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Autore: Ghen    07/03/2020    2 recensioni
Dopo anni dal divorzio, finalmente Eliza Danvers ha accanto a sé una persona che la rende felice e inizia a conviverci. Sorprese e disorientate, Alex e Kara tornano a casa per conoscere le persone coinvolte. Tutto si è svolto molto in fretta e si sforzano perché la cosa possa funzionare, ma Kara Danvers non aveva i fatti i conti con Lena Luthor, la sua nuova... sorella.
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Non solo quello che sembra! AU (no poteri/alieni) con il susseguirsi di personaggi rielaborati e crossover, 'Our home' è commedia, romanticismo e investigazione seguendo l'ombra lasciata da un passato complicato e travagliato, che porterà le due protagoniste di fronte a verità omesse e persone pericolose.
'Our home' è di nuovo in pausa. Lo so, la scrittura di questa fan fiction è molto altalenante. Ci tengo molto a questa storia e ultimamente non mi sembra di riuscire a scriverla al meglio, quindi piuttosto che scrivere capitoli compitino, voglio prendermi il tempo per riuscire a metterci di nuovo un'anima. Alla prossima!
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Kara Danvers, Lena Luthor
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ours'
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SONO TORNATAAAAA!
Bentornat* sulle righe di Our home :3
Spero che il capitolo vi piaccia ma, prima di lasciarvi alla lettura, un piccolo recap non guasterebbe ››

Cos'è successo in villa Luthor-Danvers di recente? Prima di tutto, ricordate una certa chiavetta usb? L'Operazione di Rhea Gand che aveva immobilizzato e tenuto quasi sotto sequestro National City aveva il compito di smascherare Dru Zod a capo dell'organizzazione e, per farlo, la donna aveva lasciato ai suoi uomini e donne delle chiavette usb da svuotare su alcuni luoghi chiave della città, tra cui la Luthor Corp. La pennina portata alla Luthor Corp non conteneva dati solo su Zod, ma sulla famiglia Luthor, incastrando di fatto Lionel e Lillian. Il piccolo oggetto è passato dalle mani di James Olsen a quelle di Clark Kent e Lois Lane, è stata spedita in villa per Kara Danvers ed è stata esaminata da Lena Luthor e Indigo Brainer. Un bel macello! Gran parte dei dati al suo interno trovano riscontri, sono veritieri, e dopo averci riflettuto, Lena chiede a Indigo il favore di contraffare quei dati per salvaguardare la sua madre adottiva che ora si sta rifacendo una vita al fianco di Eliza. Una decisione affrettata? Giorni e giorni a lavorare a quei documenti digitali e a parlarne con Indigo che non ne poteva semplicemente più. Sapeva che i suoi avevano fatto parte dell'organizzazione, che ne erano i presidenti prima di Zod, ma in che dimensioni la sua famiglia era colpevole?
Uh-oh! Un bel problema: ciò che Lena non sa, e Indigo ne è convinta, è che la modifica e cancellazione di alcuni di quei dati è un passetto in più verso il piano del nostro X. Vi ricordate il profilo misterioso? Colui che diceva di sapere chi ha ucciso Lionel Luthor, ha fatto uscire Indigo di prigione per farla lavorare per lui, l'ha fatta rapire da un omone quando lei si è messa a fare di testa sua, lasciandola in una casa dalle tinte pastello che nasconde vari scheletri nell'armadio: il padre di famiglia Noah è un investigatore privato e la segue dovunque vada, sua moglie Carol è una killer su commissione, i loro due figli, e infine Howard, un uomo su sedia a rotelle in stato catatonico che abbiamo scoperto essere niente popò di meno che il padre del nostro profilo misterioso. Ma attenzione, quest'uomo non dovrebbe essere lì, dovrebbe essere morto da anni, e da qui un ricatto: fai di nuovo di testa tua, cara Indigo, e con la scusa che sai cose che io non voglio che tu sappia, come mio padre ancora in vita, e io ti faccio uccidere. Non accetta mosse avventate! Approfittandosi della cotta di Indigo per Lena Luthor e del suo incuriosirsi sui sentimenti umani che aveva rifiutato di provare da anni per il trauma subito alla prematura morte del suo fratello più piccolo, Cyan, il profilo misterioso, chiamato da lei angelo custode, aveva invitato Indigo a raggiungere la ragazza e ad adempiere al suo lavoro lì accanto a lei. Ma è qui che viene il bello: con la riscoperta dei sentimenti, Indigo è combattuta per ciò che sta facendo perché si sente in colpa per Lena e non vuole ferirla.
Senza contare che, ehi, ho nominato l'omone, giusto? Quello inviato dal profilo misterioso per rapire Indigo? Bene, si chiama Ferdinand e lavora anche come autista per la famiglia Luthor da diverso tempo e Indigo… beh, Indigo ha paura di lui. Chi non lo sarebbe?!
Ma se Indigo è riuscita ad ottenere la fiducia di Lena, non si può dire lo stesso per Kara e sua sorella Alex. Quest'ultima si è recata nel luogo dove Indigo è cresciuta, alle vecchie palazzine, cercando conferme alle storie raccontate da lei fino a quel momento: la sua infanzia si trova tutta lì, ma qualcosa non torna, perché diceva di essere scappata da quell'uomo e di averlo fatto da quelle parti, ma è una palese bugia. Alex lo racconta a Kara e insieme affrontano Indigo faccia a faccia per farla confessare. Se ricordate, non è andata troppo bene: Indigo si è tenuta i suoi segreti e Lena l'ha protetta. Ma qui viene il bello! Dopo aver provato e riprovato a chiedere a Kara di lasciare in pace l'altra senza successo, si è semplicemente arresa, ha capito che Kara non può farlo perché non si sentirà tranquilla con se stessa fino a quando non saprà che Indigo è completamente dalla loro. Dopotutto, le chiede solo di lasciarle fare i suoi sbagli se fidarsi di Indigo si rivelerà uno di loro, e che per quel momento sarà suo il compito di starle vicino.
*laptop girl*
Ma il profilo misterioso non è l'unico a minare la serenità che i protagonisti di questa fan fiction desiderano ardentemente: le pillole rosse create da Maxwell Lord stanno diventando un bel problema. Ve le ricordate? Derivate da studi fatti da una formula rubata dalle pillole verdi ideate da Lex Luthor per lo studio, le pillole rosse donano resistenza, energia, ma anche un carattere aggressivo che Kara Danvers sa molto bene. C'è un motivo ben preciso, infatti, se la ragazza desidera fermare la vendita di queste pillole all'esercito: le ha provate sulla sua pelle per un periodo, un brutto periodo, quando pensava che con quelle in circolo sarebbe riuscita a rimuginare meno sui suoi problemi. E difatti è stato così, peccato per gli effetti collaterali che l'avevano quasi portata a perdere la sua squadra al lacrosse e a ferire le persone a cui vuole più bene, come Lena. Entrambe sono decise a fermare quell'accordo tra il generale Lane e Maxwell Lord: Kara prova chiamando Lucy Lane, la figlia minore del generale; Lena cerca di convincere Lex a uscire allo scoperto e rivendicare le pillole verdi in modo da fermare il loro derivato; infine convincono Alex a chiamare direttamente Maxwell Lord. Peccato che nulla sembra funzionare! Anzi, quel simpaticone di Maxwell ha ben pensato di rivelare alla nostra Alex che la sua sorellina aveva fatto uso delle sue pillole! Ma va bene, va bene, alla fine le sorelle si sono chiarite e hanno deciso: ehi, niente più segreti tra noi, chiaro?! Chiaro. In tutto questo, a mali estremi estremi rimedi: Lena propone a Kara di andare direttamente a Metropolis per parlare con Lex e convincerlo. È la loro ultima spiaggia…
Alex resta perché ehi, di problemi ne ha già parecchi senza dover stare a rincorrere pillole! Vi ricordate Faora Hui? Faceva parte dell'organizzazione, ma aveva tradito Zod mettendosi dalla parte di Rhea che le aveva promesso di fare di lei una beta e la sua erede, chissà poi che vorrà mai dire. Beh, Faora Hui è morta. Zod non è bastato a salvarla da un destino crudele: prima il coma inferto dai proiettili che Alex le aveva scaricato in corpo per salvare Kara da lei, poi i beta dell'organizzazione che, in maggioranza, hanno deciso di seccarla per il suo tradimento. È morta in ospedale dopo essere uscita dal coma e, per non averla salvata da loro, Alex si è sentita in colpa. Non era una sua responsabilità, lo sappiamo tutti e lei per prima, ha dovuto spararle per proteggere sua sorella che Rhea voleva morta, ma tant'è… Proprio dopo il funerale di Faora Hui, coincidenza o no, no, sappiamo tutti che non lo è, Maggie Sawyer ha iniziato ad allontanare la sua compagna dai risvolti della sua missione per infiltrarsi nell'organizzazione. Ops, male male, ma fosse solo questo: Alex pensa che una sua collega e partner sia una spia e faccia parte dell'organizzazione, Carina Carvex. Beh, lo è! Noi spettatori sappiamo che lo è! Ma nell'attesa che Alex lo attesti, Carina è gentile e amichevole con lei, forse troppo.
Il recap è finito? Oh sì, meno male! Solo un'ultima cosa: le madri delle nostre beniamine sono tornate dal viaggio di nozze, ma se Eliza accetta di buongrado la relazione tra Kara e Lena, Lillian… beh, Lillian no.

E ora vi lascio al capitolo… Buona lettura ~














59. Il prezzo da pagare 


Indigo non riuscì a dormire ma dovette aver chiuso gli occhi anche solo un momento quando pensò di aver visto Ferdinand all'interno della sua camera da letto, davanti alla porta. Il suo volto scuro e in una mano il panno con cui quella volta l'aveva rapita. Sapeva che non era reale e aprì gli occhi di soprassalto, con la musica suonata da suo fratello nella testa. Era disorientata, stanca, amareggiata e sconfitta, ripensando alle parole di Lena qualche ora fa, sentite tramite il suo telefono. Non ricordava di essersi mai sentita così provata dalla sparatoria in cui fu colpito Cyan. Cercò il cellulare sotto le coperte per controllare l'ora e s'incantò nell'osservare la foto di sfondo con la fontanella all'interno del locale della sua uscita con Winslow.
Lui ci aveva buttato dentro una moneta legandola a un desiderio, convinto che in quel modo avrebbe potuto avverarsi. Era la cosa più stupida che avesse mai sentito, ma l'aveva convinta a farlo e aveva scattato la foto alla fontanella per non dimenticare dove aveva gettato la moneta. Non seppe esattamente perché lo fece, in realtà, ma in fondo la fontanella era bella, aveva perfino le luci blu sotto l'acqua. Proprio lì davanti, impedendole di farsi rivelare il desiderio che altrimenti non si sarebbe realizzato, Winslow le aveva detto di poter contare su di lui. Sarà stato l'alcol in circolo a farle credere, anche solo per un secondo, che potesse essere vero.
Forse la sua vita lì la stava davvero cambiando; quel travestimento le stava entrando sottopelle e non era pronta a dirgli addio. Kara e Alex Danvers non si sarebbero fermate dal smascherarla e Lena ne avrebbe sofferto in un modo, o nell'altro. Si alzò dal letto, sudata. Le cadde il cellulare dalle mani e, respirando a fatica, si abbassò per riprenderlo. Non era mai stata tanto distratta. Doveva capire come giocarsela, era intelligente e non poteva aspettare che il suo angelo custode risolvesse tutto per lei; naturalmente lui ci avrebbe provato, o così aveva detto. Chissà che cosa aveva in mente di fare… Richiuse la porta della stanza con uno scatto, dietro di lei, e si guardò intorno, decidendo di scendere di sotto. Non si sentiva nulla, se non qualche ticchettio. Si passò la mano sulla fronte e spostò i lunghi capelli da un lato, aprendo il frigo per mangiare qualcosa. Dopo aver ascoltato Lena e Kara, ne aveva parlato con lui in cerca di una soluzione e, oh, come si era sentita patetica… Se non altro, le aveva scritto che quella notte Noah non si sarebbe avvicinato per via del ritorno delle signore Luthor-Danvers in villa; poteva almeno togliersi un pensiero dalla testa. Spostò una sedia dal bancone e ci si sedette per mangiare uno yogurt, immaginando la faccia di Kara Danvers l'indomani mattina. Uh, era troppo freddo. Lo lasciò sul banco e aprì uno sportello per cercare una merendina. Cosa sentiva? Forse non era fame, le saliva la nausea e le si stavano comprimendo i muscoli contro le costole. Annusò i biscotti dentro la biscottiera e ne assaggiò qualcuno, prima di riprendere lo yogurt. Uh. Era la sua umanità che veniva fuori? Si toccò lo stomaco, trattenendo il respiro.
Intanto, Lillian Luthor si stava svegliando lentamente. Era così stanca da aver faticato ad addormentarsi e aveva mantenuto il sonno leggero, e di certo quei rumori al piano di sotto non l'aiutavano a concentrarsi. Al suo fianco, Eliza aveva la faccia quasi interamente coperta dal cuscino e provò a spostarla per farla smettere di annaspare, ricevendo un'occhiataccia. Le accarezzò una guancia e scese dal letto. Se Lena o Kara ancora sveglia, poteva approfittarne per parlare con lei o l'altra a quattrocchi. Non voleva che pensassero che odiava la loro relazione, anche se di sicuro non l'accettava a braccia aperte. Reputava ancora sbagliato il loro rapporto, ma… No, avrebbe dovuto usare parole migliori. Considerava già un piccolo miracolo che Kara non ce l'avesse più con lei per il suo passato nell'organizzazione, non era il caso di inimicarsela adesso, poteva fare di meglio per mantenere la sua posizione e allo stesso tempo… Ah, sbuffò seccata, non lo sapeva nemmeno lei. Sperava solo che il tempo sarebbe stato dalla sua parte: erano giovani e crescendo… Proprio il non avere il suo appoggio come madre poteva rendere a quelle due stimolante lo stare assieme; chissà che, in caso contrario, senza ostacoli, si sarebbero annoiate. Beh, di certo quel pensiero la sfiorava.
Nel salone non c'era nessuno. Nemmeno in sala da pranzo e- si voltò, notando una sedia fuori posto. Sul bancone c'erano briciole e anche sul pavimento, per non parlare di un vasetto di yogurt aperto. Ne era rimasto sul fondo. Lena non avrebbe mai lasciato quel pasticcio, non aveva osato neppure da bambina, e le veniva difficile credere che Kara… Decise di tornare a letto e riprovare a prendere sonno, quando notò la luce accesa sotto la porta del bagno e le chiamò, prima una e poi l'altra. Non rispose nessuno e, già adirata al pensiero di chissà quali brutte abitudini si fossero prese in loro assenza, aprì la porta di scatto per spegnere la luce. Lillian rimase immobile, occhi spalancati.
Seduta sulla tavoletta, Indigo la guardò.
Lillian la guardò.
«Potrebbe richiudere la porta?».
Lillian richiuse.
Com'era possibile che quella ragazza fosse ancora lì? Lena l'aveva accompagnata fuori e sapeva che qualcuno doveva passare a prenderla. Cosa faceva in casa sua? L'aspettò in salone, seduta sul divano. Perché mentire a lei ed Eliza? E non fosse altro, aveva perfino un'aria già vista, anche se non le veniva in mente nessuno. Che fosse una delle precedenti amichette di sua figlia? Sgranò gli occhi ancora una volta. No, era fuori discussione, non poteva… Era bionda, gli occhi azzurri. Di certo poteva vederci uno schema. Appena la ragazza uscì, la fulminò e le fece cenno di accomodarsi accanto. «Era tuo lo yogurt?».
«Sì, signora…». Si avvicinò, lanciando uno sguardo al bancone. «Se è per sistemare, lo faccio; mi scusi ma, vede, mi sentivo poco bene», si passò una mano sulla tempia, contraendo le sopracciglia. Sapeva di dover essere gentile con la signora Luthor. Senza dimenticare le tante cose che aveva letto sul suo conto e lo sguardo freddo che le riservava ora.
«No, puoi pensarci domattina. Vieni, accomodati, fammi compagnia. Anche tu non riesci a dormire? Sei Linda, giusto?».
Indigo sorrise e annuì lievemente. Odiava quel dannato nome con cui l'avevano presentata alle loro madri, lo stesso che aveva usato Alex Danvers per presentarla a quella Carvex. Ma era stata una precauzione in più, come anche gli occhiali che- diamine, li aveva lasciati nella sua camera.
«E così sei un'amica di Lena, eh? Dimmi, da quanto tempo vi conoscete voi due?».
Doveva pensare a qualcosa perché la donna era sospettosa. «Non molto, ma abbiamo subito instaurato un legame».
Lillian assottigliò gli occhi, diffidente. «E ci siamo già conosciute, da qualche parte?», forzò un sorriso, a un certo punto, fissandola accuratamente come negava e apriva bocca per dire qualcosa, fermandola: «Come mai ti trovi qui, Linda? Pensavamo fossi uscita, dopo aver cenato tutte insieme».
Lei sorrise di nuovo, abbassando gli occhi un momento, come per simulare imbarazzo. «Pensavano non avreste capito, signora».
Lillian esitò, irrigidendo il viso. «Non avremo capito… cosa, più precisamente?».
Indigo sorrise, inclinando solo un poco la testa: «Dormo sempre qui».
La donna ebbe i brividi. Sempre? Da quando lei ed Eliza erano partite in viaggio di nozze, Lena… Come poteva essere vero? Doveva esserci un malinteso. «Che tipo di legame hai con mia figlia?».
Fu Indigo a indugiare, restando fintamente colpita da quella domanda. «Beh, signora Luthor… Luthor-Danvers… Credo di essere innamorata di sua figlia».
Lei irrigidì anche le spalle, trattenendo il fiato. «E Kara sa di questa cosa?».
«Sì, certo».
Proseguì, incerta: «E le sta bene?».
Indigo tirò fuori il sorriso migliore che riuscisse a fare. «Non proprio, all'inizio… Ma vede, a tutto ci si fa abitudine. Noi tre siamo serene, adesso».
Lillian deglutì, restando di pietra. Zitta, meditò a lungo, passando convulsamente le mani per lisciare la vestaglia di seta. Non poteva essere, continuava a ripetersi. Stava con Kara e già non comprendeva la loro relazione o quel che fosse, ma credeva avesse almeno messo la testa a posto, e ora questa ragazza… Deglutì, bofonchiando con paura: «… Noi tre?».

Lex Luthor finì di bere il suo caffè e portò con cura la tazzina vuota sul piattino posto sul comodino alla sua sinistra, affondando con la schiena sul cuscino. Sdraiato a letto, chiuse gli occhi per rilassarsi ancora un momento che la porta del bagno adiacente si aprì e la adocchiò arrivare: capelli lunghi e lisci, mori, petto scoperto e con soli slip indosso, la giovane gli andò incontro serena, stirando le braccia all'aria prima di inchinarsi e, dopo una carezza, scambiarsi un bacio.
«Sono stata bene, questa notte», sorrise e lui di rimando. «Possiamo vederci ancora?».
Sospirò, dissimulando una smorfia all'improvviso. «Sono stato bene anch'io, ma sono molto impegnato». Osservando l'altra spegnere il sorriso, continuò: «Non è per te, sai di essere meravigliosa. Ma adesso devo proprio prepararmi e…», lanciò uno sguardo alla sveglia, «è meglio che tu te ne vada». La fissò dritta negli occhi e lei parlò molto poco da lì al recuperare la sua roba e vestirsi per andarsene. Le raccomandò di non dimenticare nulla e la ragazza sbatté la porta dietro di lei. Lex lasciò il letto caldo con tutta calma, camminando nudo fino alla sua cabina armadio e aprendo le ante a scorrimento. Al suo interno, tutto era ordinato secondo colori caldi e freddi, ben piegato. Non ci mise molto a scegliere.
L'auto lo attese col motore già acceso. Un uomo gli aprì lo sportello posteriore appena uscì dall'edificio, intanto che un altro chiudeva il portone tenuto aperto al suo passaggio. Salirono con lui in macchina e questa partì.
«Avete recapitato la mia lettera?», domandò a uno di loro, seduto davanti a lui sulla limousine.
«Sì, signor Luthor. La signorina Sinclair ha ricevuto la lettera, ma non ne è sembrata entusiasta, signore».
Lex sorrise, guardando al di là del finestrino. Non si aspettava affatto qualcosa di diverso: Roulette doveva portare pazienza, presto si sarebbe stancato di avvertirla e lei se ne sarebbe resa conto. Quel Maxwell Lord avrebbe fatto la sua mossa di lì a poco e sapeva di non poter restare indietro, proprio per questo, prima di presentarsi alla Luthor Corp per controlli quotidiani, aveva accettato di vedersi con alcuni collaboratori in un localino. In un localino a National City. L'elicottero partì poco dopo il suo arrivo.
Domani l'ultimo richiamo al processo per Astra Inze, questa volta a porte chiuse. Dodici anni a Fort Rozz, ex sergente della National City Police Department, accusata di aver cospirato contro gli Stati Uniti e la sua stessa istituzione per conto di un'organizzazione criminale, la donna potrebbe essere ora scagionata da ogni accusa a fronte di nuove prove e testimonianze raccolte dopo l'arresto di una delle teste di punta dell'organizzazione, la vedova del compianto senatore Lar Gand ed ex candidata alle presidenziali: Rhea Gand, da nubile Taylor.
In prima pagina. Lex ripiegò il giornale e lo appoggiò sul tavolino, accanto alla sua tazzina di caffè macchiato, vedendolo arrivare. La seconda tazzina di caffè di quelle che sarebbero state una lunga serie fino alla sera. L'uomo davanti a lui si tolse il cappello e lo salutò pacato, guardandosi attorno con circospezione. Aveva il viso un poco emaciato, gli occhi piccoli e scavati: Lex gli lanciò un'occhiata appena, dopo avergli dato il buongiorno. Si portò la tazzina alle labbra e poi la rimise sul piattino con precisione maniacale, girando il manico fino a quando non puntava dal verso che riteneva essere quello giusto. «Allora. Pensavo mi avresti spedito tutto via e-mail. Perché hai insistito affinché ci vedessimo fuori se non fai che guardarti alle spalle come un animale ferito?», gli domandò, appoggiandosi allo schienale della sedia. «Rilassati, amico mio. Nessuno sta badando a noi due, qui dentro», si girò anche lui, alzando l'indice destro per indicare i suoi due uomini fermi davanti all'ingresso in posa militare. «Prendi qualcosa? Un caffè? O sei più tipo da cappuccino? Succo d'arancia?».
«N-No, io- Signor Luthor, grazie, ma-».
«Fammi compagnia», insisté Lex. «Ti prego».
L'uomo acconsentì e si fece portare un caffè. Dopotutto, Lex Luthor era andato fino a National City per parlare con lui, il minimo che potesse fare era assecondarlo. «Posso…?». Lo vide annuire, assaggiando un cornetto ripieno alla marmellata. «I-Il fatto è che, signor Luthor, non sono certo di potergli inviare il materiale che desidera, questa volta». Si innervosì quando lo vide aggrottare le sopracciglia e tossire, pulendosi la bocca con un fazzolettino: era una notizia certamente negativa, ma proprio per questo non avrebbe potuto parlargliene se non a voce, in modo da spiegarsi. «Da quando c'è stata un'effrazione alla Lord Technologies, il signor Lord ha aumentato di gran lunga i controlli! Sono sempre riuscito a portargli qualcosa, ma adesso-».
«Avevamo un accordo».
«E non voglio venire meno, non lo voglio davvero», abbassò gli occhi, specchiandosi sulla tazzina di caffè. «Ma mi sta riuscendo davvero difficile, ora, mi stanno addosso. Se il signor Lord scopre cosa faccio, non si limiterà a licenziarmi! Rubare dati sensibili all'azienda mi costerà come minimo-».
«Tu capisci», lo interruppe, guardandolo con aria quanto più impassibile, «che se non avrò quei dati, non avrò modo di completare il mio progetto? Se non riuscirò a completarlo, sarò molto triste. E se sarò molto triste, temo dovrò concentrare altrove le mie attenzioni», si pulì di nuovo la bocca, sistemando il tovagliolino piegato con cura accanto alla tazzina vuota. «Tua moglie lavora ancora al National City Museum?», domandò con curiosità, guardandolo distrattamente. «Due volte a settimana, la paga non è granché, deve viaggiare in bus ogni giorno. Tua figlia invece si è appena iscritta alla facoltà di medicina, non è vero? Rette troppo alte, il lavoro part-time non coprirà abbastanza le spese e voi dovete fare tanti sacrifici».
«La prego, signor Luthor», lui deglutì. «Lei ci tiene tanto, è la chiamata della sua vita». Lo vide mordere di nuovo il cornetto e pulirsi. «Signor Luthor… farò tutto ciò che posso per farle avere quei dati».
Lex annuì e, dopo avergli stretto la mano, lo congedò. «Mh, non ha bevuto il suo caffè», notò in un secondo momento con disappunto, rivolto a uno dei suoi uomini che si erano accostati al tavolo. Gli lasciò bere il caffè e si alzò, sistemando per bene la camicia celeste e togliendosi la giacca, iniziando a sentir caldo: il sole batteva cocente e i suoi raggi illuminavano per metà il tavolino. «Il mio secondo appuntamento?».
Lui ingurgitò velocemente per rispondere il prima possibile. «A cinque minuti, signor Luthor».
«Perfetto. Fa troppo caldo», si allargò il colletto, «mi riserverò di attendere in un tavolino all'ombra».

Era stato un buongiorno particolare, quel primo dal ritorno delle loro madri dal viaggio di nozze. Kara e Lena si svegliarono a poco l'una dall'altra e, mentre la seconda ricontrollava di aver pensato a tutto quello da portarsi dietro a Metropolis per studiare, l'altra si preparò per uscire e andare a correre. Lena la guardò a lungo, distratta e, appena prima che aprisse la porta, la fermò. Kara si voltò scattante, tornando indietro. C'era qualcosa che le frullava per la testa, non era difficile intuirlo, e si sedette accanto a lei sul letto, vedendola aprire la bocca senza emettere fiato.
«Non vuoi andare a Metropolis?».
«No, no, non è questo, è che…», la guardò e le sorrise. Si sarebbe arrabbiata? Ci aveva pensato tutta la notte… Ieri aveva chiesto a Indigo di modificare i dati sulla chiavetta riguardante i suoi genitori e lei ci avrebbe lavorato questa mattina, ma non poteva nasconderlo a Kara: non solo aveva il diritto di esserne al corrente, ma doveva essere d'accordo con lei o non avrebbe potuto farlo. Scosse la testa, sorridendo di nuovo. «Vai a correre, ci pensiamo dopo».
«Ma è importante?».
«Sì, ma… dopo».
La spinse via dopo un bacio e Kara, un po' perplessa, uscì. Incrociò Lillian in corridoio ed evitò di battere una mano sulla porta chiusa di Indigo. Le diede il buongiorno, ma lo sguardo della donna la attraversò.
«Lena? Farà tardi?».
Lei abbozzò un sorriso. «N-No, uscirà tra poco». Solo in quel momento si accorse che, nonostante avesse una stanza sua, l'aveva vista uscire esattamente da quella della figlia. E sì che sapeva che stavano insieme, ma forse sarebbe stato meglio andarci caute con loro intorno. Di certo non immaginava di trovarla già in piedi ad aggirarsi come un fantasma. «T-utto bene? Sarete stanche per il viaggio, i-io-», indicò la porta dietro di lei, rossa dall'imbarazzo, «ho a-appena dato il buongiorno a Lena, sì-».
«So che avete dormito insieme, Kara».
«Ah… be… bene. Io… sì, io vado… a correre». Iniziò subito, scappando dalla sua aspirante madre più in fretta che poté.
Per Lena fu diverso: la madre l'aspettò davanti alla porta e per poco non la fece balzare dallo spavento, chiedendole di rientrare. La seguì all'interno e chiuse la porta, adocchiando la confusione di quella camera: il letto sfatto, la valigetta aperta sopra e libri ovunque, persino dell'intimo in scorcio sul tappeto, l'armadio aperto. Trattenne il fiato, vedendola mettere le braccia a conserte. Cos'era ciò che indossava? Una maglietta a righe, quasi sbiadita, usata tanto che non l'avrebbe tenuta neppure per straccio. Una maglietta… di Kara.
«Cosa vuoi?».
«Risparmiami il tono insolente, per piacere, e parlami di Linda», assottigliò gli occhi e provò un freddo sorriso. «Parlami di voi tre».
A quel punto, Lena arcuò un sopracciglio dalla confusione. «… tre?».
Era stato divertente dover spiegare a sua madre quanto si fosse sbagliata. Dopo aver riso di gusto, chiaramente. Aveva del tutto frainteso cosa c'era tra loro; cosa non c'era tra loro. E non che avesse frainteso a caso poiché Linda, o meglio Indigo, lo aveva cercato di proposito e lo aveva fatto dicendole quella che era semplicemente la sua verità. Impressionante. Lena ne rimase colpita perché Lillian Luthor, di certo, non era un'ingenua. Ci aveva pensato e ripensato a lungo, sistemando la valigetta, e quando Kara tornò dalla corsa mattutina, la prese in disparte per dirglielo prima che le venisse in mente di sbattere Indigo fuori di casa. E Kara faticò eccome per non anche solo maledirla. «Non importa, ci ho pensato io», le sorrise e le scoccò il labbro inferiore con l'indice destro, con un'idea in testa, avvicinandosi al suo viso con il proprio. «Indigo doveva mantenere la sua copertura, non è grave. Adesso dovresti pensare ad altro», allora le morse un orecchio e Kara trasalì, tornando indietro.
«E-Ehi, pensavo… pensavo andassimo a fare colazione», le scoccò un'occhiata, «ma sto cambiando idea».
«Cambiala. Ho voglia di prendere un altro tipo di discorso, con te». La baciò, passandole le mani sui fianchi e fino al sedere, mettendole imbarazzo. Finito, la prese per mano, trascinandola in bagno.
«In bagno…?».
«Shh. Parlo io, tu potrai farlo dopo».
Quando la porta si riaprì, Lena si muoveva i capelli con le dita, stringendo un elastico. «Allora sistemati. Ti aspetto di sotto». Prese il telefono e le sorrise.
Kara sospirò, appoggiandosi allo stipite.
Cosa le era passato per la testa? Non riuscì proprio a resistere e ora avrebbe dovuto mettersi d'impegno per parlarle di quei dati sulla chiavetta e la loro cancellazione. Avevano fatto colazione con Indigo vicino e l'aveva presa in disparte, in salotto, per avere modo di spiegarsi. Era un po' nervosa perché non poteva permettersi che quella discussione andasse male. E in fondo, una parte di lei era pronta a sentirla predicare che era sbagliato, e chissà che cosa ne avrebbero pensato suo cugino e quella Lane, che avrebbero trovato un altro modo per proteggere Lillian dalle accuse che ne sarebbero conseguite, ma la sorprese, restando ferma a pensarci.
Abbassò il volto e dopo, ricercando Lillian ed Eliza al di là del vetro che affacciava al cortile, strinse i denti. «Facciamolo», si rivoltò a osservare Lena. «Facciamolo, va bene. Lillian non è più, insomma, ha sposato mia madre e adesso… dobbiamo limitare i danni, se possiamo. Giusto?».
Lena la sentì deglutire e un brivido gelido le attraversò il corpo. «Sei sicura? Cosa dirai a tuo cugino? Indigo dovrà modificare anche la loro copia dei dati: lo sai, questo?».
«Ci-Ci parlerò io con lui», fece una smorfia con la bocca, gesticolando con una mano. Ma tornò presto soprappensiero e la reazione non sfuggì alla sua ragazza. «Non abbiamo scelta. Lo dirò ad Alex, più tardi, così non avremo problemi! Lei capirà perché».
Lena lo sperava. «Ah, a proposito, hai sistemato? Per il lacrosse?».
Si stava voltando per lasciarla e si fermò, in un sorriso. «Tutto fatto», annuì complice. «Ho chiamato e ho lasciato alle ragazze della squadra dei compiti per allenarsi», dichiarò, «mi terranno aggiornata su Instagram. Non è come essere lì, ma… Spero vada tutto bene. Millard invece non mi è sembrato convinto quando gli ho detto che era un'urgenza familiare e ha urlato». Si morse un labbro. «Lo sento ancora, veramente». Era dispiaciuta, ma aveva dovuto fare una scelta.
«Andrà bene», le accarezzò con il pollice il dorso di una mano e si scambiarono un sorriso.
«Potrebbero cacciarti». La voce di Indigo, alle sue spalle, fece balzare dallo spavento entrambe. Lena sorrise e Kara aggrottò lo sguardo neanche avesse potuto mangiarsela.
«Con quello che hai combinato questa notte, sarebbe saggio da parte tua almeno tacere per non attirare l'attenzione, considerando che non hai neppure chiesto scusa».
«Avrei dovuto?», inarcò le sopracciglia, «Ho dato delle indicazioni alla signora Luthor, ma non le ho detto cosa pensare», si giustificò, formando un sorriso fiero. «Avrebbe potuto riconoscermi, ormai mi aveva scoperta in casa sua; dovevo pur darle qualcosa per distrarsi. E ha funzionato, mi sembra. Prego».
Kara strabuzzò gli occhi. «Preg-?!».
Lena la fermò dallo slanciarsi verso di lei. «Adesso sanno che è un'amica che sta con noi per studiare. Si è risolto».
«Grazie a te, non certo a lei». Le lanciò un'occhiataccia, per poi sussurrare: «Un'amica innamorata di te… Pff».
Erano partite quasi subito dopo aver pranzato e aver cancellato e modificato quanto bastava quei dati: alle spalle di Indigo che trafficava al pc, Lena e Kara si tennero per mano, sperando di stare facendo la cosa migliore. Eliza riempì le borsette di tutte e tre con contenitori di cibo in modo da non ingegnarsi per cena o spendere dei soldi, e Indigo, sorpresa dal gesto, cominciò a mangiucchiare da quando salirono sull'elicottero che le avrebbe portate a Metropolis.
«Sai che nessuno te li porterà via, vero?», Kara sollevò le sopracciglia, osservandola annuire e ignorarla.
Lena la vedeva comportarsi normalmente, ma in fondo sapeva che la scelta su cancellare o meno quei dati doveva ancora far pensare Kara. Lei per prima cominciava ad avere dei dubbi e decise di assicurarsi che quel gesto ne sarebbe valso la pena.
Indigo prese il cellulare e scattò una foto al panorama dalla finestrella intanto che prendevano quota.
L'elicottero le lasciò su una pista dedicata e le ragazze attraversarono per raggiungere la monorotaia. Snack al burro d'arachidi in bocca per Kara e Indigo, quasi facevano a gara a chi finiva prima, guardandosi in cagnesco; Lena le lasciò ai loro brontolii mettendosi le cuffie nelle orecchie, pronta per una breve immersione nello studio. I palazzi altissimi splendevano baciati dai raggi del sole e Indigo restò affacciata, scattando altre foto. Anche Kara ne restava ancora affascinata; era stata lei a chiedere a Lena di farle lasciare prima dall'elicottero in modo da sedere in monorotaia. Ricordò quando un anno prima era lei quella attaccata al vetro, verso casa di suo cugino per la prima volta. Allora non conosceva Lex e ora stavano andando da lui per convincerlo a fare qualcosa che avrebbe avuto conseguenze legali. Sperava sarebbe andato per il meglio. Poi si voltò, sentendo il peso della testa di Lena su una spalla. Si premurò di mettere stop alla traccia sul cellulare che stava ascoltando prima che il sonno la vincesse, accarezzandole una guancia.
Il palazzo era altissimo, a una strada da quello della Luthor Corp. Il portiere si alzò scalpitante dalla sua postazione non appena vide Lena e corse per aprire loro le porte dell'ascensore, con la chiave apposita. L'edificio apparteneva alla famiglia Luthor così come gli altri in zona: conteneva uffici, quelli di esercizi privati, case in affitto per vacanze e quella della famiglia dove si era sistemato Lex Luthor, in alto. L'ascensore aveva le porte a vetri e Lena se ne teneva ben distante. L'interno era lussuoso ed elegante, aveva la moquette e le porte con decori intagliati. Lena aprì con la chiave ed entrarono. Non appena Kara e Indigo ci misero piede, si sentirono delle bimbe smarrite: c'erano grandi vetrate, molta luce naturale su un arredamento moderno e freddo che andava dal bianco al grigio perla, asettico, molto diverso da quello in villa. C'era un pianoforte anche lì, bianco, vicino a una vetrata. Una libreria, una piena di dischi in vinile e un vecchio giradischi. Un piano-bar con una lunga selezione di liquori. Un enorme dipinto con angeli e demoni in battaglia che ricopriva una parte della parete tra il salone e la sala da pranzo. Due divani bianchi, due tavolini in vetro su grandi tappeti. Enormi lampadari a goccia scendevano dall'alto soffitto color panna. Kara c'era già stata, poco prima del matrimonio di Eliza e Lillian, ma non poteva dire di esserne abituata.
«Dovevate avvertire che sareste passate». Con un pronto sorriso, Lex scendeva dalle scale senza corrimano: pantaloni scuri, camicia celeste con le maniche arrotolate ai gomiti, ciabatte grigie ai piedi. «Sono felice di vedervi». Salutò con un abbraccio Kara per prima, avvicinandosi alla sorella.
«È anche casa mia», incalzò lei, giocherellando col mazzo di chiavi in mano prima di nasconderlo in borsa. «E così pare che siamo riuscite a farti una sorpresa». Forzò un sorriso di convenienza e si scambiarono un abbraccio anche loro, breve. «Sei solo?».
«Chi vuoi che ci sia? Lo sai, sono un lupo solitario». Si avvicinò a Indigo e lei gli mostrò la mano. «La famosa amica di penna. O così hanno pensato di presentarti a me».
Lei gli strinse la mano con energia. «Il fratello maggiore di Lena. Vorrei dire famoso anch'io ma, per la verità, vieni nominato appena». Lui delineò una risata, lasciando la presa. «Piacere, Indigo».
«Oppure Linda», aggiunse alla svelta Kara e lei restò impassibile.
«Ignorala».
Lex le sorrise, squadrandola da capo a piedi a lungo per poi voltarsi alla sorella, emettendo un sospiro. «Se mi avresti detto che sareste passate, mi sarei tenuto la giornata libera. Ma sono tornato piuttosto tardi da National City e mi stavo preparando per andare alla Luthor Corp».
«Non c'è problema», commentò velocemente Lena, scambiando uno sguardo con le altre due, «Veniamo anche noi».
Lui annuì. «Beh, perfetto. Allora non mettetevi troppo comode che tra poco faccio chiamare la macchina».
Kara s'imbrunì: a cosa serviva la macchina? La Luthor Corp era a pochi passi. Ricchi: ansimò, pensando.
Lex sapeva perché erano lì, non ne sembrava troppo sorpreso né troppo infastidito, in effetti. Dal canto suo, probabilmente doveva già essere consapevole che non sarebbero riuscite a smuoverlo dalla sua posizione. Kara sperava che mostrargli i certificati che le lasciava Maxwell Lord durante gli esami del sangue avrebbero fatto la differenza, mentre Lena e Indigo si sarebbero preparate per il piano b: la prima sapeva che il fratello covava di attuare qualcosa contro Lord e l'altra era pronta a scoprire cosa, connettendosi ai suoi server.
In attesa, Lena portò le ragazze a fare un breve tour della casa: la zona giorno con due salotti, la sala relax con il cinema, quattro bagni, sala di pranzo e cucina, di sopra la zona notte con le camere da letto e altri quattro bagni, le camere degli ospiti e un'altra sala relax, infine di sopra, il tetto dell'edificio che faceva da terrazzo, che custodiva la piscina. Indigo tornò di sotto mentre Kara si affacciava per osservare il panorama: il palazzo era davvero alto e lassù, con i capelli che ondeggiavano nel vento, le sembrava di volare.
Sorrise, chiudendo gli occhi e inspirando aria pulita. «Si vede proprio tutto», sorrise da orecchio a orecchio. L'unica altra volta in cui era stata in quella casa non aveva avuto tempo per quello. «La monorotaia», indicò. Cercò Lena dietro di lei, ma stava sotto il gazebo, distante. «Hai mai fatto il bagno qui?».
«A volte», ammise, ricercando il telefono che vibrava in borsa, chiedendole scusa.
Kara camminò da una parte all'altra, sporgendosi dal muro perfino, cercando la casa di suo cugino Kal. La notte, la vista da lassù doveva essere poetica. Sentì Lena parlare con una delle ragazze a cui faceva da tutor e sorrise, voltandosi per osservarla: poggiava la mano libera su uno sdraio, le gambe incrociate, nude, sotto la gonna a tubo, i capelli lisci legati in una coda alta che sobbalzavano a ogni suo movimento, gli occhiali da sole, le labbra rosse, ferma non distante dalla piscina dall'acqua limpida. Apparteneva a quel mondo e lo sapeva, ma ogni tanto riusciva a coglierne le piccole conferme quotidiane. Si rivoltò verso il cielo e sentì i suoi tacchi che si avvicinavano. «Mi sono accorta ora, di nuovo intendo… che sei davvero ricca. Come Lex io non mi muovo a piedi Luthor».
Lena salutò la ragazza al telefono e finse di non aver sentito, non sapendo cosa risponderle. L'abbracciò di schiena e Kara le strinse le braccia. Non era lei a essere tanto ricca, ma la sua famiglia che ora, volente o nolente, era in parte anche di Kara. Ripensò ai suoi genitori colpevoli, a entrambi nell'organizzazione. Quanto denaro avevano racimolato alle spalle di altri? Quanto di quello era sporco? «Kara… Riguardo a quei-», chiuse gli occhi e l'altra le lasciò le braccia per recuperare il suo telefono che le vibrava in tasca.
«Una chiamata da Lucy Lane…?», bofonchiò sorpresa.

Si fece dare indicazioni da Lena su quale strada prendere per raggiungerla, dispiacendosi di non poter andare alla Luthor Corp anche lei, ma in ogni caso sapeva che era la presenza di Indigo quella che più serviva lì. Lucy le disse di essere a Metropolis e di volerla incontrare per parlarle e, ricordando ancora come l'aveva freddata quando le nominò quell'accordo la prima volta, sembrò un gran passo avanti. Si incontrarono davanti a un negozio di dischi e si abbracciarono come due vecchie amiche, dondolando.
«Ho dato uno sguardo alla dimostrazione, volevo vedere con i miei occhi di cosa si stesse parlando. Era in un video sul portatile di mio padre. E avevi ragione, Kara. È qualcosa di… Mi dispiace di non averti lasciato parlare la prima volta, ma davvero non credevo che…», Lucy ansimò, per poi scuotere la testa con amarezza. Camminavano al centro di una piazza, in mezzo ai bambini che correvano e lanciavano un pallone. «Hanno fatto stancare il soggetto con una corsa; era stremato, Kara, ma ti giuro che dopo aver assunto una di quelle pillole, lui…», scrollò le spalle, deglutendo, «pochi minuti e ha ripreso come se niente fosse. Ed era ancora più veloce, dava maggiori risultati dall'inizio della dimostrazione».
«Lo so», sospirò, abbassando gli occhi.
«Voglio fermarli, Kara. Mio padre se la prenderà con me», annuì, abbozzando una risata, «molto probabilmente, ma non posso lasciare che questa cosa vada in porto. Era così innaturale, avresti dovuto vederlo», strinse le mani per dare un'idea, aggrottando la fronte. «Non voglio nemmeno pensare che effetto faccia dall'interno».
«Già… Ti sconvolge il cervello», aggiunse lei, fermandosi. «C'è una cosa che devi sapere…».
Alla Luthor Corp, intanto, Lex si prese del tempo per fare una piccola visita guidata a Indigo, seguiti da una Lena annoiata. Alle loro spalle, notava come suo fratello, di tanto in tanto, allungava una mano verso la vita di lei e l'avvicinava a sé. Che fosse per accompagnarla a una curva o per guidarla verso un'ascensore, era sempre più stretta, violava il suo spazio personale. Strinse gli occhi: non sarebbe accaduto. «Vieni, Indigo», li interruppe, prendendo lei per un braccio. «Lasciamo Lex al suo lavoro, ti farò vedere io il resto». Si allontanarono svelte, prendendo di nuovo un'ascensore. Salirono all'ultimo piano e, mentre Indigo si guardava intorno, Lena tolse un mazzo di chiavi dalla borsa e aprì una porta, facendo cenno all'altra di entrare con lei. Era un ufficio spazioso: due librerie ai lati, un cestino vuoto vicino alla porta, qualche certificato e disegno antico incorniciato sulle pareti e, davanti, sopra un tappeto persiano, una scrivania con monitor, portafoto e portapenne. Dietro, enormi vetrate. «Era l'ufficio di mio padre qui», disse Lena, camminando verso la poltrona in pelle e passandoci una mano come avesse potuto farla tornare al passato. Dopodiché si scrollò e accese il computer fisso, mentre l'altra le poggiava una mano su una spalla per farle sentire la sua vicinanza. «Di quanto avrai bisogno?».
«Dammi una mezzora, quaranta minuti. Non vedo l'ora di vedere con cosa avrò a che fare», si accomodò sulla poltrona, esclamando come una bimba in un negozio di dolciumi. Era eccitata di dover superare un nuovo sistema di sicurezza.
Lena annuì, voltandosi per tornare alla porta. «Sarò da Lex, voglio parlare con lui di una cosa. Hai il tempo che ti occorre». Si scambiarono uno sguardo complice e, prima di uscire, le sorrise.
Lucy e Kara si erano sedute su una panchina, facendo volare via i piccioni. La prima era rimasta senza parole, non credeva che Kara avesse avuto un'esperienza così diretta con quelle pillole rosse. Diede un'occhiata ai certificati che la ragazza aveva con sé, commentando con lei i valori del suo sangue. Sospirò pesantemente, poi, prima di proferire qualcosa. «Sono senza parole, Kara, davvero, io non… potevo immaginare che tu…», mormorò, infine alzò gli occhi su di lei. «Mi dispiace per tutto questo».
Kara scosse la testa, abbandonandosi sulla panchina. «Gliel'ho chiesto io, sapevo, o quasi, a cosa andavo incontro», scrollò gli occhi. «Non posso accusarlo di niente».
«Hai preso parte a un esperimento nel vero senso del termine, ti ha raggirato e non eri neppure retribuita. Non potevi essere a conoscenza al cento per cento di cosa andavi incontro, ma», gonfiò gli occhi, «è vero, ti sei fatta avanti tu e in tribunale sarebbe rischioso».
«Di cosa parli?».
«Ehilà, Kara! Sono un'avvocata», sorrise, «Voglio fermare le pillole in modo del tutto legale, portando a processo il suo creatore. Devo solo trovare un appiglio per la denuncia».
Anche sul volto di Kara si formò un sorriso entusiasta, pensando a Lex. Se fosse riuscita a convincerlo a prendersi la paternità delle pillole originali di fronte alla legge, Lucy Lane avrebbe potuto fargli da avvocata. Era perfetto, pensò. Però… «Mh…».
Lucy la guardò con attenzione. «Hai qualcosa in mente che possa tornare utile?».
«Sì, ma no- cioè», scosse la testa, «sì, sì, ma non era… è che queste pillole, me ne vergogno così tanto e tu non hai battuto ciglio e…».
«Kara», Lucy le poggiò una mano sulle sue, sul suo grembo. «Non devi giustificarti con me e lo hai detto tu, stavi passando un periodo difficile. Non dico che avrei fatto lo stesso, ma non sono neppure mai stata nella tua situazione».
Le stava per rispondere che sentì vibrare il cellulare. Poteva essere Lena e urgente, ma quel nome la stupì, scambiando con l'altra al suo fianco uno sguardo incerto; così accettò la chiamata. «Leslie?». La voce dell'altra era cupa come non era mai stata e per un attimo si spaventò. «Stai bene?».
«Sei tu quella deve curarsi di se stessa, passerotto». Leslie Willis accennò una breve risata, mantenendo un basso tono. «Sai il mio uomo? Quello che fa parte dell'organizzazione e a cui non avevo parlato di te come collega di lavoro; quello stesso uomo a cui non ho detto della tua relazione con la Luthor per non attirare attenzione su voi due?». Lei deglutì, increspando la fronte. Quindi era per quello che Leslie… «Quello. E si dice grazie, a proposito. Venendo al dunque, ci siamo visti per pranzo e mi ha girato una voce che circola nel suo ambiente, sai l'organizzazione?!», sottolineò. «Si dice che tu abbia assunto certe pillole poco salutari, fino a poco tempo fa». Non sentendo reazione da parte sua, Leslie non perse un momento: «A me onestamente non importa e ho deciso che non ti venderò, cucciolotta, ma attenta, non sappiamo da chi sia partita la voce e non mi stupirebbe se arrivasse ai piani alti. Ci siamo capite?».
Kara staccò la chiamata col cuore in gola e sentì un brivido pervaderle tutto il corpo. Loro sapevano. Come potevano…? Solo poche persone sapevano. Deglutì, prendendo un respiro profondo.
Appena la vide arrivare, Lex arcuò un sopracciglio. Non si stupì neppure di vederla sola. Era seduto intorno a un tavolo tondo con l'ennesima tazzina di caffè in mano e un tablet, anche lui solo; alle spalle un piano-bar, in una saletta calda con vari monitor accesi su una parete e i dipendenti che circolavano. A breve la maggior parte di loro sarebbe andata in vacanza e iniziavano a prendersela comoda.
«Ti devo parlare». Non si avvicinò troppo, restando dall'altra parte del tavolo.
Lui fece una smorfia, abbassando la tazzina sul piattino. «Le tre parole più terrificanti al mondo», borbottò. «E puoi farlo qui?», alzò le braccia. Nessuno avrebbe osato origliare, ma Lena non doveva essere dello stesso avviso a giudicare dallo sguardo irritato.
«No».
«Ti prego, sorellina. A sentirti prima, pensavo volessi lasciarmi lavorare», le mostrò il tablet e lei sbuffò.
Si andò a sedere accanto a Lex, accavallando le gambe sotto il tavolo e lanciando sguardi furenti alle persone che passeggiavano vicino.
«Tu e Kara avete deciso di sposarvi?», esordì non togliendo occhi dal tablet, facendole spalancare i suoi e irrigidirsi, arrossendo.
«Cosa?».
«Peccato. Pensavo a un buon modo per far entrare in crisi nostra madre. Allora sei qui», la guardò, serio, «per le pillole. Di nuovo».
Lena sospirò. «Sì. Ma in questo esatto momento per un'altra cosa». Ora sì che aveva la sua attenzione. «Lillian e… I nostri genitori facevano parte dell'organizzazione e io voglio saperne di più», pronunciò a bassa voce e il fratello schizzò, mettendosi dritto sulla sedia.
«Non nominare-».
«Tu sei voluto restare», lo fulminò. Si guardarono in giro e si alzarono dalle sedie lentamente. Il giovane si lisciò la giacca e Lena gli gettò un'occhiata determinata per farsi seguire. Entrarono in un'ascensore e si mossero di poco che la ragazza lo bloccò con loro all'interno. «Ne erano i presidenti», specificò, «prima di Adrian Zod». Sapeva che lo sapeva, era inutile girarci intorno e lo fissò sollevare le sopracciglia in conferma. «E prima ancora, lo era il nostro nonno paterno, Levi Luthor. Mi avevi confessato, una volta, che lui era uno dei fondatori».
«È vero», replicò Lex.
«Cos'altro sai? Chi erano gli altri fondatori?», gli parlò addosso, avanzando mezzo passo. «Quali altri membri della nostra famiglia hanno avuto a che fare con tutta questa faccenda?».
Lex restò immobile, non affatto colpito dal suo impeto. «Non ne so molto più di te, Lena. Come mai, proprio ora, questa frizzante voglia di verità?».
Lei contrasse lo sguardo. «Sapere che i tuoi genitori erano dei criminali, e così tuo nonno, non è abbastanza per te, Lex?».
«Riguarda il passato».
«Ma è la nostra eredità. Lo avevi detto tu… È ciò che ci ha lasciato nostro padre».
Allora Lex sorrise, ansimando e sollevando lo sguardo un momento: sapeva che lei non aveva torto. «Non serve scavare, Lena. Prima cercavi un modo per proteggere Kara, ma adesso la minaccia è dietro le sbarre, lascia perdere l'organizzazione e ciò che è stato. Che cosa vuoi, nomi? Sapere quante persone ci sono finite in mezzo? Non lo so», strinse i denti, «La nostra famiglia era malvagia. È questo che vuoi sentirti dire?».
Lei non si mosse, prendendo grossi bocconi d'aria, finché non sbloccò l'ascensore. Ne aveva già abbastanza.
«Davvero non capisco cosa vai cercando…», sibilò lui alle sue spalle. «Sono cose che hai sempre saputo».
Le porte si aprirono e lei si voltò solo una volta, fissandolo con sdegno: «Ah, Lex: tieni le tue mani a posto». Si allontanò in fretta, lasciando suo fratello senza dirgli più una parola. Strinse un pugno di rabbia e afferrò il cellulare da una tasca, scoprendo una telefonata persa da Alex. Si chiese se… Decise di salire le scale per incrociare meno dipendenti possibili, richiamando la sua sorellastra. Era stremata… I dati cancellati avrebbero protetto la sua famiglia e metteva di mezzo Kara. Ma loro questo lo meritavano? Quanti Luthor erano stati dei criminali? Lillian sarebbe mai cambiata davvero, o era solo un'illusione? La donna che l'aveva cresciuta era fredda e dispotica, non le aveva mai dato l'amore che le serviva, e ora per lei… Peggio era solo che ci stesse pensando Kara, la cui organizzazione aveva ucciso la famiglia. Prese un altro boccone d'aria, destandosi quando Alex rispose. Oh, accidenti… Lei era quasi sul punto di urlarle contro: la notizia le era arrivata in fretta. «Calmati, non riesco a capirti se…», prese tempo, appoggiandosi spalle al muro. «La usb?», mormorò, iniziando a mordersi un labbro.
«Sì. Ho parlato con Lois Lane e ha detto che i dati copiati dalla chiavetta usb che lei e Clark hanno spedito a voi sono magicamente cambiati. Mi ha chiesto cos'è successo. Pensava che, a quest'ora, i dati originali sarebbero stati in mano al D.A.O. ma, guarda un po', non è così», Alex si prese una pausa, prendendo fiato per trattenersi. «Pensavo anch'io sarebbe stato così. Sai chi è che può modificare dei dati così facilmente?», si fermò ancora e Lena chiuse gli occhi, appoggiando al muro anche la nuca. «Sono stata paziente, Lena. Pensavo fossimo una squadra, ma questo è decisamente troppo! È il mio lavoro e voi non fate che intralciarlo. Ho chiuso abbastanza occhi per te o per chiunque altro e adesso basta! Quando tornerai a National City, mi dovrai delle spiegazioni», rimproverò, «E fai che siano convincenti. Mi hai capito?».
Staccò la chiamata e Lena trattenne il fiato.

Quella giornata aveva preso una piega inaspettata. Erano andate a Metropolis per convincere Lex a prendersi la responsabilità su quelle pillole e, da ultimo, erano state loro a rendersi conto di doversi prendere la responsabilità su qualcosa che avevano commesso.
Lena e Indigo tornarono a casa per prime, dopo Lex, in silenzio, e infine Kara, adirata come poche volte l'avrebbero vista. Appena ebbe Indigo accanto, la prese per le spalle e la sbatté al muro. La seconda provò a scansarsi ma fu tutto inutile, fino a che non intervennero gli altri due a separarle.
«Che cosa hai detto, eh? È stato lui a fartelo fare?», Kara strinse i denti e trattenne il respiro, fissando l'altra con ira. Tenuta indietro da Lex, si sentì lasciare andare solo quando il suo umore cambiò, iniziando a tremare e a scenderle le lacrime. «Non importa per quanto tempo starai con noi, vero? Sarai sempre una sua spia… una traditrice».
Anche Indigo tremò inaspettatamente a quelle parole; Lena poté captare attraverso i suoi occhi come e quanto riuscirono a ferirla. Sembrò che non riuscisse neppure a difendersi. «Kara, cos'è successo?», le chiese con gli occhi grandi, frapponendosi tra loro.
«Lo sanno», disse, «Loro sanno di me e delle pillole, e Leslie…», deglutì, cercando di calmarsi. «Leslie mi ha avvertita». Fissò ancora Indigo senza che reagisse, ancora ferma da come si erano separate, con il pugno sinistro alzato e l'altro sul volto, per proteggerlo. La fissò a lungo, incantata. Che cosa…? Quegli occhi erano terrorizzati, cosa stava succedendo? L'aveva aggredita e… Lei non aveva provato a fare niente e… Aveva sbagliato. Oddio, cosa… Kara deglutì, rendendosi conto dell'errore. «Non sei stata tu…», mormorò, abbassando il viso per guardarsi le mani. «Cos'ho fatto…?!». Scambiò uno sguardo con Lena, anche lei amareggiata, mentre scuoteva la testa.
«Io non ho detto niente», Indigo provò a parlare, abbassando le braccia. «Non ho detto niente, razza di scema, lo giuro».
Aveva fatto qualcosa di terribile e Kara se ne pentì all'istante, avvicinandosi a lei e, inaspettatamente, provando ad abbracciarla. Era l'unica cosa che le venne in mente e, seppure all'inizio sembrasse che l'altra non sapesse come comportarsi e Kara pensò che l'avrebbe sicuramente rifiutata a un certo punto, ricambiò invece, goffa, e a tentoni. La sentì deglutire.
Lena sospirò con un sorriso e Lex si lasciò andare a un piccolo applauso: «E tutto è bene quel che finisce bene. Così adesso qualcuna di voi potrà spiegarmi cos'è appena successo».

Non glielo spiegarono, ma Indigo ci andò vicino quando, dopo aver cenato insieme e in silenzio con i manicaretti confezionati per loro da Eliza, restò con lui di sotto a bere, mentre Kara e Lena si presero una boccata d'aria sul terrazzo, in modo da parlarsi e aggiornarsi su ciò che era successo in quelle ore.
«Mi ha chiamata Alex», confessò Kara. «Quando ero fuori con Lucy e non ho risposto. Ha richiamato prima. E mi ha lasciato un messaggio», sbuffò, «adirato», aggiunse svelta a labbra strette. «Vuole sapere perché non gliel'ho detto perché, beh», si avvicinò al muro, appoggiando le braccia a conserte, «ci siamo promesse esattamente ieri di essere sempre sincere e-e ha ragione. Pensavo di avere più tempo», scosse la testa e la lasciò andare a peso morto contro le braccia.
Nonostante la paura dell'altezza, Lena si accostò al muretto e le poggiò una mano sul braccio destro. «Non glielo dire».
«Cosa?».
«Che lo sapevi», rispose subito e l'altra rialzò il viso. «Ho fatto tutto da sola, con Indigo. L'idea è stata comunque mia».
«Non ci penso neanche», borbottò, corrugando la fronte. «Me lo hai chiesto e io ti ho detto che andava bene. Abbiamo protetto Lillian».
«Forse non dobbiamo», cambiò tono di voce e Kara ricercò i suoi occhi, tentando di leggere al di là delle parole cosa intendesse. «Forse… sbagliamo».
«Cosa stai…? È la cosa giusta, Lena», scrollò le spalle, «Eri tu che-».
«Magari ho cambiato idea», si passò la lingua su un labbro e prese fiato, chiudendo gli occhi.
«Beh, ne riparleremo», chiosò, prima di riprendere il filo del discorso, ricordandosi all'ultimo: «E Alex… Alex lo capirà».
Lena abbozzò un mesto sorriso, scuotendo la testa. «No, Kara, non questa volta… Lei ha fatto un giuramento e il suo distintivo le impone di trovare la verità».
Kara esplose come un vulcano: «Ma le persone vengono prima della verità».
Lena spalancò gli occhi e, inaspettatamente, sentì il bisogno di baciarla. Si guardarono attraverso la fioca luce del terrazzo, lasciandosi andare.
«È il tuo modo per zittirmi?», sussurrò Kara, ma l'altra non sorrise, non questa volta.
«Temo Alex non la vedrà allo stesso modo», bisbigliò a fior di labbra, rimettendosi dritta. «Dovrà mentire al suo capo e ai suoi colleghi per coprirci. È come se…», abbassò gli occhi, «come se la obbligassimo a farlo». Attirò verso di sé il suo braccio destro e le prese la mano con le sue, mordendosi un labbro. «Ora una di noi due deve mantenere un buon rapporto con lei, non può essere arrabbiata con entrambe. Ed è più facile che sia tu perché», accennò una risata, «è tua sorella da molto più di tempo».
Kara ricambiò con un sorriso, per poco, scuotendo la testa. «Non è giusto, Lena».
«E cosa lo è?». Appoggiò la fronte sulla sua e finirono per abbracciarsi. «Torniamo di sotto, adesso», Lena la tirò per mano, «Prima che Lex ci provi con lei».
«Ci provi?».
Le annuì con disappunto. «Mettiamolo alle strette, almeno avrà altro a cui pensare e faremo ciò per cui siamo qui».
«Indigo è riuscita a…», si zittì, ricordando di come l'avesse aggredita.
«Sì, è riuscita», le prese anche l'altra mano, fermando i suoi passi. «Ti perdonerà, Kara, tornerete come prima».
Increspò le labbra. «Lei…», soffiò infastidita di colpo e l'abbracciò, pensando di sussurrarle una cosa all'orecchio, così Lena sorrise.
«Non hai rovinato nulla», la rincuorò, vedendola annuire.
«Lena, se non è stata Indigo… non sono molti a saperlo. Maxwell Lord?».
«Lo ha detto ad Alex ma perché-», si bloccò a bocca aperta, guardando altrove e poi di nuovo lei, dopo averci pensato. «Altro a cui pensare…».
«Altro a cui pensare», spalancò gli occhi e ripeté a voce più alta, colpita dalla stessa illuminazione. «È una distrazione! Lena, lo ha fatto apposta! Maxwell Lord ha sparso la voce per tenermi lontano dai suoi affari». Spalancò le narici, aggrottando la fronte. «Appena torneremo a National City, mi troverà di fronte al suo ufficio. Non posso crederci… È davvero così preoccupato di ciò che posso fare?».
«Ma perché farlo ora? Sa che siamo qui per cercare di convincere Lex?».
«Potrebbe! Non lo so, ma è davvero l'unico… è l'unico che ha un motivo per distrarmi».
Si scambiarono uno sguardo complice, prima di andare. Come se non avessero davvero altro a cui pensare, quella non poteva essere una coincidenza. Dopotutto, se non era stato Maxwell Lord, chi altro? Quando scesero le scale, trovarono Lex e Indigo con i bicchieri in mano che ridevano di gusto. Avevano le guance imporporate di rosa e Lena chiese loro di cosa stessero ridendo. Indigo indicò Kara, ricordando a tutti con quale forza l'avesse spinta contro il muro.
«No, Kara, non pensar male», esclamò lui, raggiungendola e passando un braccio sulle sue spalle. «Commentavamo la tua energica forza, non c'era ombra di presa in giro, non mi permetterai mai». Le chiese se volesse bere e andò a prepararle un bicchiere, per poi girarsi verso la sorella minore. «Accennavo a Indigo delle nostri doti. Cosa ne pensi di una prova? È da parecchio che non suoniamo insieme, noi due». Passò il bicchiere a Kara e si sporse verso il piano, che Lena raggiungeva lentamente, pensando di dargli corda. Un momento per rilassarsi se lo avevano guadagnato un po' tutte.
Si andarono a sedere, mentre le altre due andavano verso uno dei divani; Kara ci si buttò sopra quasi a peso morto, non potendo fare a meno di pensare.
«Accompagnami», sussurrò Lex alla sorella al suo fianco.
«Tu accompagna me», precisò lei.
Lente, le note iniziarono ad apparire chiare e armoniose nell'aria. Kara chiuse gli occhi, abbracciata a una spalliera, mentre Indigo si guardò attorno, alzandosi per recuperare il telefono che aveva lasciato su uno sgabello. Quest'ultima guardò Kara e poi i due Luthor, mordendosi un labbro. Non aveva mai compreso la musica e quale effetto facesse alle persone: suo fratello Cyan suonava il violino e incantava tutti, ma non lei. Era sempre stata diversa. Bevve un sorso del suo bicchiere, l'ultimo, specchiandosi sul goccio di liquore che restava sul fondo. Era sempre stata diversa e lei, lì con loro, non ci faceva nulla.
Da Me a X
Sei stato tu! Hai sparso tu la voce di Kara Danvers e quelle dannate pillole nell'organizzazione. Inviò e attese, lontana da lei che si rilassava sulla spalliera.
Da X a Me
E come l'ha presa la nostra supereroina Kara Danvers?
Da Me a X
Se l'è presa con me, brutto infame. Avresti dovuto avvertirmi.
Da X a Me
L'avessi fatto, saresti stata preparata, Indigo. Ma ora sei innocente ai suoi occhi, giusto? Dunque, mi pare di capire che ti lascerà in pace, come desideravi. E abbiamo sistemato anche Alex, con quel messaggio da Lane che ha fatto sì che si parlassero. Stiamo vincendo, Indigo, dovresti esserne orgogliosa. Ma vacci piano con le parole, sono una persona sensibile.
Strinse le lebbra e spense il monitor. Sarebbe sempre stata la spia, la traditrice. Lui stava vincendo e lei affondando. Quel travestimento le stava entrando sottopelle e doveva fermarlo. Sarebbe andata avanti, decise, ma lo avrebbe fatto secondo le sue regole, non quelle del suo angelo custode. Non poteva fare altrimenti. La musica cessò e Indigo si destò.
Il giovane sorrise, alzandosi e reggendo il bicchiere, bevendo tutto d'un fiato. «Bene. E adesso che siamo tutti stanchi, sereni e forse un po' brilli», alzò il bicchiere vuoto, «credo sia arrivato il momento di affrontare l'elefante nella stanza: le pillole. Fate del vostro peggio, signore». Kara e Lena si scambiarono uno sguardo e la prima si alzò dal divano, così Lex la indicò con un sorriso: «Abbiamo la prima candidata. Prego, sono tutto orecchie». Poggiò il bicchiere su un mobiletto, sopra un sottobicchiere, e si portò le mani nelle tasche dei pantaloni, dando a lei ogni attenzione.
Quella giornata la stava consumando, ma doveva fare un ultimo sforzo e sospirò, inumidendosi le labbra. «So che non vuoi fermare quell'accordo, Lex», lo vide annuire, «E posso immaginare che ogni mio tentativo vada a vuoto, ma non posso non provarci e devi ascoltarmi, per favore», il ragazzo annuì di nuovo e lei deglutì. «Le ho provate».
«Lo so, Kara», scrollò le spalle, «Sono andato io a Gotham a prenderti. Era stata Roulette. Ah», sospirò poi, «Plurale. Di questo parlavate quando hai aggredito Indigo. Non ti sei fermata a quella per caso».
Lei abbassò gli occhi un momento, uno solo, stringendo un pugno. Era difficile raccontare di nuovo una cosa privata di cui si vergognava profondamente, ma sperava di fare del bene. Lena le portò i certificati che aveva ancora nella borsa e Lex ne esaminò qualcuno, attento. Eppure, ogni cosa che diceva e ogni cosa che gli mostrava non sembrava sortire l'effetto che tanto sperava. «Non devi farlo per me, non devi farlo per chi assumerà quelle pillole ma, Lex, se il tuo scopo è solo quello di battere Lord, allora non pensi che possa essere più gratificante andare là e soffiargli l'accordo sul nascere? Vedere la sua faccia mentre gli porti via, con una sola comunicazione mondiale, un minuzioso lavoro durato mesi?».
Lui ci rifletté con attenzione, appoggiandosi a un tavolino. «Mh, questa è interessante. Mi piace».
«La base del suo lavoro è il tuo, Lex! Lo stai lasciando fare mentre cerca di arricchirsi proponendo al mondo qualcosa che contiene il tuo genio. E il tuo errore», proseguì e lui si fece serio. «Lo hai letto in quei certificati. Quello ti appartiene. So che affronterai dei guai legali ma ne uscirai a testa alta e… e c'è un'amica che vorrebbe farti da avvocata».
Lui mostrò appena un sorriso. «Colpo di scena».
«Vuole fermare la vendita di quelle pillole ed è disposta a rappresentarti in tribunale se ti farai avanti! È la figlia di Lane. Lucy», lo vide sorprendersi, per una volta. «Andrà contro suo padre per farlo».
Lex si rimise dritto, passeggiando per il salone. «Non si può dire che la situazione non si stia rendendo affascinante. Qualcun'altra vuole tentare?», alzò le braccia e Kara concluse sperando che ci pensasse bene.
Lena restò seduta e, lanciando uno sguardo a Indigo, prese a parlare: «Non hai interesse nel rivendicare le pillole originali perché paghi e minacci alcuni dipendenti della Lord Technologies affinché rubino per te dati sensibili», disse in un fiato, guardandolo appena. «Ho tutto, Lex».
Lui sorrise, abbassando il viso e dopo annuendo. «Ma certo… Sai, mi domandavo se ci saresti riuscita», riferì, guardando Indigo. «Sapevo che eri brava, ma non così brava. Sei all'altezza della tua fama, Indigo Brainer». Oh, avrebbero voluto dire di essere sorprese, ma in realtà una parte di loro aveva sempre saputo che avesse riconosciuto la ragazza, essendo stata ricercata per un lungo periodo. «Avete intenzione di denunciarmi?», chiese, squadrando i loro visi seri. «Voi non capite. Ho finto tante, troppe volte che gli attacchi di quell'individuo non mi toccassero, sono andato avanti, curioso fin dove si sarebbe spinto, ma mi ha portato via qualcosa di così importante che non posso ignorare l'affronto, questa volta». Ingurgitò sonoramente saliva e prese fiato. «Ora ho la possibilità concreta di chiudere definitivamente questa faccenda. E chissà che così non scoprirò cos'ha Maxwell Lord contro la mia persona».
Lena assottigliò gli occhi, slanciandosi in avanti. «Vuoi colpirlo dov'è più vulnerabile. Ma sbagli, così non finirà mai. Tu non sei così, Lex».
Il giovane annuì. «Sì, beh… Hai ragione, sorellina: sono peggio». Loro si zittirono e prese passo verso il piano-bar, fermandosi solo per indicare Kara. «Ci penserò. Qualcuna di voi vuole ancora bere?».
Lena deglutì, abbassando gli occhi. Lasciò il piano e poggiò una mano su una spalla del fratello, prima di allontanarsi con Indigo a fianco che le disse, tra loro, che sarebbe rimasta per bere ancora. «Non trattenerti a lungo», lanciò uno sguardo a lui. «Puoi stare nella camera a fianco alla mia, degli ospiti. Stai bene?». La vide un po' strana e, facendoci caso, era stata in disparte per tutto quel tempo.
«Sì. Ho solo bisogno di bere un po', di rilassarmi». Tenne d'occhio Lena salire di sopra che Kara la raggiunse, appoggiandole una mano su un braccio.
«M-Mi dispiace davvero per-».
«Non farlo. Ce l'hai sempre avuta con me: cos'ha di diverso, stavolta?». Kara rimase senza parole e Indigo sentì le sue dita premere, prima di lasciarla e salire anche lei le scale. Il suo angelo custode ci aveva visto giusto, eppure lo odiava per averlo fatto.
Lex le scoccò un'occhiata. «Soli io e te». Aprì una nuova bottiglia e riempì un altro bicchiere, approfittando per congratularsi ancora. «Sai, potrei offrirti un lavoro qui alla Luthor Corp. Potrebbe far comodo una come te».
«Lavoro per Lena».
«Sì… peccato». Si sedettero su sgabelli vicini, di fronte al piano-bar, che lui la squadrò ancora: poggiò un gomito e così il mento, incantandosi, senza vergogna. «Non c'è qualcosa che possa farti cambiare idea? Qualcosa che posso offrirti? Vedi, mia sorella ha tanti pregi, ma pecca quando si parla di saper coltivare i talenti. E un talento come il tuo sarebbe uno spreco gettarlo via. Al contrario, io saprei come sfruttare la tua capacità al massimo delle tue potenzialità».
Lei bevve, poggiando il bicchiere sul banco. «Non lo metto in dubbio», bofonchiò senza guardarlo.
Lex si avvicinò cautamente, battendo il proprio bicchiere con il suo. «Hai un debole per mia sorella, eh?».
«… Lei ama Kara».
«Oh sì, non ha occhi che per lei. Mi dispiace. Temo tu sia arrivata tardi, Indigo, credo tu sappia che sei il suo tipo».
La ragazza finalmente lo guardò negli occhi, mostrando un sorriso. «Arriva al dunque, fratello di Lena», borbottò, «Ci stai girando troppo a lungo e mi sto annoiando».
Ricambiò il sorriso in fretta, quasi soddisfatto. «Sei il suo tipo. E il mio». Si avvicinò ancora e Indigo si sporse, chiudendo gli occhi e affondando la bocca nella sua, afferrandogli il colletto.


***


La vista da lassù, la notte, era poetica. Aveva ragione. Kara si affacciò dal terrazzo e Lena le strinse sui fianchi. Metropolis era un cielo di luci che sembravano stelle, di musiche nell'aria e di leggera brezza sulla pelle.
«Devo chiamare Alex», Kara spezzò il silenzio. «Aspetterà che mi faccia sentire».
Lena la baciò dietro il collo. «Fallo».
«Sei sicura?». Si voltò per lei, ricercando i suoi occhi.
«Sì, Kara. È la cosa migliore». Allora le baciò le labbra, staccandosi piano. «Ti aspetto in camera». Era stata una giornata particolarmente intensa. Lena chiuse la porta e scese verso le camere, entrando nella sua con una pesantezza insostenibile per le spalle. Aveva bisogno di sdraiarsi e spegnere il cervello. Dormire senza pause fino all'indomani. Le persone vengono prima della verità aveva detto Kara. Voleva proteggere Lillian anche dopo ciò che era successo alla sua famiglia. Proteggere i Luthor a discapito della verità.
Dormiva quando Kara la raggiunse. Le lasciò un bacio sulla fronte, le sistemò meglio le coperte e, dopo aver controllato Instagram per l'allenamento delle ragazze, si coricò anche lei, cogliendola in un abbraccio.
«Perché Linda?», le domandò Lex curioso. Sorrise impercettibilmente, stringendo con fervore le cosce della ragazza contro il suo corpo nudo.
I lunghi capelli biondi scendevano selvaggi sulle braccia e sul seno scoperto, turgido. A quella domanda, si sforzò di guardarlo negli occhi, abbassando la testa. «Mi hanno presentato con quel nome a tua madre», emise in un gemito, «E alla madre di Kara Danvers».
«Ti sta bene», concluse, stringendo più forte la sua morsa.
«Lo odio», tuonò seccata e spostò con una mano i capelli dal viso, appoggiandosi meglio contro il suo petto.
«E perché mai?», interrogò, ansimando. «Almeno si sono sforzate… per trovarti un nome nuovo. Di Indigo non se ne trovano tante… sei fortunata se… mia madre non scoprirà chi sei. Almeno potrai», si fermò, cambiando tono di voce, «stare tranquilla… il tempo che vorrai».
Indigo si morse un labbro e lo graffiò al torace, alzandosi da lui in fretta e passando all'altra parte del letto.
Lex prese fiato a pieni polmoni e si portò seduto. «Cos'è successo? È per qualcosa che ho fatto?».
«No», si rivoltò un istante e ricercò i suoi slip, infilandoseli. «Il problema è mio, la tua virilità è salva». Sentì una sua mano sudata cercarle la schiena ma non gli disse altro, arrotolando il resto dei suoi indumenti e uscendo dalla camera buia.
Era stata una giornata particolarmente intensa e l'indomani mattina, subito dopo che Kara cercò e trovò il suo cellulare, scoprì con sgomento che non sarebbe stata l'unica.
Da Megs a Me
Kara, è un disastro! Millard è furioso! Ci ha riunite stamattina e parlava di un cambio in vista della finale, tra le ragazze si è sparsa la voce di quelle pillole e ho paura che non ti farà giocare. Rispondi presto.
Tremò. Gli occhi spalancati dal terrore, scorse anche un messaggio da parte dell'ufficio di Cat Grant. Aveva una chiamata persa. Deglutì e le mancò il fiato; si sentiva come se dovesse svenire da un attimo all'altro ma si armò di coraggio, telefonando alla segretaria.
Ancora sotto il lenzuolo, Lena la guardava in piedi di fronte al letto. La scorse riagganciare e abbassare il cellulare con fare arrendevole, capendo che qualcosa non andava. «Cos'è successo?». Si alzò per andarle incontro.
«Ho perso tutto, Lena», si voltò, tirando su con il naso; i suoi occhi azzurri carichi di lacrime. «Ho appena perso tutto».

































***

E pare che il prezzo da pagare sarà caro!
SONO TORNATAAAAA! (2) Okay, ci saranno altre pause perché non ci giro intorno, scrivere questa fan fiction e curarla nei dettagli è un lavoro impegnativo che richiede tempo, e anche per questo pubblicherò i capitoli con un certo stacco, ma intanto sono tornata! Mi mancava pubblicare, mi mancava sapere i vostri pareri, spero siate ancora qui XD Our home vi è mancata?

E ora si ricomincia con la domanda di rito: vi è piaciuto questo capitolo? :3
Primo: Indigo e Lex. Ve l'aspettavate? Indigo ha rifiutato Winn se ricordate nei capitoli precedenti, ma è stata subito con Lex. I due ragazzi dopotutto sono molto diversi. Per il resto, avevamo lasciato Indigo in una situazione non proprio rosea e ce la ritroviamo adesso che la cosa pare addirittura peggiorata. O forse…
Kara! Povera Kara! Sta facendo di tutto per fermare quell'accordo sulle pillole e l'averle usate per un periodo, ora, le sta tornando indietro come una grande onda di mare in tempesta. Prima o poi la cosa doveva venir fuori oppure no? Leslie Willis l'aveva avvertita, ma tutto si è svolto così in fretta che nel giro di ore si è ritrovata ad aver perso tutto. Come la prenderà? Come la affronterà?
X, il nostro profilo misterioso. È lui la causa di tutto: all'inizio del capitolo scopriamo che doveva far qualcosa per distrarre Kara e Alex da Indigo e così è stato. Non si può dire che non sia di parola!
Parliamo di Lucy. Finalmente la minore delle sorelle Lane è riapparsa ed è decisa anche lei a fermare quell'accordo con le unghie e con i denti. Queste pillole non piacciono proprio a nessuno, eh. Tranne forse proprio a Lex! Il giovanotto non vuole fermare l'accordo perché sta confezionando una vendetta per conto proprio, ma sarà la strada giusta da seguire?
Ed ecco Lena… La ragazza aveva deciso, già nello scorso capitolo, di far cancellare a Indigo quei dati dalla chiavetta usb per proteggere Lillian e il resto della sua famiglia, ma ora comincia a nutrire dubbi sempre più pesanti su questa scelta e sull'aver messo in mezzo Kara. Perfino Lex non si è trattenuto nel dire che la loro famiglia era malvagia. Secondo voi qual era la scelta migliore da prendere?
Ah! un'ultima cosa, infine. Non l'avete letto? C'è qualcosa, in questo capitolo, che non torna… Ma cosa?

Note ~

- Avvocata. Lo so, vi vedo attraverso lo schermo che avete fatto facce strane nel leggere questa parola! Ma ahi, l'italiano non ammette i vostri “non si può sentire”: ebbene sì, è una parola esistente ed è corretta. Avvocatessa? L'Accademia della Crusca le ammette entrambe e, personalmente, preferisco la prima ;)
- Lex e Indigo. Doveva succedere, era una cosa che avevo pronosticato da tempo, ma ciò che non era pronosticato è che mi piacessero così tanto! Argh, li shippo. Mi è successo senza volerlo, mentre scrivevo ho notato una chimica fra loro incredibile. Sapete quando i personaggi prendono vita propria? È stato questo il caso. Ma con ciò non intendo dire che ora saranno una coppia, o forse sì ma non da ora, o forse no e non lo saranno mai perché non sono destinati o perché sono entrambe persone molto complicate… Il fatto è che non lo so e, anche se lo sapessi, non lo direi di certo qui :P Lo scoprirò scrivendo e voi leggendo.

E ora bando alle ciance. Ringrazio chi di voi sarà ancora qui a leggere questa lunga storia e ci diamo appuntamento a sabato 28 marzo con il capitolo 60 che si intitola Fuga dalla Casa degli Specchi :) Non mancate!
Lo so, lo so, l'attesa è tanta, ma è comunque meglio di qualche mese, no? Senza contare che i capitoli sono lunghetti :3



   
 
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