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Autore: CrisBo    01/03/2020    4 recensioni
Il mio dosso non era l'iceberg del Titanic. Era la montagna di Maometto. Era il monte Fato appena ristrutturato. Era quel simpaticone del kraken in digiuno da quarant'anni. Era un machiavellico tranello del diavolo che persino il diavolo, vedendolo, mi aveva dato una pacca sulla spalla compatendomi. La famosa pacca di consolazione del diavolo era, in realtà, Yoongi che mi guardava con aria tremendamente
demoniaca
paradossale, sembrava che stesse pensando a 101 modi per uccidersi e, allo stesso tempo, a quale nome dare al suo futuro chiosco di carne.
************
Seoyun è innamorata del suo migliore amico, vive con Namjoon e Yoongi e dovrà affrontare, durante un'estate particolare, il grande fenomeno del tempismo effetto sorpresa, con una bolgia di amici in conflitto coi problemi che la vita comune regala. Durante la stagione più calda, frizzantina e soleggiata dell'anno cosa potrebbe andare storto, in fondo?
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Jung Hoseok/ J-Hope, Kim Seokjin/ Jin, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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14 ~ Lui era
 
 
ㅇㅅㅇ




 
Come ogni donna che si rispetti avevo deciso di dare un senso alla mia ennesima nottata insonne.
Mi ero ritrovata davanti allo specchio a guardare la mia immagine riflessa, con un paio di forbici in una mano e una strana tintura per capelli dall'altra. Sapevo che si trattava di uno dei tanti tubicini che Namjoon si divertiva a mischiare per impiastricciarsi le ciocche quando decideva che fare la persona seria non valeva la pena.
Ero riuscita a ricreare un colore lilla-grigio-cenere-suora degna di nota ma non ero sicura che sarebbe stata un'ottima risposta al mio io interiore.
Monie mi osservava seduto nello spazio doccia con il tipico sguardo di compatimento canino, la lingua di fuori e l'occhio critico di chi stava dicendo che la tua vita faceva già schifo abbastanza, non c'era bisogno di rovinare anche la tua immagine esteriore.

Decisi che aveva ragione lui, così lasciai la tinta nel dimeticatoio ma cominciai a tagliare via strati di capelli.
Ero un cosplay perfetto e nostalgico di Mulan, provai a imbastire le stesse espressioni mentre lasciavo cadere ciocche di crine dentro il lavandino. Non avevo mai avuto i capelli particolarmente lunghi, ma erano cresciuti abbastanza per permettere alla gente di notare un cambiamento. Dopo svariati improperi, calcoli millimetrici e video su youtube sulle tecniche giuste per non fare un disastro ero riuscita a creare una parvenza di taglio più o meno decente.

I capelli a caschetto non mi facevano sembrare un fungo, come mi sarei aspettata, per via dell'innaturale ondeggiamento genetico che avevo, e dopo attimi di analisi decisi che quell'aria mi faceva sembrare più punk, allontanando con quella sferzata di novità la mia aria ormai attempata. Mi sentivo più fresca, più leggera e decisamente più pronta ad affrontare la vita. Probabilmente a parlare, dentro il mio cervello, era solo il sonno che chiedeva pietà ma decisi che era un buon punto per iniziare. Per ringraziare il mio fido voyeour decisi di fargli fare un'uscita notturna extra, portandolo in uno dei suoi parchetti preferiti, sotto casa.

L'aria della notte era qualcosa che mi piaceva particolarmente. Non c'era anima viva in giro, la città era silenziosa ma, di tanto in tanto, notavo qualche essere umano respirare quella solitudine insieme a me. Qualche lavoratore sfuggito all'ovile, qualche vecchietto in pensione con troppa  voglia di fare, qualche innamorato che non riusciva a lasciarsi andare alla notte. 
Lasciai libero Monie di scodinzolare e contaminare qualche aiuola, mentre io rimasi dentro il parco dello stabile a guardare il cielo che si schiariva, pensando a quanto quell'estate stava cambiando ogni cosa certa della mia vita.

Abbandonai i pensieri molesti, lasciai indietro il magone, la nostalgia, il dolore e provai a sentire il famoso senso di libertà che Yoongi aveva cominciato a predicare con tanta foga, ormai adepto di questa nuova setta. L'aria  fresca mi carezzava la pelle e ora sentivo molte più vibrazioni alla base del collo, donandomi una pace imposta più sentita e invasiva. 
Ma fermare la mente era impossibile, anche in quei casi, così che cercai di comandarla come meglio potevo. Chiusi gli occhi e provai a immaginare di nuovo la mia realtà illusoria, l'unica nella quale potevo sguazzare dentro senza sbattere contro dossi, iceberg o donne sconosciute.

Vidi Namjoon e Agnes, davanti a me, seduti su un tavolo di una caffetteria organica a parlare come due adolescenti, a ridere. Ridere molto. Allungare le mani per sfiorarsi, per sentire di nuovo qualcosa.
Vidi Yoongi e Jimin, spintonarsi e riacchiapparsi, lungo la stradina di una ferrovia abbandonata. Si rincorrevano, insultandosi, per poi saltarsi addosso, stringersi i capelli, scivolare a terra e darsi un bacio rapido, prima di rifarlo ancora e ancora.
Vidi Taehyung e Yurim, a bordo piscina, mentre lui la spingeva sott'acqua, stringendole le gambe, poi la faccia, creandole espressioni più che buffe, baciarla in continuazione mentre i suoi capelli lunghi lo avvolgevano come una spirale di fuoco.
Vidi Jungkook ancora libero, ancora in preda ai deliri della sua giovinezza, ubriaco di risate e di amicizie, pronto a prenderci in giro per ogni cosa, salterino nel posto adibito per lui da ognuno di noi.
Vidi Hoseok e Emily all'altare, mentre si scambiavano le promesse, davanti alle lacrime di tutti, ma soli nel loro infinito viaggio. Chiusi nella loro personale storia, dove nessuno poteva entrare, dove tutto sarebbe rimasto, tagliando via le differenze  sociali, la distanza, le paure. Amandosi davanti a tutto quello.

Mi bloccai, deglutendo a vuoto, mentre potevo sentire Monie inseguire animali di dubbia natura intorno alle altalene per i bambini.
Ero riuscita a rimanere calma, stoica e sognatrice. 
Ma lui stava sgomitando prepotente, distruggendo l'ultima immagine di un Hoseok che sorrideva verso Emily, prima di piazzarsi davanti ai miei occhi, con la mano tesa verso di me e un sorriso pieno.

E finalmente mi vidi, che prendevo la sua mano, che mi lasciavo trascinare nella pista da ballo illuminata da luci a intermittenza, mentre tentava di stringermi la schiena, avvicinandomi a lui. Mi aveva infilato un fiore tra i capelli, mi aveva dato uno sbuffo sul naso, mi aveva donato uno sguardo così dolce da distruggere anche il cuore più roccioso.

Aprii di scatto gli occhi scacciando via quell'immagine, mentre mi tastavo lo sterno in preda ad un battito cardiaco troppo accelerato. Cercai urgentemente Monie che aveva deciso di scavarsi la fossa da solo, forse pensando che avessi deciso di dare fine alla mia esistenza per poter evadere indisturbato, ma non appena lo richiamai corse subito da me.

Era stato un attimo. 
Era ritornata prepotente la sensazione che avevo sentito la sera in cui Jin aveva bussato alla mia porta, di notte, svegliandomi dal mio eterno sonnambulismo. Non l'avevo detto a Minno quel giorno, ma forse avevo davvero sentito qualcosa. La famosa sensazione mai provata prima, ma non potevo alimentarla solo tramite la mia fantasia. Non era giusto, sarei ricaduta di nuovo nel tranello del diavolo, rifugiandomi in una realtà tutta mia, lasciando scorrere la vita vera senza fare niente.

Però avevo lasciato la porta sempre aperta, questo me lo dovevo in fondo.

Decisi che era tempo di smetterla di stare ferma sugli allori, così tornai a casa e finalmente riuscii a dormire le mie ben tre ore di sonno ristoratore.

Il giorno dopo filò via con la velocità ad improbabilità infinita.
Grazie alla magnifica predisposizione a notare i dettagli, nessuno dei miei coinquilini notò la differenza del mio nuovo look di capelli, almeno non nelle prime tre ore. Non la presi troppo sul personale, in fondo avevo rinunciato alla tintura, probabilmente avrei fatto più effetto sfoggiando quella bellissima chioma argentea sirena degli abissi. Mandai giusto una foto a Yurim durante il pomeriggio, che mi rispose solo un "RIP" che poteva avere tanti significati, mentre la mia capa mi riempì di complimenti dicendomi che sembravo più giovane. Non so quanto fosse un complimento in effetti, ma non potevo fare la schizzinosa.

La sera arrivò talmente prepotente che ero pronta a boicottare tutto, colta dalla mia solita paura di un'uscita così maestosa. Grazie a Buddha, avevo un Namjoon come sostenitore particolarmente prestante quella sera, tanto che, dopo almeno seicento cambiamenti d'abiti, mi convinse ad accettare la nostra magnificenza, cimentandoci in rispettabilissime mosse da top model davanti allo specchio, per pregustarci quel modo classic-elegante in cui avevamo deciso di infiltrarci. 

Sembravamo due agenti di man in black, o due becchini a seconda dei punti di vista, entrambi vestiti di nero, lui con gli occhiali da sole e io con un fiocco a cappio sul colletto della camicia. Yoongi e Jimin ci guardavano con aria divertita, mentre quest'ultimo ci scattava foto come un vero paparazzo, chiedendoci anche di metterci in posa.
«Ragazzi ma siete proprio sicuri di volervi mostrare in pubblico così?»
«Ah piantala Yoongi, siamo bellissimi.» Si lagnò Namjoon, passandosi una mano tra i capelli gellati all'indietro.
La mia capa sarebbe morta vedendolo in quelle vesti, ne ero sicura.
«Ah bè-»
«Dai Yuki» captai il nomignolo  che Jimin diede a Yoongi come una vera gossippara di tabloid «non fare il solito, sappiamo che sei solo invidioso perché vorresti andare con loro.»
«Non penso proprio.»
«Ma non dovevate andare al cinema voi due?» Dissi io, lisciandomi la gonna stretta.
Per l'occasione avevo messo un paio di sandali con mezzo tacco, un evento raro. Speravo di spaccarmi le caviglie e dover rinunciare, ma scoprii di essere un'equilibrista discreta. Yurim sarebbe stata particolarmente fiera di me, per quello.
«Sì, aspettiamo che arrivi Jungkook.»
«Scommetto che il film l'ha scelto Yoongi, eh?» Fece Namjoon, ridendo, mentre mi sistemava il colletto, ormai in fase da sarto.
«Oh senti, non possiamo sempre vedere i prodotti commercializzati dalle multinazionali.»
«Sì ma quando è il tuo sempre? Se ti vai a vedere "Star Wars" mica muori.»
«Non nominatelo, vi prego. L'ha già visto, ha già litigato con chiunque in sette forum diversi per il finale. Non riapriamo vecchie ferite.» Allarmò Jimin, sventolando le mani.
Yoongi non commentò, si limitò a girare gli occhi al cielo prima di rubare la macchina fotografica di Jimin con una mossa e farci una foto.
«Fate una faccia brutta.»

Sia io che Namjoon sperimentammo smorfie altolocate e fiere, con piegamenti di braccia e gambe che nessun contorsionista poteva invidiarci, prima di sentire il suono di un citofono che ci fece sobbalzare, ridandoci la dignità perduta. Io mi guardai un'ultima volta allo specchio, il mio animo così ondeggiante era nascosto sotto chili di angoscia interiore. Non mi piacevo per niente, avevo messo troppo rossetto, troppa matita nera, troppa faccia, troppa pelle, troppo tutto, ma ormai non potevo tirarmi indietro e, di certo, non potevo confidare nella caduta di un meteorite sopra il ristorante, mi sarei sentita un po' troppo in colpa. 

Namjoon si ammirò nella sua sicurezza ancora una volta, prima di afferrarmi un polso, guardandomi con occhi sottili. Studiai la sua faccia come una vera ricercatrice, invidiai per un secondo quel suo fascino genetico, tanto che mi sentii una nutria spastica davanti a lui.
«Regola numero uno?»
«Non vomitare sulla macchina di Agnes?»
«No, te l'ho detto mille volte, dai.»
«Se mi fai questo segno» feci un occhiolino un po' troppo sentito, schiacciando mezza faccia «vuol dire che devo tornare a casa in taxi.»
«Uoh, che altarini ragazzi, sul serio?» Disse Jimin, guardandoci con occhi a palla.
«Nam ma perché ti scegli sempre le vecchie?» Continuò Yoongi.
«Ma non è mica vecchi- oh ma allora, non era questa la regola.» Si lagnò Namjoon.
«Sai che a lui piacciono mature.» Continuai io, guardando gli altri due, con aria colta.
«Ecco perché arrossiva sempre quando la signora Soki gli portava i volantini della chiesa!» Continuò Jimin.
«Esatto; se non hanno almeno sette rughe per occhio non vanno bene.»
«Eh l'esperienza, fa gola.» Continuò Yoongi.
«Ma la piantate? Dobbiamo davvero cominciare il discorso sui gusti personali di tutti i presenti in questa stanza?»
Con quella tecnica ci fece zittire tutti. 
«La regola numero uno è: divertiamoci. Qualsiasi cosa accada, promettimelo.» Continuò lui dandomi una pacca spacca clavicola.
Feci un sospiro, abbozzando poi un sorriso a mille denti, arricciando tutto il naso.
«E va bene Nam-hyung» dissi io, alzando un pollice «prometto che ci divertiremo come non mai, ma ti prego non farmi licenziare.»
«Ci penserai tu stessa a farlo.» Prendendomi per le spalle, con quella velata minaccia di perdita di lavoro, indicò gli altri due con un indice minaccioso. 
«Se tornate prima di noi non fate ubriacare Jungkook, ve ne prego. Su quel divano non possiamo più sederci.»
«Pure camera mia è stata contaminata, vorrei ricordarlo.» Continuò Yoongi.
«Motivo in più per non farlo bere.»
Mi sentii responsabile di quella sorte quindi non dissi niente.
«Sì va bene capo-branco. Divertitevi. Ah mi raccomando non spezzare il cuore a quella povera donna col tuo sauver foir.» Rispose Yoongi, puntandoci addosso un dito a canne mozze. «E Seo, ti curo, mi raccomando.»
La seconda velata minaccia da parte di Yoongi mi  fece uscire dalla stanza un po' frastornata, ma con una grinta un po' più vitale.

Al citofono era Agnuska, era venuta a prenderci entrambi con un macchinone che sembrava una nave spaziale ad alto costo. Sicuramente l'aveva affittata per l'occasione. Non appena vide Namjoon Sentii un poco decoroso sospiro di feromoni, la cosa mi provocò un senso di vergogna estrema tanto che mi gettai in macchina e aspettai che loro finissero i loro convenevoli su quanto fossero belli ed eleganti e svariate parlantine da intellettuali.
In macchina aleggiava una musica soft, di un qualche cantante coreano in piena crisi d'amore, giusto per alleggerire quel momento.

Seoul di sera era un posto ancora più magico, amavo guardarla sfrecciare dal finestrino, che fosse di una macchina o di un treno, mentre le luci la rendevano viva e i rumori erano più meccanici e l'aria più fresca. Era un tripudio di insegne e di gente ebbra di vita, tolte le vesti da lavoratori e studenti, si trasformava in una vera e propria casa dei balocchi. Le persone erano più felici, le coppie erano più innamorate e le famiglie erano più unite.
Mi convinsi che aggrapparmi a quel pensiero sarebbe stato il miglior metodo possibile per superare quel nervosismo crescente e mentre quei due parlavano di tutto e di più, io chiusi gli occhi provando a riprendere il controllo.

La macchina si fermò davanti ad un grande palazzo, un grattacielo con almeno settecento piani. Il nostro ristorante era là sopra, da qualche parte, con una delle migliori viste che potevi avere di Seul. Non tutti i piani erano illuminati, ma delle insegne indicavano che lì erano presenti almeno tre ristoranti, un cinema e anche stanze da affittare. 
C'era un gruppo di gente ad attenderci, alcuni miei colleghi, altri che non avevo mai visti, clienti stranieri e i grandi capi del monte, alcuni avevano portato mogli, mariti e fidanzati. Altri erano già pronti ad un cuccamento estremo, visto il livello di colonia che aleggiava sulle nostre teste. 
Salutammo tutti con vigoroso rispetto, mentre aspettavamo gli ultimi giunti.

«Tesoro, il tuo accompagnatore? Non dirmi che alla fine non hai invitato nessuno?»
«No-no è che, si perde sempre, è in ritardo sicuro.»
Jin in ritardo era uno dei motivi per  cui non mi stavo allarmando, anche se in realtà la mia calma superficiale stava urlando in ottomano dentro di me. Namjoon se ne accorse e mi diede una gomitata, prendendo il telefono.
«Lo chiamo se vuoi.»
«Sì, così lo fai arrivare al confine. Hai il senso dell'orientamento peggiore di tutti.»
«Che crudele che sei.» Si lagnò lui, sghignazzando. 
Non volevo già sottolineare i suoi difetti davanti alla mia capa ma era risaputo che Namjoon aveva bisogno di mappe spaziali per arrivare nei posti; una volta lui e Jin decisero di visitare un Tempio nella città di  Gyeongju , non so come arrivarono a Yongin che aveva circa ben 230 chilometri di differenza. Non ci fu mai spiegato come avessero fatto, ma alla fine visitarono una casa di bambole di stoffa, portandosi a casa dei souvenir inquietanti.

«Oh Seo con un uomo? E che è successo? Cascato il mondo?» Hyun Ki Bin ci si affiancò, prendendomi in giro.
«È provato che il cambiamento climatico è solo colpa mia, infatti.» Dissi io, cercando di ridere.
«Ti sorprenderà sapere quanti sessi maschili gironzolano intorno a lei.» Namjoon provò ad aiutarmi, sorridendomi, ma io lo fulminai con uno sguardo allarmato.
Hyun Ki Bin sgranò gli occhi. Agnes fece un colpo di tosse mascherato da risata, o viceversa.
Namjoon s'accorse dell'uscita infelice, grattandosi la nuca.
«Non intendevo in quel...senso, forse mi sono spiegato male.»
«Ah davvero?» Pigolai io, piena di vergogna. 
«Oh ragazzi, Seoyun è una ragazza che non ha bisogno di sentirsi sovrastata da un patriarcato che la obbliga a insidiarsi in una società che la vuole perennemente al fianco di una figura maschile per darsi un valore.»

Agnes mi diede una stretta sulle spalle, da vera donna rivoluzionaria, facendomi fare un sorriso più ristoratore. Il mio collega sembrava non aver capito una parola. Namjoon aveva lo sguardo di chi si era appena innamorato, mentre io la guardavo con aria grata e fiera. Ero davvero fortunata ad avere lei nella mia scala meritocratica; per quanto avevo lasciato al mio cuore la libertà di comandarmi il più delle volte, non mi ero mai sentita inferiore rispetto alle mie amiche accoppiate. 
Ed ero sicura che la sua influenza contasse molto in questo. 
Namjoon poteva benissimo dimenticare la sua dentista, Agnes avrebbe battuto chiunque.

«Sì ma quindi, 'sto ragazzo dov'è?» Riprese Ki Bin.
Ki Bin mi riportò alla realtà dei fatti piuttosto velocemente.
Quasi venti minuti di ritardo. Qualsiasi persona normale avrebbe alzato il telefono e chiamato ma non potevo, sarei sembrata una disperata. Il fatto che lo fossi sul serio non doveva trovare solide radici.

«Stanno cominciando a salire, è meglio andare o cominceranno a mangiare senza di noi.» Disse il mio collega, facendomi impanicare il triplo.
«S-sì, magari gli dico che siamo già al ristorante, avrà trovato traffico.» Balbettai io mentre sfilai accanto a Namjoon. 
Quello mi prese per un braccio, guardandomi con un'aria compatita.

Accidenti, perché non riuscivo a nascondere la delusione? Non volevo che si rovinasse la serata per stare dietro a me. 
«Sto bene, tranquillo. Lo dovevo immaginare -»
«Stasera farò il karaoke, deciso.» Ammise lui, facendomi stranire. Mi misi a ridere, immaginando la meravigliosa scena, mentre annuivo.
«Sai che potresti casualmente finire in un video sulla chat di gruppo?»
«Ne sono consapevole,ma potrei sempre ricattarti per non farlo.»
«Non hai le basi per farlo.»
«Scommettiamo? Tazza del lama.»
La tazza del lama era stato un regalo di Jimin, l'unica vera tazza della mia vita, la usavo per ogni bevanda esistente. Avevo minacciato di morte Namjoon nel caso avesse solo anche pensato di rompermela, involontariamente o no. 
«Non osare, maledetto.»


Stavo quasi per entrare dietro la fila di gente quando Agnuska mi fermò per un braccio, guardando un punto dietro di me. 
«Credo che il tuo principe sia arrivato, bellezza.» Mi sussurrò all'orecchio mentre mi voltavo giusto in tempo per vedere Jin correre verso di noi.

Non lo vedevo da quasi tre settimane ormai, abituata com'ero a vederlo tutti i giorni, mi sembrò di avere una visione. Aveva un completo nero anche lui, non so perché mi meravigliavo essendo un completo tipico per quelle cene, e una camicia azzurrina. Era un po' spettinato per la corsa e non appena ci vide, sfoderò un sorriso enorme. Lo feci ache io, evidentemente, perché non riuscivo a controllare i miei muscoli facciali in quel momento.

«Aaaaah, scusate il ritardo, il taxista mi stava parlando dei problemi con sua moglie che vuole trasferirsi dalla suocera, non mi lasciava più andare. Avevo paura di non fare in tempo.»

Si inchinò davanti agli altri, alcuni lo riconobbero e subito ci furono saluti rispettosi assoli di nomi. Lo guardavo, nella mia profonda analisi interiore, constatando che lui sembrava il solito Jin, niente di diverso, niente di insolito. 
Agnes mi sussurrò un "ammazza, non me lo ricordavo così figo il tuo amico" che mi fece sotterrare fino a raggiungere il nucleo dalla terra ma, per mia fortuna - o sfortuna, Jin mi si avvicinò guardandomi con un sorriso che diventava sempre più pieno. Sembrava felice di vedermi e sperai che lo fosse quasi quanto me.

«Allora, sei pronta ad una serata memorabile?»
«Ahn? Oh, eh sì - memorabile, lo vedremo.»
«Ti sei tagliata i capelli?»
Mi scrutò la testa, con una faccia un po' critica, prima di formare le labbra un po' a pappagallo.
«S-sì, una...volevo fare, insomma, un taglio drastico.»
«Stai bene.»
Erano lontani i momenti in cui i complimenti erano un po' diversi, un po' più da Jin, ma la cosa mi provocò lo stesso un imbarazzo recondito e abbozzai un sorriso timido, patetico, da una che si era pentita di essere uscita di casa e di stare lì davanti a lui.
Ma lui fece la stessa cosa dell'altra volta, mi pinzò la testa dandomi una leggera spinta, ridacchiando.
«Lo sai cosa sto per dire, vero?»
«Non bene quanto te, lo so.»
«Brava ragazza.»
Mi prese a braccetto e io mi Sentii ribollire la faccia. Namjoon sghignazzò come un matto per tutto il tempo, chissà con quale pensiero da scemo in testa.








Il ristorante era un miscuglio tra cucina coreana e giapponese, avevamo prenotato per due grandi tavolate, vicino ad un finestrone da cui si vedeva l'intera Seul, illuminata e spavalda. Erano già filtrati litri di shot, calici e boccali tanto che eravamo tutti già ubriachi prima degli antipasti, il locale era pieno, c'era una luce soffusa che rendeva quella cena molto intima e una musica leggiadra aleggiava nell'aria mentre mandrie di camerieri volavano nella sala, che era suddivisa in due parti da un separè di bambù. Alcune donne succinte, eleganti e dal viso rifatto intrattenevano i maschi del gruppo mentre alcuni di noi traducevano per gli stranieri: c'era un signore di mezza età americano e un ragazzo australiano. 

Namjoon e Agnuska si erano cimentati in un imboccamento a vicenda molto da coppietta, tanto che alcuni colleghi cominciarono a prenderli in giro, facendo schiamazzi poco eleganti. Io e Jin eravamo seduti quasi al confine di uno dei tavoli, di fianco avevamo una ragazza mai vista e un collega proveniente da un'altra filiale.
«Ma Nam e Agnes sono...?»
«Non chiedermelo non voglio saperlo voglio dimenticare tutto i miei occhi aiuto.»
Non presi neanche un respiro, o una virgola, immergendomi in una nuova ciotola di cibario piccante.
«Questa volta si sono dati da fare con il buffet, non finirà neanche tra un anno tutto questo cibo.»
«Sì, ma è sempre così prima delle vacanze estive.»
«Non vedo l'ora di trovarmi un lavoro così anche io.»
Commentò Jin mentre afferrava un polipo e un'alga e qualcos'altro mangiando allegrotto. Intanto il karaoke era stato inaugurato da un signore, che stava ululando parole incomprensibili rovinando una canzone, ma una signora piangeva guardandolo e mi resi conto che doveva essere dedicata a lei.
Per fortuna che l'amore, oltre che cieco, è anche sordo.

«Allora Seo, cosa farai durante le ferie? Non dirmi niente come tuo solito, avrai pure delle idee.» Ki bin,  davanti a noi, subentrò nella conversazione.
«Avevo intenzione di non fare niente, in effetti.»
«Mh, probabilmente andremo in qualche anfratto archeologico sperando d non morire.» Mi aiutò Jin, mentre rubava un gambero insalsendolo di soia.
«Con tutto il rispetto, Kim, ma non può passare la vita dietro a voi.» 
Per poco non mi strozzai con un onigiri, mentre guardavo il mio collega con sguardo stralunato. 
Jin si bloccò, guardandolo con aria torva.
«Cosa, scusa?»
«Oooh no niente, non offenderti, è che speriamo tutti di vedere la nostra Seo sposata, con un bel pancione, insomma ormai è quasi vecchia.»
«Quasi vecchia? Ma ti ammazzo - » borbottai io mentre quello rideva divertito, a quanto pare il potere di Agnes si stava affievolendo, colpa della distanza periferica tra noi e loro. Il mio collega aveva un umorismo un po' sessista, non mi dava particolarmente fastidio, ma alla lunga era ridondante. Ogni volta mi controllava le dita per vedere se avevo anellini particolari, gioielli, promesse e fidanzamenti in atto.
«Seo si sposerà quando avrà voglia di farlo, se ne avrà voglia. E per quanto riguarda la mamma, bè sono sicuro che si nutrirebbe dei suoi figli, non è proprio bambino-portata.» Di nuovo Jin, a quanto pare salvatore della mia situazione da nubile. 
La cosa stava cominciando a farmi formicolare le dita.
«Guarda che quello che fa arrabbiare le bambine sei tu, io sarei una mamma fantastica.»
«Sì, nei tuoi sogni.»
Lo sgomitai, lui sgomitò me e ci fu una breve battaglia di mani che si picchiettavano tra loro, tanto che il mio collega ci guardò con aria un po' confusa.

«Dovrebbe dimenticarsi di quel suo amico, è ora che si guardi in giro. Te mi sembri un tipo a posto.»
Jin e io ci fermammo, andando a guardarlo. Io provai a strozzarlo con l'aiuto della forza, Jin pescò un altro shot che ingurgitò a goccia.
«Sììì bè, non è facile levarsi dalla testa uno come Hoseok. Farei fatica anche io.»
Guardai Jin provando la tecnica di Darth Vader su di lui ma non funzionò, così che decisi di buttarmi sull'alcol anche io.
«Ma la piantate di parlare di me come se non ci fossi?»
«Ma io non parlavo di Hoseok, seh addio quello ormai è inarrivabile.»
«Vaa bene, basta, perché non assaggi questo coso algoso, sembra buonissimo!»  Lanciai una ciotola verso Bin, provando a soffocarlo con le bacchette, mentre quello per poco non si sbrodolò tutto, intanto Jin mi guardava con aria un po' confusa. 

«Oh Seo tutta la camicia, l'avevo fatta stirare  giusto per l'occasione.»
«L'universo ti sta dicendo che non devi stirare più, infatti.» Dissi io mentre riprendevo a mangiare. Pescai da una padella gigantesca qualche pezzo di carne, rossa come l'inferno, sperando che il bruciore del piccante mi sciogliesse la carotide.
Speravo che Jin non avesse colto le sue parole, ero sicura del non sono diventata matta per cento, che non avevo mai parlato dei miei problemi sentimentali con lui, né teorie, né cospirazioni, né paranoie, né dilemmi.
Mi ricordai improvvisamente di Agnuska, che faceva supposizioni su chi sarebbe stato il mio futuro trastullo, e nel suo essere una pettegola involontaria doveva aver nominato nomi innominabili. Non ne ero sicura ma non potevo assolutamente rischiare, così diedi inizio al mio infossamento personale.

«Ragazzi, momento karaoke! Io mi butto!»
Mi guardarono entrambi come se avessi appena detto che avrei ucciso tutti, al tavolo. 
«Cooo-ooosa, miss boicottatrice serale a cantare una serenata? Di solito ti devo pure costringere a parlare con la gente. Non sarai mica diventata romantica, eh?»
«No, ma ho abbastanza alcol in corpo per poter fare questa follia prima di morire.»
«Ehi aspetta -» Quello si catapultò fuori dalla panca, alzandosi in piedi e porgendomi la mano. «Facciamo un duetto io e te.»

Quella richiesta fece girare anche alcune persone lì presenti, mentre una ragazza sospirò d'amore. Guardai Jin, come ancora di salvezza per quella proposta ma lui mangiava noncurante, come se neanche avesse sentito.
«Ahm - non posso, ho promesso che duettavo col mio accompagnatore, poi s'offende.» Provai io come ultima scusa. 
«No no, vai pure. Sto mangiando.» Mi disse Jin, senza neanche guardarmi in faccia, con un tono così serio che mi schiaffeggiò via ogni barlume positivo.

Ero riuscita a far crollare quell parete tra di noi e ora si stava di nuovo rialzando, per colpa di chissà quale offesa. Avrei dato 300.000 won per chiunque fosse riuscito a capire la testa di Jin in quel momento, compresa me stessa. Mi sarei auto-premiata. 
Intanto il nostro duo-canoro fu preso così bene dal tavolo che ci fu un vero e proprio incoraggiamento a cantare. Provai a cercare la salvezza in Namjoon ma quello era il tifoso più attivo di tutti, aveva preso pure a urlare come se fosse in uno stadio. 
Avevo gli occhi di tutti addosso mentre oltrepassai il tavolo andando ad affiancare il ragazzo, quello mi prese per un polso e mi trascinò letteralmente sul palchetto del karaoke, andando a scegliere la canzone. 
Provai a guardare Jin di nuovo ma era l'unico che non ci fissava. Mangiava e basta. 

Dio, che tortura.

«Che ne dici di questa?»
Guardai il titolo e per poco non mi venne un embolo. Non solo il danno ma anche la beffa, mentre neanche aspettò la mia risposta che cominciò a partire quella musichetta che fluttuò tra gli altoparlanti. Cominciai a sentire il cuore battere fortissimo, avevo gli occhi di tutta la sala addosso e quando mi piazzò in mano il microfono ero sicura che sarei svenuta.

Ma invece non lo feci, Ki Bin prese a cantare per primo mentre una canzone famosa dei The Police, una delle canzoni romantiche d'eccellenza, ci faceva da sfondo. E allora chiusi gli occhi e cominciai a stargli dietro, aprendo le labbra e sperando che l'alcol facesse il suo dovere. 

E così ritornai dentro la mia immaginazione, pensando di essere altrove, di essere su una spiaggia, di essere davanti ad un piccolo falò mentre il mare era calmo e le stelle nel cielo brillavano. Immaginai una sera, dell'estate scorsa, mentre un ragazzo mi prendeva le mani per fare un gioco stupido, mentre mi sotterrava i piedi nella sabbia, mentre intagliava un'anguria per farci dei caschi spaziali anti-pensieri. 

Cantai ogni parola, non so se in maniera stonata o no, non ero sicura neanche che stessi andando a tempo con il mio collega perché non stavo guardando le parole, la conoscevo quella canzone, l'avevo canticchiata spesso nella mia mente come possibile dedica ad Hoseok, durante il liceo. Ma ora non vedevo lui, non lo vedevo più da un po' di tempo.

Quando riaprii gli occhi sapevo già dove stavo puntando lo sguardo e mi accorsi che lui stava guardando me, con ancora una palla di cibo al lato della guancia, le bacchette sollevate e uno sguardo misto tra il sorpreso e qualcos'altro che non riuscivo a definire. Provai a sorridere, nel mio canto, prima di sentire Ki Bin toccarmi una spalla, facendomi voltare, cantandomi in faccia delle strofe. Lui non era molto intonato, ci metteva troppo pathos nella canzone e mi fece ridere, smorzando quell'effetto romantico. 

Si inginocchiò persino mentre dalla sala partirono degli urli e dei fischi, facendomi venir voglia di sparire in quel momento. Per mia fortuna la canzone finì dopo un'altra strofa, e si levarono in cielo applausi divertiti, qualcuno urlò anche BIS ma io mi defilai quasi subito, ringraziando il mio collega con una minaccia di morte. Stavo già per dirigermi al tavolo che mi  bloccai di botto.

Jin non c'era più.

Quando cavolo s'era alzato?
Andai a guardare Namjoon notando che stava fissando un punto imprecisato, con ancora l'ombra di un applauso tra le mani.
Mi avvicinai a lui, infatti, mentre Agnes si complimentava per il mio coraggio improvviso.
«Non ho filmato, accidenti a me.» Lo sentii dire prima di invitarmi ad avvicinarmi. «Ehi vagli dietro, mi ha detto qualcosa tipo che non poteva più restare, non so quale turba tu gli abbia causato ma mi sembrava parecchio nervoso.»
«Porca miseria ladra, che stupida stupida stupi» cominciai io.
«Cara, vai.» Mi incitò Agnuska.
«Sì cara, vai.»  Continuò Namjoon, accecandosi con una stanga degli occhiali, mentre se li infilava dietro l'orecchio.

Con quelle esortazioni non potevo aspettare oltre.
Mi scusai verso Agnes e altri capi per l'improvvisa fuga, girai i tacchi e cominciai a incamminarmi fuori. Appena fuori dalla sala presi a correre più veloce che potevo, convinta che mi sarei sfracellata le gambe, mentre mi fiondavo per le scale. Per quale motivo avevo deciso di mettere dei sandali con un tacco lo potevo sapere solo io. Se era uscito dall'edificio non lo avrei mai raggiunto, c'erano almeno trenta rampe di scale da fare.  Potevo prendere l'ascensore ma avevo sempre odiato l'attesa dei piani, confidavo più nelle mie gambe.

Per fortuna la mia scelta stradale fu premiata, perché lo trovai mente era intento a camminare lungo un corridoio lungo quanto una coda all'ora di punta, vicino ad una lunga vetrata che s'apriva sul cielo di Seul e i tetti dei palazzi più alti.
Era un'immagine onirica, da togliere il fiato, se non fosse che tutta la mia attenzione era solo per la schiena di quel ragazzo che stava allontanandosi da me. Di nuovo.
«Jin aspet- aspetta, cazz- mi sto uccidendo i piedi, per favore,»
La raffineria non era il mio forte, ma sentii un crack pericoloso e mi fermai a qualche metro di lui.
«Dove - dove stai andando, la cena non è neanche a metà. Devono ancora portare i kimchi e so che hanno preparato dei dolci richiesti proprio dai grandi cap-»
Lui si fermò e si  voltò, bloccando ogni mia parola.

In quell'istante sarei voluta morire sul serio. Lo guardai in volto e vidi che aveva gli occhi completamente lucidi. Possibile che gli avessi fatto lo stesso effetto che mi fece lui, al karaoke? Ma era impossibile, a differenza sua io cantavo come una cornacchia con le gonadi, non c'era paragone.

«Jin...»
«Perché mi hai chiesto di venire? Per ...per avere qualcuno da sfoggiare stasera? Perché non volevi essere l'unica senza un accompagnatore?»

Qualsiasi sensazione anche solo lontanamente positiva venne spazzata via davanti a quelle domande, facendomi sentire un vuoto allo stomaco non indifferente.
«N-no ma che dici ...non puoi pensare davvero che ti abbia chiesto di venire per questo motivo.»
«Dai Seo, non ci parliamo da un mese. Da quando te ne sei andata da casa mia come una stupida, facendomi sentire il peggior traditore dell'universo.»

«Traditore?» Domandai io, allibita.

Vidi che si stava irritando sul serio e quegli occhi, così lucidi e dolorosi, non riuscivo proprio a reggerli; notai che quel suo tic alla palpebra era più insistente che mai.
 «Quel giorno era già tanto se sapevo come mi chiamavo, Jin. Ero a pezzi, volevo vederti, volevo capire se avevo fatto la scelta giusta e tu ... tu hai accusato me di averti lasciata sola alla festa ma anche tu lo hai fatto e- va bene, mi sta bene insomma non sei»
il mio ragazzo
«insomma non sei obbligato a stare con me, ma non ne posso più di  essere messa da parte. Prima Hoseok, ora anche - »
Mi bloccai per un secondo, riprendendo fiato. 
«Hai una ragazza? Bene, perfetto, sono contenta per te ma non hai neanche avuto il coraggio di dirmi nulla, neanche che l'hai portata a casa tua e io come una stupida a pensare che -»
no no no no, dimentica le parole di Yoongi dimenticale
«- a pensare a cazzate. Ma ci ho provato lo stesso a fare il primo passo, a chiederti di vederci di nuovo ma tu sei sparito. Non sei più venuto, campavi scuse ignobili pur di non vedermi.»

«Tu dici a me di non avere avuto coraggio? Da che pulpito che viene la predica. Ma ti sei  chiesta almeno il motivo per  cui ho smesso di venire da te?»
Scossi la testa con foga, allargando le narici. Stavo cominciando ad irritarmi anche io.
«Certo che me lo sono chiesta, non ci vuole una laureata in Jin-ologia per capire che sei stato troppo impegnato e non hai avuto le palle di dirmi niente, forse ti va meglio questa versione?»
«E anche se fosse che differenza fa? Hai avuto quello che volevi, no? Hoseok ha sopperito la mancanza, mi chiedo perché non ci sia lui qui stasera.»
Mi morsi le labbra, provando a non farle sanguinare ma stava cominciando a diventare impossibile tenere tutto dentro. 
Se ce l'avevo fatta per Hoseok, con Jin sembrava un'impresa titanica. Quel ragazzo stava spazzando via in pochi secondi anni e anni di pratica.
«Tu non hai la minima idea di quello che voglio, ma avanti illuminami, potente messia della verità.»

Se era riuscito a tenere le lacrime al sicuro fino a quel momento, il filtro si ruppe nell'istante in cui spostò lo sguardo per guardare la città notturna. Le vidi chiaramente, due scie invisibile e luccicanti, rigargli il viso. Mi fece più male del previsto, tanto che questa volta sentii chiaramente un sapore ferroso dentro la bocca.

«Non posso essere l'ombra di Hoseok.» Mi disse lui, ghiacciandomi sul posto. «Ora sei confusa, forse pensi addirittura di provare qualcosa di strano ma ...non posso essere la sua ombra, e mentre mi parlavi del tuo rifiuto verso di lui l'ho capito. Non volevi che lui se ne pentisse e io non voglio la stessa identica  cosa. Non sarò mai lui, mai. Sarei solo una fiaccola nel tuo cuore, niente di più e io non mi merito questo - e devo salvaguardarmi prima che sia troppo tardi.»

Se ero riuscita a rimanere stoica fino a quel momento, davanti a quelle parole i miei occhi decisero di imitarlo e cominciai a sentire il bisogno di espellere lacrime anche io. 
Non avevo mai neanche considerato l'idea che Jin fosse il rimpiazzo di Hoseok. Con lui era tutto completamente diverso, con Hoseok ero cresciuta, avevamo fatto cavolate, avevamo passato tutte le esperienze di crescita possibili ma Jin era tutt'altra cosa, con lui non erano esperienze, con lui era tutto concreto, con lui c'era consapevolezza, con lui era vita. 
Lui era 
Lui era

«Prima che sia troppo tardi per cosa? Sei sempre stato tu, tu dannazione, a venire da me. Io non ti ho mai imposto niente, non ti ho legato ad una sedia e obbligato a vivere una situazione che non volevi! Mai! Quindi ora non fare la vittima con me, non ci provare. Se ti da fastidio qualcosa perché non me ne parli?»
«Parlartene? E quando? Durante una delle tue cinquantamila fughe? Oppure tra una crisi esistenziale o l'altra? Ogni volta che ci provo lo vedo - lo vedo chiaramente quel dannato muro, come se volessi continuamente restare dall'altra parte.»

Dovevo dissentire su una cosa, pensavo che Jin non sarebbe mai stato capace di farmi male.
Eppure, a sorpresa, stava facendo più danni di chiunque.

«Stai scherzando, vero? Un muro? Con te?»
«Perché non torni alla cena? Mi sembrava che ti stessi divertendo con il tuo collega. Dovresti seguire i suoi consigli.» 
Continuò lui, masticandosi il labbro, le parole, facendo evadere dalla testa e dal cuore tutti quei pensieri che venivano giù come un fiume in piena. Mi stava travolgendo e non riuscivo a fermarlo.

«Jin smettila. Smettila di sminuirmi, non hai la più pallida idea di che cosa provo, di cosa ho provato, non prendere il monopolio delle mie emozioni come se tu potessi tradurle a tuo piacimento.»

Lo vidi fermarsi a guardare di nuovo verso la vetrata, illuminato dalle luci dei palazzi e da quello spicchio di luna che a stento lasciava un riverbero pallido nel cielo. C'era uno spazio terso ma sembrava stesse annuvolandosi, in lontananza, era una specie di schiaffo morale visto che non c'era niente di lindo pulito e sacro dentro di noi in quel momento.

«Seo, per favore, torna alla cena, dimenticati di tutto questo, è solo una stupidaggine. Non hai bisogno di me qui, non ne hai più bisogno. Ti sto solo rovinando la serata.» Biascicò lui, asciugandosi le lacrime.
«Perchè? Perchè devi dire queste cose? Perché mi stai allontanando? Non me ne frega un cazzo di tornare alla cena senza di te, neanche del mio collega, né di nessun- »
«Seo, davvero-» ci riprovò, lasciandomi ancora mezza stralunata a guardarlo.

«E allora perché diavolo sei venuto? Se vuoi tenermi lontano, perché mi illudi che le cose potrebbero tornare come prima? Potevi dirmi di no, campare un'altra delle tue scuse. Lo avrei capito e avrei smesso una volta per tutte di tormentarti la vita.»

Ma lui non mi rispose, si limitò a girarsi pronto a camminare verso le scale. Continuava a passarsi la mano sugli occhi mentre prendeva velocità per allontanarsi da lì.
Il mio cuore perse un battito, stava per andarsene sul serio, senza dirmi niente, lasciandomi lì come una babbalucca qualsiasi.
Questa volta non accettai il destino. Non accettai neanche la scelta che Jin stava prendendo per entrambi. 
Stavano cominciando a scocciarmi gli allineamenti astrali del mio oroscopo. 
Avrai una pessima settimana - no, cazzo, no, io ti boicotto.

«Jin!» Mi fiondai verso di lui percorrendo le ultime distanze con uno scatto sorprendente anche per me. Lo afferrai per una manica, cercando di tirarlo. «Vuoi rispondermi? Perché devi fare così?»
«Seo lasciami-»
«No, non ti lascio.» Lo strattonai ancora, ma quello era risoluto. Era piuttosto forte per essere così magro. «Non- dimmi quello che pensi, dannazione, per favore, per una volta. Se non riesci ad affrontarmi perché sei venuto?»

«Perché mi manchi!» Finalmente si girò verso di me, togliendosi con uno strattone dalla mia presa, tanto che per forza contraria barcollai un po' indietro.  «Ecco perché sono qui, perché mi manchi da impazzire e non ce la facevo più.»

Altre lacrime, mille lacrime. Stavo sicuramente finendo la scorta annuale, o almeno la scorta della serata.
La bocca era sempre più secca e il cuore faceva sempre più male.
Eravamo così vicini, e allora perché voleva allontanarsi? La cosa mi fece ritornare di nuovo la rabbia, ma non quella provata per Hoseok in quelle settimane passate. Era una rabbia diversa, era una rivoluzione, la mia, la sua, e ritornò di nuovo il veleno che serpeggiava nelle vene.
Il mio momento di boicottaggio finì piuttosto in fretta. Il dubbio tornò prepotente come una granata lasciata inesplosa troppo a lungo.

«Ti manco, eh? Già, l'ho proprio notato. Così tanto che stavi per andartene via senza dire una parola. Senti fai un piacere a entrambi, torna dalla tua nuova fiamma, fai il misterioso, scompari anche tu, anzi trasferisciti direttamente, sposati, procrea altri piccoli urlatori-compulsivi come te. Sono davvero stanca.»

Non so con quale forza riuscii a dire quelle parole, non era giusto nei suoi confronti dopo tutto  quello che aveva fatto per me, dopo tutto quello che aveva passato per colpa del mio amore per un altro. Forse lo stavo ammazzando lentamente e non lo sapevo, ma non riuscivo più a salvare nessuno, dovevo pensare prima a togliermi da quell'acqua perché volevo smetterla di stare in apnea con piccoli ritagli di ossigeno qui e la.

«Ma tu davvero pensi che io abbia un'altra?»
«Non è che lo penso, l'ho proprio visto con questi miei occhi, va bene che sono una fantasista tragica ma non sono diventata una psicopatica. Almeno credo. Visto che ora ho paura pure di questo credo che finirò questa dannata conversazione. Vuoi tornare a casa? Vai allora, tornatene a casa, torna a cercare citazioni di Mao Tse-tung sui musei Messicani, ignorami, butta all'aria anni di amicizia perché non sai nemmeno tu che cavolo vuoi dalla vita, ma se questo è un addio - un addio vero allora smettila di voltarti indietro, vai per la tua strada. Me ne farò una ragione, ormai ci sono abituata! Ma abbi il coraggio di dirmelo, almeno tu, almeno questo me lo devi.»

Niente non mi fermavo, in quei momenti mi sarebbe servita proprio una coscienza in grado di bloccarmi, urlandomi nell'orecchio un"basta fare casini / basta fare casini / mangiati un onigiri piuttosto ", magari canticchiato con voce robotica.
Così mi girai di scatto, riprendendo la scia delle scale, pronta a risalire la montagna di Maometto fatta come una lunga trafila di scalini verso il mio inferno personale. Niente discesa per te, Seoyun, solo salite, è il chiaro messaggio della vita, della tua vita, da qui fino alla tua morte.

Ma neanche arrivai alla scala che sentii dei passi venirmi dietro velocemente e la sua mano trattenermi, facendomi voltare di scatto. 
Feci per ribattere ma lui mi piantò le mani sulle spalle spingendomi verso la parete dietro di me, non mi fece cozzare in malo modo ma mi ritrovai ad un millimetro dalla sua faccia mentre ero imprigionata in quella morsa.

«E' la ragazza di mio fratello. Ha scoperto di essere incinta, abbiamo parlato di questo dopo la festa, non sa cosa fare e mi ha chiesto dei consigli.»

Il rumore di un cervello che si spaccava era simile ad una suonata di clacson, almeno il mio fece esattamente quel rumore, ma non un clacson qualsiasi, era uno strombazzamento da festa. Penso che mi stesse sbeffeggiando. Per un secondo provai a connettere tutto quanto, lasciando libero il cervello di darmi della disgraziata patentata per dei minuti molto commemorativi.
Mi resi conto che avevo passato un mese a immaginarmi una storia d'amore fra loro due inesistente, che non gli avevo mai dato modo di lasciarsi spiegare in effetti, che non lo avevo neanche voluto ascoltare. 
Volevo diventare piccola come una formica, in quel momento e lui se ne accorse e mi sorrise tra le lacrime, facendomi tremare le gambe.

«Non sono riuscito a dirtelo, perché sei fuggita via. E ho aspettato che tu tornassi indietro, ti ho aspettato seduto sul divano per tutto il tempo sperando che saresti tornata da me, che davvero io ero ...più forte di tutto, anche di quella paura . Che ero più forte di Hobi. Ma non è andata così, non va mai così...»

Mi sentii uno schifo, tanto che insieme alle lacrime mi partì un singhiozzo che sembrava tanto un verso d'anatra.
Finalmente lo capii che cos'era, era qualcosa che sapevo da tanto tempo, ma che puntualmente era arrivato nel momento esatto in cui mi ero sentita trascinare fuori dall'acqua. Niente più apnea, un sollievo profondo mi invase, tanto da sentire il cuore in gola. La voce di Yoongi si insinuò in testa: il dubbio è un veleno.
Potevo averla imparata la lezione?
Presi un respiro con una fatica immane, averlo  così vicino
come nella tua testa, no?
mi provocò di nuovo quella sensazione al  corpo che non riuscivo a spiegare. Era immensa, si stava impadronendo di tutto, continuava a farmi tremare senza sosta, scossa dai brividi più indicibili. 

«Ecco perché ti ho evitata, perché mi sono sentito ferito, dopo, dopo tutto quello che ho cercato di dimostrarti mi sembrava di non aver fatto abbastanza. Poi succede quel casino alla festa, tu che ...» si fermò, prendendo respiro, mentre io ero focalizzata sulle sue labbra piene, che si muovevano lente, inghiottendo le lacrime «...pensavo di avere una speranza, una sola stupida speranza, ma no, ovviamente tutto doveva andare a rotoli per colpa di un fraintendimento. Non mi hai mai, mai lasciato spiegare niente. E sì, forse mi sono parecchio arrabbiato per questo, mi ero imposto di non cercarti a meno che tu non avessi voluto parlarne - ma tu. Ma tu sei- ecco tu-»

Non riusciva a finire la frase, ci provò un paio di volte, così decisi che toccava a me fare quell'ultimo sforzo.
Presi l'ultima fetta di coraggio rimastami in corpo, deglutendo a fatica.

«Ti ricordi quando mi hai chiesto che cos'ho provato, baciando Hoseok?»
Lui allargò un poco gli occhi, per poi annuire lentamente, schiudendo le labbra.

«Niente.» 

Finalmente lo ammisi.
Era stato brutto, avevo avuto paura che fosse dovuto al fatto che non avevo più niente per cui sperare, che lui avesse risucchiato ogni sentimento che potevo provare. Ma, in realtà, sapevo che il cervello era subdolo e che il cuore lo era ancora di più. Alimentai il mio coraggio grazie alla sua mano che era risalita fino alla mia faccia, carezzandomi via le lacrime. Io, per non cadere a terra  come una pera cotta, afferrai la sua camicia, tenendolo lì  con tutta la forza che avevo. Mi affidai al mio Guru di coraggio che, nei suoi teoremi disfattisti disse anche: "L'amore ha gli stessi sintomi di un ictus."

«Continuavo a pensarti.»

Avrei preferito l'applauso per questo, invece che per il mio canto, visto l'ignobile audacia che stavo risucchiando da ogni vertebra. La sua espressione non cambiava, continuava a rimanere sorpreso, come un pesce lesso, a fissarmi. Io feci lo stesso, cercando l'ultimo appiglio per tirare fuori qualcosa che non avevo mai detto ad anima viva. Non in carne e ossa almeno.

«N-Non sei mai stato un'ombra di Hoseok, brutto idiota. Mai. Non ho mai avuto il coraggio di dirgli ...niente, non so se, se ti sei perso questo passaggio. Tu invece mi spingi a fare cose al limite del possibile: ho cantato una canzone d'amore lo capisci? Ci rendiamo conto?»

Lui si mise a ridere, chiudendo gli occhi, avvicinando il volto al mio così tanto  da toccarmi la fronte. Sentivo il suo naso che sfiorava il mio, la sua pelle che strusciava sulla mia.  Tirò su col naso, ma la sua espressione cambiò di nuovo. Aveva le labbra piegate all'ingiù, continuava a muoverle, stava cercando di reprimere il pianto ma gli usciva veramente male.

Da quanto tratteneva quelle lacrime?
L'avevo così tanto condizionato da farlo soffrire in silenzio, da solo, chiuso nella sua bolla personale?

«Perché piangi? Smettila, ehi-» tirai su le mani per accarezzargli la faccia, cercando di levargliele. Era divertente il fatto che io stessi piangendo quanto lui, ma provai a bloccarmi con tutta la tenacia che mi era rimasta in corpo per essere io, quella forte, per una volta. 
«Seo, io-»
Si bloccò di nuovo, continuava a tenere gli occhi chiusi, a strusciarsi sulla mia fronte, sembrava non trovare la sua pace. 
Toccava a me salvarlo da sé stesso, così come lui aveva sempre fatto con me.

«Ma hai capito cos'è successo? Ho cantato, io, Park Seoyun, e non davanti ai miei migliori amici deviati, ma davanti ad una platea internazionale e nazionale, gente che ha conti bancari che rasentano i settemila zeri. Verrò sicuramente licenziata per assalto al pudore pubblico, Namjoon l'aveva predetto e il mio oroscopo diceva chiaramente: "La carriera da Idol non fa per te."»
Aveva smesso di muovere il viso e aveva socchiuso gli occhi per guardarmi, stava di nuovo sorridendo divertito.
«Lo sai che sono io il visual tra i due.» Gracchiò lui, con una voce roca e bassa. Era dannatamente provocante, non ero abituata a sentirlo così.
Intanto continuava a carezzarmi la faccia e io facevo lo stesso. 
Se qualcuno ci avesse visto da fuori saremmo sembrati due personaggi di uno spot pubblicitario intenti a controllare i risultati di una crema idratante sulla pelle, ne ero sicura.

Ma la mia testa si stava aggrappando ad altri tipi di domini. Potevo immaginare gli altri, in un'occasione del genere, di fianco a noi a fare l'ultimo potente tifo. Questo mi diede la spinta finale: potevo vedere il famoso burrone, non riuscivo a vederne il fondo, c'era la rete? C'era l'acqua? Scogli? Spuntoni di metallo?

«Ma c'è un fattore troppo divertente in tutto ciò, che non hai considerato. La cosa più assurda di tutte. Hai idea di che scherzone mi stesse facendo la mia testa in quel momento? Anni e anni a guardare dalla parte sbagliata, e c'è voluto quell'invertebrato di Bin a portarmi davanti - davanti a te, mentre cantavo strofe più melense di te quando ti pavoneggi allo specchio, rivedevo nella mia testa tutti quelle stupidere fatte insieme alla»

Vai Seo, continuavano a urlare i miei amici.
Facci sognare. Pensa a Friends. Pensa a Ritorno al Futuro.
Lo sappiamo a cosa pensi.
Pensa alla canzone che hai appena cantato.
Riesco solo a vedere il tuo viso.
Mi guardo intorno ma sei tu che non posso sostituire.

«-alla persona più importante della mia vita. A quello strano essere che ha una risata aliena, che ha fatto di tutto pur di tirarmi fuori dalla mia fasulla crisi amorosa, mi ha portato ad un corso di ceramica! Di ceramica, parliamone insomma. Ma, nonostante tutte queste cose imbarazzanti e la possibilità che non sarò mai riconosciuta come persona seria nella società, ha fatto una cosa per cui gli sarò grata per sempre. Non ...non mi ha mai fatta sentire alla deriva. Non mi ha mai fatta sentire sola.»

Lo vedevo muovere le pupille velocissimo contro le mie, sembrava stesse cercando di memorizzare ogni mia parola come se ce le avessi scritte nello sguardo.  Ma forse, chi lo sa, era davvero così. Era tutto scritto lì dentro, chissà da quanto tempo.

«Sai chi avevo in mente ad ogni dannata strofa? Cos'è che vedevo?»

Se non avessi immaginato Jungkook strombazzarmi nell'orecchio una trombetta da stadio probabilmente mi sarei bloccata lì, ma la forza dell'immaginazione aveva sempre avuto un grande potere in fondo.

«Vedevo solo t-»
Neanche mi lasciò finire di parlare, abbassò il volto verso di me, premendo le labbra sulle mie. 

Ero sicura che il cuore avesse smesso di battere per poi pompare un colpo mortale, non mi sentivo più la testa, troppo ossigeno in un colpo solo. Il suo corpo si scontrò contro il mio, schiacciandomi ancora di più contro la parete mentre le sue mani mi strinsero la faccia, tirandomi sempre di più contro di lui. 
Mi baciò e io baciai lui, con trasporto, con tutto il bisogno che sentivo, mentre avvinghiavo le braccia sulle sue spalle larghe e mi ci aggrappavo, per paura di crollare, per paura che mi sfuggisse. Incastrai le dita tra i suoi capelli scuri, stringendone le ciocche, mentre lui non faceva che ricercare le mie labbra. Le stuzzicava, dandomi dei morsetti per niente dolorosi, tirandomi verso di lui per poi ritornare a cercarmi, schiacciandomi contro la parete. 

Continuammo a baciarci per minuti interminabili, dal volto le sue mani scivolarono verso i miei fianchi mentre mi tirava verso di sé, facendo aderire i nostri corpi. I nostri sapori si mischiavano e quelle labbra, morbide e sensuali, accarezzavano le mie come un potente lenitivo, facendomi fremere sempre di più. Sentivo il cuore nelle orecchie, ormai, e il cervello resettarsi ad ogni sospiro che lui soffiava contro di me. Non potevo più farne a meno, lo strinsi così forte che avevo paura gli avrei fatto male, mentre lui poggiava un braccio alla parete per sorreggermi, per sorreggersi a quanto pare. Da lì potevo sentirlo, stava tremando anche lui, come me.

Ero completamente avvolta dalla sensazione che Yoongi aveva così tecnicamente descritto, quel giorno, davanti ad una me ignara di quanto potesse creare dipendenza una cosa del genere. Avevo sempre pensato che sarebbe stato Hoseok a darmi tutto questo, un ipotetico giorno dentro il mio immaginario fantascientifico. E non mi aspettavo altro. 
Niente che andasse oltre il limite della mia testa.
Ma quello era reale, era sempre stato reale. 
Cos'avevo trovato in fondo al burrone? Piume. Una miriade di piume.
Perchè lui era 
lui era

Lui era il mio frastuono interiore
ed ero completamente pazza pazza pazza di lui.










NDA: ragazzi l'avrò riletto seimilavolte non mi convince mai, ma più ci sto dietro peggio è quindi niente lo smollo così t-t non ho molto da dire tranne un: ALLELUJA ALLELUJA ALE' ALE' finalmente peperperepreprepreprep. E' uscita fuori una cosa un po' da telefilm americano ma oibò amen. Comunque  dopo sti attimi di stupidera, rinnovo come al solito i miei ringraziamenti per chi mi legge, per le pulcinine che mi recensiscono <3 e pure per chi passa per sbaglio e dice: ma che è? è l'una di notte, ho tre ore di sonno in corpo, sto morendo capitemi aiuto. Nel prossimo capitolo intensificheremo di più le dinamiche *ammic ammic*, per ora dovevo solo sganciare 'sta bomba per far felici un po' di anime, si spera. A presto, grazie per essere arrivati fin qui *-* vi adoro tutti.
ps. il taglio di capelli era d'obbligo, si sa che noi donne regiamo così alle nuove ere NON FINGIAMO.


 
  
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