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Autore: Nadine_Rose    06/03/2020    2 recensioni
Sarah ed Hermann sono rispettivamente due tra le tante vittime e i tanti carnefici nell’ora più buia della storia dell’umanità. Il campo di Fossoli, anticamera dell’inferno nazista, sarà la loro comune e perenne prigione d’amore malato.
Matteo, un giovane pescatore, sarà colui che proverà a sciogliere il cuore di Sarah dalle catene del tenente Hermann, nello speranzoso e disperato scenario del dopoguerra napoletano.
[Capitolo 65: Un amore a Fossoli]
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Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Olocausto, Dopoguerra
Capitoli:
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Capitolo 23

 

Azzurro cielo

 

“L’altro, il tiranno delle tue lenzuola, ti strappa fuori da ogni movimento e precipita cupo nel ricordo.”

Alda Merini

 


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Immagine dal film “Il club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey”

 

Napoli, ottobre 1946

~ Un mese al matrimonio ~

 

“Basta ca ce sta ’o sole, ca c’è rimasto ’o mare, na nénna a core a core, na canzone pe’ cantá. Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato, ha dato, scurdámmoce ’o ppassato, simmo ’e Napule paisá[1], canticchiava Matteo, verniciando di beige rosato l’ultima parete della camera da letto.

Aveva impiegato l’intera mattina per riuscire a ottenere quel colore e fare una sorpresa alla sua futura sposa che, sicuramente, si aspettava il monotono bianco o, al massimo, un giallo pallido. Non vedeva l’ora di mostrarle il risultato del suo lavoro. A breve, come i pomeriggi precedenti, sarebbe arrivata con un caffè, un bacio e una miriade di sorrisi, sprigionando nell’aria una scia del suo buon profumo ai fiori di mughetto e imprimendogli nella mente e nel cuore l’immagine della sua radiosa bellezza. A volte, pensava di non esserne degno e che, come gli ripeteva spesso il suo compare, Sarah fosse troppo per un povero pescatore come lui. Se Matteo le aveva chiesto di sposarlo, lei aveva fatto sì che la sua proposta diventasse un’immediata concretezza.

Sarah aveva messo in vendita l’appartamento di famiglia per pagare, subito e interamente, la casetta dal tetto rosso affacciata sul mare che avrebbe abitato con il suo sposo, scontrandosi con il dissenso del signor Gennaro che sperava ancora nel ritorno dell’amico conosciuto in trincea durante la Grande Guerra. Inizialmente, anche lui, urtato nel suo orgoglio di maschio e temendo una figuraccia con i suoi futuri suoceri, qualora fossero ritornati dai lager nazisti, aveva dissentito, ma Sarah era stata più forte. Il suo guscio di ragazza dolce e sensibile nascondeva in realtà una donna testarda e determinata il cui carattere era stato forgiato dalle ingiustizie e dagli abusi subiti. Ma Sarah non si era limitata soltanto all’acquisto della casa e, con parte dei soldi rimasti, gli aveva anche regalato una barca, offrendogli così un’indipendenza lavorativa, una responsabilità a cui lui, però, non si sentiva ancora pronto e che lo costringeva a diventare improvvisamente più adulto, più uomo. Temprata dalla sofferenza del passato, Sarah era forte e lo era molto più di Matteo.

La loro decisione di sposarsi subito, senza prima conoscersi di più ma sospinti da un sentimento d’amore e spinti da uno slancio del cuore, aveva suscitato la disapprovazione sia del signor Gennaro sia della famiglia di Matteo, mentre le malelingue del paese mormoravano di un matrimonio riparatore. Ovviamente, non lo era. Il desiderio che Matteo aveva della sua futura sposa era grande quanto il rispetto che nutriva per lei e non ne avrebbe mai approfittato, pur sapendo della sua non più illibatezza. Temendo di poterle riaprire una ferita e di offenderla nella sua sensibilità e nella sua dignità di donna, non le aveva mai chiesto di quell’ufficiale tedesco. A volte, quando era da solo con i suoi pensieri, mentre riparava una rete o riposava sulla battigia oppure, come in quel momento, ristrutturava la loro casetta, si ritrovava a immaginare con rabbia le violenze e le porcherie che la sua dolce Sarah aveva subito per mano di quel criminale nazista, per lui senza nome né volto, ma sapeva che, se le cose fossero andate diversamente, non l’avrebbe mai incontrata. Beneficiario di una felicità frutto di un compromesso, forse, se la vita gli avesse messo davanti quell’essere degenere, lo avrebbe anche ringraziato, prima di ucciderlo con le proprie mani. Ma questo non sarebbe mai accaduto, poiché quel tedesco era soltanto un fantasma del passato, un brutto ricordo sepolto sotto cocci, ceneri e macerie di un mondo da ricostruire, di una vita – quella di Sarah – rinata e a lui donata.

“Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato, ha dato, scurdámmoce ’o ppassato”, continuava a canticchiare Matteo, dando alla parete le ultime pennellate, “simmo ’e…” Si zittì e fermò il suo lavoro, quando, rivolgendo lo sguardo alla finestra davanti a sé, nella cornice del luccichio del sole che si specchiava sul mare increspato del pomeriggio e s’infrangeva sulle barche ormeggiate in banchina, la vide arrivare con il vassoio del caffè tra le mani.

La luce del sole faceva brillare i riflessi ramati dei suoi capelli adornati su un lato da un fermaglietto argentato e che, adesso, un po’ più corti e ondulati, si posavano a malapena sulle spalle coperte da una giacchetta color panna; mentre la brezza del pomeriggio faceva danzare gli orli del suo vestito azzurro.

Azzurro, come il mare che lui navigava e che, generoso, era sempre stato il suo sostentamento e il suo rifugio; azzurro, come il cielo che lui contemplava e che, rassicurante, aveva sempre raccolto i suoi pensieri, paure e speranze.

Matteo adorava quel vestito che Sarah aveva indossato per la prima volta il giorno della sua proposta di matrimonio a Sorrento e ne rievocava il ricordo, i momenti e le sensazioni, il profumo di zagare e salsedine, il suo batticuore di ansia e felicità, il sapore del pane caldo, dei baci avvolgenti e delle lacrime dolci della sua amata.

Sorrise incantato dinanzi a quella visione celestiale che, lentamente e in modo sinuoso, si apprestava a salire i gradini di casa. Poi ritornò in sé e, in fretta, posò il pennello su un barattolo di vernice e si pulì le mani con uno straccio per raggiungerla in cucina.

“Matteo!” Sarah lo chiamò con voce particolarmente allegra, felice per ciò che avrebbe dovuto fare di lì a poco e, mentre appoggiava il vassoio sul tavolo, lui apparve dalla camera da letto, pronunciando il suo nome quasi in un sussurro.

Gli occhi luminosi e le ciglia incurvate dal rimmel, il sorriso raggiante e le labbra colorate di un rosa delicato avevano abbagliato Matteo, attraendolo verso di lei come una calamita. Le andò incontro e l’accolse, salutandola con un dolce “ciao, amore” e un bacio sonoro sulla guancia un po’ arrossata dal caldo.

Bevve quasi di un sorso il caffè diventato ormai freddo e, intanto, Sarah si soffermò a guardare i suoi capelli scuri e ricci impiastricciati di polvere; i suoi avambracci, abbronzati e scoperti dalle maniche arrotolate, imbrattati di vernice; i suoi occhi marroni, segnati da profonde occhiaie di sonno arretrato, fissi su di lei in un’espressione di tenerezza e vagamente vispa che la ragazza adorava.

“Ti sei cambiata”, fece Matteo, posando la tazzina sul vassoio, senza distogliere per un attimo lo sguardo da lei, “oggi non torni al lavoro?”

“Te l’ho già detto ieri”, rispose, fingendosi risentita, ma il timbro di voce gentile e il sorriso incollato sul viso tradirono il suo tentativo, “oggi ho appuntamento con la sarta per provare di nuovo l’abito. Stavolta mi accompagna la moglie del signor Gennaro, perché Hannah non può muoversi dal Gran Cafè.” Sarah divenne più seria e si apprestò a prendere il vassoio dal tavolo, dicendo: “Anzi, è meglio che mi sbrighi. Non vorrei farla aspettare.” L’emozione per l’ennesima prova dell’abito da sposa era mutata in un senso quasi di irrequietezza.

“Aspetta!” Matteo la fermò, afferrandole delicatamente un polso. “Ho una sorpresa per te”, disse e, prendendola per mano, fece tornare il sole sul suo viso, “chiudi gli occhi.”

“Va bene”, sussurrò Sarah, mentre il giovane le restituiva il sorriso e, con una smorfia, chiuse gli occhi, lasciandosi guidare verso la camera da letto.

“Adesso puoi aprire gli occhi, amore.” Alla dolce esortazione di Matteo, gli occhi di Sarah si aprirono, rimanendo incantati nel vedere quelle pareti rosate. “Allora, come ti sembra?” le domandò, già compiaciuto della sua reazione.

è meraviglioso!” ribatté e, esalando un gridolino di gioia, gli si gettò al collo, baciandolo sulle labbra. “Tu sei fantastico!”

Matteo le prese il viso tra le mani, restituendole un bacio travolgente il cui impeto la fece indietreggiare verso l’uscio.

Sarah si scosse nel ritrovarsi con le spalle incollate alla porta che sbatté lievemente contro il muro e si stupì nel vedere le mani di Matteo ferme a mezz’aria sul suo petto.

“Posso, Sarah?” le chiese con il rispetto e la gentilezza che lei, conoscendolo, sapeva avrebbero preceduto la loro intimità, attenzioni fisiche e carezze più audaci che, già da qualche settimana, la ragazza desiderava e pudicamente attendeva dal suo amato.

Ma, forse, non era quello il momento giusto per permettergli di lasciarsi andare, tra il disordine di una casa in ristrutturazione e la sua fretta per l’imminente appuntamento con la sarta, e rispose con un titubante “sì”.

E Matteo non riuscì a scorgere il velo di tristezza dietro le sue ciglia socchiuse, mentre stringeva tra le mani la morbida coppa dei suoi seni e non si fermò, quando lei espresse la sua incertezza, ritraendosi alle carezze e dicendo: “Credo che non sia questo il momento, Matteo.”

“Sei bellissima, amore mio. Sei tutto ciò che ho sempre desiderato nella mia vita”, rispose lui, sordo alle parole di Sarah e ignaro che le sue mani stessero riaprendo vecchie cicatrici e rievocando assurdi rimpianti.

Il forte odore di vernice fresca e di polvere di gesso sparso nella stanza e quello acre di sudore emanato dal corpo di Matteo iniziarono a confondersi con un profumo di ambra e muschio; la guancia scura e ispida di barba incolta che la pungeva, sfiorandole il viso, divenne pelle cerea e liscia d’impeccabile rasatura; le mani callose, la cui ruvidezza oltrepassava la stoffa del vestito, raggiunsero le generose curve dei suoi fianchi, mutando in dita morbide che non avevano mai conosciuto la fatica dei lavori manuali. Sarah gemette di paura e nostalgia, al ricordo di Hermann che prendeva possesso della sua realtà presente con Matteo.

“Basta, Matteo, devo andare. La signora Carmela mi sta aspettando”, lo implorò, afferrandogli le braccia.

Ma il giovane, animato da un irrefrenabile e smanioso desiderio che sembrava averne strappato via la consueta delicatezza, non ascoltò la sua richiesta. “Lasciala aspettare”, ribatté e Sarah quasi volle piangere, sentendosi inchiodata al legno di quella porta.

“No, basta, Matteo”, ripeté più volte, in un tono di lamento, tentando invano di divincolarsi. Poi, con una forza che entrambi non credevano potesse avere, la ragazza lo spinse via da sé. “Ho detto basta”, urlò, dandogli uno schiaffo in pieno volto, “Hermann!”

E fu lo stupore e non il dolore a fargli portare e trattenere la mano sulla guancia, mentre rielaborava il nome con il quale da Sarah era stato respinto e chiamato.

Di quel tedesco Matteo conobbe, dunque, il nome e, sfocato e senza fattezze, scorse il volto nel lampo di rabbia comparso negli occhi di Sarah prima che s’inondassero di lacrime. E vide quell’ombra in divisa riemergere da cocci, ceneri e macerie e occupare minacciosa la distanza che fra loro si era creata.

 

“Azzurro come te, come il cielo e il mare.

E giallo come luce del sole.

Rosso come le cose che mi fai provare.”

 

Modà & Jarabedepalo, Come un pittore 

 



[1]“Basta che c’è il sole, che c’è rimasto il mare, una ragazza cuore a cuore, una canzone da cantare. Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato, ha dato, dimentichiamoci il passato, siamo di Napoli paesano.”

Simmo ’e Napule paisá” è una canzone napoletana del 1944, interpretata da Vera Nandi al volgere del termine della seconda guerra mondiale. La canzone racconta la voglia di rinascita del popolo napoletano e il desiderio di lasciarsi alle spalle i tragici eventi della guerra.

 

   
 
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