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Autore: Sette Lupe    29/02/2020    0 recensioni
Malík non era un falconiere, non gli era mai interessato e non gli interessava tutt'ora diventarlo; inoltre, in tutti i piani che aveva fatto per la sua vita, proprio non c'era nulla che potesse anche solo vagamente riguardare un animale impegnativo e dispendioso da mantenere come un'aquila. Magari un pappagallo, o meglio un canarino se proprio avesse voluto.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Al Mualim, Altaïr Ibn-La Ahad, Kadar Al-Sayf, Malik Al-Sayf, Roberto di Sable
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Venti punti. 
 
Venti maledettissimi punti di sutura! 
 
Malík non poteva crederci. Nemmeno in quel momento, con la mascella serrata nel disperato tentativo di non gridare mentre un'infermiera (con ovvi trascorsi da cavatore di tufo a giudicare dalla delicatezza delle sue mani) stava applicando le ultime medicazioni al suo braccio sinistro. Davvero era incredibile quanti danni avesse causato quella gallina troppo cresciuta! 
 
Kadar, l'altro colpevole di quel disastro oltre ad Altaïr, era appollaiato su uno sgabello poco distante con una borsa di ghiaccio premuta sulla testa. Il ragazzo aveva almeno la buona creanza di starsene nel suo angolo con aria contrita, a differenza del suo complice che aveva lasciato la casa di Malík stridendo ed agitandosi ferocemente dall'interno di un trasportino per gatti. 
 
Robert aveva lasciato loro i suoi recapiti, e si era profuso in una pletora di scuse dicendo loro che era assicurato e che sarebbe stato assolutamente disponibile a risarcirli di tutti i danni, ma Malík non intendeva chiedere nemmeno uno spicciolo: non riteneva il gigantesco falconiere responsabile dell'accaduto, quanto piuttosto il suo stupido fratello e il suo compare pennuto. 
 
" Mal" uggiolò Kadar appena l'infermiera ebbe terminato il suo lavoro: " Credi che potemmo chiamare Ezio? Per tornare a casa intendo… sai, per non dover prendere l'autobus… A me gira la testa…" si ammutolì però immediatamente quando incontrò lo sguardo omicida del fratello: "L'autobus va benissimo" si corresse prima di rannicchiarsi ancor di più sul suo sgabello. 
 
Il viaggio di ritorno sarebbe sicuramente stato più confortevole se avessero chiamato il loro amico Ezio per accompagnarli con la sua lussuosa automobile, specialmente per Malík il cui braccio sinistro era bloccato contro il petto da un tutore ed era quindi inutilizzabile, ma lui non era dell'umore di dover conversare con il chiassoso italiano. 
Appena arrivato a casa recuperò, non senza difficoltà, dalla sua tasca sinistra il cellulare e compose il numero dei genitori; non aveva più rivolto la parola al fratello e Kadar sapeva bene come non fosse il momento di tentare una delle sue arringhe: Malík raramente si infuriava a tal punto, ma quando succedeva era molto meglio non intralciarlo in nessun modo. 
 
"Pulcino!" trillò dall'altro capo della linea la voce della madre dei due: "Da quanto tempo! Sono così felice di sentirti! Cosa mi racconti di bello? Come stai?" 
 
"Non molto bene in effetti" esordì Malík con voce piatta: “dovreste venire a prendere Kadar. Il prima possibile se non vi dispiace" 
 
"Malík…. Avete litigato di nuovo?" 
 
"Non posso più ospitarlo da me. Quando potete venire?" 
 
La donna sospirò pesantemente, conosceva suo figlio abbastanza bene per capire dal suo tono che era successo qualcosa di grave:" Va bene… immagino che tu preferisca tenere la macchina se non lo hai fatto tornare da solo, quindi perché non lo accompagni? Venite entrambi a cena qui e poi torni a casa con la macchina. A papà manca tanto avervi tutti e due a casa, me lo stava dicendo proprio ieri…" 
 
"Nessuno dei due può guidare al momento" 
 
Il tono prima condiscendente e paziente della donna mutò all'improvviso: "Mio… Cos'è successo? State bene? Siete in ospedale?" 
 
"No, siamo già tornati. Kadar ha una leggera commozione celebrale, nulla di grave se riesce a restare fuori dalla mia portata finché non arrivate voi, io ho il braccio sinistro inutilizzabile. Nessuno dei due può guidare e non voglio mio fratello qui" 
 
"In che senso inutilizzabile? Malík, per favore vuoi dirmi cos'è successo?" 
 
Malík sospirò, giusto, doveva una spiegazione alla povera donna che sembrava in effetti sull'orlo di una crisi di nervi. Accantonò la rabbia per il bene della sua mamma e cominciò:" Questa mattina Kadar ha portato a casa un'aquila e l'ha liberata in garage. Abbiamo chiamato un falconiere per catturarla, ma quella bestiaccia l'ha attaccato e Kadar ha avuto la brillante idea di lanciarsi nella mischia. Durante la lotta hanno urtato la scaffalatura che c'è in garage e me l'hanno fatta cadere addosso."
 
"Oh Malík! Quella scaffaliera è enorme!" 
 
"Sì, e molto pesante. C'erano anche le travi di riserva del gazebo appoggiate lì contro e cadendo hanno colpito Kadar in testa, ma fortunatamente hanno anche bloccato l'aquila in un piccolo spazio da cui è stato più facile catturarla" 
 
"E tu? Eri ancora là sotto?" 
 
"Già… Sono stato abbastanza fortunato: ho solo il polso slogato e alcuni tagli" 
 
Dall'altro capo della linea Malík sentì un singhiozzo soffocato; si sentì immediatamente in colpa: "Mamma, stiamo bene entrambi e di danni non ce ne sono stati poi così tanti" tentò, la rabbia ed il rancore verso Kadar completamente dimenticati di fronte alla disperazione della donna: " È solo che io ho bisogno di un po' di pace: con Kadar in giro non riesco a lavorare e adesso sarà ancora più dura… Ho davvero bisogno di stare un po' da solo" 
 
"Certo pulcino. Papà finisce di lavorare tra un paio d’ore: appena arriva a casa partiamo. Arriviamo prima possibile, va bene?" 
 
"Ok, a dopo, grazie" 
 
"Figurati, ciao pulcino"
 
Fu solo verso sera che il campanello suonò finalmente, annunciando l'arrivo dei genitori dei ragazzi. Questa volta le patetiche scuse di Kadar non servirono a risparmiargli una severa strigliata e Malík poté aggiungere la soddisfazione di quello spettacolo al piacere di assaporare nuovamente la cucina della madre, che per consolarlo diede il meglio di sé ai fornelli. Tutto sommato non poteva negare che, in un certo senso, finire sotto la gigantesca scaffaliera per colpa di quel maledetto uccellaccio, non era stato poi così negativo considerato quanto aveva ricevuto in cambio. 
 
La casa era meravigliosamente silenziosa nei giorni successivi, e Malík poté crogiolarsi nella quiete per circa tre giorni...prima che il suo nuovo peggior incubo si materializzare nel suo salotto. 
 
Facendo la cacca sul divano per giunta. 
 
Di ritorno dalla cucina con una ciotola appena riempita di patatine, se lo trovò infatti appollaiato sulla spalliera del divano intento a guardarsi attorno come se cercasse qualcuno. Una grossa pozza di guano umidiccio faceva bella mostra di sé sui cuscini della seduta. 
 
"TU?!" Ruggì Malík tra l'indignato ed il furioso: "Cosa ci fai qui?! Sciò! Vai via!" tentò. 
 
"Cip!" Ciao Malík!
 
L'innocente gioia che Altaïr mostrò nel vederlo lo lasciò un attimo spiazzato, ma Malík non intendeva permettere a quell'incubo alato di distruggere ulteriormente la sua esistenza e la sua casa con la sua presenza. Appoggiò bruscamente la ciotola sul primo ripiano a portata di mano e corse a prendere una scopa per spaventare l'uccello e farlo scappare attraverso la finestra aperta che aveva evidentemente usato per entrare. 
 
"Fuori di qui bestiaccia!" esclamò brandendo la sua arma: "o giuro che ti… ti… Spazzo a morte!" 
 
Malík aveva un disperato bisogno di rivedere il suo arsenale di minacce. 
 
Altaïr lo osservò attentamente con la testa inclinata di lato; quindi, dopo qualche momento si chinò ad afferrare con il becco i nuovi geti legati alle sue zampe e li strattonò un po' per poi tornare a guardarlo. Il messaggio sembrava chiaro: levameli!
 
"come osi venire qui a chiedermi una cosa simile?" stridette Malík in risposta (?!) all'aquila: "vattene! Non ti voglio in casa mia!" 
 
Levameli! Levameli! 
 
Malík avrebbe davvero desiderato essere crudele quanto prometteva la sua lingua e quindi colpire duramente con la scopa quella brutta seccatura appollaiata sul suo divano; la triste realtà tuttavia era che non aveva davvero la forza per colpire un animale che in fondo non poteva capire il disastro che aveva provocato qualche giorno prima. 
 
Restava il fatto però che Altaïr non era il benvenuto a casa di Malík. 
 
"Non te li levo quegli affari, quindi rassegnati e torna da dove sei venuto" ritentò con voce autoritaria: "Avanti, sciò" aggiunse parlando lentamente e usando la punta della scopa per spingere delicatamente l'animale sul petto, dato che colpirlo proprio non riusciva nemmeno a pensarlo; magari parlando lentamente e sollecitandolo fisicamente lui avrebbe capito che doveva andarsene: gli uccelli non sono particolarmente intelligenti, si sa, quindi forse aveva solo bisogno di essere aiutato a capire… 
 
Altaïr guardò Malík, guardò la punta della scopa che affondava nel morbido piumaggio del suo petto ritraendosi però appena entrata in contatto con la pelle sottostante, quindi tornò a guardare il buffo bipede. Di umani strani ne aveva incontrati un sacco durante la sua vita, ma questo li batteva tutti. 
 
Visto che con gli esseri umani bisogna essere molto pazienti perché si sa come non siano creature particolarmente intelligenti, Altaïr ripeté in maniera più plateale e lenta la sua richiesta appena il bipede allontanò la punta della scopa dal suo petto. 
 
Levameli! 
 
Malík rimase interdetto un istante: "Aspetta, sarebbe a dire che non vuoi andartene finché non te li levo?" 
 
Altaïr ruotò la testa dall'altra parte per ravviarsi le piume in un gesto che lo aveva sempre aiutato a pensare: l'umano non aveva capito. Non completamente, anche se almeno alla faccenda di levargli i geti ci era arrivato, non intendeva affatto andarsene dopo essere stato liberato da quei fastidiosi lacci. 
 
"Non intendo scendere a patti con un pennuto" 
 
Altaïr avrebbe riso se l'anatomia del suo becco l'avesse permesso: era piuttosto lui a non avere intenzione di scendere a patti con un misero mammifero. Cosa diavolo c'era di così complicato nello sciogliere un paio di nodi con quelle strane appendici tentacolari che avevano in dotazione? Lo aveva già fatto qualche giorno prima, quindi ne era capace… che quello sciocco se la fosse presa per una misera beccatina? Impossibile, era sicuramente una questione di altro genere, del resto cosa poteva aspettarsi, se non una beccata, dopo aver fatto in modo che il metallo del suo braccialetto riflettesse una lama di luce solare direttamente nei suoi occhi? Era stato un dispetto bello e buono. Forse semplicemente non voleva obbedire. 
 
Beh, se era una gara di testardaggine quella che voleva l'umano, Altaïr era non solo prontissimo, ma anche quasi certo di avere la vittoria già in tasca… Per dirla come l'avrebbe detta un umano. 
 
  
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