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Autore: Carme93    07/03/2020    2 recensioni
I nati del 1998 sono figli della guerra e della vittoria su Lord Voldemort.
La loro nascita ha simboleggiato nuova luce nel buio delle tenebre e gioia e speranza in un mondo in macerie da ricostruire. Un chiaroscuro insito nella vita di ognuno di loro.
La generazione figlia della guerra arriva a Hogwarts.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Minerva McGranitt, Neville Paciock, Nuovo personaggio, Teddy Lupin | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo dodicesimo






 
 
 
Colpire al cuore
 





 
 
Teddy si strinse il mantello al petto, più per la tensione che per il freddo. Procedette in silenzio senza nemmeno voltarsi verso Enan, ne percepiva la presenza al suo fianco e tanto bastava per il momento. Si fermò poco dopo, dove il corridoio svoltava e tese l’orecchio. Silenzio. Il seminterrato era in totale silenzio. Prefetti e Caposcuola di Tassorosso quella sera non erano di turno, ma comunque la ronda notturna stava per finire.
I due ragazzini salirono a passo svelto le scale che conducevano al piano terra e si fermarono all’ultimo gradino per verificare che non vi fosse nessuno. Entrambi avevano sentito parecchie storie sul custode, Argus Gazza, e sulla sua gatta Mrs. Purr: sembravano avere un fiuto eccezionale per cogliere gli studenti proprio nell’atto di violare le regole. Né Enan né Teddy erano desiderosi di metterli alla prova.
Filò tutto liscio finché non raggiunsero la Sala d’Ingresso, quando un fracasso terribile fece sobbalzare i due Tassorosso.
«Che cos’era?» chiese Enan con il cuore in gola.
«Abbassa la voce» lo redarguì Teddy, spingendolo all’ombra delle clessidre. Non il migliore dei nascondigli, ma meglio che rimanere completamente allo scoperto. Attesero con ansia di sentire dei passi, magari un miagolio, ma il castello sembrava essere ripiombato nel consueto silenzio notturno.
«Cos’era secondo te?» domandò nuovamente Enan.
«Sembrava un’armatura. Qualcuno deve averla urtata».
Enan si accigliò. «Ma chi?».
«Qualcuno che soffre d’insonnia» ipotizzò Teddy, ignorando lo sguardo scettico e preoccupato dell’amico: effettivamente non vi era alcuna spiegazione logica, visto che le armature erano pesanti ed erano poste su dei piedistalli, quindi per buttarle giù bisognava metterci almeno un minimo di forza. E rischiavi anche di farti male. O comunque bisognava andarci a sbattere ed erano difficili da non vedere, anche perché i corridoi della Scuola erano illuminati da torce anche di notte in alcuni tratti. «Ma secondo te Dolohov verrà?».
«Perché non dovrebbe?» replicò Enan avviandosi verso il portone d’ingresso.
«Non so… Il mio padrino mi ha raccontato una cosa che gli è accaduta al suo primo anno…» borbottò Teddy, seguendolo.
«La porta è aperta» disse Enan tra il sollevato e il sorpreso.
«Non dovrebbe essere chiusa?» replicò altrettanto stupito Teddy.
«Ma non lo è» insisté Enan teso.
«Dobbiamo dirlo a un professore?». La parte responsabile di Teddy ebbe un piccolo guizzo per la prima volta da giorni, ma l’occhiata che gli rifilò Enan fu abbastanza significativa: era il momento peggiore.
«E come gli spieghi la nostra presenza qui?».
Teddy si strinse nelle spalle. «Andiamo? Magari l’ha lasciata Dolohov».
«Forse» concesse Enan. «Ma come avrà fatto ad aprirla? Pensavo fosse chiusa magicamente e che avremmo avuto difficoltà».
Teddy si accigliò. «Non lo so, ma ci conviene andare. Non ha senso stare qui».
Appena furono fuori nel parco l’aria fredda li sferzò il viso e i due rabbrividirono.
«Che cosa dicevi del tuo padrino prima?» chiese Enan.
«Al primo anno Draco Malfoy lo ha sfidato a duello. Avrebbero dovuto incontrarsi nella Sala Trofei, ma Malfoy ha fatto la spia sperando che Harry e Ron, il suo migliore amico, venissero beccati».
«Magnifico» gemette Enan. «E tu pensi che Dolohov possa aver fatto lo stesso? Ma ha dato la sua parola di mago».
«Non so quanto valga per lui la parola di mago».
La prospettiva era decisamente pessima, perciò avanzarono in silenzio sobbalzando al minimo scricchiolio o fruscio.
Sorprendentemente, però, sul luogo dell’appuntamento, Antonin Dolohov li attendeva altezzoso, al suo fianco come al solito c’erano Thomas Mulciber ed Edward Burke.
Enan e Mulciber si squadrano: anche al buio, era come guardarsi allo specchio.
«Eccovi, pensavo che aveste troppa paura per presentarvi».
«Noi non abbiamo paura» ribatté Teddy a denti stretti, rimpiangendo il calore della sua camera.
«E poi abbiamo dato la nostra parola» soggiunse Enan.
«Ah, allora anche voi avete sangue Grifondoro come quella svitata della Krueger?» commentò Dolohov.
«Esistono tante forme di coraggio» disse saggiamente Teddy.
«Per esempio?» lo provocò Dolohov.
«Per esempio vendicare i miei genitori» sbottò Teddy estraendo la bacchetta. «Non siamo qui per chiacchierare. Noi non siamo amici».
Dolohov ghignò e annuì. «Sono pronto».
Enan indietreggiò, ma rimase alle spalle dell’amico; altrettanto fecero Mulciber e Burke.
«Rispettate le regole» disse Enan con voce roca, rivolto specialmente al Serpeverde di cui non si fidava minimamente.
Teddy ispirò, mentre voltava le spalle all’avversario contando tre passi.
«Al mio tre» riprese Enan, la cui voce risuonava nella notte lunare. «Uno… due…». Teddy fremette, stringendo la bacchetta con forza. «…tre!».
Teddy e Dolohov si fronteggiarono.
«Aguamenti!». Teddy, impaziente e teso com’era, ignorò il primo consiglio letto su Tecnica e Arte del Duello: studiare l’avversario e possibilmente non attaccare per primo. E lui ed Enan l’avevano ripetuto un sacco di volte! Uno spruzzo d’acqua colpì in pieno il volto Dolohov, che sputò di lato e fissò il Tassorosso con rabbia, pronunciando delle parole che Teddy non comprese. Immediatamente si sollevò un vortice di terra che lo inglobò. Il ragazzino dovette coprirsi il volto con le mani per proteggersi gli occhi, sebbene non poté evitare di essere graffiato da pezzetti di pietra e rametti.
Enan urlò, ma alla sua voce sembrò che se ne aggiungessero altre più o meno note.
«Idiota, usa il Finite Incantatem».
Teddy riconobbe distintamente la gentilezza di Charlie Krueger, ma il suo cervello registrò lentamente il suggerimento e quando lo mise in pratica gli occhi gli bruciavano e a stento mise a fuoco Dolohov e i suoi amici che ridevano.
«Vuoi arrenderti, Lupin?».
Teddy strinse la bacchetta con rabbia: non gliel’avrebbe mai data vinta. «Mangialumache» sibilò, ma Dolohov lo scansò.
«La mira!» sbottò Charlie.
E Teddy commise l’ennesimo errore: si voltò verso di lei e diede le spalle all’avversario. «Ma che…?». Non c’era solo Charlie, ma anche Charis, Diana, Laurence e Samuel.
«Non ti distrarre» urlò Samuel.
«Voltati!» gridò a sua volta Laurence indicando freneticamente i Serpeverde.
Teddy si voltò proprio in tempo per beccarsi una pietra nello stomaco. Rimase senza fiato per il dolore e cadde sulle ginocchia. Diana e Charis urlarono all’unisono, probabilmente stavano per mettersi a piangere.
«Reagisci, Teddy!» lo esortò Laurence.
«Vuoi che intervenga il tuo secondo?» lo provocò Dolohov. «Per me va bene. Sono generoso io».
Teddy strinse i denti, si alzò e nel farlo pronunciò: «Incendio».
L’orlo della divisa del Serpeverde prese fuoco e il ragazzino imprecò a gran voce.
«Bella mossa!» strillò compiaciuta Charlie.
«Grande!» concordò Laurence.
«È pericoloso» piagnucolò Diana.
«Aspetta che ti aiuto, Dolohov» disse sarcastico Teddy, esaltandosi dell’improvviso vantaggio e delle urla dei compagni. «Aguamenti!». Per la seconda volta un getto d’acqua colpì Dolohov che finì seduto a terra, ma stringendo ancora la bacchetta.
«Flipendo!» ripeté anche Dolohov concentrandosi su una pietra che colpì Teddy sullo zigomo destro.
Il Serpeverde tremava palesemente per il freddo, ma Teddy era ormai furioso e senza neanche toccarsi la guancia sanguinante sbottò: «Experlliamus!». La bacchetta volò dalle mani del Serpeverde. «Ho vinto».
«Al diavolo la magia» sbuffò Dolohov lanciandosi sul Tassorosso. «Ti cambio i connotati».
Mulciber lo prese come un segnale e si lanciò a sua volta, Burke tentennò ma poi si unì alla zuffa; Enan e Laurence non fecero attendere il loro supporto a Teddy che, non essendo abituato alle risse, si trovava in netto svantaggio ma sentiva ancora una furia dentro di lui che lo spingeva a colpire alla cieca con l’unica speranza di far del male a Dolohov. Laurence ed Enan se la cavavano molto meglio, anche se Burke era decisamente ancora più inadatto di Teddy alle risse.
Teddy incassò un pugno e ricambiò mordendo la mano di Dolohov. Non aveva occhi che per lui. Si sarebbe vendicato. Doveva vendicarsi.
«Ehi, ehi, smettetela» sbottò una voce agitata.
«Statti un po’ fermo, Enan» aggiunse un vocione altrettanto noto.
Teddy aveva a malapena contezza del fatto che gli altri due erano stati divisi: lui continuava a colpire ogni centimetro di Dolohov, il quale però sembrava molto meno affaticato di lui.
«Basta, Teddy!» gridò Neville Paciock, circondandolo con le braccia e trascinandolo lontano dal Serpeverde, che fu a sua volta trattenuto da quello che, a fatica, Teddy inquadrò, alla luce fioca della luna, come Hagrid. «Calmati!».
«No» sbottò Teddy continuando a lottare per liberarsi. «Lo distruggo… lo uccido…».
«Non dirle nemmeno queste cose!» lo rimproverò Neville. «Ma che ti prende?».
«È meglio rientrare» borbottò Hagrid.
Non fu esattamente semplice: Teddy diede del filo da torcere a Neville per tutto il breve tragitto. «Ma, insomma, che ti prendi?» sbuffò Neville, appena furono nella calda Sala d’Ingresso. Era molto arrabbiato, questo lo notarono tutti i ragazzi. «Calmati!» intimò.
Teddy sbuffò e si fermò più per stanchezza che per altro, ma continuò a occhieggiare male Dolohov.
«Si può sapere che vi è saltato in mente? Vi stavate picchiando e avete violato il coprifuoco!» li sgridò Neville guardandoli uno per uno.
Enan distolse gli occhi: non l’aveva mai visto così alterato. Effettivamente avevano esagerato. Durante il duello aveva avuto molto paura, non avendo considerato veramente quanto avrebbe potuto essere pericoloso: Teddy e Dolohov avevano usato incantesimi che non avrebbero nemmeno dovuto conoscere. Avrebbero potuto farsi veramente male con quel lancio di sassi oppure appiccare un incendio.
«Avete anche usato la magia?» chiese Neville a denti stretti indicando la divisa bruciata di Dolohov.
«Certo. Siamo maghi, mica babbani» rispose il Serpeverde irrispettosamente.
Neville lo fulminò con lo sguardo.
«Neville, sono solo dei ragazzi. Sono sicuro che Teddy e i suoi amici hanno una spiegazione» intervenne Hagrid ed Enan avrebbe voluto abbracciarlo!
Neville fece una smorfia e passò lo sguardo dal collega ai ragazzi. «Non mi aspettavo un comportamento del genere da dei ragazzini del primo anno. Ho visto una propensione alla violenza che non avrei voluto mai vedere» esclamò con fermezza. «Soprattutto non me l’aspettavo da alcuni di voi» soggiunse guardando Teddy, Charis, Diana ed Enan. «Posso sapere perché?».
«Suo nonno ha ucciso mio padre e io ho il diritto di vendicarmi» rispose Teddy freddamente.
La tensione era di nuovo salita e sembrava fare di nuovo freddo. Sul volto di Neville era balenata la sorpresa, sicuramente non si aspettava una risposta del genere. Hagrid guardò male i Serpeverde.
«Vero» ghignò Dolohov come se trovasse divertente quella situazione. «Dovresti ringraziarmi, però, per averti detto la verità. E la sai un’altra cosa?».
«Silenzio, Dolohov» intervenne severamente Neville.
«Bellatrix Lestrange ha ucciso tua madre» aggiunse Dolohov ignorando il richiamo del docente. «Il tuo caro padrino e tua nonna ti hanno raccontato un sacco di bugie».
«Dolohov. Hai superato il limite questa sera. Informerò immediatamente il professor Lumacorno» decretò Neville a denti stretti.
«Anche i professori mentono. Vero, professore? Non ha mai detto a Teddy che Bellatrix Lestrange ha tolto i genitori anche a lei?».
Neville impallidì terribilmente e Teddy alzò finalmente gli occhi su di lui.
Un silenzio surreale si estese tra di loro. Enan iniziava a spaventarsi sia per la piega che stava prendendo la situazione e il furore negli occhi di Paciock sia per l’espressione di Antonin Dolohov: non provava il minimo pentimento per le sue parole.
«Neville» tentò Hagrid vedendo l’espressione sconvolta del più giovane.
«Ringrazia di non essere mio figlio, Dolohov» mormorò Neville. «Hagrid, accompagnali dalla professoressa McGranitt».
Enan sentì il cuore battere all’impazzata vedendolo andar via. Gettò un’occhiata a Teddy e vide che anche lui seguiva il professore con lo sguardo: i suoi occhi, però, erano spenti. Decisamente il suo amico aveva ricevuto un bel colpo.
«Dovresti vergognarti» bofonchiò Hagrid in direzione del Serpeverde. «Seguitemi».
I ragazzini lo seguirono sbigottiti.
«Hagrid» tentò Enan. Se l’avesse ascoltato forse sarebbe riuscito a togliere dai guai le ragazze, in fondo non avevano fatto nulla.
«Non è il momento» replicò Hagrid scuotendo il suo testone.
«Hagrid» riprovò Enan. «Le ragazze non hanno colpa, lasciale tornare il Sala Comune».
«Scordatelo, Macfusty, qui andiamo a fondo tutti» s’intromise Dolohov.
Enan avrebbe voluto schiaffeggiarlo, ma era già abbastanza nei guai.
Hagrid non rispose nemmeno e nessuno fiatò finché non giunsero di fronte a due gargoyle davvero brutti.  «Abissino» disse Hagrid e le statue si spostarono per farli passare, rivelando una scala a chiocciola.
Enan deglutì al pensiero che mai si sarebbe aspettato di scoprire l’ubicazione della presidenza a tre mesi dall’inizio della scuola e all’una e mezza di notte.
La scala si mosse a spirale verso l’alto e loro rimasero immobili in attesa.
«Sembra una scala mobile» bisbigliò Zoey.
Enan ignorò la spiegazione che ne seguì. Per quale assurdo motivo le ragazze si erano lasciate coinvolgere? Non si meravigliava di Charlie e Zoey, che avevano dato di matto quando Teddy aveva detto loro che non voleva nessun altro con lui oltre Enan. Avrebbe dovuto prevederlo che li avrebbero seguiti. Laurence era il migliore amico di Teddy già prima di Hogwarts e naturalmente aveva voluto essere presente, dopotutto aveva mostrato chiaramente di essersela presa perché non era stato scelto come secondo. Samuel Harper stava diventando un tutt’uno con Laurence. Per quale motivo Charis e la Corvonero amica di Teddy fossero andate nel parco, beh quello era un mistero. Enan proprio non lo capiva.
Hagrid li superò ed entrò per primo nell’ufficio.
La McGranitt era seduta alla scrivania e fu parecchio sorpresa di vederli. Indossava una vestaglia scozzese e sembrava leggere dei documenti al lume di una candela. Alla loro vista con gesto della mano – senza bacchetta! – illuminò più ampiamente la stanza circolare. I ragazzi così poterono vedere una serie di quadri alle sue spalle, i cui soggetti dormiva profondamente.
Hagrid si avvicinò alla Preside e le raccontò quello che era accaduto.
L’espressione della donna si fece sempre più severa man mano che ascoltava ogni cosa. Enan notò come le sue labbra sembrassero divenire sempre più sottili.
«Datemi una spiegazione» disse la McGranitt imperiosamente. Nessuno fiatò. Dolohov aveva smesso di ghignare: evidentemente almeno la McGranitt li incuteva timore. Burke e Mulciber sembravano terrorizzati. Teddy fissava il pavimento, Enan capì che non poteva contare su di lui e decise, prima che Charlie aprisse la bocca a sproposito, prese la parola e raccontò tutto, sotto l’occhiata scioccata di Charlie e Zoey e dei Serpeverde: di come Dolohov avesse rivelato le azioni di suo nonno a Teddy, di come Teddy l’avesse sfidato a duello, del duello, della zuffa, delle ragazze, della discussione con Paciock. Tutto, sembrava un fiume in piena. Si spaventò di sé stesso: come gli era saltato in mente? Ma come aveva potuto raccontare tutto alla Preside? I suoi cugini l’avrebbero insultato. La paura faceva brutti effetti. Guardò la Preside terrorizzato. Aprì la bocca per ritrattare, ma non aveva idea di che cosa dire.
«Sono scioccata» disse la Preside dopo qualche momento di riflessione. «Voi ragazze perché eravate lì?».
Diana, balbettando, prese la parola e spiegò che lei e Charis fossero molto spaventate e avessero voluto assicurarsi che Teddy ed Enan non si facessero male.
«Quello che è accaduto è inaudito. Simili comportamenti non sono ammessi a Hogwarts. Non solo avete violato il coprifuoco, ma siete usciti in cortile per sfidarvi a duello, avete usato la magia fuori dalle lezioni e con il chiaro scopo di farvi del male, infine vi siete azzuffati. Senza contare il comportamento irrispettoso e indegno che avete tenuto con il professor Paciock».
«Veramente quello è stato Dolohov».
«Silenzio, signorina Krueger. Proprio tu che violi le regole della Scuola da quando sei arrivata, dovresti tacere».
Charlie s’imbronciò, ma si trattenne dal replicare.
«Signor Lupin, non dici nulla a tua discolpa? Credevo che fossi molto più giudizioso, sono profondamente delusa».
Teddy sollevò leggermente la testa verso la donna ed Enan ebbe di nuovo quella sensazione che gli occhi dell’amico fossero spenti.
Sembrò accorgersene anche la McGranitt che non insisté.
«Dovreste vergognarvi tutti» esclamò fissandoli uno a uno. Nessuno riuscì a sostenere il suo sguardo. «Scriverò immediatamente alle vostre famiglie per informarle del vostro deplorevole comportamento. Macfusty, Mulciber, Burke, Landerson siete in punizione per due settimane per esservi azzuffati; Lupin, Dolohov, voi sarete in punizione fino all’inizio delle vacanze di Natale e spero vi passi la voglia di duellare. Krueger, Turner, Webster, Williamson, Harper siete in punizione per aver violato il coprifuoco. Ognuno di voi perde cinquanta punti ciascuno».
Charlie sembrò scioccata dall’ultima affermazione. Cosa si aspettasse Enan non lo sapeva.
«La punizione vi sarà comunicata dai vostri Direttori. Andate e riflette sul vostro pessimo comportamento. Vi avverto, se vi ritroverete in questa posizione, Lupin e Dolohov, vi espellerò. Hagrid, per favore, accompagnali».
 
 



 
*
 



Il lunedì seguente colse dei Tassorosso ancora molto provati e profondamente tristi per quanto era accaduto. Il giorno prima si erano beccati una predica anche dalla loro Caposcuola che, come l’intera Casa, era furiosa per la perdita di ben duecentocinquanta punti, cioè quasi tutti quelli che erano riusciti a conquistare dall’inizio dell’anno. Tutti gli altri Tassorosso li fissavano malamente e molti dei più grandi si sentivano in diritto di rimproverarli a loro volta, perciò i ragazzi avevano trascorso quasi tutta la domenica nelle loro camere a studiare in modo da evitare gli sguardi accusatori.
Quella che, stranamente, sembrava soffrire di più per quella situazione era Charlie. Charis aveva deciso di etichettarla come Crisi da Smistamento: Charlie non aveva dimenticato le accuse di Samantha Fields, così come le ricordava l’intera Casa e, nonostante non fosse la sola e anzi Teddy fosse ben più colpevole, tutti ce l’avevano soprattutto con lei. Charis non lo trovava giusto, in più i Tassorosso avrebbero dovuto essere quelli buoni e dolci.
Laurence e Samuel, quella mattina, ridevano e scherzavano al tavolo dei Grifondoro, eccitati per l’avventura vissuta e i loro compagni non sembravano troppo preoccupati per i punti persi. Diana era palesemente turbata e si vergognava di essere stata coinvolta, ma Charis sapeva che avrebbe sempre appoggiato Teddy.
Teddy era completamente apatico, avevano dovuto costringerlo a mangiare e a studiare il giorno prima e quella mattina ad alzarsi e recarsi in Sala Grande per la colazione.
Charis invidiava Laurence per non aver fatto una piega alla strillettera ricevuta da casa e di come continuasse a mangiare come se nulla fosse, al contrario Charlie si era allontanata con Zoey. Charis mal sopportando il clima al tavolo dei Tassorosso si alzò e raggiunse Shawn a quello di Grifondoro. «Ciao» lo salutò timidamente. Non l’aveva visto per nulla in quei giorni.
«Ehi, tutto bene?» l’accolse lui gentilmente.
«Insomma» sospirò la ragazzina,
«Hai fatto colazione?» le chiese Shawn.
«Sì».
«Allora andiamo a fare una passeggiata prima dell’inizio delle lezioni. Voi che avete alla prima ora?».
«Incantesimi» rispose Charis seguendolo fuori dalla Sala Grande.
«Si può sapere che cos’è successo sabato? Ne ho sentite di tutti i colori. C’è chi dice che avete offeso Paciock. Un mio compagno l’ha visto ieri e ha detto che era intrattabile. A me sembra assurdo».
Charis fece una smorfia e gli raccontò ogni cosa.
«Cavoli, Lupin ha proprio perso la testa! Tuo zio che ti ha detto? Non ti ha mandato una strillettera, no?».
«No. Per un attimo ne ho avuto paura» confessò Charis. «Mi ha scritto, però, vuole che gli spieghi che cosa stessi pensando e che gli racconti quanto è accaduto. Non è per nulla contento, anche lui si è mostrato deluso».
Shawn le poggiò una mano sulle spalle e le sorrise: «Tutti possono commettere degli errori. Stai tranquilla».
«Al posto di Lupin, che avresti fatto?» chiese dopo un po’ Shawn.
«In che senso?» replicò Charis non riuscendo a comprendere.
«La vendetta, dico. Se Dolohov ti avesse rivelato chi ha ucciso i tuoi genitori, tu come avresti reagito?».
Shawn si era bloccato in un passaggio completamente deserto e la fissava seriamente. Gli occhi di Charis si riempirono di lacrime. «Non mi interessa» disse dopo un po’. «Non mi restituirebbe i miei genitori sapere chi ha ucciso mio padre. Era una guerra, no? Mio zio dice che nessuno è buono. Anche lui ha ucciso. Ha ucciso dei Mangiamorte e loro avevano una famiglia, no?».
Shawn strinse i pugni e annuì. «Hai un cuore grande, Charis» le sussurrò.
La ragazzina si strinse nelle spalle e sembrava ancora più piccola in quel momento.
«Anche Teddy è buono» si sentì in dovere di aggiungere.
«Mia madre dice che tutti i bambini sono buoni, sono gli adulti che li insegnano a essere cattivi» commentò Shawn. «Charis, mi prometti una cosa?».
«Cosa?».
«Se ti trovassi nella stessa posizione di Lupin, verrai da me?».
Charis gli sorrise. «Te lo prometto, grazie, Shawn».
«Avanti, ti accompagno a Incantesimi. Non è proprio il caso che tu arrivi in ritardo proprio oggi. Sai, perché si dice che Paciock fosse intrattabile ieri?».
«Per quello che ha detto Dolohov?».
«Non solo. Voci dicono che Paciock e McBridge abbiano litigato pesantemente ieri».
«Sul serio?» ribatté Charis sgranando gli occhi.
«Sì, Lumacorno ha provato a mettere pace, ma non so quanto sia servito. Stamattina, secondo alcune mie compagne, Paciock non ha salutato McBridge e sicuramente la Preside è stata informata».
«Ma perché avrebbero litigato?».
«Per voi».
«Noi?».
«Per la vostra punizione, diciamo».
«Non erano d’accordo?» chiese perplessa Charis.
«A quanto pare McBridge ha contestato la decisione della McGranitt. Se fosse per lui espellerebbe direttamente i tre Serpeverde, invece Lupin sarebbe innocente e così voi».
«Stai scherzando? Non può essere così folle» non riuscì trattenersi, ma erano ormai in prossimità dell’aula d’Incantesimi e Shawn le fece cenno di abbassare la voce.
«Fatto sta che ha fatto infuriare Paciock» disse Shawn. «A proposito, è meglio che io vada. Ho Erbologia la prima ora e ho paura non sarà minimamente condiscendente».
«Buona lezione» mormorò Charis.
Lui ricambiò e scappò via.
Quella storia era veramente assurda, chissà che cosa ne pensavano gli altri.
 



 
*
 



Era trascorsa ormai una settimana dal fatidico e disastroso duello, Enan sospirò e prese posto nell’aula d’Incantesimi. I loro compagni di Casa non si erano calmati e continuavano a prendere di mira Charlie, che stranamente non si ribellava. Zoey le stava appiccicata come una guardia del corpo, ma non capiva nemmeno lei che cosa accadesse all’amica.
Teddy era sempre apatico e non partecipava più alle lezioni con il precedente entusiasmo e questo non era un bene visto che Mark e Charis facevano molta fatica a recuperare da soli i punti persi. Persino Enan stesso si stava impegnando per rimediare a quanto combinato, quanto meno cercando di non distrarsi troppo in classe e tentando di prendere voti decenti. Alla fine loro Tassorosso stavano scontando la punizione con Gazza pulendo i bagni e non era per nulla divertente.
Enan sospirò: quel giorno per giunta il tempo era molto brutto e non sarebbe potuto andare da Hagrid durante l’intervallo. Appoggiò la guancia sul palmo della mano destra, ma senza aver voglia veramente di ascoltare Vitiuos. Incantesimi era una lezione interessante solo quando facevano pratica, in caso contrario era noiosa come tutte le altre. Ed Enan odiava star seduto e immobile.
Mark, accanto a lui, prendeva appunti tranquillamente e sembrava addirittura soddisfatto. Ma come faceva? Certo, era contento che almeno in quelle ore potesse stare tranquillo: i Corvonero erano solitamente troppo impegnati a seguire per disturbare e comunque Vitiuos non l’avrebbe permesso.
Charlie era ancora mezza depressa e rimuginava in continuazione, il che probabilmente avrebbe dovuto essere fonte di preoccupazione, ma Enan era già occupato con Teddy e Mark, che continuava a essere bersaglio dei Serpeverde. Zoey, però, le stava accanto, tranne ora che era impegnata a chiacchierare, nonostante fosse già stata richiamata più volte dal professore.
«Signorina Turner! Silenzio!» sbottò Vitiuos per l’ennesima volta.  «Cinque punti in meno a Tassorosso».
Charis, seduta accanto a Diana Webster, lanciò un’occhiataccia alla compagna: insomma non facevano in tempo a recuperare punti che lei li perdeva!
Enan fissò il professore che riprese a mostrar loro il corretto movimento per lanciare l’incantesimo Lumos: dopo il loro duello c’erano state molte voci sul litigio tra McBridge e Paciock, che a quanto pareva era avvenuto veramente. La Preside doveva aver dato ragione a Paciock, in caso contrario loro Tassorosso non avrebbero scontato la punizione con Gazza, ma con il loro Direttore. Nessuno sapeva, però, come avesse reagito Vitiuos, che per giunta era vicepreside, visto che in quel guaio era stata coinvolta anche una sua Corvonero. Enan aveva trovato il coraggio e aveva chiesto direttamente a Diana che aveva risposto soltanto di essere stata rimproverata dal suo Direttore e di aver aiutato Madama Pince a sistemare i libri per un pomeriggio. Tutto sommato a lei era andata bene. E comunque lei poteva far conto sul suo Direttore, loro no ed Enan non capiva perché. Aveva provato a parlarne con Teddy, ma lui non voleva saper nulla in quel periodo.
In realtà le possibilità erano molto poche o almeno così gli sembrava: o era pazzo, o nascondeva qualcosa o tutte e due. Qualche settimana prima l’aveva ipotizzato anche Teddy: c’era qualcosa nel passato di Oswald McBridge che lo spingeva a comportarsi in quel modo. E c’era un’unica soluzione, per quanto non gli piacesse: cercare informazioni su di lui in biblioteca, magari in vecchi giornali, oppure negli archivi della Scuola.
«Macfusty!» sbottò Vitiuos palesemente esasperato.
Enan sobbalzò, rendendosi conto di essersi completamente estraniato dalla realtà, e borbottò delle scuse.
 



 
*
 



Era abituato alle detenzioni della scuola babbana: qualunque cosa era sempre colpa sua. Vero che ogni tanto aveva compiuto delle magie accidentali, ma certo gli insegnanti non potevano saperlo e comunque erano involontari. Naturalmente non si era illuso che a Hogwarts sarebbe stato diverso tra Alexis che lo perseguitava e il professor McBridge. All’inizio, anche grazie a Elly e ai suoi amici, aveva osato pensare che a Tassorosso sarebbe stato bene. Ora, e di questo si vergognava, avrebbe preferito essere un Corvonero e potersi rivolgere a un professore come Vitiuos.  McBridge ce l’aveva con lui a priori, ma come i Serpeverde si nascondevano dietro Lumacorno, lui avrebbe potuto nascondersi dietro Vitiuos invece no, doveva tollerare.
Sospirò e finì di spazzare. Avrebbe tanto voluto andare a cenare con gli altri, ma prima doveva lavare i banchi e quando avrebbe finito gli altri non sarebbero stati più in Sala Grande: Teddy ed Enan dovevano scontare la loro punizione con Gazza. A quel punto sarebbe stato meglio raggiungere Charis in biblioteca o in Sala Comune e fare i compiti: in Sala Grande da solo non ci sarebbe andato.
Le palline e gli areoplanini li avevano lanciati Charlie, Zoey, Caroline Shafiq e Edith Yaxley che avevano dato il via a una vera e propria guerra con Dolohov e Mulciber, ma naturalmente McBridge se l’era presa con lui e gli aveva intimato di non lasciare la classe finché non avesse rimesso tutto in ordine.
Elly tentava in ogni modo di consolarlo e alla fine gli aveva suggerito di andare da Vitiuos, che anche se non era il loro Direttore era comunque il vicepreside.
Impiegò più di mezz’ora a rimettere in ordine per bene e quando lasciò l’aula di Difesa contro le Arti Oscure, Mark era stanco e aveva il morale a terra.
Naturalmente, fortunato com’era, incontrò la squadra di Quidditch di Grifondoro al completo, molti sembravano di cattivo umore, in effetti erano bagnati e sudici di fango, e lo ignorarono. Alexis gli lanciò la solita occhiataccia, ma quando era in compagnia non perdeva tempo con lui.
Fabian Brown, però, lo guardò e iniziò a sghignazzare e attirò l’attenzione degli altri su di lui. Alcuni iniziarono a ridacchiare a loro volta. Alexis sembrò arrabbiarsi e intimò al fratello di sparire. Mark sospirò e tremò: si sarebbe vendicata alla prima occasione! Ma che cosa aveva fatto adesso?
Si allontanò a passo svelto in modo da non vedere più i Grifondoro, quando si trovò in un corridoio isolato sospirò e si appoggiò a un muro. Non poteva continuare in quel modo: stava tremando dalla paura. Lui voleva far bene, si stava impegnando con tutto se stesso benché ne dicesse McBridge e credesse suo padre, ma i suoi voti in Incantesimi e Trasfigurazione si erano abbassati perché non aveva fatto alcuna esercitazione pratica, ma non poteva chiedere la bacchetta nuova a suo padre: non gliel’avrebbe mai comprata; altrettanto mediocri erano i risultati in Pozioni perché spesso gli mancavano gli ingredienti o il calderone visto che Alexis non si ricordava mai di darglielo, per quello poteva contare solo su Jay, e il professore sembrava non avere la minima pazienza con lui; l’unica materia in cui andava veramente bene era Erbologia, nelle ore del professor Paciock si sentiva veramente tranquillo. Astronomia non gli piaceva e finiva per imparare a memoria, ma a Nichols non interessava veramente. Altra materia in cui andava abbastanza bene era Storia della Magia, ma Rüf ricordava a malapena il suo nome, quindi non aiutava granché la sua autostima.
Non poteva continuare in quel modo, Madama Chips, Elly e Charis glielo ripetevano in continuazione. Elly, però, aveva ragione: se voleva che la situazione cambiasse, doveva almeno provarci. Avrebbe potuto essere peggio di così? Probabilmente sì, ma avrebbe potuto anche andare meglio.
Prese un bel respiro e si staccò dal muro: ci avrebbe provato.
Si diresse al settimo piano lentamente in preda ai dubbi. E se si fosse arrabbiato? No, se avesse voluto espellerlo l’avrebbe già fatto, che senso avrebbe avuto aspettare? In più aveva detto a Charis e Teddy che lo aspettava quando si sarebbe sentito pronto. Era la sua possibilità e non poteva sprecarla. Certo avrebbe potuto parlarne con Paciock, ma comunque avrebbe dovuto raccontargli di essere un Legilimens naturale e non sapevano se ce l’avrebbe fatta.
Con il cuore a mille si fermò davanti alla porta dell’ufficio di Vitiuos, prese un bel respiro e bussò.
«Avanti» la risposta giunse immediata e ciò gli permise di non darsela a gambe. Forse era un bene: probabilmente non avrebbe trovato di nuovo il coraggio di farlo. «Oh, signor Becker, entra, entra» lo accolse il professore seduto sulla consueta torre di cuscini. Mark balbettò un saluto, ma i suoi i piedi si rifiutarono di muoversi dalla soglia.
Vitiuos si sistemò gli occhialetti sul naso e pacatamente gli disse: «Chiudi la porta e vieni a sederti».
Mark deglutì e obbedì. Nel farlo diede le spalle al professore, che lo fermò prima che si sedesse. «Aspetta» con un movimento della bacchetta appellò un foglio di carta appiccicato sulle sue spalle. Mark non se n’era nemmeno accorto, ma probabilmente ve l’aveva appiccicato Dolohov nell’ultima pacca, tutt’altro che amichevole, che gli aveva dato sulle spalle.
«Mi dispiace, non l’avevo visto» si scusò tenendo gli occhi bassi.
«Sai, chi è stato?» gli chiese il professore. Sul foglio c’era scritto semplicemente Sono uno scemo. Molto originale.
Mark si dondolò sul posto, ma non fiatò: non aveva motivo di proteggere Dolohov, ma arrivato a quel punto aveva perso tutto il suo coraggio ed era troppo spaventato per parlare.
«Siediti, Mark» lo invitò il professore. Mark sedette automaticamente, ma tenendo gli occhi fissi sulle mani strette in grembo. «Non aver paura a guardarmi, credo di essere sufficientemente versato nell’Occlumanzia».
Mark non sapeva cosa fosse l’Occlumanzia, ma alzò la testa senza guardarlo negli occhi.
«Sai cos’è l’Occlumanzia?» chiese argutamente Vitious.
«No, signore» mormorò fiocamente Mark con la voce tremante.
«È una branca molto complessa della magia che permette di proteggere la mente da incursioni esterne. Non sono un esperto, ma sarà sufficiente per ora».
«Quindi è così che si protegge mio padre» chiese Mark sorpreso. «I suoi occhi sono vuoti e non riesco a leggere nella sua mente».
«Leggere nella sua mente non è esattamente un concetto corretto. Di lettura della mente ne parlano i Babbani, è molto più complesso» disse il professore intrecciando le mani. «Comunque sì, mi ricordo di tuo padre, era un bravo studente, alquanto competitivo. Era un Corvonero, lo sai?».
Mark fu colto nuovamente di sorpresa. «Un Corvonero?».
«Esattamente, non te l’ha detto?».
«No, ero convinto che fosse stato un Grifondoro».
«Perché i tuoi fratelli maggiori sono Grifondoro?».
«Sì… no… non solo…» borbottò Mark incerto. «Lui voleva che fossi un Grifondoro» confessò infine. Vitiuos si accigliò e Mark si diede dello stupido. «Non dovevo dirlo, scusi».
«Oh, non ti preoccupare» sorrise leggermente Vitiuos. «Così come non devi preoccuparti di essere stato smistato in una Casa diversa da quella che si aspettava lui».
Mark annuì e biascicò: «Sì, signore» più per educazione che per altro.
Vitiuos sembrò capirlo, ma stranamente il suo sorriso sembrò accentuarsi. «Va bene, che ne dici se affrontiamo quanto abbiamo lasciato in sospeso finora?».
«Io non volevo leggerle la mente… cioè quello che ho fatto…» disse all’istante il ragazzino iniziando ad agitarsi di nuovo.
«Lo so» intervenne il professore. «È normale che tu non sappia gestire un simile potere, ma ciò non significa che tu non debba imparare».
«Mio padre non vuole» disse Mark dispiaciuto. «Dice che non lo deve sapere nessuno». E ora lo sapevano Elly e Vitiuos. E il professore non avrebbe avvertito la Preside e i suoi colleghi? Suo padre l’avrebbe ucciso.
«Mark, sarò sincero con te, io sono disposto ad aiutarti così come la professoressa McGranitt, ma se tu ti rifiuti dovremo prendere provvedimenti. Il tuo è un potere molto potente. Ci sono stati molti Legilimens potenti nel secolo scorso, ma nessuno di loro è nato con questo talento. Nessuno ha un dono del genere da secoli. Come ogni potere può essere usato per il bene e per il male. E il compito della Scuola è quello d’insegnarti a usarlo per il bene. Lasciati aiutare Mark, non te ne pentirai».
Mark deglutì sentendo gli occhi inumidirsi: Vitiuos aveva parlato con fermezza ma senza rabbia o cattiveria. «I-io…» tentò ma le parole sembravano non volergli uscire dalla bocca. «I-io… h-ho paura…» buttò fuori alla fine senza sapere se avesse più paura di suo padre, di quel dono che non sapeva gestire, di Vitiuos, del Ministero, di Alexis… il respiro accelerò al solo pensiero.
«Mark» lo chiamò il professore e finalmente il ragazzino incrociò il suo sguardo, come promesso non accadde nulla. «Non c’è nulla di male nell’avere paura, l’importante è non farsi dominare da essa, ma saperla controllare; allora diventa una buona consigliera e spinge verso la prudenza». Mark abbassò la testa il tempo per passarsi una mano sugli occhi. «Ti fidi, Mark?».
«Sì, signore» mormorò il ragazzino.
«Bene, vedrai, diventerai un grande mago» sorrise Vitious.
Mark lo fissò incredulo.



*
 
 



Quello era decisamente un pomeriggio inusuale, Zoey non avrebbe mai pensato di recarsi in Biblioteca di sua spontanea volontà e di trascinarsi anche Charlie, che era diventata una musona. Certo non era il posto adatto per darle una svegliata, ma era necessario e lei era molto curiosa: Enan, a pranzo, aveva detto loro di voler indagare sul loro Direttore e avevano accettato tutti. Gli unici non entusiasti erano stati Charlie e Teddy persi nei loro pensieri e Mark che aveva paura di essere scoperto, ma allo stesso tempo era quello che voleva sapere più di tutti. Certo poi era sparito e a quanto pareva non gli avrebbe aiutati.
«Perché fa così?» si lamentò per la millesima volta, spaventata più che altro dalla mole di libri presenti in quel posto, per lei soffocante e troppo polveroso.
«Non lo so, sono preoccupato» ammise Enan, chiudendo il libro di Pozioni con un sospiro. Per fortuna, Teddy, prima di andare a rintanarsi in Sala Comune, gli aveva permesso di dare un’occhiata al suo tema o non ne sarebbe più venuto fuori.
«Aspetta, non ho finito di copiare» lo fermò Charlie, proprio mentre si stava alzando.
«Secondo voi è il caso di chiedere a Madama Pince?» domandò Charis pensierosa, riponendo i libri nello zaino.
«No» rispose Diana mordicchiandosi il labbro inferiore. Aveva deciso di unirsi a loro, perché era preoccupata per Teddy e in più si trovava a suo agio. «Farebbe domande».
«Non potremmo dirle che è per una ricerca di Storia della Magia?» propose Zoey, che non comprendeva quale fosse il problema, sebbene la bibliotecaria non stesse simpatica nemmeno a lei.
«Non credo funzionerebbe» bisbigliò Charis.
«La guerra contro Lord Voldermort non fa parte del programma del primo anno, ma si studia soltanto al settimo, massimo sesto anno» disse Diana.
«Come fai a saperlo?» chiese sorpresa Zoey.
«È una Corvonero» borbottò Charlie alzando gli occhi al cielo e restituendo il tema di Pozioni a Enan.
«C’è Mark» annunciò Diana indicando il ragazzino che si faceva strada tra i tavoli colmi di libri e puntava verso di loro.
«Ciao» mormorò Mark.
Zoey lo scrutò e notò che aveva gli occhi rossi. Ma piangeva sempre?
«Dov’eri?» gli domandò Charlie a bruciapelo.
Mark arrossì sentendo gli occhi di tutti su di lui e tenne i suoi puntati sul tavolo. «Dal professor Vitious».
«Come mai?» chiese sorpresa Diana.
«Dovevo parlargli».
«Va bene» intervenne Enan, battendo le mani, ma pentendosene subito all’occhiataccia che rivolse loro Madama Pince.
«Non è umana» borbottò Charlie. «Non può sentire sempre tutto».
«Smettila» la tacitò Enan. «Se ci butta fuori, non potremo fare nulla».
«Da dove iniziamo?» chiese Zoey sempre più curiosa.
«Io direi dall’emeroteca» replicò Diana.
«Dalla che?» chiesero in coro Charlie e Zoey beccandosi un’occhiataccia da tutti per aver alzato la voce.
«La raccolta dei giornali vecchi. Di solito nelle biblioteche c’è» spiegò Diana con fare saccente.
«E come facciamo a sapere dove si trova?» commentò Enan. «Dovremmo chiederlo a Madama Pince».
«Ma a Hogwarts non ci sono gli annuari?» sussurrò Zoey.
«Annuari?» chiese perplessa Charis.
«Nelle scuole babbane li realizzano» intervenne Diana. «Sono una specie di album fotografici con tutti gli studenti, le classi, vincitori di premi o riconoscimenti… una cosa simile…».
«Beh c’è la Sala Trofei» ragionò Enan.
«Non dire quelle due parole» sibilò Charlie.
Enan trattenne a stento un sorrisetto: Charlie, Charis e Zoey avevano trascorso ore intere a lucidare ogni singolo trofeo sotto lo sguardo arcigno di Gazza. E a quanto sembrava nessuna delle tre lo aveva dimenticato, visto che persino Charis fece una smorfia.
«In realtà potrebbe essere utile» disse Diana. «Che altro c’è lì dentro?».
«Gli elenchi di Prefetti e Caposcuola degli anni passati» rispose Charlie.
«Sarebbe utile per scoprire qualcosa in più sul professore» considerò Diana. «Gli studenti possono dare un’occhiata?».
«Non mi prendete in considerazione» mise le mani avanti Charlie. «Io non ci tornò lì».
«Nemmeno io» concordò Zoey.
«Io preferirei non farlo» mormorò Charlie supplichevole.
«Ragazzi!». Elly Montgomery li fece sobbalzare. «Ma che diavolo state facendo? Madama Pince sta per venire qui. Non vorrete perdere altri punti?!».
Sul volto dei ragazzini si delineò un’espressione colpevole.
«Elly, vogliamo solo capire perché McBridge ce l’ha tanto con me. Tu sai dov’è l’emeroteca?» le chiese Mark.
Charlie si sbatté una mano sul viso teatralmente. Zoey avrebbe voluto dileguarsi: ma che problemi mentali aveva quel ragazzino?!
«Il professor McBridge» lo richiamò Elly, più per prendere tempo che per altro. «Non mi sembra una buona idea» borbottò infine.
«Ma un motivo deve pur esserci» tentò Enan. «Non lo pensi anche tu?».
Elly sospirò: sì, lo pensava eccome. Era palese! «Vi mostro l’emeroteca e come cercare i giornali, ma, Mark, promettimi che mi racconterai quello che scoprirete».
«Te lo prometto» dichiarò Mark senza esitare. Si fidava di lei.
La Caposcuola fece loro strada tra gli scaffali e Diana ne approfittò per chiederle della Sala Trofei. «Beh, non c’è nessun divieto particolare, ma non vi conviene entrarci di nascosto».
«Ci accompagni?» chiese allora Diana con gli occhi luccicanti.
«Vedremo. Ora non posso, però. Ho una riunione con gli altri Capiscuola. Domani magari».
Elly si congedò, raccomandando loro di essere il più giudiziosi possibili.
I ragazzini si misero subito a lavoro, ma cominciarono subito a scoraggiarsi: la quantità di materiale sul solo 1998 era spaventosa.
«Non ce la faremo stasera» sospirò Enan.
«Abbiamo tempo fino alle otto» disse Diana.
«Dovremmo cenare» le ricordò Charlie.
«No, io devo andare. Sono in punizione con Gazza, ricordate?» sbuffò Enan.
«Mi raccomando, lo specchio del bagno delle ragazze del primo piano era un po’ opaco stamattina» celiò Charlie.
Enan le rispose con un gestaccio e salutò gli altri.
«Andiamo a cenare?» propose allora Charlie.
Zoey annuì, già seccata da quel tipo di attività.
«Io rimango ancora un po’» replicò Diana, che invece trovava infinitamente interessante sfogliare quei giornali vecchi, che per lei, di origini babbane, avevano un secondo fascino: raccontavano una storia che in fondo non conosceva veramente se non qualche pettegolezzo e racconto affrettato ascoltato dopo lo scherzo realizzato dai Serpeverde a Halloween.
«Ti aiuto io» si propose Mark.
«Forse avrebbero dovuto smistare anche lui a Corvonero» celiò Zoey appena furono fuori dalla biblioteca godendosi la possibilità di parlare nuovamente ad alta voce.
«Non parlarmi di smistamento» ribatté Charlie rabbuiandosi.
 



 
*
 



 
«Se finisco di nuovo nei guai, me la paghi».
Charlie ignorò l’ennesima lamentela di Sam Fields e controllò che non vi fosse nessuno prima di svoltare nel corridoio che, secondo la descrizione di Fabian Brown, avrebbe dovuto condurle alla Sala Comune di Serpeverde.
«E domani abbiamo anche lezione!».
«Puoi stare zitta?» sbottò Charlie. «Se non la smetti, ci beccheranno di sicuro».
Sam si morse la lingua e la guardò malissimo; Charlie, contenta che finalmente avesse chiuso la bocca, tornò a fare attenzione al loro percorso.
«Sei sicura che questa sia la strada giusta?» le domandò Sam.
«No, sei tu quella al quarto anno».
Sam si passò una mano sul volto stanco. «Stai scherzando? Io non sono mai uscita di notte e soprattutto non ho mai avuto motivo di cercare il dormitorio di Serpeverde!».
«Bene, allora, non ho idea di dove siamo» confessò Charlie sperando che l’altra non scoppiasse in lacrime.
«Ti odio, Charlie Krueger».
«Mantengo solo la parola data» replicò in un sospiro Charlie.
«Non avresti dovuto fare accordi con Brown, non è un tipo affidabile».
Charlie si strinse nelle spalle: l’aveva capito, ma era convinta che i Grifondoro fossero tutti sinceri, audaci e cavallereschi, ma a quanto pareva si era sbagliata di grosso e doveva rivedere tutte le sue convinzioni.
Un miagolio fin troppo familiare fece gelare entrambe sul posto. «Siamo spacciate» sbottò Sam palesemente sul punto di mettersi a piangere.
«Tesoruccio, hai fiutato qualche studente fuori dal letto?».
Gazza.
Charlie non aveva alcuna intenzione di attenderlo. «Andiamo» sussurrò tirando la compagna dalla parte opposta dove proveniva la voce del custode. Vagare in un posto sconosciuto, senza tenere un punto di riferimento era certamente una pessima idea, ma peggio sarebbe stato farsi catturare.
Cambiò più volte strada, perdendosi definitivamente nei sotterranei. Sam ormai piangeva disperatamente e Mrs. Purr sembrava essere stata creata per fiutare appositamente gli studenti che violavano le regole! Di una sola cosa era certa: non si sarebbe arresa!
«Di qua». Delle braccia tirarono Charlie oltre un arazzo, che nascondeva un passaggio.
Il ragazzino che l’aveva tirata le fece cenno di tacere con un dito sulla bocca e le guidò. Charlie non avrebbe saputo dire di che Casa fosse, visto che indossava semplicemente un pigiama di lana blu a motivi scozzesi. Sembrava sapersi muovere con una certa scioltezza in quei sotterranei.
Fortunatamente Gazza non li aveva seguiti o almeno così sembrava.
Il ragazzino superò un altro arrazzo e questa volta uscirono in quello che sembrava un vecchio magazzino, visto tutto il vecchiume accumulato e la grande quantità di polvere.
Charlie starnutì.
«Che fanno due Tassorosso da queste parti?» chiese il ragazzino con un sorriso divertito. «Oh, aspettate, vi conosco, tu sei Charlie Krueger, ormai sei piuttosto famosa e non solo tra quelli del primo anno; mentre tu sei Samantha Fields, cacciatrice dei Tassorosso. Non dovreste andare in giro di notte indossando la divisa».
Le due ragazze lo fissarono stupite.
«Come fai a conoscerci?» chiese Sam.
«Tu non sei del primo anno» dichiarò, invece, Charlie: non aveva idea di quale fosse la sua Casa, ma di certo non l’aveva mai visto a lezione.
«Sono al secondo anno» replicò il ragazzino. «Mi chiamo, Robin, piacere. Ah, comunque io sono tutto. Mi piace essere informato su chi mi circonda… sapete, è un modo per proteggersi».
«Che fai in giro nei sotterranei a quest’ora?» gli domandò Sam.
«Bisogna conoscere il proprio territorio. Mi piace esplorare» rispose Robin.
«Il proprio territorio? Sei un Serpeverde?» intuì Charlie.
«Sì». Robin incrociò le braccia al petto e le osservò meglio. «Voi? Che fate da queste parti?».
«Cercavamo la tua Sala Comune» confessò Charlie.
«Mmm di solito gli scherzi li architettano i Grifondoro, non i Tassorosso». In effetti lo scherzo che avrebbero dovuto mettere in atto era stato ideato da Fabian Brown, ma Charlie non commentò. «Naturalmente non vi aiuterò a colpire la mia Casa, ma se volete posso accompagnarvi nella vostra Sala Comune».
«Va bene, grazie» accettò a malincuore Charlie.
 
«Sei stato gentile» mormorò Sam quando raggiunsero le botti che celavano l’ingresso della Sala Comune di Tassorosso.
«Come fai a sapere che la nostra Sala Comune è qui?» chiese Charlie sospettosa.
«Sono l’unico Serpeverde della mia famiglia e, te l’ho detto, mi piace esplorare e conoscere ogni angolo del posto in cui vivo» spiegò gentilmente Robin.
«Beh, grazie» bofonchiò Charlie troppo stupita da quello strano ragazzino.
«È stato un piacere. E, la prossima volta, che mediterete uno scherzo, vi consiglio di studiare bene il territorio nemico». Robin fece loro l’occhiolino e si dileguò.
«Che tipo!» sbottò Charlie.
«Come facciamo con Brown?» le chiese Sam, appena furono al sicuro nella loro Sala Comune ed essersi assicurate che non vi fosse nessuno. Sarebbe stata una bella sfortuna trovare la loro Caposcuola ancora sveglia!
«Non lo so. Ci penseremo domani» sospirò Charlie esausta e con il pensiero fisso su Robin, il Serpeverde.
 
   
 
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