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Autore: Marydb13    10/03/2020    1 recensioni
Quattro ragazze trovano, per caso, un passaggio che collega il loro mondo a quello di certi pirati di nostra conoscenza e, ben presto, si renderanno conto che, forse, la Disney non ha raccontato proprio tutto... Metto il rating arancione per sicurezza, ma nella maggior parte della storia è da considerarsi verde.
*****
Tratto dalla storia:
"Allora è tutto a posto? Posso tornare nella mia epoca?"
"Certamente"
"Oh, grazie infinite! L'ho sempre detto che lei è una persona ragionevole!"
"Ma ad una condizione: Mr. Mercer verrà con te"
"Cosa?!"
"Ti seguirà ovunque, sarà la tua ombra e i miei occhi." quelle parole, unite alla velata minaccia nel suo sguardo, furono l'ultima cosa che udì, prima di essere trascinata via dall'uomo che l'aveva pestata nelle tre settimane precedenti.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ian Mercer, Jack Sparrow, Lord Cutler Beckett, Nuovo Personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 1- Mamma, c’è un Mercer sotto il mio letto!
 
Anno 2018, 24 dicembre, h 04,15
Genova, Italia (casa di Mary)


‹‹Vi prego, aiutatemi, mi sta trascinando dall’altra parte!›› La voce di Marta si udiva incredibilmente nitida dal lato sinistro del letto, ma quando Francesca andò a controllare, non riuscì ad esimersi dall’urlare a sua volta: ‹‹Oh, mio Dio, non c’è nessuno sotto al letto! O è uno scherzo perfettamente riuscito, oppure un’oscura presenza è calata su questa casa!››
‹‹Ma sono qui, vi prego, AIUTOOO!››
 
‹‹Impossibile, il parroco è venuto a benedire la casa la scorsa settimana.›› se c’era una cosa di cui Maria Vittoria aveva paura (vabbè, una delle cose… vabbè, una delle molte cose) era proprio il diavolo, forse complici i racconti dei suoi educatori sui casi di esorcismo. Eppure era più che certa che quello non potesse essere il caso. In caso contrario si sarebbe già ritirata in un angolo, rosario alla mano, pregando ininterrottamente in stato di shock, cosa che, effettivamente, stava facendo Fra in quel momento. ‹‹Fra, ma tu non eri atea?››
‹‹Io credo solo in ciò che vedo, ed i miei occhi in questo momento mi dicono che il diavolo è li sotto!››
‹‹E quel rosario da dove salta fuori?››
‹‹Hem, sai, un regalo… Non è cortese rifiutare i un dono, lo sai!››, ma Maria Vittoria non riuscì a sentire la risposta, dato che era già corsa verso le scale. Non ne aveva già avuto abbastanza per quella sera?
‹‹AIUTOOO!››
 
‹‹Marta, tieni duro: sto arrivando!›› urlò Lucia, con fin troppa enfasi.
‹‹Ma chi ci crede?! Oddio, se mi prende mi ucciderà!›› doveva aver riacquistato un po’ di lucidità in quell’istante, ma Lucia, invece di sfruttare l’occasione per tranquillizzarla, trovò più opportuno rispondere: ‹‹Hem, effettivamente, non posso darti torto… vabbè, vorrà dire che mamma Mary ti aiuterà!››
E, in effetti, Mary fece la sua comparsa proprio in quell’istante, tuffandosi repentinamente sotto il letto, con una delicatezza tale da far tremare le assi del pavimento. ‹‹La vedo››
‹‹Fai presto, Maryyy!›› Marta era, ormai, in lacrime.
‹‹Ma dove eri finita?›› si limitò a constatare Lucia. Non si sarebbe alzata dal letto neanche alle 11 del mattino, figurarsi alle quattro di notte (o del mattino?).
‹‹A prendere una padella: non sappiamo con cosa abbiamo a che fare!›› le rispose, come se si trattasse dell’azione più logica da compiere in quel momento ‹‹e comunque, mi farebbe estremamente comodo il tuo aiuto, in questo momento: Marta è in stato di shock e sembra…incastrata? Non capisco… se mi aiuti a tirarla fuori, provo a controllare che cosa la trattiene!›› Maria Vittoria non era proprio un esempio di coraggio; tuttavia in quel momento, vuoi l’adrenalina e la consapevolezza di dover aiutare un’amica in difficoltà, vuoi il fatto che era abbastanza certa che ci fosse una spiegazione razionale, stava gestendo piuttosto bene la situazione.
 
‹‹Chiedi a Fra: io ho sonno!››
‹‹E rovinare il momento che potrebbe portare alla sua conversione? Non ci penso nemmeno!››
‹‹Guarda che non è mica in estasi: è lo stato di shock che le fa ripetere le decine del rosario!››
‹‹E tu, quindi, consapevole della gravità dello stato in cui si trova, vorresti portarla vicino alla fonte del suo male?››
‹‹Mpf… sto arrivando›› come le era venuto in mente di iniziare una discussione con lei? Odiava quando si fingeva ingenua (ancor più di quello che era realmente) per incastrare le persone! Maledetta la dialettica classicista e chi l’aveva inventata ‹‹La tengo… Hey, ma mi state prendendo in giro? Lo sento che state tirando!›› disse ansimando per lo sforzo, mentre stava lentamente scivolando sotto il letto, incapace di opporsi alla forza misteriosa.
‹‹Ma se ti sto aiutando! E, poi, Marta è talmente sotto shock che non riesce nemmeno a formulare delle parole di senso compiuto, figurati a muoversi››
‹‹Forse la mia teoria sul maniaco dei capelli rossi non era così infondata, dopo tutto…››
 
‹‹Non credi che, data la mia nota codardia, non mi sarei mai infilata qua sotto, se esistesse anche solo una remota possibilità?›› rispose, vagamente seccata, mentre avanzava verso l’altro lato del letto. Tenere il manico della padella tra i denti la faceva sentire come Rambo in quel momento. Quanto erano belli i suoi coltelli, tra l’altro? Maria Vittoria aveva un’insana ossessione per le armi bianche, specie per i coltelli, unica arma che sapesse utilizzare… per tagliare il cibo. Ma era, comunque un inizio, no? (Cervello di Mary: ‹‹non distrarti, tieni bene a mente quel è il tuo obbiettivo!›› ‹‹Ricevuto! In marcia e dritti verso la meta!›› ‹‹Hem, sono solo due metri… ad esagerare…›› ‹‹Andiamo, un po’ più di entusiasmo!››). Il suo dissidio interiore terminò nel momento in cui raggiunse l’altro lato del letto ‹‹Vedo qualcosa di scuro che la trattiene. Se non fossi certa che le tue assurde teorie mi abbiano influenzato, potrei pensare che si tratti di mani guantate››
‹‹Oddio, Mary, esci subito di lì! Se poi scopro che è solo un altro dei vostri stupidi scherzi, ve ne faccio pentire. Avete quasi 19 anni, porca p*****a!››
 
Fortunatamente, prima che Lucia potesse avere una crisi isterica (di possedute dal mugugno una bastava e avanzava), Maria Vittoria ebbe, forse, la prima buona idea della sua vita. Dato che non riusciva a liberare l’amica con il solo ausilio delle mani, decise, allora, di colpire la “trappola sconosciuta” con la padella. La ragazza fu immediatamente rilasciata e fu trascinata fuori dal letto da un’ansimante Lucia, che non aveva smesso di tirare per un secondo. Quest’ultima, impreparata all’improvviso rilascio, finì con lo scontrare la pesante cassettiera di legno posta poco più in là, venendo irrimediabilmente sommersa dalle carte del padrone di casa. Qualcosa le diceva che Maria Vittoria non sarebbe stata felice di sapere che la mattina successiva avrebbe dovuto riordinare una cosa come 700 fogli, fascicoli e cartellette. Del resto non era, certo, colpa sua se aveva liberato Marta senza alcun preavviso. Ad ogni modo, onde evitare che l’amica decidesse di iniziare subito l’opera di “ripristino documenti d’ufficio” (il che avrebbe significato non poter dormire, oppure, ancora peggio, cambiare stanza. Aveva già dato fondo a tutte le sue energie fino al mese prossimo, per aiutare Marta.), spense la luce. Occhio non vede, cuore non duole.
In quel momento, Mary sbucò da sotto il letto con uno scatto repentino, terrorizzando a morte le amiche ancora scosse.
‹‹Oddio, il diavolo! C’è il diavolo sotto il letto, sta venendo a prenderci!››
 
‹‹Fra, stai calma, sono solo io, e ti posso garantire che sotto quel letto non c’era nessuno a parte noi. Anche se vi posso confessare che, nel panico del momento, potrei giurare di aver sentito un urlo di dolore›› fece pensosa, ma, notando le occhiate terrorizzate delle compagne, si affrettò ad aggiungere: ‹‹Che fervida immaginazione, vero? Hehehe dovrei leggere meno libri ed evitare di ascoltare i deliri di Lucia››
‹‹Non hai una fervida immaginazione›› le atone parole di Marta le fecero voltare tutte nella sua direzione (non che cambiasse qualcosa, dato che col buio non vedevano quasi nulla e nessuna si era presa la briga di riaccendere la luce). Persino Francesca smise per un istante di profetizzare l’avvento dell’Anticristo.
‹‹Cosa intendi?›› Maria Vittoria le fu subito appresso, per nulla offesa dalle sue parole. Del resto, lei era la prima ad iniziare a ripetere frasi prive di alcun significato, quando aveva delle crisi di panico: sapeva perfettamente come ci si sentiva. Una volta, in terza superiore, si era bloccata durante l’esposizione di un PowerPoint su ‘The Tempest’ di Shakespeare e, quando la professoressa di Inglese le aveva domandato se avesse studiato, lei aveva iniziato a dire cose del tipo: “NO! NO, io non parlerò mai! Dovesse costarmi la vita, io non dirò una parola di ciò che so!”. Si era sbloccata solo nel momento in cui Luca, il suo migliore amico, le aveva tirato una sberla, talmente forte, da scagliarla contro la lavagna. Aveva, poi proseguito l’esposizione come se nulla fosse accaduto, tra gli sguardi allibiti dei compagni e dell’insegnante, ed aveva ottenuto persino un bell’otto e mezzo.
‹‹Qualcuno ha gridato e ti posso assicurare che è qualcuno che non vorresti avere di fronte››

*****
Anno 1729, 24 aprile, h 03,30
Port Royal, Giamaica (palazzo del governatore)

TOC, TOC!
‹‹Avanti!›› un uomo sulla cinquantina varcò la soglia dell’improvvisato ufficio del Governatore della Compagnia delle Indie Orientali, con passo marziale. L’uomo che si trovava dietro la scrivania riccamente intarsiata, ancora intento a firmare ed impilare scartoffie nonostante l’ora tarda, gli fece segno di avvicinarsi, con fare stanco. Le profonde occhiaie che gli solcavano il volto lasciavano presagire che le ore di riposo mancato non dovevano essere pochissime. Continuò a scrivere per un paio di minuti, mentre l’altro attendeva in piedi, rispettosamente in silenzio. Quando, finalmente, si decise a degnarlo della sua attenzione, si limitò a sospirare: ‹‹Mr. Mercer››, con un sorriso stanco sul volto.
 
‹‹Signore›› rispose lui, chinando educatamente il capo in segno di rispetto.
‹‹Che notizie recate?›› Lord Beckett era l’unico uomo altolocato a rivolgersi a lui in maniera così rispettosa, a dispetto dei suoi infimi natali. Trattava con il massimo rispetto chiunque si dimostrasse degno della sua attenzione, secondo il criterio del merito e non della classe di appartenenza. Certamente, non poteva esimersi dal comportarsi nella maniera più educata possibile nei confronti dei notabili del luogo, seppur la maggior parte di essi non meritasse, a suo avviso, un tale privilegio, ma, del resto, il galateo e il suo nuovo status sociale non gli permettevano altrimenti. Un altro motivo per cui Ian Mercer avrebbe eseguito i suoi ordini senza la minima esitazione, finché il suo superiore lo avesse ritenuto opportuno.
‹‹Turner è partito alla ricerca di Sparrow e della bussola. La signorina Swan si trova in cella ed è posta sotto stretta sorveglianza, come da Voi richiesto. L’ex Commodoro Norrington non è stato ancora trovato, ma i miei contatti ritengono che ci siano buone possibilità che si trovi a Tortuga›› l’uomo fece una piccola pausa prima di continuare. Non era certo di come il suo superiore avrebbe reagito alla notizia.
 
‹‹E’ tutto?›› Lord Beckett teneva i gomiti sulla scrivania ed il capo posato sulle mani intrecciate, il volto inespressivo.
‹‹Norrington non è solo, alcune fonti dicono di averlo visto in compagnia di una banda di disperati. Pirati, contrabbandieri falliti, ubriaconi e mariani troppo vecchi persino per camminare sulle proprie gambe senza l’ausilio di un bastone. E alla loro guida… Jack Sparrow, l’ignobile traditore.››          
‹‹E il Governatore?›› Beckett cambiò velocemente il discorso. Solo chi lo conosceva bene, come Mercer aveva, per l’appunto, l’onore di vantare, si sarebbe accorto dell’ombra che gli aveva oscurato il volto per un fugace istante. Chiunque altro avrebbe visto solo lo specchio della serietà e compostezza.
‹‹Collaborerà: abbiamo sua figlia, dopo tutto›› vedendo il lieve ghigno comparso sul volto del suo superiore nell’udire quelle parole, anche Mercer si trovò a mostrare una parvenza di sorriso, sul suo volto solcato da lunghe linee argentee. ‹‹Avete altre disposizioni per me?››
‹‹Non al momento. E’ stata una giornata estremamente faticosa per entrambi›› l’accentuazione di quella parola richiamò nella mente di entrambi un’immagine che li fece rabbrividire. La parte più difficoltosa era stata, al contrario di quanto si possa pensare, convincere il pastore a non celebrare le nozze. O meglio, non il pastore in sé (il pover’uomo aveva iniziato a tremare come una foglia nel momento stesso in cui Mr. Mercer aveva messo piede nella modesta canonica. Se Cutler Beckett avesse potuto leggere “I promessi sposi” di A. Manzoni, l’avrebbe definito un “Don Abbondio”.), quanto piuttosto placare quell’indemoniata della sua assistente (che, sempre se Lord Beckett avesse potuto conoscere il Manzoni, avrebbe definito “perpetua”, per antonomasia). L’arzilla vecchina, infatti, simpatizzava per la signorina Swann, sostenendo che la sua bellezza e vitalità le ricordassero la sé stessa di quarant’anni prima (anche se il parroco, che l’aveva conosciuta all’epoca, non pareva particolarmente concorde con la sua versione) ed aveva un debole per Mr. Turner (se all’epoca non fosse stato ritenuto contrario al “buon costume”, l’avrebbe definito “un bel manzo”). Cutler Beckett, in quanto presunto gentiluomo, non poteva, certo, sbarazzarsi persuadere un’anziana signora, ma nulla gli impediva di affidare l’ingrato compito al suo fedele assistente. Mr. Mercer, che nella sua lunga carriera di assassino aveva commesso crimini ben peggiori che disfarsi di un’insopportabile comare (ed in cuor suo provava compassione per il povero parroco oppresso), non si era, certo, fatto pregare. Se solo avesse potuto immaginare di che cosa quella bisbetica fosse capace! Sarà stato il fatto che era ancora stanco per il lungo viaggio e l’aveva sottovalutata, sarà stato il fatto che, nemmeno lui era così privo di scrupoli dal destinarle una morte dolorosa, fatto sta che fu lui a rischiare di rimetterci le penne e l’orgoglio. Se poi aggiungiamo la perplessità degli altri soldati, che, non essendo mai stati addestrati per sedare vecchiette omicide, avevano esitato ad intervenire, forse riusciremo a inquadrare meglio il motivo per cui il temutissimo Mercer si era ritrovato in completo svantaggio. Tra mosse subdole, quali gomitate in mezzo alle costole (che sarebbero passate alla storia come “gomitate alla vecchietta”), bastonate secche su ginocchia, mani e polpacci, tentativi, fortunatamente non riusciti, di accecarlo con un ago da lana (la vista le era diminuita con l’età, ma, se il tempo fosse stato più clemente con lei, Mercer avrebbe potuto dire addio ad entrambi gli occhi) e minacce, quali “ricordatevi che Dio vi vede!” e “non preparo più la crostata di albicocche per la sagra della pastafrolla” (dichiarazione che aveva turbato l’intero corpo di guardia. Non poteva essere seria, vero? VERO? VERO?), del povero sventurato non sarebbe più rimasto nulla da salvare, se il Signore, impietosito, non le avesse bloccato la schiena con un “colpo della strega”.
 
I due impiegarono qualche minuto a riprendersi completamente, in particolare Mercer, che continuava a controllare di possedere ancora gli occhi, quasi temendo che la vecchietta indemoniata potesse spuntare da un angolo e cavarglieli.
Cutler Beckett scosse la testa, un sorriso stanco in volto. Ne avevano passate tante insieme, ma questo era uno di quegli episodi che non avrebbe scordato tanto facilmente. ‹‹Buona notte Mr. Mercer. Io mi ritiro e dovreste farlo anche voi. Cercate solo di stare a portata d’orecchio nel caso in cui avessi urgentemente bisogno di voi›› (So che suona male, ma vi giuro che non è quello che state pensando)
Ancora non aveva idea di quanto quella frase, pronunciata quasi per circostanza, gli sarebbe tornata utile poco più tardi.
‹‹Come desiderate, buona notte signore››
 
Cutler si diresse verso la propria (o, almeno, lo era diventata dopo che l’aveva sequestrata al Governatore Swan), stanza con passo lento e stanco. Per quanto la giornata fosse stata incredibilmente fruttuosa, aveva indubbiamente richiesto una notevole dose di energia. Perché i libri di storia fanno sempre sembrare i colpi di stato così semplici ed indolori (per la parte vincitrice, ovviamente)? Gli storici hanno una vaga idea di che cosa significhi dover trascorrere tre mesi su una nave che, in confronto all’immensità del mare non è più imponente di un guscio di noce trascinato dalla corrente di un fiume? Infiltrarsi nella cerchia delle persone “giuste”, corrompere, insidiare, trascorrere anni tramando nell’ombra e reclutando uomini valorosi e pronti a tutto, arrivare perfino ad uccidere pur di raggiungere l’obbiettivo finale. No, non se ne rendono conto fino in fondo; in caso contrario non deciderebbero di dedicare la propria vita ad eternare i fautori di tali contorte macchinazioni. Perché si sa, la storia la scrivono i vincitori e, in questo mondo, le persone innocenti difficilmente sono tra questi. Fidatevi di chi la storia la vive, non di chi pretende di raccontarla e ordinarla dall’alto, come se non fosse, anch’egli, uno degli uomini mortali che popolano questa terra. Non importa in quanto grandi siano i monumenti eretti in suo onore, non importa a quanti manoscritti sia stata affidata la memoria della sua gloria. Nulla è eterno, nulla viene ricordato per sempre. I periodi storici definiti “bui”, “oscuri”, “secoli di transizione” altro non sono che buchi nel libro della storia dell’umanità a cui storici, filologi ed eruditi di ogni nazione si sforzano di applicare delle toppe. Come può il Medioevo ellenico essere retrocesso al “rango di epoca buia” solo perché i popoli che invasero la Grecia in quel periodo non si curarono di lasciarne memoria scritta ai venturi? Stiamo, comunque, parlando di chi sconfisse il popolo degli eroici Achei, le cui gesta sono narrate nell’Iliade e nell’Odissea. Sono forse, quest’ultimi più meritevoli dei propri vincitori*?
 
Perso nei suoi pensieri, quasi rischiò l’infarto quando scorse una sagoma scura sbucare fuori dal suo letto (veramente, sotto… non pensate male hahaha) all’improvviso.
‹‹AAAAAAAAAAAA!!!›› gridarono contemporaneamente, per poi tuffarsi, l’uno sotto il letto, e l’altra sotto le coperte. Accortisi dopo pochi istanti di aver sbagliato “rifugio”, invertirono le postazioni, sempre urlando come due deficienti.
‹‹Mr. Mercer, aiuto!›› Per quanto mi piacerebbe poter scrivere che le urla di Lord Beckett fossero talmente acute da assomigliare a quelle di una ragazzina, purtroppo la vita non è una fanfiction. Le cose bizzarre possono accadere (vedi l’episodio della vecchietta), ma non i miracoli (ovviamente non intendo quel tipo di miracoli: non c’è bisogno di chiamare la Santa Inquisizione, giuro!) e, ahi noi, il fatto che un Lord inglese (= lontano discendente dei Vichinghi) possa strillare come una donnicciola rientra certamente nell’ultima categoria. Ad utilizzare una voce fuori dal comune era, invece, Marta che, causa la possessione da mugugno genovese, aveva assunto un tono talmente basso e scontroso (sì, persino nell’urlare spaventata), da risultare piuttosto mascolina. Forse fu per quello che, Cutler, riacquisita un minimo di lucidità, aprì il primo cassetto del comodino e ne estrasse la pistola d’emergenza, puntandola contro lo sgradito ospite. ‹‹Mani in vista!›› ordinò con tono duro.
‹‹Nooo! Non sparare, ti pregooo!›› Marta, presa dal panico, invece di fare come le era stato ordinato, si era gettata ai suoi piedi in lacrime.
 
Fortunatamente, Beckett aveva riacquistato i soliti nervi d’acciaio, altrimenti non ci avrebbe pensato due volte a fare fuoco su quello che, di primo acchito, poteva sembrare un individuo pericoloso. Si limitò, invece, ad inarcare un sopracciglio per via della totale mancanza di rispetto della ragazza (ovviamente in Inglese si capisce suuubito se hai utilizzato la seconda persona singolare o plurale) e disgustato dalla sua totale mancanza di orgoglio (Ricordiamo che Cutler era ancora convinto che si trattasse di un uomo, complici il buio, la sua voce virile e l’abbigliamento. Nessuna donna avrebbe mai indossato dei pantaloni prima del 1900, tranne Giovanna d’Arco che, come sappiamo, non fece una bella fine). Non fece in tempo ad analizzare meglio la situazione che Mercer piombò nella stanza come una furia, scardinando la porta al suo passaggio. Se avesse provato ad abbassare la maniglia, si sarebbe reso conto che la porta era aperta, ma, temendo per l’incolumità del proprio superiore, decise di sfondarla direttamente ‹‹Lord Beckett! Cosa sta succedendo?››
Il rumore dell’urto, sommato a quello del vociare degli altri soldati, richiamati da tanta confusione, non fece altro che spaventare ulteriormente Marta. La poveretta, ormai incapace di intendere e di volere si ritrovò, chissà come, ad abbracciare le ginocchia di Beckett, facendogli perdere, irrimediabilmente l’equilibrio.
‹‹Mr. Mercer, aiutatemi! Questo depravato non vuole lasciarmi andare!›› Nulla terrorizza un uomo più di un altro uomo che attenti alla propria virtù, e Cutler non faceva eccezione alla regola. A onore del vero, la posizione risultava tremendamente equivoca, e ricordiamo che per lui Marta era un uomo.
 
Mercer sembrò pensarla allo stesso modo: ‹‹Arrivo subito, signore! Gillette, con me! E voi, uomini, bloccate tutte le uscite: chi ha osato prendere la virtù di Lord Beckett con la forza la pagherà, e la pagherà anche cara›› un ghigno sadico si dipinse sul suo volto sfigurato dalla preoccupazione.
‹‹Ma cosa dite?! Nessuno ha attentato alla mia virtù… per il momento. Ma se non vi date una mossa ci riuscirà!››
I soldati parvero tirare un sospiro di sollievo a quelle parole. In quanto uomini, si sentivano tutti molto vicini alla sua causa: in questi casi scattava un meccanismo molto simile alla cosiddetta “solidarietà femminile”. Rassicurati, si apprestarono ad eseguire gli ordini: quella notte un uomo sarebbe morto e la popolazione maschile di Port Royal avrebbe potuto dormire sogni tranquilli.
‹‹Preso!›› urlò Mercer, per poi sibilarle in un orecchio ‹‹e adesso subirai le conseguenze delle tue losche azioni. Nessuno si deve permettere di toccare Lord Beckett!››
‹‹Mr. Mercer, vi ripeto che la mia virtù è ancora… intatta. E comunque, devo preoccuparmi?›› domandò alzando un sopracciglio.
‹‹Perdonatemi, signore, forse sono stato un po’ troppo precipitoso nel trarre le conclusioni››
‹‹Un po’?››
‹‹Mi correggo, sono stato molto precipitoso, e me ne dispiaccio. Gli uomini ed io eravamo solo preoccupati per la vostra incolumità…››
‹‹Mr. Mercer…›› Lord Beckett fu, però, interrotto da Marta che, da brava fangirl, non poté trattenersi dal dire: ‹‹E fu così che partì lo yahoi…››
 
‹‹Prego?›› domandò Cutler.
‹‹Devo mimare la scena? Oh, mio signore, ero così preoccupato per voi! Oh, Mercer, ho avuto così tanta paura, non lasciarmi solo questa notte! Non temete, veglierò su di voi questa notte e per tutte quelle a venire! Dite davvero? Ma certo, io vi amo, Beckett, vi amo e voglio trascorrere il resto della mia vita con voi. Oh, Mercer, è tutta la vita che aspetto questo momento e ora non so che cosa dire. Dì che ami e… che mi sposerai! Ma certo che voglio sposarti! Ci sposeremo domani al battere delle 9…›› se Mercer, ripresosi dallo shock iniziale, non le avesse tirato un pugno in pieno stomaco, Marta sarebbe tranquillamente potuta andare avanti a raccontare tutta la loro vita insieme: la vita di coppia, il matrimonio, il primo figlio adottato, i nipotini, e così via, fino alla morte di Beckett. Mercer non sarebbe più stato lo stesso e avrebbe trascorso il resto della sua vita da solo, rimirando le loro foto con nostalgia, seduto su una comoda poltrona, accanto al caminetto scoppiettante.
 
‹‹Ahi! Ma che modi sono?›› ribatté piuttosto adirata, non riuscendo a trattenere una lacrima di dolore: quell’uomo era dannatamente forte. Non solo l’avevano accusata ingiustamente di aver tentato di approfittarsi di un uomo di mezza età, imparruccato, pure, ma ora la pestavano pure? Mai sentito il detto “una donna non si tocca nemmeno con un fiore”? ‹‹Vi mettete in quella posizione, scambiandovi parole accorate, e poi se qualcuno ve lo fa notare lo pestate di brutta maniera? Alla faccia della censura!››
In effetti, la scena era di dubbia interpretazione. Cutler Beckett, ancora mezzo disteso sul pavimento, si puntellava leggermente coi gomiti, mentre Mercer, inginocchiato al suo fianco, si accertava delle sue condizioni. I due parvero, finalmente, accorgersi della posizione equivoca e in meno di due secondi erano già in piedi, ai due angoli opposti della stanza. Impiegarono qualche secondo, prima di rendersi conto che Marta, approfittando della situazione, aveva iniziato a strisciare sotto il letto.
‹‹Mr. Mercer, prendetelo!››
‹‹Subito, signore!›› Mercer era del tutto intenzionato a cogliere l’occasione per riacquistare il rispetto del suo superiore dopo la pessima figura di poco prima ‹‹Tenenti, Posizionatevi uno in corrispondenza del lato sinistro e l’altro ai piedi del letto: dovrà pure uscire da qualche parte!››
 
‹‹Signore, c’è qualcosa che non va›› disse Gillette, perplesso, dopo essersi chinato per controllare dove si trovasse il fuggitivo ‹‹Sotto il letto non c’è nessuno!››
‹‹Ma che diamine andate dicendo? E’ strisciato lì sotto: l’abbiamo visto tutti!›› l’affermazione di Groves ottenne una serie di commenti affermativi da parte degli altri soldati.
‹‹Provate a controllare, se non mi credete!›› Gillette stava iniziando a perdere le staffe di fronte a quella manifesta mancanza di fiducia nei suoi confronti.
Theodore sollevò un sopracciglio, ma poi si chinò ugualmente; del resto, valeva almeno la pena di controllare. Si trovò, tuttavia a sgranare gli occhi, notando l’effettiva assenza del fuggitivo ‹‹Maledizione! Il tenente Gillette ha ragione: non c’è nessuno qua!››
‹‹Razza di incompetenti: come fate a non vederlo? E’ praticamente arrivato dal vostro lato, tenente Groves!›› Mercer era semplicemente furibondo: come potevano due ufficiali della marina inglese essere così incapaci? Vedendo che però questi, imbarazzati, non sapevano come comportarsi, decise di prendere lui stesso l’iniziativa e iniziò a strisciare velocemente sotto il letto, sbuffando. Quando si vuole qualcosa è sempre meglio pensarci da solo.
 
Marta aveva quasi raggiunto la luce (no, non stava per morire e non si trattava nemmeno di una metafora. Semplicemente, nella stanza delle ragazze c’era ancora la luce accesa. Se vi ricordate, Lucia l’aveva spenta solo dopo il “salvataggio” per nascondere il disastro da lei causato.), quando si sentì afferrare per le caviglie.
‹‹Ti ho preso! E ora dovrai fare i conti con me, bastardo!››
Oddio, no, questo è un incubo, solo un c***o di f**********o incubo! ‹‹AAAAH!›› gridò in preda al dolore, causato dall’aumento della stretta dell’uomo ‹‹Vi prego, aiutatemi, mi sta trascinando dall’altra parte!›› Sperava solo che le sue amiche riuscissero a sentirla.

*****
Anno 2018, 24 dicembre, h 04,15
Genova, Italia (casa di Mary)

‹‹Ragazze, cerchiamo di calmarci: se ci agitiamo non risolveremo un bel niente›› constatò la padrona di casa, non nascondendo, tuttavia, un certo nervosismo nel tono della voce. Per quanto cercasse di rimanere lucida e fredda, le cose che non quadravano non erano poche, o, almeno, non quadravano se viste con in un’ottica prettamente razionale. Si stavano immischiando in qualcosa di decisamente più grande di quello che potevano anche solo lontanamente auspicare, se lo sentiva nelle ossa. Ne aveva avuto il primo sentore nel momento in cui si era resa conto dell’improvvisa sparizione di Marta ed ora ne era quasi certa. O forse era solo un altro dei suoi ragionamenti privi di fondamento logico e la sua amica aveva solo battuto la testa. “Mary, cara mia, stai diventando troppo grande per credere ancora nelle favole: è ora che tu ti dia una svegliata e scenda dalle nuvole”, pensò tra sé e sé.
I suoi pensieri furono interrotti da Lucia: ‹‹Io propongo di andarcene tutte a dormire e dimenticare questa brutta storia›› uno sbadiglio completò il suo motivante discorso.
 
‹‹Non avevamo dubbi›› commentò sarcastica Francesca. Incredibilmente aveva smesso di predicare Apocalissi, necessità di riconvertire il popolo cristiano e quant’altro.
‹‹Ragazze, così non aiutate per niente›› le redarguì Maria Vittoria, per poi rivolgere la sua attenzione ad una tremante Marta. Terminato l’effetto dell’adrenalina, infatti, si era ritrovata assolutamente a corto di energie ed era sufficiente il più piccolo fruscio per farle avere una crisi di pianto.
‹‹Mi sento così debole, così stanca… ora capisco che cosa prova Lucia tutti i giorni!›› anche nei momenti peggiori riusciva sempre a strappare una risata a chi le stava intorno.
‹‹Haha, molto divertente›› rispose la diretta interessata, leggermente offesa dal paragone.
‹‹Marty, so che forse non è il momento migliore, ma pensi di riuscire a raccontarci che cosa hai visto lì sotto?››
‹‹Se anche ve lo dicessi, dubito che ci credereste. Io stessa ho difficoltà ad accettarlo.››
‹‹Fai un tentativo›› propose Lucia con nonchalance. Aveva, ormai, compreso che non avrebbe potuto dormire finché la questione non fosse stata considerata “un caso chiuso”.
 
‹‹Non voglio! Parlare di quell’incubo lo fa solo sembrare più reale… Oh, ma sapete che cosa vi dico? Io non ce la faccio più: non esiste! Perché a me? Che cos’ho fatto di male nella vita? Che sia stato per le bische clandestine in taverna il martedì sera? Giuro che non lo faccio più, non lo faccio più! Signore, salvami tu!›› mentre pronunciava quelle parole sconnesse, cambiò intonazione della voce, colore in volto ed emozione predominante una cosa come quindici volte. In particolare, dopo aver pronunciato l’ultima frase, strappò il rosario dalle mani di Francesca ed iniziò a borbottare richieste di perdono e aiuto divino ‹‹Oh, Zeus Egiogo¹, aiuta questa mortale che si appella a Voi in qualità di supplice, colpisci i miei nemici con la tua folgore. E tu, Glaucopide² Atena, figlia egregia del re degli dei, a te mi appello conoscendo la tua fama di stratega e guerriera. Effettivamente potrei chiedere a Marte vendicatore, ma dai racconti non sembra un uomo particolarmente ragionevole e in più se la fa con quella bagascia di Afrodite. E non mi sogno nemmeno di pregare Nettuno, sovrano di tutti gli oceani, per quanto si possa dire il più affine alla mia città d’origine, Genova detta “la superba” … gira voce che tenda a violentare la gente che passa sulle spiagge, uomini o donne, senza distinzione. Non che la cosa mi dispiaccia, se è effettivamente figo come lo descrivono nei miti, ma perché rischiare, mi domando? …››
 
‹‹Hem, lungi da me il mettere i puntini sulle i, ma credo sia opportuno farti notare che il rosario non è propriamente lo strumento più indicato per innalzare preghiere a divinità pagane…›› la interruppe Maria Vittoria, fingendo di non aver sentito tutta quell’accozzaglia di divinità greche e romane mescolati insieme. E pensare che aveva incominciato così bene…
‹‹Perché io sono atea e, a differenza di Francesca, ho un orgoglio: non mi metto a pregare il Dio cristiano solo quando mi fa comodo.››
‹‹Se tu volessi essere davvero coerente non pregheresti nemmeno le divinità pagane. Da che mondo e mondo essere ateo significa non credere in nessuna divinità.›› ribatté Francesca, più nervosa per il fatto di aver effettivamente pregato che per l’affermazione di Marta ‹‹E comunque, si può sapere dove hai sentito quella roba?››
‹‹Mary a volte parla nel sonno›› rispose in tono ovvio con un’alzatina di spalle.
‹‹Hem, non credo di aver detto esattamente le stesse cose›› iniziò la chiamata in causa, in preda ad un tic nervoso all’occhio sinistro.
‹‹Boh, e io che ne so? Mica mi ricordo a memoria tutto quello che la gente dice››
‹‹Hem, non intendevo la forma, (anche se in effetti ci sarebbe molto di cui discutere) quanto piuttosto il fatto che se anche fossi stata pagana non mi sarei mai appellata a quelle divinità››
‹‹Hai davvero delle preferenze?›› domandò Francesca, allibita.
‹‹Ma certamente, ogni classicista che si rispetti le ha. Io, personalmente, sarei stata una devota di Ade e Artemide›› annuì lei convinta.
‹‹Il dio dei morti e la prima femminista della storia? Perché la cosa non mi sorprende affatto?›› la domanda retorica di Lucia le fece ribollire il sangue nelle vene. Mai criticare un classicista sulla scelta delle proprie divinità protettrici, specie se una governa l’oltretomba. ‹‹Beh, perché tu chi avresti scelto, invece? Spero solo che tu non dica Hypno e Morf…›› ma fu interrotta da un rumore sinistro proveniente da sotto il letto. Sembrava quasi che qualcosa o qualcuno, a sentire i racconti confusi di Marta, si stesse trascinando lentamente verso di loro.
 
Marta si infilò sotto le coperte e scoppiò a piangere ‹‹E’ lui… è tornato. Sta venendo per me!››
‹‹Lui chi?››
‹‹Quello di prima, dice che ho attentato alla virtù del suo imparruccato padrone e che per questo merito di morire tra atroci sofferenze. Ma io non ci proverei mai con un quarantenne pelato! Che orrore!›› iniziò a piangere ancora più forte.
‹‹Ma non hai detto che indossava una parrucca? Come fai a sapere che fosse pelato?››
‹‹E secondo te chi c***o indosserebbe una f**********a parrucca bianca stile giudice se avesse una chioma fluente?›› stava per aggiungere qualcos’altro di sicuramente poco signorile, quando udì un’asse scricchiolare molto vicina a loro ‹‹Oh, mamma, Oh mamma, Oh mamma! C’è un Mercer sotto il mio letto! E si porterà dietro anche un Gillette, me lo sento›› (Trovo doveroso sottolineare che, dato che Beckett e i suoi uomini parlavano in Inglese stretto e Mercer, addirittura, in Irlandese, Marta non aveva ben capito che “Gillette” fosse un cognome.)
‹‹Ma questa è completamente impazzita!›› sbottò Lucia, stufa, tra l’altro, che la gente spaventata saltasse all’improvviso sul letto in cui lei stava cercando di dormire.
 
‹‹Mpf, vediamo un po’ questo mostro sotto il letto!›› sospirò Mary, alla fine. Non vedeva l’ora di poter mettere la parola “fine” a quella storia. Si tirò su le maniche (non riusciva mai a concentrarsi, altrimenti), afferrò la scopa con due mani e menò un colpo secco sotto il letto, senza nemmeno premunirsi di guardare prima con cosa aveva a che fare. Il primo colpo andò a vuoto, e così anche il secondo e il terzo. Mentre era in procinto di compiere un quarto, ultimo tentativo, si azzardò a dire: ‹‹Visto, Marta, cosa ti avevo detto? Non c’è nessun mostro che verrà a…›› ma udendo il cozzare della scopa contro una superficie dura, seguito da un urlo di dolore, le parole le morirono in gola. Fece per ritirare la sua preziosa compagna di battaglie, ma una forza misteriosa la trascinò sotto il letto, e lei con essa, non avendo fatto in tempo a staccare le mani dal manico. Doveva decisamente migliorare i riflessi.
Maria Vittoria e le altre (ebbene sì: avevano avuto la splendida idea di attaccarsi una alle caviglie dell’altra per sperare di riuscire a salvare Mary) si ritrovarono in una camera sconosciuta, circondate da uomini vestiti secondo una moda superata da secoli, che puntavano una miriade di fucili vecchio modello verso di loro.
Maria Vittoria spostò (sì, di peso, dato che due erano pietrificate dalla paura e una si stava addormentando in piedi) velocemente tutte le altre dietro di sé ed impugnò la scopa con entrambe le mani, pronta a vendere cara la pelle.
 
‹‹Siamo nei guai?›› domandò Francesca.
‹‹Vedi tu›› le rispose Lucia.
‹‹Siamo nella m***a›› riassunse Marta, e Maria Vittoria si rese conto che, per una volta, la sua scelta lessicale poteva dirsi azzeccata per descrivere la situazione.
 
A seconda del lettore, e del libro, si tratta di lettura o di avventura.
(Nicolás Gómez Dávila)
 
Note:
* E’ perfettamente plausibile che Cutler Beckett facesse un ragionamento del genere, appellandosi a questo tipo di fonti, dato che, sin da fanciullo, era stato un cultore (scusate il gioco di parole) della cultura greca e latina. Una sorta di “classicista disperato” con origini inglesi, insomma.
1- Significa letteralmente “portatore dell’egida” ed è uno degli epiteti più comunemente accostati al nome di Zeus.
2- E’ un epiteto tipicamente accostato ad Atena e, sebbene gli studiosi non siano concordi sulla sua traduzione, la versione più accreditata è che si traduca “dagli occhi di civetta”.
  
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