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Autore: LilithMichaelis    08/03/2020    2 recensioni
Sherlock riportò l'attenzione al messaggio, e poco ci mancò che avesse un mancamento.
O forse lo ha avuto per davvero.
John non ricorda.
Venite in centrale.
Emergenza.
È Lestrade.
Non chiamare tuo fratello.
-Anderson

______________________________
In una giornata come tante altre, Sherlock e John sono chiamati a risolvere il mistero della scomparsa di Lestrade.
Ed è quando la paura di arrivare troppo tardi diventa insopportabile che parte la corsa contro il tempo.
{Mystrade/Johnlock - after season 4 - Spoiler!Allert - Introspettivo - Romantico - Drammatico - Trigger warning: menzione di morte, violenza, descrizione di atti violenti}
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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L'indirizzo che Lynch aveva fornito era quello di una fabbrica abbandonata. John non era troppo sicuro di cosa fosse stato prodotto un tempo lì dentro, ma per una volta non era in vena di trovare dettagli da aggiungere al suo blog.
Anche questa volta, John fu sorpreso di aspettarsi un inesistente silenzio. Invece poteva sentire i passi degli uomini al suo fianco, il gocciolare di alcune tubature, il vento soffiare all'interno di quello spazio vuoto e, in lontananza, il suono di varie automobili. Sembrava che la Vita avesse il potere di infiltrarsi persino nei luoghi abbandonati da tutto e da tutti, che proseguisse incurante di chi potesse finire ferito dal suo scorrere inesorabile.
Come la Vita, John sapeva di non potersi fermare. E così, mano nella mano con Sherlock, alzò la testa e si convinse ad andare avanti.

Lo spazio di fronte a loro era immenso. Si ergeva su almeno tre piani ed era estremamente compartimentalizzato, con decine e decine di porte che si susseguivano una dopo l'altra, celando - si sperava - le condizioni di Greg Lestrade. John considerò la vastità dell'edificio, la distanza da ogni forma di vita e, soprattutto, il tempo trascorso dal rapimento.
Il fiato gli si mozzò nei polmoni quando la consapevolezza del rischio di essere arrivati troppo tardi - soddisfacendo così il desiderio di Lynch - si fece spazio nella sua mente. Guardò Sherlock con il panico negli occhi e vide in lui la stessa consapevolezza.
Avanzarono con il cuore pesante, mentre il respiro pesante e quasi ansimato di Mycroft faceva da colonna sonora.
Prima di varcare la soglia, Mycroft chiese un momento per prendere fiato. Riverso su se stesso, faceva fatica a metabolizzare ciò che stava succedendo, ma non avrebbe permesso alla paura di fermarlo.
Non questa volta.
Mycroft alzò la testa e si convinse ad andare avanti.

Sherlock osservava i dettagli dell'ambiente intorno a sè, ma il panico e l'adrenalina gli offuscavano la mente, travolgendolo con un estremo carico di informazioni. Il suo dono dell'osservazione, normalmente indispensabile in queste occasioni, era annebbiato dalla paura e dai ricordi, come se qualcosa lo avesse rotto o bloccato.
Victor Trevor gli compariva davanti ogni volta che distoglieva lo sguardo, ma questa volta non si sarebbe permesso di mollare. Avrebbe smontato la fabbrica mattone dopo mattone, se questo avesse significato riportare Greg tra le braccia di suo fratello.
Perciò, Sherlock alzò la testa e si convinse ad andare avanti.

Insieme a loro tre, una squadra di agenti in giubbotto antiproiettile era pronta a liberare Greg Lestrade. Era stata la precisa volontà di Donovan, che guidava le operazioni a distanza. Sebbene Sherlock avesse definito Lynch come l'equivalente criminale di un ragazzino di quinta elementare, Sally non voleva sottovalutare il rischio, perciò aveva chiamato i rinforzi. I poliziotti avevano cercato di impedire al trio di entrare, ma se c'era una cosa di cui i fratelli Holmes erano incapaci era accettare un "no" come risposta.

John, Mycroft e Sherlock si erano quindi, seppur riluttanti, divisi all'interno della fabbrica, torce alla mano, alla ricerca di quel pezzo di famiglia che da troppo tempo era scomparso.
L'edificio era troppo articolato affinchè potessero restare in gruppo, ma la lontananza momentanea permetteva loro di accorciare i tempi di ricerca, di non sprecare secondi preziosi.

Aprirono porta dopo porta, ma il posto sembrava essere deserto. Provarono ad urlare il nome di Lestrade, decine e decine di volte, ma non ebbero risposta.
L'assenza di una replica, il vuoto all'interno di ogni stanza, iniziarono a minare la sicurezza degli uomini, che sentirono la speranza sgretolarsi nei loro cuori, come una pietra che si trasforma in un mucchio di sabbia.

Finché...

«SHERLOCK» si sentì John urlare dal piano di sopra.
I due Holmes corsero verso la fonte del suono, ma Sherlock si sforzò al massimo per volare. Conosceva John fin troppo bene, conosceva la sua voce, le sue abitudini e sapeva per certo che John stava assistendo all'irreparabile. Con uno scatt felino, Sherlock arrivò per primo e ciò che vide lo sconvolse. Durante il tempo trascorso dalla notizia della scomparsa di Lestrade, mille scenari gli erano passati per la testa, ma nulla avrebbe potuto impedirgli di sentire il sangue nelle sue vene trasformarsi in vero e proprio ghiaccio, dai bordi taglienti e acuminati, capaci di perforargli ogni organo interno.
Corse di nuovo verso la porta, per impedire al fratello di entrare.

«Sherlock, fammi entrare o giuro su Dio...»
«Mi dispiace Mycroft...»

Mycroft scansò il fratello con una manata ed entrò nella stanza.
Greg era lì, appeso per le braccia al centro della camera, come la carcassa di un maiale in macelleria.
La testa era accasciata sul petto, non c'erano segni che il detective fosse cosciente.
Il viso era tumefatto, un'occhio talmente rigonfio da non permettere di vedere l'orbita. Ciuffi di capelli erano stati strappati con forza, facendo scorrere lunghi rivoli di sangue lungo il cuoio capelluto.
Le labbra erano rigonfie e spaccate in più punti. Sherlock non riuscì a vedere se ci fossero denti mancanti, ma non ne sarebbe stato sorpreso.
Il collo presentava vari segni: dita possenti, bruciature di corda...
Non indossava la maglietta, perciò le sue ferite erano ben evidenti agli occhi di Sherlock e di tutti gli altri.
Il suo corpo era decorato da lividi di varie sfumature, sul petto, sulla schiena... Alcuni concentrati anche sul bordo del pantalone.
Vari tagli erano stati inflitti a quel corpo martoriato, ed il sangue che era sgorgato da essi si era andato a raccogliere sul pavimento in una pozza scura.
Sherlock lanciò un'occhio alla schiena di Greg e la sua mente corse immediatamente alla Serbia.
Non riuscì più a trattenere i conati e vomitò in terra, sentendo il corpo contorcersi dall'orrore, dal dispiacere, dal dolore delle sue stesse ferite. John gli corse incontro e Sherlock registrò in fretta che non vi erano macchie di sangue sui vestiti, nè sulle sue mani: non aveva ritenuto necessario avvicinarsi, oppure voleva che fosse Mycroft il primo a toccare Greg?

 

Mycroft azzardò alcuni passi tremanti, prima di accasciarsi davanti a Greg. Mormorando qualcosa, il più grande degli Holmes afferrò delicatamente il viso del Detective Ispettore, avvicinandoli il proprio.
Inizialmente, nessuno riusciva a capire cosa stesse sussurrando, ma dopo alcuni secondi, Sherlock realizzò che il fratello si stava scusando con il suo amante.
I sussurri durarono poco, però, sostituiti in fretta da un urlo straziante e prolungato. L'urlo di un uomo sottoposto alla peggiore delle torture, l'urlo di una psiche fragile che si infrangeva contro la crudeltà di una Vita a lui rivale.
Mycroft urlò, perchè non poteva fare altro. Urlò perchè sentiva il suo cuore bruciare al centro di una pira. Sentì mani che gli strappavano via la pelle, centimentro per centimetro, pugni colpirgli lo stomaco, acqua riempirgli i polmoni.

Né Sherlock né John avevano idea di come aiutarlo. John aveva già visto morire la donna con cui aveva scelto di passare il resto della sua vita, ma vederlo dall'esterno era straziante. E, forse, per la prima volta, John si rese conto che la sua esperienza non bastava a mettersi a confronto con ciò che stava accadendo. Mycroft gli confermò ciò che in cuor suo già sapeva: aveva accettato la morte di Mary nel momento stesso in cui era venuto a conoscenza del suo passato, perciò non avrebbe mai compreso ciò che il maggiore degli Holmes stava provando.
Vedere quell'uomo, in genere così pieno di risorse, non riuscire ad emettere alcun suono coerente, poterne sentire i singhiozzi, come se gli stessero strappando il cuore via dal petto... John non credeva che avrebbe mai potuto dimenticare la scena. Gli si era impressa a fuoco nella mente e lo avrebbe perseguitato fino alla fine dei suoi giorni.

E Sherlock, oddio, Sherlock... Era come se avesse deciso di rimuoversi dalla situazione, di chiudersi all'interno del suo palazzo mentale, senza più trovare la via di uscita.
Anche il suo corpo era scosso dai singhiozzi, ma al contrario del fratello, lui non emetteva un suono, come per non distrarre dal dolore del maggiore.
Come poteva anche solo provare a descrivere a parole l'aria respirata in quella stanza?

Furono presto raggiunti dagli altri agenti, che non si azzardarono ad entrare nella stanza. Rimasero tutti sull'uscio, con il cappello in mano.
Qualcuno di loro mormorò una preghiera, qualcun'altro vomitò, il resto era incredulo e in silenzio, a capo chino.

Non varcarono la soglia. Rimandarono la necessità di chiamare la centrale. Non si scagliarono contro quel corpo appeso per piangere, urlare, espimere sconforto.
Nessuno distolse l'attenzione dal dolore di Mycroft.
Lestrade era particolarmente amato dalle decine di persone che lavoravano con lui ogni giorno, ma quello era il dolore privato di Mycroft Holmes e, di tacito accordo, così rimase.

John non era sicuro di quanto tempo fosse passato prima che la sua attenzione fosse attirata da un nuovo suono. Un suono che fu capace di fare scattare un'intera stanza piena di uomini. Un suono che riuscì ad infondere speranza a tutti i presenti.

Fu Mycroft a parlare.
«John, aiutami... respira ancora»

***

Note dell'Autrice:
Quanto amate due aggiornamenti di fila? In questo momento molto poco, suppongo. Comprensibile. Per scusarmi della mia assenza vi regalo un aggiornamento anticipato. Sono gentile quanto la Mofftiss, vero?
Inizialmente, la rivelazione della sopravvivenza di Lestrade doveva essere lasciata per il capitolo successivo, ma non ci tengo a morire giovane.
Il prossimo capitolo è l'ultimo, se sopravvivrò all'orda di fan assassine che mi assaliranno dopo questo.
Ci si vede!
Lilith

   
 
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