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Autore: Lady R Of Rage    09/03/2020    4 recensioni
"-Quaggiù potrete chiacchierare quanto vi pare. Nessuno vi sente. Nessuno vi asciuga le lacrime se piangete. Siete all’inferno, ragazzi: ma chi siamo noi per separare una così bella famigliuola?-
Non voglio, pensa Baby 5. Voglio andare via, io sono la promessa sposa di Don Sai della terra di Kano, e lui ha bisogno di me. Serra i pugni, come se avessero ricominciato a tirarle addosso spazzatura. Deve scegliere, a un certo punto – anzi, ha già scelto, ed è troppo tardi per recriminare."
Baby 5 ha scelto: non un nuovo inizio come moglie di Don Sai, ma l’inferno, la condanna perpetua, nelle viscere ghiacciate di Impel Down, assieme a coloro con cui è cresciuta.
Dopo il calderone di sangue bollente e i tormenti di Sadi-chan, solo un’eterna attesa accoglie la sconfitta Famiglia Donquixiote. In mezzo alla neve perenne, dove nemmeno i lumacofoni mantengono il contatto col mondo, senza più un Padroncino da seguire e amare, Baby 5 non si è mai sentita meno utile.
Eppure, prima di Sai, aveva chiamato “famiglia” i suoi compagni di cella. Sarà l’inferno a ricordarle perché.
[Accennate Baby 5/Sai, Trebol/Diamante, Senor Pink/Lucian]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Baby 5, Donquijote Family, Gladius, Pica, Sugar
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli Alti E I Bassi Della Famiglia Donquixiote'
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Schiavi – Le Battaglie Quotidiane Di Una Famiglia Decaduta


Un cerchio, una linea, una spirale che vi gira attorno.
-Che cos’è?-
L’indice di Jora si immerge nel carbone fino alla falange. -Un’impronta digitale. Sono una donna libera-zamazu.-
La donna al suo fianco, una ragazza sui venticinque anni dallo storto viso ovale, allunga il corto collo sopra la spalla della vecchia. Su un pezzo di trave, una roba secca buona solo per il fuoco, Jora traccia altre spirali con il dito indice. Accanto, contro il palmo, penzola inerte un pollice fasciato di bende macchiate di sangue.
-Quindi continuerai a insegnargli quello che pare a te?-
Jora lascia cadere le spalle e intinge di nuovo l’indice nel carbone. -Sono loro a volere una maestra d’arte gratuita, non io. Sono ancora viva. Qualunque cosa gli succederà se la meriteranno.-
Anche il pollice della sinistra, con cui la vecchia regge l’asse, è insanguinato e fasciato fino all’arcata della mano. La punta del dito sfiora la base della tavoletta di legno, e un gemito si strozza tra i denti di Jora.
La ragazza si pettina i corti capelli arancioni con un pettine di plastica sbeccato.
-Tu te le cerchi.-
-Anche questo fa parte dell’essere liberi, mia cara Chocolat.- Jora allontana le ciocche dal volto sudato, e geme quando il suo pollice carezza la fronte. È storto su sé stesso, piegato all’indietro in una curva innaturale. Probabilmente non se lo sente più.
Le curve si intrecciano alle curve, le onde si dipanano dalle onde. Jora prende un respiro profondo e serra i denti guardando da un pollice all’altro.
-Sei vecchia, probabilmente sai tante cose che non so.- Chocolat si rivolta sulla schiena e incrocia le braccia sul petto. -Deve essere bello poter invecchiare. Tanto il mio capitano mi ha scaricata. E se finissi il latte…-
-Se,- la interrompe Jora. -Se, e che rimanga tale. Ascolta chi ha esperienza. Più botte ti danno, più libera sei. L’arte è ribellione, innanzitutto. Fare paura a chi si diverte per primo a farne.-
La trave le cade dalle mani, rimbalza sulla lamiera. -Basta, vogliamo dormire!- mugugna qualcuno alle loro spalle. Chocolat solleva il dito medio verso la voce. Jora raccoglie la tavola da terra e la accarezza come un volto caro.
-Quelle merde si sono prese il mio bambino. Io mi prenderò i loro. Non smetterò finché non li odieranno. Glieli porterò via tutti, e non se ne accorgeranno nemmeno. Mi ammazzino pure. Lo giuro.-
Tira su col naso, strofinandovisi la manica della veste, e disegna un altro cerchio proprio nell’angolo. E sul cerchio due triangoli, simili a piccole corna.

Altro sangue, a gocce larghe e dense, che si accumula accanto ai piedi nudi di Machvise.
-Porca…- l’ex lottatore serra i denti e mugugna una bestemmia. Anche Kari ha i denti serrati, alle sue spalle, ma le dita sono ferme attorno all’ago.
-Sta migliorando, la bastarda.- geme Machvise, e serra le dita contro l’inferriata del proprio letto. A guardarlo non si direbbe, che un tempo era stato grasso e gioviale. La pancia pende vuota sulle gambe tremanti, fasciate in stretti pantaloni di lycra. Tre cerchi concentrici – un bersaglio – sono tatuati sul suo petto nudo, circondati da una fioritura di lividi sulle spalle e sul basso ventre.
Kari rompe il filo con i denti e lo riavvolge attorno all’ago. Sfila un mattone dal muro e vi infila il tutto, avviluppato in uno straccio.
-Vuoi sederti, Vise-sama?-
-Grazie, cara-in.-
È piccola come una bambina accanto al corpulento lottatore, ma lo regge comunque nel condurlo fino al letto. Si tira le coperte addosso, stringendosi addosso un braccio smagrito e coperto di lividi.
-Presto arriva la volta buona che mi centra,- mugugna Machvise. -E allora… addio-in.-
-Non fare così, Vise-sama. Ti prego, vola via.- Kari si rannicchia nell’altro angolo, avvolgendosi in una coperta consunta. -Non ce la farai a lungo.-
Machvise scuote la testa e si passa la mano nella barba lunga e spettinata. -Lei ti ucciderà, l’ha giurato. Non andrò da nessuna parte. Sono addestrato.-
-Io non sono così importante. Nostro compito era proteggervi, assistere te e gli altri.-
Machvise preme la mano sul petto, ansimando e tossendo nel pugno.
-Forse non avete ben capito che siamo una famiglia.-
Kari apre la bocca, allunga la mano, ma Machvise si è già sdraiato, e tirato la coperta fino alle spalle. È così corta da lasciargli scoperte le gambe fino al polpaccio. Kari drappeggia su di esse la propria coperta e si infila sotto lo spazio restante.
-Vise-sama, sei un uomo molto forte.-
Machvise non alza la testa dalla sua posizione. Giace accucciato su un fianco, come un rettile, i capelli sciolti che coprono completamente il viso.
-Vorrei riposare, Kari.-
La ragazza annuisce, sdraiandosi sul fianco. -Dormi bene, Vise-sama. Le cose andranno meglio.-
“Certo”, ripetono le labbra del lottatore. “Come no”. Ma Kari dorme, e non dà segno di essersene accorta. Né si scuote nel vedere le lacrime che gocciolano nella barba di Machvise.

-…poi quel Nobile Mondiale, quello con i capelli a triangolo, l’ha presa in braccio e l’ha portata via. Capisci, fratellone? Un Drago Celeste che prende in braccio una schiava.-
-Mmh.-
-Ho visto Violet, però, che andava da quella parte. Assieme a… hai presente. Mister Terza Gamba. Il Gladiatore Che Non Deve Chiedere Mai. Lo Spaccatore di Colli Seriale.-
-Puoi dire Kyros, Buffalo. Non moriamo mica.-
Pica parla a bassa voce, guardandosi intorno da un lato all’altro, come se si aspettasse di doverlo affrontare proprio là, con tanto di collare con i campanelli e tuta a quadrettoni bianchi e rossi. Buffalo gli appoggia la mano sulla spalla e fa scorrere il pettine nei suoi capelli. Una striscia di cerone, non pulita, luccica sulla sua guancia.
-Se hanno torto un capello a Baby 5 li ammazzerò tutti. Kyros per ultimo, per gustarmelo bene. È tutta colpa sua se Didi…-
Prende un respiro profondo e i campanelli risuonano. Sbatte le ciglia, guardandosi le mani tremanti. Singulta. -Se Didi mi vedesse…-
-Direbbe che stai andando benissimo. Lo sai, fratellone.- Buffalo ripone il pettine e massaggia le spalle dell’ex Ufficiale. Pica fa cenno di no con la testa.
-Cerco di fare come diceva lui. Guarda il pubblico negli occhi, continua a esibirti anche se sbagli.-
Buffalo carezza la guancia di Pica. -Ma questa performance non ti piace. Hai un’aria così esaurita. Sono così difficili i cuginetti di Shalria e Charloss?
-Non lo so. A te hanno mai infilato la faccia in una torta a tre piani?-
-Quando ho fatto i diciotto anni,- dice Buffalo. -Era una torta gelato, con pistacchio e cioccolata e torroncino, e anche uno strato enorme di panna, e il cappotto del Padroncino si era tutto…-
Pica serra i pugni, tremando con i suoi campanelli. Buffalo si ritrae, lasciando la sua spalla. -Scusami.-
-Lascia stare. Mi ci devo solo abituare.- Pica si strofina le dita sulle tempie. -Mettiamoci a letto, questa stanza è gelida.-
Si rannicchiano assieme sotto le coperte, e Buffalo reclina la testa sul petto del suo Ufficiale. Le sue braccia muscolose lo stringono a sé.
-Non sei un pagliaccio perché lo dicono loro,- sussurra Buffalo. -Ricordatelo sempre, fratellone. Se ti infili una giacca da ammiraglio non sei mica entrato in marina.-
Pica fa si con la testa, rimboccando le coperte sull’altro uomo. -Dormi. Ci penso io a te.-
Buffalo chiude gli occhi, ma li riapre un attimo dopo.
-Pica-sama?-
-Mh?-
Buffalo prende la mano enorme più vicina e la stringe nella sua. -Da domani sono due mesi senza tagli. Sei bravo, fratellone. Ti voglio tanto bene.-

La luce è fredda, nella vasca. Sembra provenire dalle pareti stesse, e colora la pelle pallida di Dellinger di un tono malaticcio e bluastro.
Il ragazzo nuota in cerchio, piroettando su sé stesso, e frantuma l’acqua con lenti gesti delle mani. Ha una fascia attorno alla caviglia destra, un livido sul collo, e un altro che sporge sulla sua schiena scomparendo nella maglietta di lycra.
-Sbaglio, o oggi ci hanno dato dentro col cloro?-
-Non sbagli. Bleah, mi sembra di soffocare.-
Un uomo pesce dalla pelle turchese, con lunghi capelli ramati che galleggiano attorno al volto, appoggia una mano sulla spalla di Dellinger.
-Però sei ancora in forma. Vorrei avere la tua energia.-
Dellinger china la testa in un accenno di inchino, ma si interrompe di scatto portando la mano alla testa. Sorride con aria affaticata.
-Dovresti saperlo, Kapoty. Ho imparato dai migliori.-
Kapoty abbassa le spalle, sospirando, e nuota fino al fondo della vasca. Si siede su uno scoglio lucido di plastica. -Sono certo che il mio capitano mi sta cercando. È un uomo furbo, come una volpe, e saprà trovarci. Salverà me e la mia amica Porche, e se vorrai ti porteremo con noi. Sono sicuro che saresti un ottimo calciatore, con quell’energia.-
Dellinger scuote la testa. Batte le gambe davanti a Kapoty, sollevando una colonna di bolle. -Ho già una famiglia. Devo aspettare anche io. Però mi piacciono gli sport. È più interessante che stare qui a non far nulla.-
-D’accordo. Mica voglio fregarti.- Kapoty incrocia le braccia ostentando un’espressione beffarda. -Ti sei scordato chi ti ha consolato, quando hai passato la giornata a piangere?-
-Me lo rinfaccerai finché non sarò vecchio.-
Nuotano attorno a un finto scoglio, luccicante come un rubino, e si sdraiano sulla sabbia fianco a fianco. Quattro giovani sirene giacciono rannicchiate accanto a un mucchio di finte conchiglie, grandi come zuppiere. Una di loro, dai capelli biondi grano, stringe forte una compagna castana scossa dai singhiozzi.
-Non rivedremo mai più le nostre sorelle.- dice una sirena bambina, più piccola del braccio di Dellinger. Un’altra bambina identica, forse una gemella, la stringe a sé. -E se non rivedessimo mai più le nostre sorelle?-
Una sirena dai capelli corvini le cinge con le braccia e le porta al seno, accanto alla catena. -Abbiate coraggio. Qualcuno ci salverà. Abbiate fiducia in Jinbei.-
Se Doflamingo ha fallito, nemmeno l’irreprensibile Cavaliere del Mare è privo di punti deboli. Anche Dellinger deve pensarlo, se scrolla le spalle e si stringe nelle braccia come se avesse freddo. Poi si volta di scatto, indicando i finti coralli alle sue spalle.
-Kapoty?-
-Sì, l’ho visto,- risponde il marlin. -È nuovo. Devono averlo messo in vasca mentre dormivamo.-
Una pinna verde sporge appena tra il vermiglio delle alghe di plastica, e due piedi palmati dello stesso colore. Dellinger strizza gli occhi, tirando Kapoty a sé.
-Io quello lo conosco.-
Si volta di nuovo, ma lo sconosciuto è già scomparso nello sfondo.

La stanza dei bambini ha una finestra, piccola come un oblò e ben chiusa da sbarre di ferro. I letti ricoprono uno spazio vasto abbastanza da giocarci uno sport di squadra, illuminato dalla luce lontana di una lampada da bagno.
Una bambina bionda si rannicchia nel primo letto e carezza le lunghe trecce.
-Stai bene, signora?-
Sugar ansima, serrando al petto l’unica mano. Tira su col naso. -Lasciamo stare. Non mi sento più il braccio. Quel bastardo deve morire.-
Sembra così piccola, senza la mantella e la coroncina. Ha un occhio nero, un graffio sul collo e sulla guancia. Indossa quello che potrebbe essere un sacco con dei buchi per braccia e testa, in cui tuttavia riesce a sguazzare.
-Allora, siamo tutti?- domanda la bionda. -Rikka? Tempo? Carol? Chip? Dip?-
Un bambino con in testa dreadlock verde scuro stringe a sé una pargola con boccoli identici. Saranno fratello e sorella, e la bambina piange.
-Quello con la mazza ha fatto male a Tempo,- dice una bambina dai capelli biondo platino. -Me ne ricorderò. Papà verrà con le sue pistole e gliela farà vedere.-
La bambina dai capelli verdi – che sia lei, quella Tempo? – piange più forte nel petto di Rikka. -No. Niente morte. Io voglio solo andare a casa.-
Sugar alza gli occhi al cielo. -Lo sappiamo. Carol ha solo detto come fa le cose lei. Se la fa felice può dire quello che vuole. Tu pensa alla tua casa, lei penserà a suo papà.-
-Gliela farò vedere, io.- Rikka porta le mani ai fianchi. -La vendicherò senza che arrivi quel cecchino, io non muoio.-
-Avevo un amico che me lo diceva sempre,- dice Sugar. -Era un tipo tosto. Ma noi lo siamo di più. Ho imparato questa cosa, rimanendo bambina: i bambini li sottovalutano tutti.-
Altri pargoli vestiti di sacco si affollano dall’unica porta. Almeno la metà piangono, e il più piccolo dimostra al massimo cinque anni. Si riuniscono attorno a Sugar, come formiche attorno a un pezzo di zucchero.
-Avanti, signora,- implora Apis. -Parlaci ancora della signora di neve.-
Sugar stringe le ginocchia nelle braccia e annuisce.

Un uomo in uniforme sbatte una frusta contro una colonna. Quando la solleva è macchiata di sangue sulla punta.
-Adesso basta! È la quinta volta che svieni, questa settimana!-
Lao G giace carponi ai suoi piedi, e una goccia di sangue scorre lungo il cranio calvo. Si drizza sulle braccia, ma cade in avanti scosso da tremiti.
-Alzati!- L’uomo sbatte di nuovo la frusta, stavolta a un palmo dalla spalla del lottatore. -Alzati! Non si costruisce da solo, questo ponte!-
-Voi non avete onore! Un povero vecchio!- protesta una donnona un paio di metri più indietro. A giudicare dall’abbronzatura deve trattarsi di una Kuja. Il sudore le riga il volto e il collo, cerchi umidi e scuri si dipanano sulla lercia veste a righe. Uno straccio macchiato di grasso le tiene i capelli ramati legati dietro la testa.
Kyuin sporge da dietro la sua testa, quasi bassa di fianco alla guerriera. -Posso fare io il lavoro di Lao G-sama. Lo porterò in spalla, se necessario. Sono ancora giovane, io.-
I codini li porta ancora, scompigliati e sudici. Ha gli occhi e il naso arrossati, le mani tremanti attorno al vomere del suo carro di pietre. Luccica di sudore.
-Cuciti la bocca, donna.- urla la guardia. -Questa merda merita una punizione.-
Kyuin si ritrae, si copre la bocca con le mani. Lao G si è messo carponi, ma è troppo occupato ad ansimare per fare altrimenti. Solleva gli occhi infossati, furenti e sfiniti.
-Vado io. Punite me al mio posto.-
Un omaccione più alto persino della Kuja, con corti capelli biondi e muscoli da lottatore professionista. Lao G si mette a sedere contro la colonna. -A-Ancora?-
-Non preoccupatevi,- sorride l’uomo. -A me piace.-
La guardia deve non essersene accorta, poiché indica ai suoi compagni di trascinarlo via e blatera qualcosa sul collaudo della sua frusta. La Kuja riprende a tirare il suo carro, scoccando al carceriere uno sguardo d’odio.
-Coraggio, Lao G-sama.- Kyuin lo solleva con un braccio come fosse un bambino e lo carica sulla propria spalla. -Penso io a te. Dimmi se stai comodo, con quella povera schiena…-
-M-Maledetta lombalgia.- Si aggrappa con le unghie alla veste della giovane, reclinando la testa sulla spalla non più paffuta. Kyuin gli circonda la vita col braccio e appende il vomere al gomito dell’altro. Una goccia di bava scende lungo il mento di Lao G. Chiude gli occhi, contorcendo il volto.
-N-Non ero un povero vecchio, un mese fa.-
Kyuin non risponde. Assesta Lao G sulla sua spalla e tira il suo carico a capo chino.

Siedono fianco a fianco sotto la finestra, incatenati alle caviglie. Quasi non lo si riconosce, senza ciuccio e cuffietta. Ha i capelli impiastrati di fango e sangue, una ragnatela di graffi sul petto nudo.
-Chi è il prossimo?-
-Cinquanta tra giaguari, pantere e leoni di montagna.- A rispondere è l’uomo alla sua destra: pelle lattea da nobile, lunghi e insanguinati capelli turchini, il braccio sinistro ingessato e al collo.
-Una chicca,- dice calmo Señor Pink. -Nell’arena ne affrontavo il triplo, e ne uscivo senza nemmeno un graffio addosso. Lasciate che sia io a spianare il terreno. Poi Albion gli cava gli occhi, e Sarquiss procede col colpo di grazia. Mira alla gola, ragazzo.-
-So come si uccide,- risponde il giovane. -Io e Bellamy eravamo pirati come voi.-
Albion ha un viso affilato da serpente, piccoli occhi neri, un reticolo di cicatrici sulla pelle verdastra e grassa. -Lo giuro: nomina un’altra volta Bellamy e ti sgozzo nel sonno. Ancora un po’ e finirò col sapere cosa facevate a letto.-
Sarquiss tira fuori la lingua. -Se vuoi i dettagli te li do. La prima volta…-
-Basta,- ordina Señor Pink. Porta la mano al gomito e serra i denti in un’espressione di dolore. -Litigate come bambocci. Dobbiamo intenderci, se vogliamo sopravvivere. Io nell’arena combattevo così. Voi no. Ascoltate chi ha esperienza.-
Si guardano in cagnesco, massaggiandosi le rispettive braccia. Dal corridoio un uomo urla. -Vi prego, no! Posso ancora combattere! Vi prego, signora!-
Poi un colpo di pistola, e Señor Pink china la testa. Sarquiss si copre la bocca con la mano, Albion serra i denti. Chinano la testa, guardandosi nel silenzio.
-Ecco cosa ci succederà se non lavoreremo assieme. State zitti, non fate i ragazzini.-
Sarquiss rabbrividisce, sbatte le ciglia freneticamente. Señor Pink appoggia una mano sul suo polso. -Calmati. Sei forte, per questo il Padroncino vi voleva. Ti prometto che vivremo. Se vuoi piangere lo puoi fare, ma non distogliere mai lo sguardo dal tuo scopo.-
Sarquiss tira su col naso. -Sto bene, vi ringrazio. Mi calmerò.- Sorride quando Señor gli cinge i fianchi col braccio, tenendolo a sé come se fosse suo.
-Ma come,- sogghigna Albion. -Non eri un tipo sodo, un vero uomo?-
-Sono un vero uomo perché mi sento così,- risponde glaciale Señor Pink. -Adesso riposati, testa calda. Ne hai bisogno. E per l’ennesima volta: basta con quel voi. Sei stucchevole.-
-Come ti pare,- mugugna Sarquiss. Chiude gli occhi, reclinando la testa sul petto. Señor leva un sospiro al cielo, serrando i pugni.
-Non farti una famiglia, Albion,- dice all’altro uomo. -Quando te la portano via non la puoi sostituire.-

Si guardano, stringendosi nelle spalle, e tremano nelle loro vesti di seta.
-Ci mettiamo solo nei guai,- sussurra Emily. -Ci puniranno.-
Joanna scuote la testa. C’è una porta in fondo al corridoio, dischiusa. Un sentiero di gocce di sangue vi scompare all’interno.
-Se non volessero che andassimo da lei non avrebbero forse chiuso a chiave?- Joanna tiene in braccio un secchio d’alluminio, sul cui manico pende uno straccio bianco. -Non voglio sapere cosa le fanno, ma non è carino. E poi un giorno ci ringrazierà.-
Si scambiano uno sguardo. Emily sbatte gli occhi, aggrappandosi al braccio di Charlotte. Ha i capelli più corti dell’ultima volta,
-Avanti,- ansima Joanna. -Siamo sode.-
Procedono in fila indiana, battendo i denti nelle loro succinte vesti di seta. C’è un livido sulla pancia di Charlotte, appena visibile sotto la stoffa, e un mignolo di Emily è piegato verso l’esterno.
-Non urlare,- dice Charlotte. -Siamo amiche.-
Trema nelle sue catene, completamente nuda, un mosaico di lividi densi e spessi che le punteggia la pelle dalla fronte alle dita dei piedi. Una traccia di sangue nasce dai capelli magenta e si ferma accanto alla punta del suo naso. Ha gli occhi rossi, ma guarda le ragazze come se fossero state loro a ridurla così.
-Non sono qui per essere compatita. Lasciatemi stare.-
Procedono fino a lei come se non avesse parlato. Joanna regge il secchio, Charlotte intinge lo straccio nell’acqua e lo passa sulla pelle insanguinata della donna. Emily attende presso la porta, le mani che tremano strette allo stipite.
-Non dovete…- la sconosciuta ha un palco di corna sulla testa, ma diverse da quelle di Dellinger: nere, da bovino, e mozzate sulle punte fino a metà. -Non ho bisogno delle vostre coccole. Io sono Ginrummy, dei Pirati delle Bestie! L’Imperatore Kaido saprà e mi vendicherà!-
Joanna e Charlotte si scambiano uno sguardo impietosito. Emily alza il pollice dalla porta e torna a guardare nel corridoio.
-D’accordo, Ginrummy-dei-Pirati-delle-Bestie,- dice Joanna. -Vuoi stare ferma, che non riusciamo a curarti?-
La donna si ritrae mentre lo straccio le sfiora la carne. -Ho detto di no. No. Non mi ascoltate?-
-Abbiamo gestito gente più bizzarra.- Charlotte sorride, studiando le mani di Ginrummy. Non mancano unghie, ma c’è un livido grosso come una moneta tra indice e medio.
Ginrummy serra le labbra. -Non ho paura delle botte. Io n-non sarò mai una concubina. Mi ammazzino, piuttosto.-
-La vita è imprevedibile.- Joanna china il capo, passandosi la mano tra i capelli privi di cappello. -Non ci è voluto un imperatore per imparare qualcosa.-
Ginrummy apre la bocca, la richiude, la serra come se volesse impedirsi di urlare. Lo straccio umido le carezza il collo, ormai rosso di sangue.


A.A.:
Questo capitolo è il Seriale della Separazione dei Donquixiote, ed entriamo un po' nelle loro vite separate. Ho cercato di mantenere un PoV esterno, perché Baby 5 sta vedendo tutto questo attraverso la Chiaroveggenza di Viola, da spettatrice, anziché gli altri capitoli in cui lei stessa narra cosa provino tutti. 
Ovviamente c'è il solito tripudio di camei, che spero non confonda. 
Chocolat è un'ex componente dei Finti Mugiwara, che interpretava Nami. L'ho scelta per una sola ragione: ha la voce più PUCCIOSA di sempre. 
Kapoty è, come accennato precedentemente, l'Uomo-Pesce di tipo Marlin che accompagna Porche nella Coconut Race. Le sirene rapite sono Ishilly (capelli neri, forse ve la ricordate), Sola (la bionda), Yuca (presente solo nell'anime) e Melo. Le bambine sono Ichika e Yonka, delle Cinque Sirenette Killifish. Il misterioso nuovo arrivato, invece... non dico chi è, ma provate a indovinare: quanti Uomini Pesce può aver visto, Dellinger?
Apis è una bambina che compare nel filler dell'Isola di Warship. Ha mangiato un Paramecia che le permette di comunicare e capire il linguaggio degli animali. Carol è una bambina che compare nel filler di Loguetown. È la figlia di Daddy Masterson, un famoso cecchino che ingaggia una gara con Usopp. Chip e Drip sono due bambini che Ace incontra nel filler di Alabasta. Tempo e Rikka compaiono nel Film Gold, sono vittime di Gild Tesoro. 
La Kuja che compare assieme a Lao G e Kyuin è Pansy, la compagna di Belladonna e Kikyo che Shalria non ha comprato. L'omaccione è Dice, il compagno di Baccarat che Zoro affronta nel Film Gold. In esso egli dimostra tendenze al masochismo, e spesso da schiavo si fa punire in luogo dei compagni. 
Sarquiss è il fidato compagno di Bellamy, di cui ho già scritto qui e qui. L'ho riportato in auge come schiavo perché adoro torturarlo. Albion, detto il Lacerato, è uno dei pirati che appaiono brevemente al Ritorno alle Sabaody prima che Sentomaru usi i loro sederi per pulire il pavimento. 
Infine, Ginrummy è una dei Gifters dei Pirati delle Bestie che compare nell'arco di Zou. Ella ha mangiato uno Smile, anche se non si sa in cosa esso consista (conoscendo gli Smile che girano, probabilmente le trasformerà la testa in uno zoccolo di mucca, o le farà spuntare la faccia di una mucca sotto la pianta del piede), e pianificavo da tempo di usarla dato che... insomma, non mi fa senso come Rebecca solo perché è maggiorenne e presumibilmente consenziente, ma è comunque un fanservice ridicolo e senza senso. 
Spiego brevemente le mansioni di tutti. Jora è tutrice e insegnante d'arte di dei bambini di Draghi Celesti. Chocolat è una balia, addetta all'allattamento. Machvise è un "bersaglio umano" che non può ribellarsi o Kari la paga. Buffalo e Pica sono, come si è visto, rispettivamente uno schiavo da trasporto e un giullare. Dellinger e i suoi amici fanno parte di una collezione di creature marine tenute in un acquario. Sono in pochi, la collezione è recente. Sugar e i suoi compagni lavorano in una fabbrica di armi da fuoco. Kyuin e Lao G costruiscono un ponte, simile a quello di Tequila Wolf. Señor e colleghi fanno parte di un gruppo di lottatori a pagamento, su cui si scommette per grosse cifre. Infine le Pink Ladies sono addestrate come concubine, vere e proprie schiave di piacere. Visto che ho giurato di non scrivere mai uno stupro, ho inserito l'elemento per cui una schiava diventa concubina solo dopo un periodo di addestramento, che è quello che loro e Ginrummy stanno passando.
Infine, la tortura subita da Jora è ispirata a quella di Artemisia Gentileschi. 
Vi aspetto al prossimo capitolo, dove tornerà una vecchia conoscenza... 
Lady R
  
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