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Autore: Elfa    06/03/2020    0 recensioni
Cosa sarebbe successo se Sauron si fosse ripreso l'anello? Quale sarebbe stato il destino della Terra di Mezzo? Si può ancora essere felici in un mondo del genere, dove pare ci sia posto solo per la guerra?
Questa è la storia di due fratelli alla ricerca di un'occasione di riscossa, o forse, solo di un pò di pace in una terra che sembra non averne più.
-Questa è (spero) la versione definitiva della storia "Ombre" e riunisce sia l'antefatto che la storia vera e propria. Tuttavia questa storia presenta alcune differenze nei personaggi e nella trama, quindi non è un copia e incolla, lo dico per i miei vecchi lettori. Detto questo, vi lascio al racconto. Buona lettura.-
Genere: Avventura, Dark, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio, Sauron
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Cap 20. La colpa del padre

 

Una cosa positiva della sua permanenza forzata a Pontelagolungo? Le puttane erano superlative. Specialmente quella rossa tutto pepe della Botte Piena, era fenomenale, anche se più cara che tante altre, e la birra di quella bettola era ugualmente buona, non la sciacquatura di piatti a cui era abituato. Probabilmente il commercio coi nani dava di quei vantaggi.

Himrak aveva trovato un posto nella guardia cittadina, nonostante il suo sangue orchesco e malgrado ancora intravedesse sguardi ostili a lui rivolti, e sussurri alle sue spalle. Poco importava, ci aveva già fatto l'abitudine, e né il Governatore né il Capitano delle guardie potevano permettersi di sputare sopra ad un nuovo effettivo, specie se così grosso e già addestrato: tutti quegli anni di guerra più o meno latente avevano logorato gli uomini del Lago più che temprarli.

Quella sera, comunque, era in libera uscita, ed intendeva godersela sperperando la paga in birra e puttane. Entrando alla Botte Piena venne investito dal consueto miscuglio di odori. Cibo, birra, erba pipa ed esseri umani. No, c'era qualcosa di insolito, qualcosa che aveva già sentito. Esitò, chiudendosi la porta alle spalle e facendo qualche passo all'interno del locale, respirando profondamente. Sì... conosceva quell'odore. Sì... si volse attorno, cercandone la fonte. Era un odore particolare, difficilmente confondibile, e il mezz'orco sorrise. Non sentiva l'odore di Tìra, ma lei era umana, probabilmente si confondeva con quello degli altri avventori ma, dannazione, il piccolo Gurth ci aveva preso, dovevano avera in qualche modo scampata al drago!

L'esterling si fece largo tra la gente, individuando l'amico seduto ad un tavolo, da solo, il cappuccio tirato sul capo, come a cercare di non farsi riconoscere. Himrak sbottò in una risata, arrivandogli alle spalle e tirandogli una pacca sulla spiena che fece barcollare l'elfo in avanti.

“Dannazione a te, Anie!” Sbottò il mezzo, aggirando l'altro per sedersi all'altro capo del tavolo, sulla panca libera. “Hai fatto preoccupare a morte me e Gurth, si può sapere come...” Le parole gli morirono in gola non appena il suo interlocutore alzò il viso, rivolgendogli uno sguardo gelido. Sì... i lineamenti del viso dell'elfo davanti a lui erano tremendamente simili a quelli di Anie, così come il suo odore, ma non era lui. I tratti di quello erano più affilati, più... antichi. Il mezzo deglutì, imbarazzato, immaginando chi fosse la figura seduta innanzi a lui. “Perdonatemi.” Biascicò. “Credevo foste...” tentò di scusarsi, ma quello lo fermò con un gesto della mano.

“Ho capito.” Tagliò corto Legolas, poggiano entrambe le mani sul tavolo e trovandosi a fissare il mezz'orco, senza nulla dire per alcuni istanti, studiandolo. “Tu devi essere... Himrak, giusto?” Chiese, senza però aspettare una risposta. “Sembra che tu ti sia ambientato bene tra gli uomini.” Osservò.

Himrak annuì, osservando di rimando l'elfo, lo sguardo che vagò poi per la sala, alla ricerca di un'eventuale scorta.

“Preferisco viaggiare solo, per quanto possibile.” Spiegò il re, individuando il fare del mezz'orco. “Sono stato in visita ad un vecchio amico, non mi aspettavo di incontrare te, ma visto che ci siamo... avrei in effetti delle domande da farti.” Esalò il re, voltandosi poi a intercettare l'oste, che richiamò con un cenno, ordinando due birre, prima di tornare a volgere la sua attenzione al mezzo, che si accigliò appena.

“Domande, mio Signore?” Chiese, a disagio. Non era abituato ad avere a che fare con un re, né con un elfo di alto rango, a eccezione di Anarion, certo, e di Sulaure, ma quella situazione sembrava completamente diversa. L'elfo annuì, congiungendo le mani sul tavolo.

“Sì... parecchie.” Ammise il re, con voce calma. “Ma vorrei cominciare da una in particolare: ci sono altri elfi a Mordor?”

Il mezzo si accigliò, inclinando appena il capo. “C'è Dama Sulaure, ovviamente, ma a parte i ragazzi no, Durante la guerra dell'Anello c'è stato un vero e proprio massacro, niente prigionieri ancora in vita, che io sappia.” Riflettè il mezzo, ricambiando lo sguardo dell'altro, osservando il re farsi cupo.

“Capisco... questo mi porta a pensare che quindi non ci sia stato un traditore, a Lothlorien.” Riflettè il sire silvano, a bassa voce. Ma il suo cipiglio non si spianò, anzi, l'espressione se possibile si fece ancora più severo. “Il che mi porta ad una seconda domanda.” Esitò il re, lo sguardo fisso sugli occhi color oro del mezzo. “Tu sai chi è il padre di Gurthang?” Chiese, la voce piatta nel porre quel quesito.

Gli occhi del mezzo si allargarono, sorpresi, le labbra si aprirono, ma senza pronunciare ancora nessuna parole. “Che importanza può avere?” Domandò alla fine il mezz'orco, quasi con astio. “Gurthang non è suo padre, non ha le sue colpe.”Il mezzo si rese conto di star mostrando i denti e si affrettò a serrare le labbra.

“Non stai rispondendo alla mia domanda, mezz'orco. O forse si.” Il re inspirò, mentre fissava l'altro, quasi sfidandolo. “Dopo la sconfitta al Nero Cancello non sono tornato a Lothlorien, la ritirata mi ha costretto a rientrare a Lasgalen e la guerra ha bloccato ogni scambio di notizie tra il Reame Silvano e Lorien.” Ricordò il biondo, freddo. “Su Gurthang avevo fatto delle ipotesi.” Ammise, parlando a voce bassa, quasi a sé stesso. “Poteva essere che Sulaure mi avesse dato per morto, non avendo più mie notizie, poteva essere che avesse che avesse trovato un nuovo compagno...” Azzardò, una smorfia sulle labbra che tradiva il disagio provocato da quel pensiero. “Era l'ipotesi che più, in un certo senso, avevo sperato. L'alternativa è che ci fosse stato un traditore a Lothlorien, qualcuno disposto a tradire la sua gente per una donna. Era improbabile, ma non impossibile. Gurthang non è mezzo elfo, quindi suo padre doveva per forza essere un abitante di Lorien, mi dicevo.” Ammise col mezzo, sostenendo il suo sguardo. “Ma tu mi dici che non ci sono altri elfi nel Nero Impero.” Osservò, mentre Himrak tratteneva il fiato. “C'era una terza opzione che non avevo voluto prendere in considerazione...”

“Gurthang non è suo padre.” Insistè il mezzo, deciso. “Non è come lui. Quel ragazzino ha un'indole talmente buona da essere persino fastidiosa, è la cosa più pura che io abbia mai...”

“Sì.” Legolas lo interruppe, adagiandosi contro lo schienale della panca, quasi esausto. “Lo ho osservato in questi ultimi tempi. Ha dentro una luce che lo fa somigliare più ad un maiar che ad un elfo.” Esalò, quasi sovrappensiero.

Himrak esitò: non si aspettava un simile commento. Osservò l'elfo. Gli si formava una sottile ruga in mezzo agli occhi, mentre pensava, dandogli la stessa espressione che prendeva Anarion quando riceveva ordini che andavano contro la sua morale, quando cercava di conciliare il dovere coi suoi principi.

“Dama Sulaure mi ha chiesto di portare qui i ragazzi.” Mormorò, infine, strappando il re dai suoi pensieri. “Era convinta che qui sarebbero stati entrambi al sicuro.” Il re lo fissò, serio, senza parlare. “Avete tutto il diritto di odiare me, Maestà, per non avervi riportato vostro figlio, ma il ragazzo non ha alcuna colpa, se non quella di essere nato.” Esalò, d'un fiato. Il re lo osservò per lunghi istanti, lasciandosi poi andare ad un sorriso infelice.

“Tu dovevi essere un buon amico di Anarion, Eh? Quella delle amicizie improbabili deve essere un vizio di famiglia.” Osservò. “Nascere non è una colpa.” Tagliò corto, facendo rilassare il gigante. Trasse a sé la birra, non si era nemmeno accorto che l'oste l'avesse portata. “Ho un'altra domanda per te.” Sorseggiò la birra, il re, sollevando lo sguardo a guardare il gigante, che gli restituì un'occhiata interrogativa. “In tutta sincerità... pensi che Anarion sia morto davvero?” Chiese, a bruciapelo, la voce ridotta ad un sussurro.

Himrak esitò, incerto, a sua volta prendendo la birra ed ingollando lunghi sorsi per prendere tempo, riflettendo su quella domanda. Con un crollo del genere quante possibilità c'erano che lui e Tìra fossero sopravvissuti? Praticamente nulla, il suo senso pratico lo sapeva, il tempo passato come soldato lo aveva portato a fare i conti con la realtà, con le perdite inevitabili dei compagni, eppure... trasse un lungo respiro, il mezzo. “Non ho visto il suo corpo.” Ammise, alla fine. “La frana che ci ha separato non mi lascia molte speranze, non voglio mentire, ma... ma al di là di ogni considerazione logica, voglio sperare ancora che lui e Tìra se la siano cavata. Che se la siano cavata e che troveranno un modo per arrivare fino a qui.” Concluse, infine, accorgendosi di aver strappato all'elfo un sorriso velato.

 

*

 

Sdraiato a pancia in giù sul letto, non c'era un solo muscolo che non gli facesse male. Arwanar lo stava mettendo sotto con ferocia, senza lasciargli tregua, ma finalmente vedeva dei miglioramenti nella sua tecnica, presto sarebbe stato pronto per una battaglia vera.

Gurthang aprì gli occhi, fissando il buio, la guancia premuta contro il cuscino. Suo fratello aveva avuto il suo battesimo di fuoco a sedici anni... forse per lui sarebbe stato lo stesso ma era probabile che accadesse anche prima: sire Orevorn intendeva forzare la mano a Sauron, cominciare una guerra e mettere la parola fine a tutto, sire Legolas, invece, era più cauto e sosteneva che non avessero abbastanza uomini e mezzi per un'ennesima guerra aperta mentre Dama Turiel aveva avanzato l'ipotesi di un agguato. Arwanar, per contro, aveva distrutto le aspettative di tutti, dicendo che Gurthang non era ancora pronto ad una battaglia vera e che in un duello contro Sauron si sarebbe semplicemente fatto ammazzare.

Gurth sbuffò, mettendosi a sedere, senza riuscire a dormire: si sentiva in colpa per essere ancora così scarso e, soprattutto, avvertiva una solitudine lacerante. Gli mancava Anie, gli mancava Himrak, gli mancava sua madre, e non era affatto certo che sarebbe mai riuscito a rivederli. Forse una passeggiata lo avrebbe distratto... in fondo, in quel posto potevi camminare chilometri senza uscire da palazzo, era un enorme labirinto di scale e corridoi, un paio di volte ci si era persino perso!

Si rivestì in fretta, lasciando le sue stanze e girovagando senza meta, ascoltando l'eco dei suoi passi sul pavimento. Poco a poco, si accorse che quello della sua camminata non era l'unico rumore che udiva. Si fermò, in ascolto, riconoscendo le note di una musica simile a quelle che sua madre cantava, suonate con una lira. Alcuni passaggi erano diversi, come se il musicista suonasse a memoria e non ricordasse bene alcune parti. Il ragazzo seguì la musica, incuriosito, cercando di non fare rumore, raggiungendo alla fine una sala circolare dal caminetto spento, illuminata però da diverse candele. Su un divanetto in legno sedeva il re, le dita che si muovevano sullo strumento, assorto, senza ancora accorgersi del ragazzo.

Gurthang non era sicuro che avrebbe dovuto trovarsi lì: una parte di lui era intimidita, per non dire seriamente spaventata, da Legolas, ed ogni volta che incrociava il suo sguardo provava una sgradevole sensazione, come un mal celato senso di colpa.

“Non riesci a dormire?” Quella domanda lo colse di sorpresa e lo fece sobbalzare, mentre il re smetteva di suonare e voltava gli occhi a guardarlo. Gurthang arrossì fino alla punta delle orecchie, annuendo.

“Sì... mi spiace aver disturbato.” Si scusò, sostenendo lo sguardo del re, incrociando quel viso così simile a quello del fratello. Non lo aveva mai visto sorridere ma si chiese se Anie gli somigliasse anche in questo, se anche il re aveva quel modo di sorridere, mostrando appena i denti e stringendo gli occhi, rompendo quell'aria austera.

“Nessun disturbo, e poi penso di essere in parte responsabile della tua insonnia.” Gli fece cenno di avvicinarsi, indicando il divano vuoto innanzi a lui. Gurthang ubbidì, non volendo sembrare scortese. Legolas lo fissava, l'espressione che si era fatta pensierosa, esalando un lungo respiro. Ci fu silenzio, ma alla fine il biondo lo spezzò. “Mi dispiace doverti chiedere di scendere in battaglia, Gurthang, non lo farei se non fosse necessario.” Ammise, quasi scusandosi, poggiando da una parte la lira. “Tua madre mi odierà per averti messo in pericolo, lei certo ha mandato qui te e Anarion perchè foste al sicuro.” Riflettè, con una smorfia di rimpianto sul viso, mentre Gurthang sobbalzava a quelle parole, sollevando il viso a guardarlo. Esitò, ora lasciando lui che il silenzio aleggiasse.

“Sire...” Cominciò, incerto, esitando prima di porre davvero quella domanda. “Voi... voi la amate ancora?” Non riuscì a trattenersi, osservando il re, sostenendo il suo sguardo sorpreso prima, malinconico poi.

“Gurthang... amo tua madre più della mia vita e guardare te è una delle cose più dolorose che io abbia mai sopportato da quando ci è giunta notizia della caduta di Lorien.” Ammise, con una tristezza palpabile. Gurthang non abbassò gli occhi, stringendo invece la mano sul legno di uno dei braccioli.

“Allora perchè non l'avete mai cercata? Lei aveva bisogno di voi, e anche Anie.” Sentiva montare addosso tristezza e rabbia, mentre stringeva il bracciolo. Legolas si alzò in piedi, avvicinandosi a lui.

“Per lo stesso motivo per cui Himrak non è tornato indietro a prendere tuo fratello. Perchè mi sono trovato una corona sulla testa e un popolo da proteggere, un popolo che non poteva permettere che il suo re cavalcasse fino al Nero Cancello per riprendersi la sua sposa o morire nel tentativo.” Spiegò, stancamente, sedendosi sui talloni, guardando il ragazzo negli occhi, con una smorfia. “Il mio più grande rimpianto è di non essere tornato a Lorien subito dopo la sconfitta del Morannon. In quel caso le cose sarebbero potuto essere molto diverse.” Ammise, senza abbassare lo sguardo. “Hai i suoi occhi... ma le vostre somiglianze si fermano qui.” Lasciò aleggiare il silenzio, restando vicino al ragazzo. “Io ti guardo, Gurthang, e fa male, fa male perchè ho combattuto contro tuo padre per così tanto tempo da darmi l'impressione di non aver fatto altro per tutta la vita e tu sei la prova che è stato tutto inutile, che non sono riuscito a proteggere nessuno di quelli che amavo.” Gurthang si

ritrovò a impallidire e ad abbassare lo sguardo, stringendo i denti, digrignandoli.

“Non sono lui.” Esalò. “Io non sono così, io non...”

“Lo so.” Legolas lo interruppe, prendendolo in contropiede, e Gurthang alzò lo sguardo a guardarlo, sorpreso. “Non c'è malvagità in te, Gurthang, e questo ti renderà molto più difficile uccidere Sauron.” Non usò il termine padre, lo chiamò per nome. “E potresti non ruscirci.” Esitò, il re. “Te lo chiederò solo questa volta... vuoi darmi la spada? Vuoi che diventi una mia responsabilità?”

Gurthang sobbalzò, sorpreso, fissando il re. Poteva risparmiarsi la battaglia, l'assassinio, la morte, poteva dare la spada a lui, che era più esperto, che sarebbe riuscito a usare la spada, che... il ragazzo

affossò le spalle, scuotendo il capo.

“Lo devo fare io.” Mormorò, a voce bassa, senza alzare gli occhi. “La spada ha scelto me, è il mio compito.” Legolas annuì, serio.

“Questo è il tuo fardello.” Mormorò il re, a voce bassa. “Ma ti aiuterò a portarlo.” Legolas sorrise appena. “Hai il mio arco. Lo dissi molti anni fa ad una persona che portò sulle sue spalle il destino della Terra di Mezzo, ma non riuscii ad onorare questa promessa.” Ammise, a voce bassa. “Rimedierò stavolta.” Promise, stavolta alzandosi in piedi. “Gurthang...” Aspettò che quello alzasse lo sguardo, ricambiandolo. “Non è tua la colpa del mio dolore, lo so, lo so bene.” Esitò per un attimo. “Tua madre desiderò che io ti tenessi al sicuro. Non lo posso fare... ma posso essere accanto a te nel pericolo.” Promise. Esitò ancora un attimo, prima di posare una mano sulla spalla del ragazzo. “Quando questa guerra sarà finita farò in modo di recuperare, di farmi perdonare il non avervi portati via prima. Tutti e tre.” Promise.

 

*

 

Turiel sentiva il sangue pulsarle nelle orecchie mentre si allontanava silenziosa dalla Sala dei Racconti, senza farsi udire dai due, il cuore che martellava nel petto. Avrebbe voluto urlare, avrebbe voluto prendere a schiaffi e pugni il suo re e distruggere ogni cosa le fosse capitata a tiro, invece si limitava a percorrere i corridoi a grandi passi, diretta al suo alloggio, cercando di contenere l'ira.

Aveva ormai accettato il fatto che Legolas avesse avuto un'altra donna e poteva fare i conti anche col fatto che ancora l'amasse e ancora sperasse di rivederla, malgrado a suo avviso già questo fosse folle, ma perdonare un simile tradimento, accettare che Gurthang quella... quella cosa, girasse liberamente per il regno, affidargli un compito così importante, fidandosi q quel punto... no, questa era follia. Il dolore doveva averlo fatto impazzire!

Si chiuse la porta alle spalle con un tonfo, respirando profondamente, cercando di calmarsi, mentre scivolava lentamente ai piedi dell'uscio. La donna si passò le mani sul viso più volte, premendo i polpastrelli contro le palpebre fin quasi a farsi male, mordendosi il labbro inferiore. Doveva stare calma, ragionare... non poteva fidarsi di Gurthang, questo era certo, ma allora di chi...? Espirò, abbassando le mani in grembo.

Doveva calmarsi. Calmarsi, certo.. e poi trovare un modo per porre rimedio a quella situazione disastrosa.

 

 

  
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