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Autore: NPC_Stories    09/03/2020    15 recensioni
Anche gli amici possono ingannare, perché è il metodo più facile per ottenere ciò che si vuole. Un elfo che ha deciso di essere amico di un drow dovrebbe semplicemente metterlo in conto - anche se sono white lies.
Pun intended.
.
Storia breve con personaggi originali (che poi sono i personaggi di quasi tutti i miei racconti)
Genere: Comico, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1357 DR: Funny lies


Sul finire dell’autunno, in una locanda vicino a Secomber

“Vieni! Guarda cosa ha imparato a fare!” Annunciò Johel, trascinando a forza il suo amico drow nella cucina. “È una specie di gioco che ha inventato!”
Si avvicinò al seggiolone di legno, dove sedeva una bambina elfa dalla pelle scura e dall’espressione altrettanto scura. Non le piaceva essere lasciata da sola, neanche per poco tempo. Vedendo che suo padre era tornato, portando anche suo zio, Jaylah addolcì un poco il suo cipiglio.
“Pa!” Lo salutò, con aria ancora un po’ risentita.
Johel sfoggiò un’espressione esageratamente triste. “Oh, figlia mia, ti stai vendicando perché ti ho lasciata da sola?”
“Pa” insistette lei. Johel si mise le mani davanti al viso, facendo finta di piangere.
Finalmente la bambina fu mossa a pietà, o forse voleva cambiare il ritmo del gioco. Fece un sorriso furbetto e si corresse da sola: “Va!”
L’elfo dei boschi si tolse le mani dal viso e le regalò un sorriso luminoso. La piccina ridacchiò e si agitò come se volesse saltellare da seduta. Poi, sempre con quel sorriso furbetto, tornò sui suoi passi.
“Pa” annunciò di nuovo, con il tono di chi vuole fare un dispetto.
Di nuovo Johel fece finta di essere profondamente ferito da quella parola.
Sua figlia fece un piccolo broncio come per imitarlo.
“Ti sta copiando per prenderti in giro?” osservò il drow, stupefatto.
“Non lo so, a volte sembra davvero triste di avermi reso triste, altre volte ci ride sopra” l’elfo chiaro si strinse nelle spalle. “Ad ogni modo ha capito cosa deve dire per farmi piacere o dispiacere, e ci gioca continuamente.”
Daren si avvicinò al seggiolone e accarezzò la testolina di Jaylah, scompigliandole i riccioli color platino. “Sembra una cosetta intelligente!”
Lo annunciò come se fosse personalmente merito suo.
“È proprio mia nipote” aggiunse infatti.
“Pensi che abbia preso da te? Non è una tua discendente diretta” obiettò il ranger.
“Va!” Trillò la bambina, salutando Daren. Johel ci rimase di sasso.
“No, amore, io sono Va.”
“Va” ripeté la mezzadrow agitando una manina verso lo zio. Poi indicò Johel e affondò: “Pa”
I due rimasero a corto di parole per un attimo. “Mi stai ancora prendendo in giro!” Sbottò l’elfo alla fine, capendo lo scherzo. “Vuoi che diventi geloso?”
Jaylah rise deliziata per la finta rabbia di suo padre.
“Vuoi ancora negare che abbia preso da me? Non è solo intelligente, è anche una maligna piccola peste” rincarò il drow, con voce colma di orgoglio e affetto.
“Non è maligna, sta solo giocando, non padroneggia il concetto di bene o di male” il povero padre rispose in tono quasi offeso “sta imparando a conoscere il mondo e inizia ad avere interazioni complesse con le persone, è una piccola meraviglia e non ti permetto di chiamarla maligna piccola peste” ordinò in tono definitivo, incrociando le braccia.
“Lo sai che questo gesto per il mio popolo equivale alla resa?” gli rivelò il guerriero drow con un sorrisetto.
“Fanculo. Tu non hai un popolo.” Masticò Johel.
“Cosa, certo che ce l’ho” il drow sollevò le sopracciglia con aria innocente. “Ho ancora contatti con la mia gente, l’intero culto di Eilistraee…”
“Ma se nemmeno loro ti sopportano” sferzò l’elfo dei boschi.
“Povero me, se solo in questi anni avessi preso un po’ della tua simpatia!”
Jaylah si accorse che i due non la stavano più calcolando e ricominciò a fare i capricci.
“Oh, no, piccola” Johel la prese subito in braccio. “Va e zio Daren non stavano litigando davvero…”
“Non penso che le importi, sai” il guerriero si strinse nelle spalle “ma credilo pure, se ti fa piacere.”
“Sottovaluti il nostro rapporto, da quando le ho fatto passare il raffreddore sono il re del suo piccolo mondo” si vantò l’elfo.
“Jaylah non sa cosa sia un raffreddore, è stato l’infuso di Tinefein a farla guarire e per la bimba sei al massimo il re dei giullari” Daren obiettò punto per punto, con grande soddisfazione.
“Non è vero, il nostro legame è solidissimo…”
In quel momento entrò in cucina uno dei ragazzini ospiti alla locanda, salutò con educazione e chiese dove potesse trovare delle ciotole. Daren gli indicò un mobiletto, Johel si spostò per farlo passare e Jaylah lo salutò entusiasta chiamandolo “Va!”
Johel e Daren la guardarono basiti. I due adulti sapevano benissimo che questo ragazzino era arrivato alla locanda solo due giorni prima ed era uno sconosciuto per lei.
“Ciao, bimba” il giovane umano ricambiò il saluto, prese una mezza dozzina di tazze e uscì.
“Va, va!” Lo richiamò Jaylah, con un gran sorriso.
Johel prese un respiro profondo e attese con calma che il ragazzino uscisse. Nel momento in cui la porta si richiuse alle sue spalle, sollevò la figlia in modo da poterla guardare in faccia e le rivolse un’espressione corrucciata. Jaylah non smise di sorridere.
“Sei davvero una maligna piccola peste!”
Il buon umore della piccina cominciò a vacillare dopo qualche secondo, quando vide che suo padre non accennava a rispondere al suo sorriso. Questa volta la sua espressione di rabbia sembrava vera. Non lo era, naturalmente, ma Jaylah non era abituata a quel cipiglio scuro.
Quando l’espressione incerta della bambina si trasformò in un magone con tanto di labbro tremulo, Daren intervenne dando una leggera gomitata al suo amico. “Stai ingaggiando una prova di volontà contro una bambina di dieci mesi scarsi? Non fare lo sciocco, stai per farla piangere, lei vuole sapere che la ami!”
Johel sospirò e lasciò andare la sua falsa animosità, portò la figlia al petto e le diede un bacio sulla guancia. “Sì, ti amo, piccola monella” la rassicurò con voce dolce, stringendola in un abbraccio riconciliatore.
“Va va va” piagnucolò Jaylah, stringendo il tessuto della camicia di Johel nei piccoli pugni.
Va anche a te” rispose lui, accarezzandole la testa. Ormai si era convinto che Jaylah non avesse capito bene cosa volesse dire Va. Lei sapeva solo che era una parola che a lui piaceva sentire. Forse si era fatta l’idea che fosse un modo per esprimere affetto. Questo avrebbe spiegato come mai lo diceva a tutti.

In quel momento, a un quarto di miglio di distanza, un frassino che segnava il confine fra due campi coltivati fu attraversato da una specie di brivido e le sue fronde tremarono per un istante. Dal suo tronco, che rimase intatto e inviolato, uscirono per magia due persone stanche e un po’ scarmigliate. Erano a dir poco una strana coppia, visto che si trattava di un elfo dei boschi e una drow.
L’elfo chiaro si stropicciò gli occhi, forse turbato dal viaggio magico o forse dalla luce che era molto più intensa, lì in aperta campagna, rispetto ai tiepidi raggi che filtravano oltre gli alberi della sua foresta. Al contrario, la drow non diede segno di fastidio per la luce del sole.
La nera creatura dai capelli candidi fece cenno all’elfo di incamminarsi sul sentiero che aggirava il frassino. Prima di seguirlo, appoggiò una mano alla corteccia ruvida dell’albero e lo ringraziò silenziosamente per il suo aiuto.
“Voi vivete qui? Veramente?” L’elfo si guardò intorno, scrutando i campi ormai vuoti e brulli con un certo sussiego. Nei fossi in cui il sole non riusciva ad arrivare si poteva vedere un po’ di neve della notte prima, che non si era sciolta al sole del mattino.
“Non vi piace il luogo dove vivo? O non vi piace che sia così vicino alla vostra foresta?” Indagò la strega, indicando con un dito in direzione est, dove la massa verde scura della Grande Foresta era chiaramente visibile anche se a miglia di distanza.
“È territorio umano, quindi non mi piace per diversi motivi” l’elfo all’inizio le era sembrato altezzoso, ma ora il suo istinto le fece comprendere che era solo sulla difensiva. “Non ho obiezioni se volete vivere qui. Il druido ha garantito per voi e per la vostra fede nella dea della Natura, e mio cugino Aesar ha detto che una volta gli avete salvato la vita, quindi sono incline a non considerarvi una minaccia. Nonostante questo, mi rende più tranquillo sapere che non vivete proprio a ridosso della foresta.”
“Allora non ho capito per quale motivo abbiate voluto seguirmi e controllare la mia casa” sottolineò la strega, indossando una maschera di buona educazione anche se considerava l’intera faccenda un rognoso fastidio.
Controllare, che termine duro” si difese l’elfo. “Sono solo curioso di conoscere l’elfo che vive con voi.”

Krystel non poté fare a meno di rivivere con la mente la conversazione che aveva rivelato l'esistenza del suo amante, Johlariel.
Nelle ultime due settimane la strega aveva fatto parte di un gruppetto eterogeneo e mal accompagnato, ma che si era riunito a causa di una preoccupazione comune: indagare come mai il fiume più sacro della regione, per loro il più sacro del mondo, si fosse improvvisamente tinto di rosso.
Uno dei membri di quel gruppo era un bardo. Neanche a dirlo, aveva mantenuto alto l’onore della sua professione comportandosi esattamente come ci si aspettava da un bardo: ci aveva provato con ogni creatura di sesso femminile del loro gruppo. Perfino con Krystel, nonostante la fosca reputazione della sua razza. Ad un certo punto, a corto di argomenti, aveva fatto un commento poco raffinato su come il corpino della strega sembrasse farsi ogni giorno più stretto. Con un po’ di imbarazzo e con diverse paia di occhi improvvisamente concentrati sul suo seno, Krystel aveva dovuto ammettere che aveva una figlia piccola. Allora un elfo - questo stesso elfo che l’aveva seguita fino a casa sua - aveva fatto un odioso commento sul crescente numero di drow nella regione.
La strega aveva dovuto scegliere in fretta se dargli un pugno sul naso o ingoiare l’insulto. Purtroppo in quel momento si trovava nella foresta, il territorio di quel maleducato.
Con tutta la compostezza di una regina aveva risposto che Jaylah era drow solo per metà ed elfa dei boschi per l’altra metà, solo per il gusto di vedere la sua reazione… ma a quel punto era stato necessario parlare di Johel.
Forse, nonostante tutte le sue rassicurazioni, questo elfo malfidente era ancora convinto di dover salvare il suo simile dalle grinfie della crudele drow che lo teneva prigioniero e lo usava come schiavo di piacere.

“Sono sicura che anche a lui farà piacere conoscervi, sono anni che non vede un altro elfo dei boschi” la strega rispose con un sorriso candido, smaccatamente esagerato. “Sempre che trovi il tempo di parlarvi fra un amplesso e l’altro, è un amante appassionato e non ci vediamo da due settimane, non so se mi lascerà il tempo di fare le presentazioni prima di sbattermi al muro e…” occhieggiò il colorito terreo del suo compagno di viaggio, traendone una segreta soddisfazione “…purtroppo non conosco le parole adeguate in lingua elfica” mentí per gentilezza.
Continuò a sorridere davanti al palese disagio dell’altro, finché quello non si rese conto che lo stava prendendo in giro.
“Oh, ah ah, che spasso” rispose in tono amaro. “Siete una vicina di casa adorabile.”
Krystel continuò a sorridere, con sempre maggiore confidenza. Non aveva motivo di sentirsi in difetto o di sentirsi giudicata dal suo ospite. Si trovava nel suo territorio adesso, non più nella foresta. Il terreno sotto i suoi piedi sembrava darle il benvenuto e la faceva sentire ad ogni passo sempre più stabile.
Le due creature dal sangue elfico, così diverse ma così simili nelle movenze, continuarono a camminare verso ovest e verso la locanda dell’Orso. Al loro passaggio gli spaventapasseri alzarono la testa e iniziarono a girarsi sulla loro unica gamba di legno per seguire con lo sguardo la padrona, finalmente tornata a casa.



     

   
 
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