo che starò via circa una settimana, sei giorni precisamente. Mantenetemi informato, porterò con me il computer- concluse Riccardo.

 

   
 
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