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Autore: A_Typing_Heart    01/03/2020    2 recensioni
Ichigo Kurosaki è uno studente di una prestigiosa scuola maschile, ma nutre dei dubbi sulla strada che ha sempre considerato essere quella adatta a lui: diventare medico come il padre. Allontanandosi dalla scuola per riflettere si ritrova in uno squallido locale mandato avanti da un barista dai modi bruschi e dall'aspetto bizzarro; ma più frequenta quel posto e quell'uomo più Ichigo scopre una nuova prospettiva sulla sua vita e sulle sue scelte.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jaggerjack Grimmjow, Kurosaki Ichigo, Sosuke Aizen
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Nonostante il brutto colpo subìto Ichigo riuscì a studiare, e con notevole profitto. Se ne sorprese ma ne fu anche felice, perché al momento che i suoi voti riprendessero quota era l'obiettivo principale della sua vita, e recuperò quasi l'intero programma di scienze e matematica in un giorno.
Il cambiamento fu vistoso, specie quando a lezione riuscì a dare tutte le risposte giuste alle domande dei suoi professori. Norishibe in particolare sembrò piuttosto rabbuiato, forse pensava che la sua vendetta per il torneo sportivo non fosse stata abbastanza dura, ma se soltanto avesse potuto leggere dentro Ichigo Kurosaki avrebbe saputo di aver affondato il coltello nel punto peggiore.
Quando gli capitava di guardare dalla finestra e addocchiare il punto del cortile dal quale soleva uscire provava la gran voglia di scappare ancora, ma non poteva permetterselo: lo avrebbero espulso, e se Grimmjow l'avesse visto infrangere le regole con quel rischio lo avrebbe preso a calci per tutta la strada fino a scuola, o peggio, fino a casa sua.
Disertò il torneo sportivo anche nel tifo e fu perversamente felice quando scoprì che la loro squadra di calcio era stata eliminata per prima con una batosta a doppia cifra. Mentre Ishida glielo diceva Ichigo non poté che sogghignare con gusto e pensare a quanto era potente il rinculo del karma.
Mentre il compagno di classe era nella camerata il cellulare di Ichigo squillò e lo tirò fuori dalla tasca come se fosse incandescente. Non sentiva Grimmjow da quella prima telefonata ed era sicuro che a quell'ora di pomeriggio potesse essere il solo a chiamarlo. Ignorò il numero sconosciuto e rispose.
«Grimmjow!»
«Indovinato, ragazzino, anche se il tuo deejay preferito trasmette dal telefono di Handa.»
«Handa? Il professore è lì?»
«No, il professore è lì.»
«Lì... Non ho capito niente!»
«Voglio dire che il professore è esattamente dove dovrebbe essere, a scuola... e no, non gli ho rubato il cellulare.»
«Co... vuoi dire che...»
«Che sono anch'io a scuola... sono nel cortile, a vedere il torneo sportivo. Vieni fuori, ovunque tu ti sia nascosto, il nostro amico spione ha preso una tale smerdata che non farà rivedere la sua faccia in giro per un paio di mesi... e aspetta che torni al bar.» aggiunse lui, con l'aria divertita. «Dirò a tutti quanto ha fatto schifo, per l'umiliazione gli farò lasciare la città.»
«Dimmi dove sei!»
Ichigo buttò all'aria il libro nella fretta di alzarsi dalla scrivania e corse fuori senza dare alcuna spiegazione a Ishida, che dopotutto non ne necessitava dopo aver sentito quel nome. Il ragazzo si lanciò giù per le scale alla massima velocità, per sua fortuna non c'erano insegnanti a sgridarlo.
«Sono vicino all'acero. Dove c'è quella vecchia centralina... hai presente?»
Ichigo chiuse la telefonata e uscì dalla scuola spalancando la porta. Nel via vai di squadre, tifoserie, professori e genitori venuti per l'occasione nessuno fece caso a lui o alla sua premura e cercò con lo sguardo una macchia azzurra inconfondibile, anche se non la trovò. Solo quando si fu tolto un gruppo di ragazze in completo da tennis dal davanti riuscì a vedere il suo barista preferito appoggiato al tronco dell'albero. Il professore si stava allontanando da lui, probabilmente dopo aver avuto indietro il suo cellulare. Lo raggiunse con il fiato un po' appesantito e il sorriso sulla faccia.
«C-certo che so dov'è... è il punto da cui esco di solito senza farmi vedere...»
«Scavalchi da qui?»
«L'albero aiuta... sono felice di rivederti, Grimmjow... hai una bella cera...»
«Anche tu.» rispose lui. «Forse perché adesso riesci a dormire decentemente.»
«Ho fin troppo tempo adesso, se non ne perdo abbastanza mi ritroverò in cima alla classifica degli esami.»
«È il minimo che mi aspetto, babbeo!»
Ichigo schivò la nocca che Grimmjow cercava di piantargli nella fronte e rise. Era fantastico rivederlo di nuovo, visto che pensava che non sarebbe successo fino alla primavera successiva, e qualcosa nell'espressione insolitamente rilassata del barista lo convinse che anche lui fosse felice.
«Che cosa fai qui, comunque...? E il bar? Non avrai lasciato di nuovo tutto ad Aizen...»
«Ah, no... siamo chiusi... lo spillatore ha dato il collo definitivamente e uno dei frigoriferi non funziona più... quel cazzo di posto cade a pezzi. Mi sa che Aizen gli dovrà far mettere le mani da qualcuno di bravo per rimetterlo in piedi.»
«Accidenti... mi dispiace, Grimmjow, davvero.»
«Non fa niente... sono andato a fare la spesa stamattina... forte, eh, due volte in meno di due settimane!»
«Non dirlo come fosse un riconoscimento al valore!»
«Senti, Kurosaki... c'è una cosa più importante di cui ti devo parlare.»
Non sapeva dire come mai ma l'idea diede un brivido a Ichigo, mettendogli addosso la sensazione che quell'incontro di persona fosse stato voluto per non dire qualcosa di molto sgradevole al telefono... forse, un addio?
«Spostiamoci più in là... c'è troppo chiasso.»
Grimmjow si mosse con familiarità nel cortile dell'istituto, era ovvio che c'era già stato e che era ancora impressa nella sua memoria la struttura non esattamente lineare delle ali in mattoni e degli ingressi laterali, non simmetrici tra loro. Il posto in cui si fermarono era proprio sotto le finestre ad arco della biblioteca, e Grimmjow vi sbirciò dentro aggrappandosi al davanzale esterno.
«Nessuna traccia del tuo predatore naturale.» disse, prima di lasciarsi ricadere sull'erba.
«Lascia perdere l'arpia, che cosa volevi dirmi?»
«Beh, non ha senso girarci intorno... il bar cade a pezzi, Kurosaki... lo spillatore, il frigorifero... la macchina del ghiaccio a volte si inceppa, abbiamo tre prese di corrente che non funzionano più, e ho la sensazione che si sfasci di più ogni giorno che passa... come un vecchio malato. Sta per crollare.»
«Vuoi dire che...?»
«Voglio dire che Ichimaru ha fatto i suoi calcoli e Aizen ci sta pensando su.» disse Grimmjow. «Me l'ha detto ieri sera, all'ora di chiusura... ha detto che quando sei arrivato tu le cose sembravano migliorare, ma quel posto è un rudere... aveva in mente di chiederti se volevi lavorare di nuovo da noi dopo le vacanze, quando tornavi, e stare a vedere se gli affari miglioravano abbastanza da spendere i soldi per ristrutturarlo... ma...»
«Ma io non posso...» concluse Ichigo, sentendosi depresso quanto il primo giorno di reclusione.
«Non è colpa tua... con o senza di te, quel posto non reggerà un altro trimestre. Salterà un altro tubo, qualcosa andrà in corto circuito... io già costo il minimo, Aizen non butterà altri soldi in quel bar se pensa che non gli restituirà i soldi che ha prestato a Barragan.»
«E quanto sarebbe, questo debito?»
«Quello che potremmo guadagnare io e te con un bar a piena efficenza per un anno.» disse Grimmjow. «Se avessimo le attrezzature che funzionano, una coppia come la nostra tirerebbe su tutti i soldi che servono... ma non abbiamo più tempo. Anche se tu potessi lavorare, il locale non ce la fa... ero venuto a dirti che probabilmente, quando rientrerai dalle vacanze, non troverai più il nostro bar e il tuo tavolo riservato nell'angolo.»
«Ma non puoi lasciare che succeda, Grimmjow! Quel posto è la tua vita!»
«Sai... ci ho messo un po' per capirlo... e non è così.»
Grimmjow lo guardò dritto negli occhi e Ichigo si accorse che tutto quel gran peso che sembrava trascinarlo verso il fondo ogni giorno di più era come svanito. Aveva un'aria stranamente serena nonostante stesse annunciando la chiusura inevitabile del suo posto di lavoro, quello dove aveva dato anima e sangue per sei anni, quello che solo poco tempo prima non poteva accettare di chiudere per un singolo giorno senza trovarsi spaesato e confuso.
«Prima rappresentava tutto... perdere quel posto di lavoro significava finire di nuovo in prigione per scontare i cinque anni che erano stati pattuiti con il tribunale... ma adesso sono libero. Ho scontato la mia punizione. Ora chiudere quel locale non mette a rischio la mia vita... solo... mi dispiace. Io adoro essere un barista. Il loro barista... vengono lì per me, erano tutti lì giovedì scorso per festeggiare con me la fine della vigilata... ho dei bei ricordi di quel posto.»
«Anche io ne ho.» disse Ichigo. «Capisco che cosa vuoi dire... è un orrido, squallido bar, ma è... il nostro bar.»
«Era il nostro bar... avrei... voluto tenerlo aperto finché non fossi tornato.» disse Grimmjow, e il suo sguardo scivolò sulla punta dei suoi vecchi stivali. «Se chiuderemo... volevo solo che sapessi che non ho deciso io... se quando tornerai sarà solo una serranda chiusa su una stanza vuota, non sono stato io a lasciarlo andare in rovina. Ho fatto tutto quello che potevo per salvarlo.»
Era un brutto colpo, onestamente. Ichigo aveva affrontato la punizione con la speranza che la prossima primavera sarebbe almeno potuto tornare come cliente, per ritrovare tutto l'effervescente clima dell'Espada... il nome del locale era su un'insegna così rovinata e mal posizionata che non la si notava, e quasi nessuno lo usava, era semplicemente "il bar di Jay", "il nostro bar", lo era per tutti. Frequentato da ubriaconi alle dieci del mattino, dal farmacista, dal poliziotto, dal professore... era un posto magico dove tutti i tre mondi di Grimmjow si collegavano, quello della sua scuola, quello della prigione e quello di uomo libero... Ichigo capiva perfettamente che doveva soffrire molto l'idea di perderlo senza poter fare nulla. Cercare di dargli altri suggerimenti lo avrebbe solo ferito ulteriormente.
«So che hai fatto tutto quello che potevi... ma... voglio affrontare l'estate con la speranza di trovarlo ancora aperto quando ritornerò.»
«E ritornerai?»
Ichigo lo guardò in faccia, era piuttosto serio. Capiva perché: aveva espresso tali e tanti dubbi, se valesse o no la pena di riuscire bene negli esami e proseguire gli studi in una scuola così importante senza avere la certezza di cosa fare dopo. Si appoggiò di schiena al muro di mattoni rossastri.
«Prenderò dei voti così alti questo trimestre che mi imploreranno di tornare... anzi, li prenderò così alti che al mio ritorno chiederò al preside se posso lavorare con te nel fine settimana, con il permesso di mio padre.»
«Questo è un gran piano, Kurosaki.»
«Se non sono in grado di prendere voti alti e lavorare nel week end, allora non sono degno di fare coppia con te nel nuovo bar.» rispose Ichigo, e sorrise. «E io non voglio lasciare il mio posto a nessun altro.»
«Beh... se questo è quello che vuoi fare, lo dirò ad Aizen... e anche all'impianto elettrico... magari se pensa di rivederti terrà duro anche lui. Potrebbe aver ceduto per la tristezza.»
«Che animo delicato...»
«Sai come sono i vecchi... nostalgici e soli... lui non fa eccezione, sarà più vecchio di Barragan.» commentò Grimmjow, ma poi si fece pensieroso. «... Non so se quando Barragan era giovane avevano già scoperto l'elettricità. Forse facevano ancora strane danze per il fuoco e sacrifici umani per ingraziarsi gli dèi.»
Ichigo rise, anche se non aveva idea di che aspetto avesse il vecchio Barragan Grimmjow lo aveva usato molte volte come termine di paragone per tempi remoti e attrezzature vecchie. Il silenzio che restò dopo tra loro era molto più imbarazzante di quanto fosse mai stato prima, forse perché entrambi sembravano voler trovare il coraggio di dire qualcosa che li spaventava. Il primo a riuscirci però fu Grimmjow.
«Andiamo al bar.» disse. «Adesso, mentre ci sono gli eventi sportivi.»
«Cosa? Ma... ma non hai detto che è chiuso?»
«Lo è, ma io ho sempre le chiavi.»
«Vuoi aprire a quest'ora? Con lo spillatore rotto, e...»
«No, non voglio aprire... è... per noi, Kurosaki. Potrebbe essere l'ultima volta che...»
Grimmjow esitò e un funesto completamento della frase passò anche nella testa di Ichigo. Poteva essere l'ultima volta che si sarebbero visti... se fosse successo qualcosa a casa, se non fosse stato ammesso, se lui avesse trovato un lavoro da un'altra parte nonostante le sue radici fossero lì... in fondo poco gli ci sarebbe voluto per caricare tutto sulla sua Honda blu e andare via, a cercare fortuna dove nessuno avrebbe saputo nulla del suo passato.
Ichigo gli sfiorò il gomito.
«Hai ragione... andiamo.»

Non fu difficile andarsene, con il cortile gremito di studenti e genitori che entravano e uscivano a seconda delle classi e delle squadre attive sui campi. Anche se l'automobile era parcheggiata nei pressi si avviarono a piedi, Ichigo sentiva il bisogno anche di rifare quella strada. Anche se il pensiero andò alla prima volta che l'aveva percorsa inconsapevole di cosa vi aveva trovato, il cielo azzurro e il sole sfolgorante non avrebbero potuto essere più diversi da quel grigio plumbeo di allora... gli sembrava di aver vissuto dei mesi interi, degli anni nel fatiscente locale per quanto vi aveva imparato e quanto vi si era affezionato, eppure erano appena due settimane.
Rientrarvi fu una fitta di nostalgia come Ichigo dubitava di provarne persino al suo ritorno a casa a Karakura, ma era strano vederlo senza le luci accese sul bancone, quelle che Grimmjow accendeva per prime al suo arrivo...
«E siamo di nuovo qui.» disse Grimmjow, riprendendo il suo posto dietro il bancone. «Pensavo di poter diventare vecchio dietro questo bancone.»
Se si aspettava una battuta sulla sua età ne fu deluso, perché Ichigo non replicò e si limitò a sorridere. Si sedette sullo stesso sgabello di quella mattina e si guardò intorno. Aveva poi conosciuto di persona i due tipi loschi che allora aveva visto bere birra di mattina, due tipi in realtà simpatici e alla mano, che avevano cercato per tre volte di convincerlo a giocare a biliardo con loro. Tutto di quel posto era magico, tutte le persone che c'erano dentro erano diverse da come sembravano: Grimmjow era una persona seria sempre al lavoro, al contrario del lazzarone che giocava a biliardo anziché lavorare, Aizen era un uomo d'affari tutto sommato gentile che aveva tenuto aperto un locale che non guadagnava quasi niente solo per permettere che il barista potesse finire il suo periodo di libertà vigilata lavorandovi, un giocatore incallito e un po' furbetto era invece Ben il poliziotto... quel posto così vecchio e trasandato nella sua bruttezza esaltava i lati migliori di tutti, persino quello di Ichigo, che si era scoperto anche un tipo socievole in mezzo a quella strana famiglia. Era così, i clienti dell'Espada erano la famiglia di Grimmjow, e un po' anche la sua ora che era lontano da casa...
«A che cosa pensi, Kurosaki?»
«A tutto.» rispose lui sincero. «Dalla prima volta che ho messo piede qui, fino... la prima volta non ti ho neanche visto, eri lì dietro... ora so che stavi rimettendo il secchio sotto il tubo del lavandino.»
«Esatto... e tu mi hai fissato i capelli.»
«Conosci qualcuno dei tuoi clienti che non lo abbia fatto?»
«In verità, no... beh, è quello che volevo quando ho scelto questo look.»
«È un peccato che gli impianti e le attrezzature siano malconce.» osservò Ichigo, passando la mano su una vistosa scheggiatura del bordo del bancone. «Se fosse stato solo l'aspetto, Aizen forse avrebbe accettato di rinfrescarlo un po'... sarebbe bastato poco per renderlo un posto speciale.»
«Speciale come i miei capelli, era questo il collegamento tra i due discorsi?»
«Beh, sì... quando ho visto quanto i clienti ti adorano ho pensato che se il bar ti somigliasse di più sarebbe stato perfetto... sarebbe stato bello usare lo stesso azzurro. Immaginati per esempio il panno del biliardo, le luci sopra le bottiglie e... sì, magari la fodera nuova agli sgabelli, tutto del tuo stesso azzurro. Sarebbe stato una bomba, no?»
«Ah, basta con quell'evidenziatore, Kurosaki... cambia colore, o ti rincoglionisci.»
«L'ho già cambiato, è finito, ora è il turno del giallo.»
Cadde di nuovo il silenzio e Ichigo si alzò dallo sgabello. Andò prima al tavolo nell'angolo, quello sopra il quale si era addormentato così profondamente, e passò le dita su tutti i tavoli, sugli schienali delle panche e delle sedie, ricordando le facce di alcuni clienti sempre nello stesso posto, e raggiunse il biliardo. Il panno era molto rovinato e forato in un angolo da un giocatore maldestro. Nemmeno quello reggeva più lo sforzo, sarebbe stato da cambiare, ma se stavano per chiudere non ne sarebbe valsa la pena. L'Espada senza il biliardo era quasi come l'Espada senza il suo barista.
«Ehi, Kurosaki... ti va di fare la tua ultima lezione di bartending?»
«Mh? E sarebbe?»
«Avevo detto che ti avrei insegnato il mio drink con l'ananas, quello che va tanto in estate... senza sapere quando riapriremo quella frutta potrebbe anche andare a male.» osservò Grimmjow, e prese alcuni bicchieri. «Sarebbe un peccato sprecarla.»
«Sicuro che mi va.» disse, e andò dietro il bancone. «Anche se non dovessi mai più mettere piede dietro il bancone di un bar per il resto della vita, giuro di conservare la tua ricetta per ogni occasione domestica possibile.»
«Leccaculo
Grmmjow gli lanciò il corto grembiule da bar che Ichigo aveva sempre messo quando lavorava lì e non riuscì a non sorridere indossandolo ancora una volta.
Fu divertente passare qualche tempo lì, replicando la ricetta tutto sommato semplice di Grimmjow. In realtà aveva imparato le dosi e il procedimento solo guardandolo due volte, ma sbagliò di proposito un paio di cocktail solo perché quell'ultimo turno all'Espada durasse qualche minuto in più. Quando li assaggiarono, Ichigo con estrema moderazione, erano esattamente identici.
«Saremmo stati davvero un'ottima squadra.» commentò Grimmjow. «Non è facile in realtà adattarsi ai ritmi e agli standard di qualcun altro... ma tu sei veloce. Ti adatti subito. Faresti un sacco di soldi con questo lavoro.»
«Lo dici come se ti dispiacesse.»
«Infatti mi dispiace... mi dispiace che non possiamo più lavorare insieme. La tua presenza ha... cambiato la mia vita.»
Ichigo lo guardò incredulo, restando spiazzato per qualche attimo.
«Ma che... non ho fatto niente... stava già andando tutto bene, prima che ti incontrassi... eri già bravo, facevi un ottimo lavoro...»
«Non riuscivo a lasciarmi il passato davvero alle spalle... non avevo nemmeno mai parlato dei miei genitori, prima di incontrarti. Era qualcosa con cui non volevo fare i conti, volevo solo lavorare così tanto da sfinirmi e non pensare a niente. Anche i ragazzi... prima che tu me lo dicessi, io credevo venissero qui solo perchè volevano un posto dove fare casino e bere a poco prezzo. Non davo nessun valore alla mia esistenza, credevo che fosse tutto finito nel momento in cui ho ammazzato quel vecchio.»
«E adesso un valore te lo dai?»
«Adesso ho di nuovo dei progetti per il futuro... fino a ora ho pensato solo che avrei passato la vita faticando di proposito per espiare.»
Ichigo accennò un sorriso e si appoggiò sul bordo del lavabo pieno di buccia e foglie d'ananas.
«Se ho una piccola parte in tutto questo, ne sono davvero felice.»
«Hai una parte enorme in tutto questo, Kurosaki.»
Il modo in cui lo guardava sembrava chiedergli qualcosa, e nell'istante stesso in cui lo vide abbassare la testa verso di lui capì che cosa fosse. Non si mosse e non disse niente per fermarlo, poteva essere l'ultima occasione anche per questo...
Poi il cellulare che aveva in tasca squillò e Grimmjow si raddrizzò prima di arrivare anche solo vicino a sfiorarlo. Ichigo balbettò qualcosa di insensato e inutile sul telefono e quando lo prese capì immediatamente perché Ishida lo stava chiamando: erano quasi le sei del pomeriggio e presto la prima giornata di torneo si sarebbe conclusa. Doveva fare ritorno a scuola prima che la folla sciamasse e fosse troppo facile notarlo mentre rientrava.
«Io... devo tornare...»
«Lo so.»
«È stato bello tornare qui. Grazie di essere venuto a prendermi fino a scuola.»
«Era il minimo... dovevo darti la notizia di persona.»
Ichigo si tolse il grembiule e lo appallottolò, ma esitò prima di metterlo via.
«Ehi, Grimmjow... potrei portarlo via?»
«Cosa? Il grembiule?»
«Sì, pensavo... l'ho sempre messo qui... e i ragazzi... mi hanno sempre preso in giro, dicendo quanto la prendevo seriamente per mettermelo in un posto come questo...»
«Se vuoi, prendilo... potremmo tenere aperto altri cinquant'anni ma ti assicuro che non lo metterei nemmeno se lavorassi nudo.»
«Grazie... ma nel caso fosse possibile farli nuovi per quell'ipotetico bar che ti assomiglia, falli fare azzurri.»
«Ah, sicuro... ma fossi in te non ci metterei il pensiero su.»
Ichigo fece il giro del bancone e si fermò sulla porta.
«Tu... mi accompagni?»
«Mh?»
«A scuola... voglio dire, la tua macchina è lì davanti...»
«La verrò a prendere più tardi... ho... bisogno di stare ancora un po' qui.» disse lui, e si appoggiò di gomiti sul bancone. «Ho un attacco di vecchiaia, non voglio che tu lo veda. Non è una bella cosa.»
Ichigo sorrise a fatica e lasciò il locale. Avrebbe voluto restare e cercare un modo per confortarlo, per incoraggiarlo... ma comprendeva che aveva solo bisogno dei suoi spazi per elaborare, perché oltre la chiusura ormai imminente dell'Espada quell'uomo aveva altre cose da assimilare. Nel giro di due settimane aveva chiuso un conto col passato, riscoperto le possibilità del suo presente e, plausibilmente, perso un amore che non era riuscito a concretizzare. Per Ichigo, l'idea di doversene andare subito dopo gli esami era deprimente. Dubitava che, quale che fossero i suoi voti finali, sarebbe riuscito a godersi le vacanze sapendo di lasciare l'Espada affondare con il suo fiero capitano al timone fino all'ultimo giorno.
   
 
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