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Autore: Life In Fangirling Motion    02/03/2020    1 recensioni
Piccola raccolta di one shot ambientate nel coloratissimo backstage di Stasera Casa Mika, a partire dalla creazione del programma e fino ai momenti subito precedenti la registrazione del primo episodio. [NB. fluff a palate]
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Dal testo: "Gli incontri tra la pop star e la squadra di registi e sceneggiatori, capeggiati dall'amico e più volte collaboratore Ivan Cotroneo, erano ormai diventati un fantasioso cenacolo in cui idee, visioni ed ispirazioni venivano scambiate in un'unica conversazione collettiva, nella quale non esistevano giusto o sbagliato e dove una piccola, singola scintilla poteva passare di mano in mano, di mente in mente, amplificandosi sempre di più fino a diventare un grandioso fuoco d'artificio d'immaginazione."
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andy Dermanis
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Io che non vivo
 


 
"Io che non vivo più di un'or-
No."

Pausa. Rewind. Play.


"Io che non vivo più di-
No. Non va bene."

Pausa. Rewind. Play.


"Io che non vivo più di un'ora senza te. Come pos-
No! No! Non mi viene!"

Pausa. Rewind.
Respiro.

Erano ormai almeno quindici minuti che Mika, chiuso nel camerino degli studi Rai di Milano, camminava nervosamente per la stanza studiando un pezzo con gli auricolari alle orecchie. Lo avrà fatto milioni di volte, dopotutto è il suo lavoro; non riuscendo a leggere la musica, né in generale testi per troppo a lungo, è questo il metodo adottato negli ultimi 10 anni di carriera per imparare sia i propri pezzi che quelli degli altri.
...e allora perché questa volta gli stava venendo così difficile?
La risposta è più d'una e comprende l'ansia da prestazione e la ristrettezza dei tempi, ma quella che il suo cervello gli suggerisce in quel momento è la più facile, quella che suona più quasi come una scusa:
"Perché è in italiano."
 
Era ovvio, sapeva fin da subito che sarebbe successo: non avrebbe fatto uno show in Italia se non avesse avuto in programma di esibirsi in italiano. Ma nonostante questo, ora si era effettivamente ritrovato a toccare con mano il fatto che cantare nella lingua di Dante fosse anche più difficile che doverci parlare. Infatti, se scrivere ed interpretare canzoni in inglese e in francese gli era sempre venuto facile e spontaneo, riuscire a calarsi nel pezzo e trasmettere emozioni nell'idioma del Bel Paese gli stava risultando indubbiamente più difficile.
Ma ormai era in ballo...


Scuotendo la testa per scrollarsi di dosso quei pensieri deleteri, Mika cliccò nuovamente sul tasto play del suo iPod, riprendendo dal ritornello e cantando sopra la voce dolce e melodica dell'autore originale.
Ancora una volta, bastava che il minimo dettaglio fuori posto non lo convincesse pienamente e il libanese ‒ testardo e perfezionista ‒ tornava indietro e ricominciava tutto da capo.
 
 
Concentrato com'era sul suo studio, non si era minimamente accorto che Andy, seduto nel divanetto del camerino con il pc sulle gambe e un video musicale da editare tra le mani, aveva preso a sbuffare spazientito e ad alzare gli occhi al cielo, tamburellando inconsciamente le dita sulla superficie liscia del computer.
Dopo anni in cui, per riuscire a ritagliarsi un po' di tempo da passare insieme, i due giovani si seguivano a vicenda nei vari impegni di lavoro (l'ago della bilancia pendeva indubbiamente di più verso il bel greco), Andy si era abituato a lavorare nella stessa stanza in cui Mika provava, studiava i pezzi o bighellonava svogliato con il pianoforte (mai quando componeva però, quello era uno spazio off-limits persino per lui). Anzi, alle volte era lo stesso cameraman a chiedere al più grande di suonargli qualcosa quando il tipo di lavoro che stava svolgendo gli permetteva di "distrarsi" con un po' di musica.
Ma dopo più di un quarto d'ora in cui il libanese non solo stava provando sempre la stessa canzone, ma lo stesso verso a ripetizione, Andy iniziava ad innervosirsi.
Aveva intuito, senza che il più grande avesse bisogno di dirgli nulla, che quel pezzo ‒ complice la lingua straniera, il poco tempo a disposizione e la grande pressione a cui era sottoposto ‒ gli stava creando non pochi problemi: ma Cristo! sembrava un disco rotto.
Appena quel primo verso del ritornello si avvicinava alla fine e Andy si ritrovava a stringere i pugni e sperare con tutto sé stesso che almeno stavolta Mika riuscisse ad andare avanti, quello puntualmente si bloccava, armeggiava per un attimo con i pulsanti del lettore musicale e riprendeva da capo.
Era una tortura.

Fortunatamente Andy conosceva il suo pollo abbastanza bene da sapere che se in quel momento di difficoltà e agitazione avesse avuto da ridire sulla più insignificante piccolezza, Mika non avrebbe retto e ‒ più permaloso del solito ‒ sarebbe scattato come una molla, infervorandosi per un nonnulla. Una vera spina nel fianco.
Ma tutta la tensione accumulata negli ultimi mesi, che il più grande non era ruscito a non portarsi sulle spalle fin dentro casa, scatenando un litigio di tanto in tanto, aveva inequivocabilmente iniziato a colpire anche Andy, la cui infinita pazienza cominciava a vacillare.
L'ennesima pausa sul più bello, seguita immediatamente dal cantante che già ricominciava a provare il ritornello dall'inizio, fu la goccia che fece traboccare il vaso.


<< Mika, ti prego. Va' avanti. >> supplicò il più giovane, testa tra le mani e occhi sbarrati in un chiaro segno di disperazione. << Ormai questo verso lo hai imparato, fidati di me. >>
Il cantante, sentendosi interpellato, sollevò appena lo sguardo. Lo abbassò però subito dopo, puntandolo nuovamente sul foglio che teneva tra le mani e scuotendo la testa.
<< Non posso, dev'essere tutto perfetto. >>
Neanche si rese conto di quanto maniacale quella frase suonasse. Non se ne rendeva mai conto, non a così pochi giorni da un debutto. Ma ormai Andy, avendolo visto in quella fase più spesso di quanto avrebbe voluto (il grande show a Bercy e la prima triade di concerti sinfonici in Canada solo gli ultimi di una lunghissima lista), sapeva che farglielo notare non sarebbe servito a nulla.
<< Beh, questo verso lo è. >> rincarò la dose il greco, forzando un sorriso d'incitamento che gli venne fuori più rigido e sardonico di quando sperasse.
Notò un'ombra scura passare sul volto del compagno e si affrettò a cambiare tono, per niente desideroso di intraprendere un litigio lì nei camerini della Rai. Quei muri erano maledettamente sottili.
Prese quindi un respiro profondo, imponendosi di essere più sensibile e conciliante nei confronti del partner, guardò Mika negli occhi gonfi e stanchi che lo osservavano di rimando, palpebre pesanti e occhiaie pronunciate ...e stavolta un sorriso sincero si fece largo sul suo viso senza alcuno sforzo.
Chiuse il computer e lo abbandonò sul tavolino lì di fronte, poggiando i gomiti sulle ginocchia in posizione d'ascolto e facendo cenno al libanese di sedersi vicino a lui, il quale lo accontentò di buon grado.
<< So che il vero problema non è la canzone in sé. Conoscendoti ci sono almeno mille ragioni per cui sei preoccupato e di conseguenza non stai riuscendo a concentrarti seriamente su quello che stai facendo. >>
Parlò con voce calma e pacata, un suono rassicurante che a Mika aveva sempre fatto venire in mente il lento sciabordio delle onde su una spiaggia bianca. Prima di continuare poggiò la mano destra sul ginocchio del compagno, disegnando cerchi invisibili con il proprio pollice in un gesto complice e premuroso che sapeva avrebbe incoraggiato il cantante ad aprisi con lui.
<< So anche che hai bisogno di parlarne con qualcuno e io ormai sono addestrato a questo e altro >> aggiunse con un ghigno furbo e divertito che l'altro uomo non tardò ad emulare << Perciò se ne vuoi parlare, io ti ascolto. Poi, con calma, troveremo una soluzione. >>

Il greco si sporse quindi leggermente in avanti, aspettando pazientemente che Mika si decidesse a sputare il rospo.


Dal canto suo, il libanese avrebbe potuto dirgli tante cose.
Che era terrorizzato dall'intera situazione in cui si era invischiato e l'eccitazione iniziale si stava velocemente trasformando in pura e semplice paura. Non credeva di essere all'altezza delle enormi aspettative che tutti si erano creati su di lui, sul suo spettacolo, sul suo talento. Si sentiva come se fosse stato spinto di forza sotto i riflettori, su un piedistallo solitario ed inarrivabile, e se ora non avesse tirato fuori qualcosa dal cilindro sarebbe stato buttato giù senza troppi complimenti.
Avrebbe potuto dirgli che tutto era successo troppo in fretta, che sembravano passati pochi giorni da quando lui, i registi, gli sceneggiatori e i produttori Rai si erano incontrati per la prima volta per discutere la possibilità di creare quel progetto immane. Ora invece, a pochi giorni dalle prime registrazioni, erano tutti talmente stanchi che le giornate sembravano non finire più, ma c'era tanto di quel lavoro da fare che se anche fossero durate 36 ore il tempo non sarebbe bastato lo stesso.
Avrebbe potuto dirgli anche che lui, che aveva un timbro così particolare e si era sempre ben tenuto alla larga da duetti che sarebbero inevitabilmente finiti per sminuire e svalorizzare la sua voce, iniziava ad avere dei ripensamenti sul numero spropositato di pezzi che avrebbe dovuto cantare in coppia con altri artisti. Primo fra tutti il duetto con Malika Ayane ‒ una delle sue voci femminili preferite nel panorama musicale italiano contemporaneo ‒ su un mostro di canzone come quella che avevano scelto di interpretare insieme.

Avrebbe potuto dirgli tutte queste cose, ma non disse nulla.

Invece si alzò dal divano con una nuova determinazione e, sotto lo sguardo perplesso ma fiducioso di Andy, afferrò nuovamente iPod e testo, la canzone già impostata.
Prima di fare qualsiasi cosa, come ad infondersi coraggio, guardò l'uomo di fronte a sè.
Si rendeva conto di aver trascurato il compagno in quegli ultimi mesi; lo faceva sempre, gli bastava un minimo di pressione lavorativa per finire a comportarsi come un egoista suscettibile ed arrogante, e Andy non glielo aveva mai fatto pesare. Ma le parole dolci e confortanti con cui lo aveva coccolato pochi attimi prima gli avevano ricordato per l'ennesima volta quanto fosse fortunato ad avere al suo fianco una persona come lui.
Inoltre, gli avevano ricordato anche un piccolo, importante particolare che gli era sfuggito quando aveva iniziato a provare circa venti minuti prima, ma che ora gli aprì il volto in un grosso sorriso.
Cantare in inglese e in francese gli era sempre venuto più semplice: ovvio. Era nato e cresciuto con quelle lingue, erano parte di lui. L'italiano era arrivato dopo e quindi, per riuscire ad interpretare al meglio un testo, doveva sforzarsi di compiere quel processo mentale che solitamente gli veniva inconscio e spontaneo: fare proprio il senso delle parole, adattandole alla sua vita reale.
Se fino a quel momento non c'era riuscito, l'affetto senza riserve e la disinteressata preoccupazione che Andy aveva mostrato nei suoi confronti, quando invece avrebbe avuto tutto il diritto di sbottargli contro spazientito, avevano fatto scattare qualcosa in lui e gli avevano permesso di sentire tutto il peso di quel testo, il quale assunse in quella situazione un significato nuovo e limpido. Era come se fino a quel momento avesse letto e cantato parole slegate l'una dall'altra, una sorta di lista della spesa o un vocabolario, ma ora erano messe a fuoco e avevano un valore ed un'importanza imprescindibili.
 
<< Vieni qui, ascoltami. >> iniziò ad intonare dalla seconda strofa, lì dove nel foglio che teneva in mano ‒ tutto scarabocchiato di appunti ‒ era indicato il punto dove avrebbe dovuto attaccare lui. In realtà, dopo aver parlato con Malika, iniziavano a pensare di scambiarsi i ruoli e quella strofa sarebbe toccata a lei. Avevano anche avuto la mezza idea di infilare in mezzo al testo originale alcune frasi della versione inglese, resa famosa in tutto il mondo da Dusty Springfield, ma in quel momento nessuno di quei dettagli aveva la minima importanza.
Sentiva come se stesse esprimendo a parole quello che il suo mite e tollerante fidanzato gli aveva fatto capire a gesti poco prima: siediti qui vicino a me, dammi la mano, ascolta quello che voglio dirti e poi io sono pronto ad ascoltare te.
Andy era sempre stato un ragazzo estremamente paziente e comprensivo e Mika si rimproverò mentalmente di continuare a dimenticarlo e darlo per scontato. Meritava molto di più. Alle volte si chiedeva se fosse abbastanza per lui, se l'altro uomo non meritasse infintamente di più di quello che lui poteva dargli: una vita tranquilla, stabile, una famiglia magari. Ma nel suo egoismo non aveva mai avuto il coraggio di fermarsi e chiedersi se il compagno fosse davvero felice, né farsi un vero esame di coscienza, che sotto sotto non credeva avrebbe mai superato.
Non si sentiva affatto all'altezza di una persona del genere e, durante alcuni momenti di solitudine in cui una profonda, oppressiva ed esistenziale angoscia si artigliava alla sua anima, distorcendo la realtà davanti ai suoi occhi, si sentiva quasi in colpa per aver permesso che Andy si innamorasse di lui quando invece avrebbe potuto trovare qualcuno che fosse davvero degno di averlo accanto. Qualcuno che lo mettesse sempre al primo posto, che non lo trascurasse, che lo amasse meglio di quanto lui avrebbe mai potuto fare.
Perché sì, sicuramente tanti altri avrebbero potuto amarlo meglio, ma ‒ e questa non solo era un'evidenza chiara come il sole, ma un dato di fatto puro e semplice ‒ nessuno avrebbe mai potuto voler bene a Andy più di quanto non facesse Mika.
Anche se non era sempre bravo a dimostrarlo.

<< Io ti voglio bene. Te ne prego, fermati ancora insieme a me. >>
Il più grande continuava a cantare, l'ombra di un sorriso ‒ seppur vagamente malinconico ‒ che ancora non ne voleva sapere di affievolirsi sulle sue labbra, mentre Andy semplicemente lo guardava.
Non gli serviva conoscere nulla né di musica né di italiano per sapere che il più grande stava cantando con il cuore in mano. Nonostante questa consapevolezza, non riuscì ad evitare che un sorrisetto gaio gli incurvasse gli angoli della bocca, soprattutto quando i loro occhi s'incrociarono e lo sguardo del libanese divenne beffardo ed irriverente, uno spirito giocoso che s'impossessò di lui tutto di colpo senza che Andy sapesse il perché.
Lo capì giusto un secondo dopo.

<< Io che non vivo più di un'ora senza te >>
Mika alzò leggermente il volume mente cantava, per l'ennesima volta, quel verso. Non potè evitare di ridacchiare quando vide il più giovane alzare la testa al cielo e roteare gli occhi, a metà strada tra l'esasperato e il divertito.

<< Di nuovo? Sul serio?! >> lo prese in giro Andy, mentre ancora l'altro cantava. Finse di spararsi un colpo di pistola sulle tempie, per poi emettere un risolino sbuffante e scuotere la testa. << Giuro che se ti fermi di nuovo non risponderò delle mie azioni >> lo ammonì bonariamente, non riuscendo in nessun modo a smettere di sorridere.
Il libanese, infatti, sapeva essere una vera spina nel fianco quando ci si metteva, e il suo animo d'artista ‒  tanto individualista quanto profondamente e dolorosamente sensibile ‒  era spesso difficile e delicato da gestire; ma momenti come quello, in cui la sua maschera fatta di irrequietezza cadeva per lasciar spazio ad un Mika più rilassato, spontaneo e vivacemente allegro (per non dire il solito scemo), non solo rafforzavano la loro già ben salda complicità di coppia, ma ricordavano al giovane cameraman anche quanto il gioco valesse la candela. Quanto Mika ne meritasse ogni secondo.
 
 
Ovviamente, a quelle scherzose parole di sfida pronunciate inconsciamente dal greco, il più grande colse la palla al balzo. Diminuì la velocità della canzone verso la fine della frase e allungò l'ultima nota, sporgendosi in avanti e fingendo di volersi fermare da un momento all'altro.
...poi prese un breve respiro e andò avanti, continuando a fare l'idiota e aggiungendo alla performance una sorta di coreografia teatrale, nella quale si portava le mani al petto ascoltando il battito del cuore con una gestualità esagerata al limite del satirico, ben arricchita dalla sua ampia espressività facciale.

<< Come posso stare una vita senza te? >>
Cantò queste parole, nascondendo la loro profonda veridicità dietro l'ironia della sua esibizione estemporanea, e poi si avvicinò a Andy infossando un ginocchio nel divano e continuando con la sua comica scenetta: prese a indicare il biondino con fare drammatico, scuotendo tragicamente la testa ad occhi chiusi e pugni serrati, indossando nel contempo espressioni struggenti che avrebbero fatto impallidire un attore di telenovelas.
<< Lo sai che non capisco una parola, vero? >> gli ricordò a quel punto Andy, sollevando un sopracciglio e ridendo sotto i baffi. << Potresti anche starmi insultando per quanto ne posso sapere. >> Quello finse di non sentirlo e mandò avanti la sua performance iniziando a coinvolgere l'altro uomo nella "coreografia", prendendogli la mano e portandosela sul cuore, una risata che minacciava di venir fuori da un momento all'altro.
<< Anzi, sono quasi totalmente sicuro che tu mi stia insultando >> confermò con finta serietà il più giovane, assottigliando gli occhi e accarezzandosi il mento con aria scettica. Una risata soffocata sfuggì incontrollabile dalle labbra del più grande, il quale però riuscì a ricomporsi abbastanza in fretta da concludere la canzone con un ultimo paio di versi, in cui cambiò anche il pronome da femminile a maschile recitandoli quasi con più ardore dei precedenti.

<< Sei mio! Sei mio! Ma niente lo sai... >> avvicinò il viso a quello del compagno, ormai distante solo pochi centimetri, allungando ulteriormente l'ultima nota e infine prendendo un breve respiro prima di finire la canzone. << ..separarci un giorno potrà. >>

Scoppiarono entrambi in una grassa risata liberatoria, durante la quale Mika si passò imbarazzato una mano sul volto e Andy gli assestò una leggera gomitata. Una volta affievolite le risa, il più grande s'impossessò nuovamente per un attimo di quel mood sdolcinato nel quale si era calato ‒  stavolta recitando solo per metà ‒  e lasciò un dolce bacio sulla mano destra dell'altro uomo, ancora stretta tra le sue. A quel contatto Andy rabbrividì appena, cercando gli occhi del compagno appena questi sollevò lo sguardo. L'inequivocabile luccichio innamorato che potè leggerci dentro fu abbastanza perché lo stomaco del greco si attoricigliasse su sè stesso, provocandogli delle piacevoli fitte che neanche i 10 anni di relazione che avevano alle spalle erano mai riusciti a rendere meno intense.

L'atmosfera intima e romantica che stava andando a crearsi fu però rovinosamente interrotta da una costumista mandata direttamente da Mrs. Penniman, la quale intimava a suo figlio di muoversi e andare a provare una nuova giacca appena arrivata dalla maison Valentino.
Appena il cantante si chiuse la porta alle spalle seguendo la giovane ragazza fino alla zona costumi ‒ un sorriso felice ancora in bella vista sul suo viso ‒ Andy tentò di riportare i piedi per terra e mettersi nuovamente al lavoro.
La curiosità, però, non ci mise che pochi minuti ad avere la meglio sul suo senso del dovere: allungò il braccio verso il foglio interamente pasticciato dalla sbilenca calligrafia di Mika e, portatile alla mano, digitò il titolo della canzone che gli era stata così inaspettatamente dedicata, il nome del suo autore e la traduzione in inglese del testo originale.
Una volta raggiunta l'ultima frase del brano, il battito del cuore gli rimbombava nelle orecchie e le farfalle facevano a pugni nel suo stomaco.


Ci provò con tutte le sue forze, sapeva che sarebbe sembrato un idiota altrimenti, ma nonostante i suoi sforzi sovrumani Andy non riuscì proprio a smettere di sorridere per tutto il giorno, almeno finché non cadde addormentato a notte inoltrata tra le coperte scomposte, con il battito accelerato di Mika contro l'orecchio, il suo respiro ancora affannoso sulla pelle e le sue forti, lunghe braccia che lo stringevano a sé.













Salve!
Non avete idea del tempo che queste piccole storielle (o almeno alcune) hanno passato tra i miei file di drive a fare la muffa perché non riuscivo a trovare l'ispirazione per andare avanti. Queste ultime due settimane mi sono finalmente riuscita a prendere una vacanza dall'università, sessione ed esami e ho scritto come non facevo da anni, andando avanti anche per tutta la notte.
Non so ancora di preciso quante one shot finiranno in questa raccolta; 3 sono già praticamente pronte (salvo correzioni e stravolgimenti dell'ultimo minuti che sono way too likely to happen), ma qualcuno mi ha lanciato un prompt carino che è rimasto lì a solleticarmi il cervello, quindi forse ne potrebbe venir fuori anche una quarta. Detto questo, cercherò di pubblicare con costanza - a ritmi serrati m non troppissimo, altrimenti non ho il tempo di provare a scrivere questo quarto capitolo - in modo da aprire e chiudere sneza intralci questa modesta raccolta che, nel caso non lo aveste notato da questo primo capitolo o dall'avvertimento a chiare lettere che vi ho messo nello specchietto iniziale, sarà stracolma di fluff. Ma proprio roba da diabete eh.
Prendetela così come viene perché non lo so neanche io da dove mi è venuta tutta questa stucchevolezza.

As usual, se mi lasciate un commentino qui sotto mi fate tanto piacere.
Bacini, alla prossima xX
  
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