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Autore: Juliet8198    29/02/2020    2 recensioni
Dall'incontro con una misteriosa ragazza, le vite e i sogni di ogni componente del gruppo non furono più gli stessi. Quale origine hanno le sue misteriose e fortuite apparizioni? Quale segreto si nasconde dietro la serie di avvenimenti in cui vengono coinvolti?
Ognuno di loro dovrà, volente o nolente, affrontare la verità che si cela dietro il suo mistero e l'ombra dei loro demoni che ha liberato.
Storia presente anche su Wattpad al profilo @GiuliaRossi321
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il lungo corridoio in cui era seduta era popolato da una decina di altri giovani che, come lei, attendevano di entrare per il colloquio. Erano tutti coreani, o almeno così le pareva, perciò sperava di non essere in svantaggio. 

Tamburellando nervosamente le dita sulla cartellina azzurra in cui conservava il suo curriculum e i suoi documenti, ripensò all'immensa soddisfazione che aveva provato una decina di minuti prima. Era entrata per la porta scorrevole dell'ingresso principale, con l'ansia nel cuore. Bodyguard numero uno si fece prontamente avanti, rivolgendole le stesse domande che aveva già sentito. Questa volta però lei era preparata. Dopo avergli detto che aveva un colloquio, vide il suo muso inespressivo darle il permesso di passare una volta constatato che effettivamente era così. 

Camminare a testa alta per i corridoi della BigHit. Sembrava un sogno, dopo tutte le volte che era dovuta sgusciare dentro pregando di non essere scoperta. La serenità e la rinnovata sicurezza le rilassarono le spalle, portandola a condurre il suo corpo in una posa rilassata e determinata. Quella sicurezza però si esaurì immediatamente nel momento in cui si sedette insieme agli altri candidati. 

"Siamo in diversi...come posso fare ad assicurarmi il posto?"

"Quante persone hanno intenzione di prendere?"

"Cosa dovrei dire per fare colpo?"

Immersa nei suoi pensieri, ci mise qualche istante per rendersi conto che era stato chiamato il suo nome. Saltando sulla sedia in modo ben poco elegante e composto, si alzò e seguì la donna in tailleur che le stava indicando la direzione. Si ritrovò in un ufficio piuttosto asettico, nel cui bianco acceso si stagliavano un paio di scrivanie scure, ricoperte di documenti. Un uomo sulla sessantina dal sorriso cordiale la salutò con un modesto inchino invitandola a prendere posto di fronte a lui. 

Beatrice iniziò a togliersi e rimettersi freneticamente gli anelli argentati che portava alle mani, spostandoli da un dito all'altro, girandoli, cambiandone l'angolazione, man mano che rispondeva alle domande di routine che il colloquio prevedeva. 

-Mi potrebbe gentilmente dire quale ragione l'ha spinta a presentare la sua candidatura?- 

La ragazza tirò un respiro profondo, cercando di controllare il tremore che le indeboliva la voce. 

-Ho sempre amato molto le lingue e vorrei poterle sfruttare in un lavoro in cui ho l'opportunità di interagire con diverse nazioni. Ho pensato che questo posto potesse soddisfare questo desiderio.- rispose lei fingendo naturalezza. 

-Capisco. E...posso farle un'altra domanda? Lei è un'army per caso?- chiese nuovamente l'uomo, fissandola negli occhi. 

"Cavolo, sono fregata...che cosa gli dico? Mento...perché chi la vorrebbe una fan scatenata nel proprio staff?"

Mentre la mente di Beatrice vorticava in un circolo vizioso di disperazione, delle parole emersero dalla sua memoria come un timido fiore in mezzo ad un deserto. 

 

-Quando ti fermi e ragioni a dovere, sei in grado di trovare soluzioni a cui nessuno avrebbe mai pensato.-

 

Un respiro. 

"Fermati."

"Pensa."

Un altro respiro. 

"Loro hanno modo di scoprire se menti. Basta aprire uno qualsiasi dei tuoi profili social per capire che sei un'army."

-Ecco...sì, in effetti sono un'army.- rispose infine, cercando di mascherare l'imbarazzo con una risatina nervosa. 

L'uomo non tolse lo sguardo penetrante da lei. 

-E mi dica...per quale motivo, alla luce di questa informazione, dovremmo assumerla in questa azienda? Capisce anche lei che metterebbe i cantanti in una situazione complicata avere una fan che ha accesso a loro e alle loro cose.- 

Beatrice fece un altro un profondo respiro.

"È questa la parte in cui fallisco e rovino tutto?"

"Allora tanto vale giocarci il cento percento."

Con una scrollata di spalle, portò gli occhi in quelli dell'uomo, cercando di rimandargli la stessa intensa sicurezza che mostrava lui. 

-In effetti, non sarebbero saggio assumere una fan. Potrebbe diventare un grosso problema e io ne sono consapevole.- 

Fece una pausa, nel tentativo di trovare il coraggio di continuare.

-Conscia di questo, ho risposto sinceramente alla sua domanda perché ero certa di una cosa. Bang-PD-nim ha basato tutta l'azienda sull'idea di trasparenza. Ho perciò considerato che un buon dipendente dovesse rispecchiare questo ideale, nonostante le conseguenze.- 

Fece ogni sforzo cosciente affinché la sua voce non si esaurisse nell'insicurezza mentre pronunciava le ultime parole. 

-Spero quindi che terrete in considerazione questo e il fatto che ho profondo rispetto per la privacy dei BTS e che il mio essere una loro fan non interferirà con il mio lavoro, in quanto tengo molto alla mia etica professionale.- 

L'uomo la fissò, restando inizialmente in silenzio. Lo percepì mentre la dissezionava, valutando e soppesando ogni sua componente. Infine, con un altro cordiale ma freddo sorriso, la congedò. 

-Grazie per il suo tempo, la contatteremo nel caso saremo interessati.-

Ringraziandolo con un profondo inchino, uscì dalla stanza. Con il petto tremante e la testa pesante, camminò per l'edificio in cerca dell'uscita. 

"Quindi...l'ho paccato, eh?"

 

Gennaio stava velocemente volgendo al termine. Non aveva mai passato l'inverno a Seoul, ma finalmente capiva il perché dicessero che era particolarmente freddo. Avvolta in una sciarpa di lana morbida che si era portata fin sopra il naso, si ritrovava seduta sul terrazzo del suo palazzo. Non era una grandiosa idea, contando la temperatura, ma il freddo l'aveva sempre aiutata a schiarirsi le idee. Le punzecchiava la testa, le mordicchiava le guance fino a farle diventare rosse e insensibili, le intorpidiva gli occhi. Era una sensazione dolorosa, ma stranamente piacevole. 

"Se ho davvero fallito il colloquio, dovrò procedere con l'alternativa."

Sospirò, compatendo se stessa. 

"Rubare il cartellino ad un dipendente...qua rischiamo la gattabuia..."

Sentendo il telefono vibrare nella tasca del cappotto, lo estrasse, immaginando che suo padre volesse sapere come stava. 

"Numero sconosciuto?"

-Pronto?-

-Casadei Beatrice-ssi, giusto?- 

L'operatore all'altro capo del telefono sembrava proprio quello che l'aveva chiamata per comunicarle che aveva un colloquio alla BigHit. La ragazza trattenne il fiato per un secondo, sentendo la testa girare. 

-Sì?-

-La chiamo per comunicarle che inizierà a lavorare presso la BigHit dalla settimana prossima, se conferma la sua disponibilità.-

 

12:17 

Il tempo non passava mai. Per la tredicesima volta, la ragazza guardò l'orologio, ma erano passati solo cinque minuti. Tutta la mattina era andata così. Lavorava e cercava sinceramente di concentrarsi, ma il suo sguardo cadeva sempre sull'orario. Era fortemente combattuta. Una parte di sé attendeva con ansia che arrivasse il momento di entrare in azione. L'altra parte era terrorizzata che sarebbe andato tutto in fumo come le volte precedenti. 

Dal momento in cui aveva messo piede alla BigHit, aveva iniziato a studiare e mettere in atto le sue mosse fino a quel giorno. Aveva contattato l'ufficio Manutenzioni, richiedendo un controllo all'impianto elettrico da cui, secondo i giornali, sarebbe partito l'incendio. Nel caso in cui la manutenzione avesse fallito, doveva assicurarsi che Jimin fosse fuori dalla sala prove. 

Gli occhi scattarono nervosamente verso l'angolo in basso del computer. 

12:35

"Forza e coraggio."

Si alzò dalla scrivania sulla quale era incollata da tutta la mattina, posta di fronte ad un non così tanto accogliente collega, che l'aveva squadrata male dal momento che aveva messo piede in ufficio. Con un inchino, si congedò con la scusa di andare a fare la pausa pranzo. 

I suoi tacchi di modesta altezza risuonavano sul pavimento in maniera ritmica e martellante, segnando i battiti del suo cuore che le sprofondava ad ogni passo sempre più verso la stomaco. Ritrovatasi al quarto piano, osservò il corridoio con le due porte gemelle, che si confrontavano l'una davanti all'altra. Inghiottendo un grumo di nervosismo si voltò, dirigendosi verso la sala prove dei BTS. Ad ogni passo sentiva una voce distinguersi sempre più chiaramente.

-Va bene hyung, vado a mangiare qualcosa. Se vuoi ti aspetto.- 

"Jungkook."

Un'altra voce dall'interno della stanza diede una risposta che non riuscì ad udire. Poco dopo, vide i capelli scompigliati e le sneaker di Jungkook comparire dietro la porta. Aveva la fronte sudata e lo sguardo incollato al pavimento, le spalle basse e cariche di qualche preoccupazione che Beatrice non riusciva a sondare. 

-Buongiorno, Jungkook-ssi.- 

Il saluto improvviso fece sobbalzare leggermente il ragazzo, che si riscosse dai suoi tenebrosi pensieri. 

-Ah-ah...buongiorno.- rispose velocemente sorridendo con un velo di imbarazzo. 

Con un inchino, la ragazza lo superò afferrando disperatamente la porta prima che si chiudesse. 

"Se la porta non si chiude, lui non rimane intrappolato dentro. Devo fare riparare anche questa nel dubbio."

Affacciandosi dentro alla stanza, Beatrice fu colpita dall'odore di sudore e dal calore intrappolato dentro. La figura davanti allo specchio si osservava con ossessionata attenzione, scannerizzando con gli occhi ogni singolo movimento ma giudicando con ostinata frustrazione ogni piccolo errore. Jimin non si era neanche accorto dalla sua presenza, preso com'era dalla sua immagine nello specchio. 

-Ehm...chiedo scusa, Jimin-ssi.- esordì lei, dopo essersi schiarita la voce. 

I due occhi scuri che fino a prima erano fissi davanti a sé si spostarono su di lei con sorpresa.

-Salve...ha bisogno di qualcosa?- 

La voce uscì dal petto ansimante del ragazzo in modo roco e affaticato. Stava spingendo il suo corpo oltre un limite che forse non doveva varcare. 

"Jungkook era preoccupato per lui?"

-Ah sì, ecco vede...a causa di alcuni lavori di manutenzione all'impianto elettrico devo chiederle di spostarsi in caffetteria.- 

Nonostante aveva provato e riprovato in anticipo, le parole uscirono comunque esitanti dalla sua bocca. 

Il ragazzo la squadrò stranito. 

-Ah...capisco.- 

Detto ciò, Jimin si diresse verso la sua borsa e se la caricò in spalla. Prima di avvicinarsi a lei, però, ebbe un attimo di esitazione. Fu impercettibile, ma Beatrice vide i suoi muscoli tremare per la fatica. Ingoiando il dolore, il ragazzo riprese a camminare non troppo stabilmente. 

Per non doverlo confrontare, la ragazza si era portata davanti a lui e aveva iniziato a scendere le scale in un teso silenzio. 

-Non l'ho mai vista qui, è nuova?- 

Sentendo la dolce voce prendere parola, Beatrice si girò sorpresa. 

"Sta parlando con me?"

-Ah, sì, ecco...io...lavoro qui da qualche mese alle Pubbliche Relazioni.- rispose balbettando in preda all'imbarazzo. 

"Insomma, ragazza, capisco che c'è un intero Park Jimin sudato dietro di te, ma cerca di mantenere un minimo di lucidità per favore."

Non era facile in effetti. Anche se si era abituata ormai ad interagire con Hoseok, date le molte volte in cui l'aveva salvato, quella era effettivamente la prima volta che incontrava Jimin. La cosa la stava mandando irrimediabilmente nel pallone. Quei pensieri però esplosero come una bolla di sapone quando i suoi occhi notarono le mani del ragazzo strette disperatamente attorno alla ringhiera, nel tentativo di sorreggersi. 

"Jimin...che cosa ti sta succedendo?"

 

Una volta giunti in caffetteria, tirò un sospiro di sollievo. Il viaggio della morte era finito. 

-Chiedo scusa, può togliermi una curiosità? Come si pronuncia il suo nome? Non riesco a leggerlo dal tesserino.-

La ragazza sbattè le palpebre un paio di volte guardando il ragazzo. 

-Io...mi chiamo Casadei Beatrice. Ma Beatrice andrà bene.- disse con malcelata insicurezza. 

Con un inchino, scappò via il più velocemente possibile. Temeva che, se gli fosse stata rivolta un'altra domanda, avrebbe mandato tutto all'aria. Mentre usciva dal locale, si aggiustò nervosamente la giacca bordeaux che indossava.

Osservando l'orologio al polso, sentì il cuore salire all'altezza della gola e la mente volare leggera verso la serenità che cercava da mesi. 

12:46 

"Non è successo niente."

"Jimin è in salvo."

Dopo qualche istante di felicità, un dolce pensiero prese il sopravvento. 

"Grazie mamma."

 

Il giorno dell'incidente era volto al termine. Era finito. Erano tutti in salvo. 

"Perché non riesco ad essere tranquilla?"

C'era qualcosa che la perseguitava nel profondo del suo inconscio, un famelico tarlo che la rodeva ancora. Non ne capiva il motivo. Nonostante ciò, ogni mattina e ogni sera guardava il telegiornale soffermandosi ad ascoltare ogni notizia. 

"È finita. Basta paranoie."

Quel terribile dubbio però non la lasciava.

   
 
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