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Autore: mido_ri    10/03/2020    1 recensioni
Maekawa Yuki, un investigatore anti-ghoul di secondo grado, si trova a dover fronteggiare un essere spaventoso.
Desideroso di aiuto, cerca l'appoggio dei suoi superiori, ma nessuno crede alla sua scoperta.
"Indietreggiai; ero già a conoscenza di ciò che sarebbe accaduto di lì a poco, ed era troppo tardi per scappare.
Ero prossimo alla morte, eppure non potei pensare a nient'altro che al fatto di volerne sapere di più su quella cosa, di più, di più...
[...]
Fu in quel momento che dovetti ricredermi sul mio ultimo pensiero. Il mio addome si contrasse, trattenni il fiato, un orecchio cominciò a fischiare.
Qualcosa di estremamente rapido e affilato mi sfiorò il lato sinistro del viso e si fermò a mezz'aria. Percepivo un lieve ronzio e un forte calore sulla guancia."
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2.

La porta d'ingresso del CCG si chiuse alle mie spalle. Inspirai e rivolsi lo sguardo in su. Ero pronto. Imponenti nuvole grigie riempivano il cielo e annunciavano un violento temporale. Prima ancora che potessi muovere un passo, il cellulare vibrò nella mia tasca. Era una telefonata dalla segreteria della sede centrale.

- Investigatore Maekawa! Il caposquadra Mitsuo mi ha raccomandato di dirle di tornare immediatamente a casa. Il suo turno oggi è sospeso a causa del maltempo.

- Qui il tempo è tranquillo. Avrò finito il mio turno prima ancora che cominci a piovere.

Avrei voluto dirle di affacciarsi alla finestra e verificare con i suoi stessi occhi, ma proprio in quel momento una goccia d'acqua mi colpì il viso. Ero indeciso: lasciarmi possedere dall'eccitazione e svolgere comunque il mio lavoro, oppure dar ascolto al consiglio di Mitsuo e tornarmene a casa? Allo stesso tempo sapevo che ascoltare Mitsuo avrebbe significato soltanto usare il tutto come una giustificazione per la mia codardia.
Inspirai e terminai la chiamata. Mi dispiaceva per la segretaria, non era stata così scontrosa come quella della notte precedente.

-

Mi arrestai non appena riconobbi il luogo dal quale la notte precedente ero fuggito con il cuore in gola. Potevo ancora vedere le mie impronte impresse sul cemento, impronte che potevamo vedere solo io e lui.
L'entrata del vicolo era a pochi passi, ma qualcosa mi diceva che avrei dovuto pensarci due volte prima di avventurarmi di nuovo in quel posto. Era come se il mio corpo stesse cercando di difendermi contro la mia volontà.
Alzai un piede da terra e mossi un passo in avanti, ma il cellulare cominciò a vibrare. Sussultai e lo estrassi in fretta dalla tasca: era ancora la segretaria del CCG.

- Investigatore di secondo grado Maekawa, dove si trova?

La gentilezza del suo tono era contaminata da una punta d'impazienza.

- La prego, deve prestare attenzione alla sua salute.

Gettai un'ultima occhiata malinconica a quel vicolo. In ogni caso qualcosa mi diceva che quella creatura non si sarebbe fatta viva. La tensione che avvertivo in quel momento non era minimamente paragonabile a quella che si era potuta percepire al nostro primo incontro, quasi toccare con mano, come se fosse qualcosa di vivo.

- D'accordo. Manderò la mia posizione ai server del quartier generale.

La giovane segretaria non disse nulla, ma ero sicuro che stava esultando per quella piccola vittoria. 
Non appena rimisi il cellulare in tasca, le gocce d'acqua si fecero più insistenti, finché un lampo in lontananza si diramò nel cielo grigio. Ma dovetti resistere solo un paio di minuti, perché un'auto mi sfrecciò accanto e si fermò qualche metro più avanti, poi fece marcia indietro. Potevo dire che chiunque guidasse quella macchina ce l'aveva con me. E capii subito perché. 
A guidare era Kuroyama. Il finestrino si abbassò lentamente fino a mostrare il suo volto solcato da un sorriso caustico. Perché era venuto proprio lui?

- Come mai quest'improvvisa voglia di lavorare? Stamattina in ufficio non mi sei sembrato così intraprendente.

Mi rivolse uno sguardo tagliente; avrei preferito una vera freccia nel petto invece di essere guardato da quegli occhi. Deglutii e presi posto accanto a lui. Durante il viaggio non dissi nulla finché l'auto si fu finalmente fermata, ma aprii bocca soltanto per protestare.

- Questa non è casa mia... e non è neanche il CCG.

- Infatti è casa mia.

Kuroyama spense il motore e scese dalla macchina, lasciandomi da solo e con aria sconvolta. Dopo qualche attimo scesi anche io e lo raggiunsi davanti all'ingresso, pestando i piedi per terra. Volevo fargli comprendere che non ero d'accordo con lui, ma in modo non troppo prepotente.

- K-Kuroyama...

- Tranquillo, Maekawa, questo non è sequestro di persona.

- Perché mi ha portato qui?

Inizialmente credetti che non mi avesse sentito, ma la sua risposta arrivò dopo un bel po', quando lo avevo ormai seguito nell'ampio soggiorno. Comparato a quell'appartamento, il mio sembrava uno sgabuzzino.

- L'hai sentito?

Anuii, quasi sicuro che si riferisse al forte tuono che aveva rimbombato in tutto l'edificio, ma non capivo il nesso.

- Un'allerta meteo non è certo da prendere alla leggera. Accomodati.

Aprì un mobile e scelse due tazzine da caffè.

- Ma siamo venuti in auto, giusto? Avrebbe potuto tranquillamente accompagnarmi a casa.

- Puoi darmi del tu adesso.

- D'accordo... Kuroyama, portami a casa.

L'uomo si fermò, posò le due tazze sul marmo, facendo più rumore del previsto per sottolineare il suo disappunto.

- Ascolta, Maekawa. Noi due dobbiamo fare una chiacchierata.

Inspirai e fui costretto ad appoggiarmi al tavolo con entrambe le mani, poiché mi tremavano già le gambe. Quell'uomo mi metteva estremamente a disagio.

- Quel ghoul... smetti di cercarlo.

- Ma sei stato tu a dirmi di-

- Maekawa, in quanto investigatori abbiamo cose più importanti a cui pensare. Sai meglio di me che... che quella cosa non esiste. Non hai visto niente, d'accordo?

- Ma...

Kuroyama si sporse in avanti fino a sfiorarmi il viso con il suo. Il suo intento era quello di spaventarmi e normalmente ci sarebbe riuscito alla perfezione, ma questa volta c'era qualcosa che non andava: lui era stato compromesso. Compromesso da un sentimento che non gli avevo mai visto indossare e che non potevo decifrare. Rabbia? Indecisione? Paura?
Avrei voluto almeno chiederne il motivo, ma in quel momento non potevo dire di no a quegli occhi fissi nei miei, che avrebbero accettato solo un  come risposta.

- D'accordo?

L'uomo ripeté lentamente, con tono ancora più deciso.

- Va bene. Smetterò di cercarlo.

Sospirai e mi tirai indietro, ma Kuroyama mi afferrò per un braccio e mi attirò di nuovo a sé.

- Tu non devi smettere di cercare nessuno, perché tu non hai visto nessuno. Non puoi cercare qualcuno che non esiste, giusto?

Deglutii.

- G-giusto.

"Meglio per me, vorrà dire che non mi caccerò di nuovo nei guai"

Mi voltai verso la porta e mi avviai verso l'esterno come un unico blocco di ghiaccio, incapace anche di salutare.

"Ma sul serio, cosa diavolo c'è di sbagliato in Kuroyama oggi?"

-

Faceva freddo, molto freddo, e il vento che scuoteva le chiome degli alberi sembrava avere l'intenzione di sradicarli e portarli via con sé. Sarei potuto rimanere in casa con Kuroyama, al riparo da quella bufera, ma non avrei sopportato una tale tensione per chissà quanto tempo ancora. Avevo soltanto bisogno di tornare a casa e dormire per dimenticare tutto ciò che era successo.

Nonostante i miei buoni propositi, però, le parole del mio superiore non volevano lasciarmi in pace. Continuavo a pensare al motivo che lo aveva spinto a dirmi quelle cose. Quando gli avevo raccontato ciò che era successo, aveva fatto di tutto per dimostrarmi che non credeva a una sola parola. E ora? Perché aveva insistito così tanto nel farmi dimenticare l'accaduto? Possibile che avesse scoperto qualcosa? L'unica cosa che mi veniva in mente era che, agendo in quel modo, mi aveva fatto capire che ci credeva davvero; la cosa mi turbò ancora di più, forse perché fino a quel momento avevo sperato sinceramente di aver fatto soltanto un brutto sogno.

Stavo finalmente percorrendo il marciapiede che mi avrebbe condotto a casa, quando il cellulare cominciò a vibrare insistentemente nella mia tasca. Temevo che fosse Kuroyama o qualcuno che dall'ufficio mi ordinava di ritornare alla sede del CCG, ma la mia paura crebbe ancora di più quando constatai che non mi stava chiamando proprio nessuno. Mi rigirai il dispositivo fra le mani, incredulo. Ragionando razionalmente, sarebbe stato semplice ritrovare la calma e dare la colpa ai quattro anni che quel cellulare si portava dietro, ma qualcosa mi diceva che la soluzione più logica non era affatto quella giusta. La mia mente fu ricondotta alla ricetrasmettente e al modo in cui aveva cominciato a vibrare ed emettere scintille quando mi ero avvicinato a quella cosa. Le mie mani presero a tremare prima ancora che potessi scacciare quel pensiero dalla mia testa: ormai ero convinto del fatto che lo avrei rincontrato a breve. 
Lasciai cadere il cellulare per terra e cominciai a correre, ignorando la stanchezza di una giornata intera passata a lavorare. 
Quando riconobbi l'edificio da lontano, mi sentii più sollevato, ma non per questo rallentai il passo. Respiravo con così tanta avidità che ogni mio sospiro si trasformava in un lamento che però non avrebbe sentito nessuno a causa del violento scroscio della pioggia. 
Ora potevo vedere il portone d'ingresso del condominio. Estrassi le chiavi dalla tasca in fretta e furia, ma quando alzai lo sguardo constatai che l'ombra di una figura umana lo oscurava interamente. Sapevo già cosa mi aspettava. E quasi non volevo rivolgere lo sguardo in avanti: avrei preferito rimanere con gli occhi fissi sul cielo grigio, in attesa che quel kagune d'acciaio soddisfacesse il suo scopo di mettere fine alla mia vita.

- Ti è caduto questo.

Tutt'a un tratto i miei polmoni sembrarono riscoprire cosa significasse respirare e il fischio che invadeva le mie orecchie cessò. Tutti i rumori intorno a me sembrarono farsi improvvisamente meno assordanti. 
Rivolsi lo sguardo dritto davanti a me e squadrai l'uomo che mi stava di fronte per accertarmi che non fosse un miraggio. Ero salvo.

- Caposquadra Mitsuo... cosa ci fa qui?

L'uomo aggrottò le sopracciglia e mi venne incontro coprendomi il capo con il suo ombrello.

- Ho chiamato Kuroyama per accertarmi che ti fosse venuto a prendere, ma mi ha detto che eri scappato via.

- Oh... sì. Ho- ho delle cose importanti da sbrigare a casa.

- Immagino. Così importanti da farti uscire con questa tempesta?

- Già...

Mi portai una mano alla nuca, limitandomi a seguire Mitsuo verso il portone di casa. Salimmo le scale insieme e, compreso che l'altro non accennava ad andarsene, lo invitai ad accomodarsi nel mio modesto appartamento. Mi avvicinai alla cucina con la buona intenzione di preparare un tè, ma l'uomo mi pregò di non farlo con tono gentile.

- Maekawa, non c'è bisogno che ti affanni, sei già molto stanco. Oltretutto sei bagnato fradicio, non credi sia il caso di andarti a cambiare?

- Sì... decisamente.

Corsi nella mia stanza e mi cambiai il più in fretta possibile per non fare attendere il mio ospite. Mi strofinai velocemente un asciugamano sui capelli e lo raggiunsi in cucina. Sapevo che Mitsuo aveva qualcosa d'importante da dirmi, lo intuivo dal suo sguardo.

- Vieni, siediti accanto a me.

Non che ci fossero altri posti a sedere disponibili a parte le sedie in cucina. Mi sedetti sul divano accanto a lui e stetti in silenzio, in attesa delle sue parole che non tardarono ad arrivare.

- Ascolta, Maekawa... Comprendo pienamente i tuoi sentimenti, ma non credo sia il caso di essere ancora intimorito da un collega.

- Di chi sta parlando?

- Di Kuroyama, naturalmente. Penso che sia rimasto molto deluso dal tuo comportamento di oggi e, sinceramente, lo sono anche io.

Chinai il capo, colpevole.

- Offendere in tal modo una persona disposta a ospitarti... questo non me lo aspettavo, non da te.

- Mi dispiace, io non volevo...

- È per questo che ho preso una decisione. In realtà è da un po' di tempo che ci penso, ma l'avvenimento di oggi mi ha convinto definitivamente.

L'uomo sospirò, evidentemente in attesa che lo guardassi negli occhi. Ascoltai la sua imposizione.

- Da domani sarai un suo dipendente.

- Di Kuroyama? Ma non lo sono già?

- Un suo dipendente ufficiale. Lo accompagnerai in missione, oltre a svolgere i tuoi compiti in ufficio con lui come fai già.

- Ma, caposquadra... Lei sa che io e Kuroyama non siamo investigatori dello stesso grado, non posso prendere parte alle missioni con lui...

- Maekawa, siamo una squadra e le squadre operano insieme. Non è un numero sulla tua targhetta a classificare il tuo valore, ma le tue azioni sul campo. E poi... mi sembra che nelle altre squadre ci siano delle disparità perfino maggiori.

Sapevo che non potevo oppormi. Mi alzai e mi inchinai dinanzi a Mitsuo.

- Grazie per questa possibilità, f-farò del mio meglio!

- Lo spero, Maekawa, lo spero...

L'uomo si alzò e mi appoggiò una mano sulla spalla, quello fu il suo modo di salutarmi. Aspettai che si fosse chiuso la porta alle spalle, poi mi gettai sul divano con un lungo sospiro. Quella era senza dubbio la giornata peggiore della mia vita. 
Dopo svariati minuti trascorsi a fissare il vuoto e a chiedermi con quale faccia mi sarei dovuto scusare con Kuroyama l'indomani in ufficio, mi alzai per rispondere al brontolio del mio stomaco. In tutto quel veloce susseguirsi di eventi, avevo completamente dimenticato che avevo bisogno di mangiare. Passando a fianco al tavolo della cucina, però, mi arrestai di colpo. Il mio cellulare era lì, lo schermo bagnato e pieno di graffi. Doveva averlo raccolto il caposquadra Mitsuo. Aveva smesso di vibrare e sembrava aver ripreso a funzionare regolarmente, contrariamente al mio cuore che diventò mal funzionante all'improvviso. La paura invase di nuovo il mio corpo. Una sola domanda risuonava nella mia testa: se prima quel ghoul non era nelle vicinanze, perché il mio cellulare aveva cominciato a vibrare in quel modo?









  
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