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Autore: Hap Collins    03/03/2020    0 recensioni
Marco è amico di Martina, lei lo accompagna a scuola e lo aiuta negli spostamenti perchè Marco ha un problema: un rarissimo virus lo ha rimpicciolito all'altezza 10 centimetri.
Marti è molto attaccata a lui, Marco invece è innamorato dell'inarrivabile Barbara. Inarrivabile anche in altezza, ma Marco è deciso a provarci comunque.
Genere: Romantico, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Squillò il telefono, Marco saltò sul tasto rispondi del touch screen, ormai era diventato abile nel ballare sullo smartphone componendo messaggi. Barbara. Per la ricerca pretendeva che fosse lui ad andare a casa sua. E come ci arrivo? Pensò. I genitori erano fuori e Marti, uhm a Marti non aveva ancora detto niente, ma difficilmente sarebbe stata contenta di andare a casa di Barbara.

- Potresti venirmi a prendere? Barbara non sembrava molto felice, ma accettò. Di lì a mezz'ora se la ritrovò in camera. Si guardava intorno con aria perplessa e un po' schifata, come se stesse visitando un tugurio, ma evitò di fare commenti sull'arredamento. - Ti posso offrire qualcosa? - No, grazie. A posto così, disse sedendosi sul letto. Teneva le gambe accavallate e fissava la stanza delle bambole allestita sul tavolo. Le mani sulle ginocchia, curatissime, e le unghie smaltate di bianco. - Ho dovuto prendere i mezzi perché la macchina serviva a mio padre. Frugò nella borsa tirando fuori uno strano oggetto che posò sulla scrivania. Era una gabbietta per grilli disse, veniva dalla Cina. Marco diventò viola, e ricordò le parole di Marti riguardo allo strano animale da mettere in gabbia.

Barbara notò l'imbarazzo e si giustificò dicendo che in borsa senza gabbia sarebbe finito sballottato tra trucchi e documenti, e non poteva certo tenerlo in pugno sull'autobus. Aveva fretta e Marco accettò di entrare nella gabbietta che lei posò nella borsa uscendo velocemente di casa. Il viaggio sull'autobus sembrò interminabile, stava seduto in fondo alla gabbia al buio e per fortuna Barbara aveva lasciato la zip aperta ed entrava un po' d'aria.

Finalmente rivide la luce del giorno. Gli occhioni di Barbara lo guardavano tra le sbarre e ogni nervosismo se andò pensando a quanto era bella. - Siamo quasi arrivati, ti porto nella gabbia perché mi va bene l'anello sopra per tenerti, però sei all'aria aperta, ok?

Barbara proseguì dondolando la gabbietta appesa al dito. Marco si rassegnò alla giostra a dondolo mentre guardava il quartiere in cui si trovava. Ville signorili e vialetti puliti. Procedevano in silenzio senza parlare, era una bella giornata e un leggero vento spazzava le foglie sul selciato. Un suono caratteristico, il frinire di un grillo. Ci mancava anche questo pensò Marco, ora lo mette insieme a me nella gabbietta.

Il grillo era uscito dall'erba e stava sul vialetto, a Marco venne in mente sé stesso a terra tra due file di banchi, poi qualcuno ti raccoglie e ti ingabbia. Barbara procedeva con la solita sicurezza guardando avanti, il grillo continuava a cantare. Un paio di passi e Marco attese l'improvvisa deviazione di traiettoria che stavolta non ci fu. l'insetto finì sotto la suola con uno sgradevole scratch e la scarpa proseguì il suo cammino come niente fosse.

Ebbe un brivido, forse non l'aveva visto. - C'era un grillo... - L'ho visto, rispose lei laconica. La gabbietta dondolò per un fruscio di vento. - I grilli piacciono a mio padre.

La casa di Barbara era un elegante villa di tre piani con stanze ampie e arredamenti di pregio. Sembrava disabitata - Mio padre non c'è quasi mai, disse salendo le scale. Arrivati in camera depositò la gabbietta sul letto e fece con comodo. Marco si rese conto che dall'interno non poteva aprire, si sedette sul fondo a guardare la sua compagna che si sistemava, apriva l'armadio prendendo i pantaloni di una tuta e tranquillamente sfilava i jeans troneggiando davanti a lui. La vista di gambe perfette e mutandine giganti gli diede un misto di eccitazione e fastidio, era sempre così distante e irreprensibile e ora lo stava trattando senza cerimonie, svestendosi davanti a lui come non contasse nulla. Barbara si fermò un momento cercando di capire cosa avesse dimenticato, quindi si voltò verso la gabbietta sul letto. - Scusa, non avevo fatto caso a te.
A Marco sembrò peggiorare le cose, ma disse che non c'era problema, tanto aveva capito che non sarebbe uscito dalla gabbia facilmente. Dopo qualche minuto finalmente si accomodò sul letto con gli appunti e aprì la gabbietta. Stava seduta a gambe incrociate davanti a lui e parlava velocemente del lavoro da fare, Marco non seguiva, la guardava e pensava all'immagine di poco prima. - Cosa ne pensi? Disse improvvisamente. - Io...eh.
- Tu non mi stavi ascoltando. La sua espressione era severa.
- Andiamo alla scrivania, forse ti concentri meglio. Si alzò sbrigativa sistemando i fogli. Marco vide la sua mano scendere veloce verso di lui afferrandolo nel pugno, una stretta che non ammetteva repliche. Capì che era meglio impegnarsi sul lavoro.
Seduto su una scatola di trucchi si mise d'impegno a seguirla, ma le sue labbra lo ipnotizzavano, sarebbe rimasto volentieri a fissarla tutto il giorno mentre parlava, era perfetta. Lei con i gomiti sul tavolo leggeva i suoi appunti e saettava lo sguardo su di lui, finché le labbra si incresparono in una smorfia di disappunto. Smise di parlare, prese la bottiglietta d'acqua dietro Marco e gliela versò sopra. - Così ti svegli.

Marco si ritrovo completamente inzuppato come fosse stato sotto una cascata. La guardò sconvolto. Lei per la prima volta diede segni di imbarazzo, quello che poteva sembrare uno scherzo innocente non lo era.
- Oddio scusa! Non pensavo, devi...devi asciugarti? Marco si era davvero svegliato e quelle labbra non sembravano più così interessanti, anche questo improvviso lampo di insicurezza l'aveva resa meno affascinate, oltre al fatto che si ritrovava bagnato come un pulcino senza la possibilità di cambiare i vestiti fradici. Barbara corse in bagno a prendere degli asciugamani, tornò in camera e realizzò che sarebbe stato più complicato del previsto, un asciugamano era grande come una tenda da circo per lui. Si mise ad asciugare il tavolo guardandolo preoccupata. - Devi cambiarti.
Marco la guardò perplesso - Portami a casa e mi cambio. - No, devi cambiarti prima. E dobbiamo asciugare i vestiti. Sembrava molto ansiosa per l'eventuale figuraccia di ripresentarsi ai genitori col figlio inzuppato come un biscotto. - Svestiti, ti aiuto ad asciugarti.
Marco titubante prese a togliersi scarpe e maglia sotto lo sguardo indagatore della compagna. - Magari le mutande puoi tenerle, aggiunse lei.
Quindi si ritrovò seminudo di fronte a Barbara, che goffamente prese a toccarlo con la punta di un asciugamano strofinando le gambe e poi la schiena. Il contatto era ruvido, le chiese di fare più piano. Lei riprese sicurezza, lo mise sul palmo della mano strofinando con attenzione, muovendolo come fosse una bambola. Marco sentiva l'indice strofinargli il petto con la punta dell'asciugamano, poi ridiscendere a prendergli le gambe fino ai piedi asciugati con precisione tra due dita. Aveva lo sguardo assorto come si fosse dimenticata di tutto il resto.
Marco avvertì un senso di calore invadere tutto il corpo, e notò che gli occhi di lei si erano fermati in un punto. Alzò la testa, si notava l'erezione anche se nascosta dalle mutande.
Rimasero in silenzio per un attimo interminabile, poi Barbara lo posò di nuovo sulla scrivania. Aveva di nuovo l'aria di chi guarda un piccolo animale. Probabilmente un grillo.

 

  
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